Formare per che cosa?
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Formare per che cosa?
FORMARE CHI? FORMARE COME? FORMARE PER CHE COSA? 2010 - Anno Vocazionale Cavanis – Vocazione dono e conquista P. Diego Spadotto Sono domande che cercano una risposta anche nel contesto del cammino di formazione alla vita religiosa e sacerdotale. Il clima per svolgere questo lavoro di formazione non è dei migliori, se già c'è stato un tempo in cui il clima spirituale era migliore. Il clima odierno lo possiamo definire di latitanza di Dio e del prossimo anche nei religiosi e sacerdoti. Qualcuno continua a parlare anche di morte di Dio e del prossimo. Quello che sembra certo è che i valori che fanno il clima, che circolano e vanno per la maggiore non sono fede, solidarietà, relazioni fraterne, comunicazione secondo verità, aiuto reciproco, ma business, immagine, tranquillità, consumo, tutela della privacy , sicurezza. Chiudiamo uno o due occhi su tutto o ci facciamo il callo e continuiamo a comprare senza renderci conto che “acquistare è sempre un atto morale, oltre che economico” (Caritas in Veritate n.66). Fingiamo di essere preoccupati a riguardo di abusi sessuali, violenze di vario tipo, abusi di droghe, follie varie e condanniamo tutto e tutti ma non cambiamo il nostro stile di vita. Non cambiano né le idee, né i desideri, né i comportamenti. Le idee/mito, che i mezzi di comunicazione creano, alimentano, impongono e, con facilità, anche distruggono, per lasciar posto ad altre idee, tutta la nostra vita. Alle idee/mito si associa la forza potente del desiderio. Si scopre così che nessuno è mai là dove dovrebbe essere o dove si crede di essere, ma ciascuno è sempre là dove il desiderio lo spinge…Non desiderare le cose degli altri…Non desiderare la donna degli altri. Desiderare è già possedere ed essere posseduti. Cosa fare per difendersi dall'eccesso di desiderio? Se comandano le idee/mito e non si controllano i desideri quale comportamento ne potrà seguire? Nell'eccesso di desideri ci si permette tutto, diventiamo quasi onnipotenti. Se poi, come nella vita religiosa il denaro è facile, si imbarca in una specie di schizofrenia per essere sempre più attualizzati, organizzati, efficienti. Ci si permette tutto. Non ci sono ostacoli che ci possono fermare e se qualcuno ci prova, c'è sempre la possibilità di negare la presenza dell'ostacolo apparendo ancora di più o armando qualcosa contro l'ostacolo per eliminarlo. “N.N. è un giovane prete, magrolino, stempiato, ma è anche espero di economia e finanza, di bilanci e di gestione. Riesce a coniugare spiritualità e concretezza. Già dai primi anni di sacerdozio viene incaricato dai superiori a seguire i conti di tutta la sua congregazione. Così, poco a poco, riesce a supervisionare i progetti, i conti e le persone della congregazione. Un colpo d'occhio e lui capisce al volo come va la situazione. L'esperienza lo aiuta molto, ma per la mole di lavoro che si ritrova non ha più il tempo necessario per cogliere il senso ultimo del suo lavoro e del lavoro degli altri. N.N. guarda solo l'aspetto economico e finanziario. Passa da un consiglio di amministrazione a un consiglio di affari economici, è sempre in movimento, con due cellulari che squillano in continuazione. Non ha più il tempo per confrontarsi, per leggere, per aggiornarsi. L'assuefazione cresce e il suo cinismo pure. I superiori si fidano di lui. E lui non molla. Tutti in congregazione lo temono. Lui controlla tutti e nessuno controlla lui. I conti devono tornare. I conti prima di tutto” (L'era della consapevolezza. Ed. Messaggero, Padova – pag. 45) . Cambiare il mondo? Cambiare il mondo non basta. Lo facciamo comunque e in larghissima misura senza la nostra collaborazione. Affinché il mondo non continui a cambiare senza di noi è necessario che noi cambiamo, che riprendiamo il volante della vita, che non ci lasciamo più pilotare, che recuperiamo una buona capacità di autocritica e di autonomia. Non si può