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24 MARTEDÌ 26 GIUGNO 2007 Auto ● Auto MARTEDÌ 26 GIUGNO 2007 ● 25 IL PUNTO DA UTILITARIA A PICCOLA CHIC MARIA LEITNER Kia Cee’d Fiat Panda Rotta ad Est Fiat Sedici EGLI anni 50 la nascita di un’auto N piccola, come la Fiat 500, aveva entusiasmato l’Italia, per i prezzi contenuti, le dimensioni minime ma in grado di ospitare quattro persone e il design. Da quel momento, però, la vettura da città non aveva più destato grande fascino sul pubblico. Difficile fare conquiste su quella che oggi viene chiamata una city car. Anonime e sguarnite, erano tutt’altro che “in”, anzi piuttosto fuori moda. Ma si sa, di necessità si fa spesso virtù e allora un po’ per il traffico, un po’ per lo spazio sempre più ridotto per parcheggiare, ecco tornare alla ribalta le “mini” ma stavolta sempre più accessoriate e apprezzate anche da vip e imprenditori. Montezemolo non disdegna di farsi vedere sulla Panda e il principe Carlo d’Inghilterra fu visto scendere da una Mini. L’importante è che siano auto particolari. Oggi con la tecnologia che non può mancare anche per legge (vedi abs e airbag) e la voglia di avere auto piccole ma attraenti, non possono che aumentare i costi. La svolta è stata quella di arricchirle anche con tessuti particolari, luci psichedeliche e magari con la versione 4x4 ossia a trazione integrale, per poter andare quasi ovunque. Così, alla fine, il costo può superare addirittura quello di una berlina media. Anzi, a dirla tutta spesso più sono piccole più costano. Basti pensare al caso particolare delle microcar. Alcuni modelli in particolare possono addirittura superare i 20 mila euro e non sono neanche auto, ma quadricicli che di tecnologia e sicurezza non ne hanno fatto certo una bandiera. Eppure sembra si vendano come i panini. Ma l’auto piccola in fondo oltre che utile può essere anche chic, dipende come la si sa rendere diversa e unica. E l’unicità, si sa, costa. MASSIMO NASCIMBENE RRIVANO dall’Oriente. A Non quello estremo, Giappone e dintorni, che pure in materia ha esperienze da vendere, ma dall’Europa dell’Est. Da quei paesi dell’ex blocco sovietico che pure, in materia di automobili, hanno tutt’altre preferenze. E che nel loro grigio passato non brillavano né per efficienza né per qualità produttiva. Eppure, oggi sembrano aver conquistato l’esclusiva della produzione delle citycar destinate ai ricchi mercati dell’Europa occidentale. Fa eccezione solo la Smart, ma per il resto l’elenco è praticamente completo: Fiat ha scelto la Polonia sin dai tempi della 126, oggi vi produce la Panda e la 500. E in futuro dalle linee di Tychy uscirà pure la seconda generazione della Ford Ka. Toyota e PSA hanno impiantato una fabbrica ex novo, a Kolin in Repubblica Ceca, per farvi nascere le loro tre citycar, Aygo, C1 e 107. Di qui a qualche mese, la fabbrica ungherese della Suzuki inizierà a sfornare la sua nuova supermini, battezzata Splash, e parallelamente a produrre la nuova Agila per conto della Opel. E per la Twingo 2 la Renault ha abbandonato Flins, uno dei suoi centri di produzione storici, per puntare su Novo Mesto, in Slovenia. Ovviamente la corsa all’est non si esaurisce con le piccole, ma proprio il fatto che tutti i costruttori europei (e pure qualche giapponese) abbiano dato vita a questa delocalizzazione in grande stile, può anche essere letto come un primo passo, verso la paventata sparizione della produzione automobilistica dai costosi siti industriali dell’Europa occidentale. Del resto, con le piccole far quadrare i conti è più difficile: da un lato i prezzi non possono andare oltre una certa soglia, dall’altro i costi industriali non scendono in misura proporzionale alle dimensioni. Perché tutto diventa più difficile, quando i centimetri sono contati: progettare Toyota Aygo Renault Twingo Le fabbriche del risparmio Polonia e Romania in testa strutture ad assorbimento d’urto, sistemare in posizione adeguata la componentistica, a sua volta più complessa in quanto miniaturizzata. Si aggiunga che i volumi di vendita non sono mai colossali: se si esclude il miracolo Panda, tutti gli altri modelli della categoria viaggiano nell’ordine delle 100 mila unità all’anno, troppo poche per assorbire i costi di un modelli interamente nuovo. Sicché, per realizzare piccole economiche a costi compatibili, i costruttori sono di fatto costretti a “consorziarsi”: come hanno fatto Fiat e Ford, Opel e Suzuki, Toyota e PSA. E la Renault fa eccezione fino a un certo punto, visto che la nuova Twingo è stata realizzata recuperando (e modificando) buona parte della struttura della Clio2, quella che oggi viene battezzata Storia. Dopo di che, la scelta di puntare sull’est è ovviamente legata ai bassi costi della manodopera, da 5 a 10 volte inferiori a quel- li che si registrano in occidente. Ma anche alla possibilità di realizzare fabbriche nuove a costi inferiori, magari con qualche aiuto di Stato e senza Fiat, all’Est da ottant’anni DALLA 126 ALLA PANDA La presenza di Fiat in Polonia