RID 28: 6. Ladinia - Atlante linguistico del ladino dolomitico e dei

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RID 28: 6. Ladinia - Atlante linguistico del ladino dolomitico e dei
6. Ladinia Dolomitica. Alto Adige/Südtirol
Walter Belardi (†2008) e i Ladini
delle Dolomiti.
L’illustre linguista, professore
emerito di glottologia della Facoltà di
Lettere e Filosofia dell’Università “La
Sapienza” di Roma e collaboratore
della presente sezione dello Schedario-RID, ci ha lasciati il 31 ottobre
del 2008 all’età di 85 anni. Era nato a
Roma il 22 marzo del 1923.
Ha pubblicato una trentina di volumi e qualche centinaio di saggi, occupandosi di teoria del linguaggio,
linguistica generale, fonetica, storia
della linguistica, linguistica comparativo-ricostruttiva e linguistica storica.
Inizia la carriera come collaboratore
dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana
Treccani, diventando poi docente di
glottologia all’Istituto Universitario
Orientale di Napoli. Nella città partenopea insegna anche Lingua e Letteratura Armena. Nel 1963 diventa titolare della cattedra di Glottologia
dell’Università di Roma, dove insegna anche Filologia germanica, Fonetica sperimentale e Storia comparata
delle lingue classiche.
Era socio nazionale dell’Accademia Nazionale dei Lincei dal 1988.
Nel 1993 l’Accademia gli assegna il
“Premio Feltrinelli (per la linguistica
e la filologia)”.
Il caso volle che negli anni a cavaliere della metà del secolo passato
si trovasse a trascorrere un mese estivo in Val Badia nei pressi di Marebbe. La toponomastica locale cattura il
suo interesse: Sorafurcia, Piz da Peres e tanti altri nomi di stampo latineggiante. Negli anni seguenti i soggiorni nelle valli ladine incrementano
l’interesse per la vita e la cultura della
realtà ladina.
RID XXXII (2008), pp. 269–270
Ha indagato diffusamente le varietà idiomatiche dell’area dolomitica
centrale e soprattutto del Sella. Si è
occupato di lessicologia e di etimologia ladina, in particolare gardenese.
Sull’area ladina centrale lo studioso ha fatto indagini di diacronia
linguistica, dalla quale è stato poi
possibile passare a una storia della
lingua non disdegnando gli aspetti
sociolinguistici e culturali-politici.
Risalendo a ritroso sino all’alto Medioevo, sulla scorta della documentazione esistente, è giunto a dissociarsi
dalla tesi di Carlo Battisti, sostenitore
di una colonizzazione tardomedievale
dell’area sellana, e a dimostrare
l’antichità dell’insediamento rurale in
quest’area.
Ha tradotto e analizzato testi letterari ladini e friulani contemporanei.
È autore di saggi critici su scrittori
gardenesi, badiotti, marebbani e fassani. Nella sua Antologia della lirica
ladina dolomitica (1985) sono raccolte per la prima volta voci poetiche da
tutte e cinque le valli ladine dolomitiche. Ai testi originali si affianca una
versione in lingua italiana. Opere in
prosa di autori gardenesi – con traduzione italiana a fronte – sono state da
lui antologizzate nel 1988 in Narrativa gardenese.
Con la sua Storia sociolinguistica della lingua ladina (1991) ha tracciato una storia dettagliata delle origini e delle successive vicende socioculturali del ladino parlato e scritto
fino ai nostri giorni.
Con La questione del “ladin dolomitan” (1993) ha preso in esame i
problemi culturali, politici e pragmatici circa l’introduzione di un ladino
scritto “unitario”.
6. Ladinia Dolomitica. Alto Adige/Südtirol
RID XXXII (2008), pp. 269–270
Dal suo libro Profilo storicopolitico della lingua e della letteratura ladina (1994) si evince che una
storia linguistica implica – per essere
compresa al meglio – che si tengano
nel debito conto anche le vicende storico-politiche, economiche e culturali.
Una sintesi di quest’opera, per i tipi
dell’Istitut Ladin Micurà de Rü, è la
Breve storia della lingua e della letteratura ladina (19961; 20032 ed. aggiornata).
Diverse recensioni concernenti
pubblicazioni che hanno per oggetto
argomenti linguistici e storicoculturali riguardanti la ladinità, non
soltanto sellana, compaiono nelle riviste Ladinia (VII, 1983, 129-191;
VIII, 1984, 101-105, 107-115, 117121, 123-128), Mondo Ladino (VIII,
1984, 43-71; X, 1986, 197-205; XVI,
1992, 221-231; XXI, 1997: 53-59) e
in questa rivista (→ RID 22, 6: 171,
181, 204, 209; → RID 27, 6: 324,
327, 329, 332, 333, 336, 337, 338,
339, 340, 341, 345, 346, 348, 349,
350, 351, 352, 354, 356, 357).
W.B. si è dimostrato un osservatore curioso e attento dei sorprendenti
cambiamenti in atto nel villaggio globale. Il forte interesse per il progresso
tecnologico è sfociato nell’opera Lingua stile e dialogo nel XX secolo
(1996). Era incontenibile la sua voglia di guardare avanti pur nel rispetto
del passato e a tal proposito ha scritto: “Chi non si adopera si autorelega
nel passato, dignitoso anch’esso, va
ammesso; magari illustre ed esemplare.” Alla fine però sagacemente fa uscire dalla sua penna (recte: tastiera),
che è consigliabile non essere da meno dei lemuri o delle felci. Persino
questi esseri sanno adattarsi ai cambiamenti.
La sua opera maggiore, in due
tomi, è L’etimologia nella storia della cultura occidentale (2002).
Caro Professore, nel prendere
congedo a volte rincorriamo invano le
parole con l’intento di onorare un debito di riconoscenza e alla fine usiamo una parola – in lessicografia è
classificata d’alta frequenza – che esprime riconoscenza, gratitudine: grazie. [Marco Forni]

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