servire a due Signori, o si odierà uno o si amerà l'altro, non si può servire a Dio e a Mammona. Il desiderio delle cose del mondo fa diventare ciechi, il desiderio di dominare le persone fa diventare sordi. Nelle vita religiosa e sacerdotale le virtù della povertà, della castità, in termini semplicemente umani, altro non sono che capacità di governare se stessi, di non perdere la propria libertà seguendo le seduzioni, di agire secondo misura e con finalità chiare e solidali che mettano al primo posto Dio e il sevizio ai fratelli, con un uso corretto delle cose . In una società opulenta come la nostra, in cui l'identità di ciascuno è sempre più consegnata agli oggetti che possiede, i quali non solo sono sostituibili, ma “devono” essere sostituiti, ogni invito ad acquistare l'oggetto di ultima generazione è un invito alla distruzione di ciò che è sorpassato, bisogna consumare cose, persone, notizie… Come sempre si gioca a quello che non siamo o che non osiamo essere e diventare. La “novità e la bellezza” degli oggetti che desideriamo o possediamo ci defrauda della nostra capacità di giudizio sia a riguardo delle cose, sia a riguardo delle persone che facilmente sono trattate come cose in uso. Le cose e le persone semplicemente usate, gonfiano l'ego di quelli che sono poveri e casti solo di nome e che fanno diventare fini i mezzi tecnologici, specialmente le nuove tecnologie e il denaro. Rendono superficiale il sapere, sempre più simile alle immagini che passano sui molteplici schermi. Del resto la fatica del leggere non può competere con la facilità del vedere, l'homo sapiens è sempre più l'homo videns. Ma l'educazione e la formazione sono una cosa assai diversa e molto più seria dell'alfabetizzazione informatica o televisiva. L'informatizzazione generalizzata dei nostri seminari e delle persone che là vivono, finirà per marginalizzare le persone dalla realtà fisica a favore di quella virtuale. I mezzi di comunicazione che velocizzano il tempo e riducono lo spazio rendono facilmente pubbliche le fragilità delle persone a riguardo: - dell'intolleranza della distanza o dell'assenza; - dell'illusione di onnipotenza e onnipresenza; - di un controllo illusorio sul mondo che ci circonda; - di un evidente esibizionismo; - dell' angoscia di anonimato; della perdita del mondo interiore; - della perdita della libertà. Si crede che la loro mancanza metta a repentaglio la partecipazione al mondo della così detta comunicazione. Funzionalità ed efficienza sono gli unici valori riconosciuti, per garantire i quali è prevista la sostituibilità della persona. Se, anni addietro, poveri erano quelli che non riuscivano a inserirsi nei meccanismi produttivi, oggi i poveri sono quelli che non si inseriscono nel giro dell'immagine e casti i non consumatori di gossip. Allora ci chiediamo come fa una Congregazione a “competere nel campo dell'educazione” se a costituirla sono individui educati al profilo basso di questi presunti valori, senza più alcun senso di appartenenza e senza altro stimolo che non sia il far denaro, aver successo, possedere l'ultimo “giocattolo” alla moda? In una Congregazione del genere le persone diventano solo mezzi per raggiungere il profitto e il successo dei gestori di turno di una specie di azienda del sacro. L'aspetto esistenziale delle persone, la ricerca di senso, non trovano considerazione presso questi manager interessati solo all'ottimizzazione dell'apparato tecnicoproduttivo. Questo sistema tenderà a promuovere nei posti di comando personalità narcisistiche, costrette a comparire e a farsi vedere per riscuotere consenso, seguito e approvazione, nel tentativo di compensare, con il potere e il successo, quella scarsa stima di sé, tipica di chi non sa trovare la propria identità se non nel riconoscimento esterno. Nei “sudditi” il sistema creerà un senso di vulnerabilità e quindi un bisogno di protezione, di tutela, di cure. Gli individui una volta persuasi di avere un sé fragile e debole, saranno