dura ormai da 80 anni. Le prime vendite risalgono agli inizi del secolo, la prima filiale commerciale (Polski Fiat) agli anni Venti, la prima produzione agli anni Trenta. Poi nel 1965 nasce la 125 P, nel 1971 la 126 P e quindi la Cinquecento, la 600, la Panda e la Nuova 500 dei giorni nostri Dacia Logan MCV L’analisi dei listini sui 16 modelli presenti sul nostro mercato. I risultati troppi vincoli. Risultato, l’equazione produzione dell’est uguale bassa qualità è ormai del tutto fuori luogo. Così come non ha più senso parlare di “fabbriche cacciavite”, perché non di puro assemblaggio si tratta. A Kolin, dove le piccole Toyota e PSA escono al ritmo di 1100 vetture al giorno, si utilizzano per l’80% componenti prodotti in loco. E le linee di montaggio sono l’espressione più recente di quel sistema di produzione Toyota che ha fatto scuola in tutto il mondo. Con l’aggiunta di qualche soluzione inedita, per esempio nei processi di verniciatura. Tychy, la fabbrica polacca della Fiat, quanto a qualità è la numero uno nel panorama produttivo del gruppo torinese. E quella ungherese della Suzuki, Esztergom, vanta una flessibilità difficile da ritrovare, in giro per il mondo. Quanto alla fabbrica Renault di Novo Mesto, a parte i muri non ha più niente a che vedere con quella che nel lontano 1972 iniziò ad assemblare la R4: con la Twingo2 è arrivata una nuova linea di presse e sono state introdotte tecnologie d’avanguardia per l’assemblaggio scocca. Come la saldatura al laser fra fiancata e padiglione, che permette di far sparire l’antiestetica linea di giunzione lungo il tetto. Senza contare che quanto a produttività la fabbrica slovena era già fra le migliori, in casa Renault. Insomma, alta qualità a costi inferiori: la miracolosa ricetta dell’est, in fondo, è tutta qui. TOMMASO TOMMASI ON è certo un caso che il prezzo medio delle cityN car, in Italia, sia passato in sette anni da 7.391 a 10.930 euro. Il calcolo, elaborato dagli analisti dell’Unrae, mostra una crescita percentuale del 48% che la dice tutta sull’evolversi del prodotto in termini di contenuti. Attualmente sul nostro mercato ci sono 16 modelli che rientrano nel segmento A, quello delle piccole. Molte sono le classiche berline a due volumi, ma ci sono anche un paio di monovolume (Opel Agila e la “sorella” Suzuki Wagon R+) e addirittura un diver- Ma le citycar sono sempre più care in sette anni prezzi cresciuti del 48% tente spiderino, venduto però con il contagocce a causa del prezzo, che non è proprio dei più bassi (la Daihatsu Copen costa 18.460 euro). Quel che è certo è che oggi il cliente italiano vuole le 5 porte anche per le piccole, storcendo il naso di fronte alle 3 porte, che richiedono elasticità da ginnasta per sistemarsi nel sedile posteriore. E vuole anche dotazioni di serie di livello sostenuto, tanto che i prezzi d’attacco sono, come sempre, solo degli specchietti per le allodole. I listini, di conseguenza, vanno presi con le molle perché poi coloro che vogliono la versione più dotata debbono necessariamente spendere molto di più. Per pura crona- ca, le sedici citycar sul mercato hanno prezzi che vanno dai 7.705 euro della Daihatsu Cuore sino agli 11.470 della Suzuki Wagon R+ (Copen a parte). È bene tenere conto che poi, in fase di trattativa, uno sconto dal concessionario si ottiene, senza dimenticare le formule di rateizzazione con piccole somme, ormai diffuse, anche se la politica delle Case è sempre la stessa: piccole auto, piccoli margini. Tutte le vetture presenti nel segmento d’attacco del mercato adottano motori compresi fra 800 e 1600 cc. benzina e fra 1100 e 1400 diesel, hanno misure comprese fra i 270 centimetri della nuova Smart (che fa storia a sé) e i 383 centimetri della Volkswagen Fox, che di storia ne ha fatta pochina e pesi compresi fra i 720 chili della Daihatsu Cuore e i 1.040 dell’attuale Opel Agila. Proprio partendo dai due valori citati (peso e lunghezza) abbiamo provato a fare qualche conto per vedere quanto vengono a costare queste citycar al centimetro e al chilo. La ormai vecchia Fiat 600 ha il prezzo più basso nella misura (21,9 euro al centimetro) e la già citata Copen quello più alto (53,7), mentre per il peso il prezzo al chilo più contenuto è quello della nuova Twingo (9,2 euro al chilo), mentre quello più caro è della Daihatsu Trevis (14,30). Ma a parte le esercitazioni, frutto della nostra curiosità, il vero valore di qualsiasi auto- mobile è quello residuo, che viene calcolato quando la macchina viene nuovamente immessa sul mercato come usato. In questo senso, fra le vetture presenti sul mercato, secondo le valutazioni degli esperti, le citycar tendono a mantenere un buon valore, anche se non è facile far fruttare, in sede di trattativa, le dotazioni aggiuntive. Comunque sarà sempre bene ricordare che nel nostro paese da tempo l’usato non è più un assegno circolare, tanto che sono ormai molti i concessionari che suggeriscono la via della vendita diretta a privato per evitare discussioni sul valore residuo.