loro stessi a chiedere aiuto, ma addirittura la gestione della loro esistenza da parte di chi comanda. Cosa fare per liberarci da questa spirale? E' necessario recuperare la libertà interiore e il valore dei sentimenti, della mente e del cuore, è necessario recuperare i valori dell'anima e della fede che non sono semplici vitamine o utili integratori. Ma chi riprende cura oggi di tante persone a deriva? Le Chiese sono deserte, la scuola è scoraggiata, Senza religione e senza educazione della mente e del cuore a trarne profitto è l'industria farmaceutica che seda l'anima e riduce l'inquietudine ma consegna l'essere umano al senso della sua radicale impotenza. Platone nell'Apologia di Socrate, racconta che Socrate diceva di sé: Non faccio altro che andare in giro a persuadervi, giovani e vecchi, a capire che la vostra prima e maggiore preoccupazione non deve riguardare il vostro corpo e le vostre ricchezze ma la vostra anima, in modo che sia la più eccellente possibile”. La sapienza greca ci ricorda: “chi non conosce il suo limite, tema il destino”. Un avvertimento questo in perfetta sintonia con il messaggio giudaico-cristiano dove il Signore mette in guardia dall'avere troppa confidenza con l'albero della conoscenza del bene e del male. La società, oggi, si rivolge ai suoi membri solo in quanto consumatori, capaci di rispondere positivamente alle tentazioni del mercato per mantenerlo attivo e scongiurare la minaccia della recessione. Gli uomini si dividono in produttori e consumatori e la pubblicità fa il resto. Scambiano l'amore per i figli con le cose da garantire ai figli, il riposo dal lavoro con il traffico furioso delle ferie…Nel mondo compriamo in modo maniacale e compulsivo, gli unici valori riconosciuti sono funzionalità ed efficienza, per garantire i quali è prevista la sostituibilità della persona, come si sostituisce l'ingranaggio di una macchina, perché è ormai la macchina, il modello a cui deve adeguarsi l'uomo. Avremo passaporti che raccolgono in un microchip tutti i nostri dati ma finiremo con l'essere sconosciuti a noi stessi e trasparenti a chiunque voglia sapere tutto di noi. La nostra identità deve piegarsi alle esigenze di identificazione. E allora la formazione lavora sull'identità o sulla identificazione? Per continuare a riflettere: Ao viajar pelo Oriente, mantive contatos com monges do Tibete, da Mongólia, do Japão e da China. Eram homens serenos, comedidos, recolhidos e em paz nos seus mantos cor de açafrão. Outro dia, eu observava o movimento do aeroporto de São Paulo: a sala de espera cheia de executivos com telefones celulares, preocupados, ansiosos, geralmente comendo mais do que deviam. Com certeza, já haviam tomado café da manhã em casa, mas como a companhia aérea oferecia um outro café, todos comiam vorazmente. Aquilo me fez refletir: "Qual dos dois modelos produz felicidade?" Estamos construindo superhomens e super mulheres, totalmente equipados, mas emocionalmente infantilizados. Uma progressista cidade do interior de São Paulo tinha, em 1960, seis livrarias e uma academia de ginástica; hoje, tem sessenta academias de ginástica e três livrarias! Não tenho nada contra malhar o corpo, mas me preocupo com a desproporção em relação à malhação do espírito. A publicidade não consegue vender felicidade, então passa a ilusão de que felicidade é o resultado da soma de prazeres: "Se tomar este refrigerante, vestir este tênis, usar esta camisa, comprar este carro,você chega lá!" O grande desafio é começar a ver o quanto é bom ser livre de todo o condizionamento. Há uma lógica religiosa no consumismo pós-moderno. Na Idade Média, as cidades adquiriam status construindo uma catedral; hoje, constrói-se um shopping-center. É curioso: a maioria dos shoppings-centers tem linhas arquitetônicas de catedrais estilizadas; neles não se pode ir de qualquer maneira, é preciso vestir roupa de missa de domingo. E ali dentro sente-se uma sensação paradisíaca: não há mendigos, crianças de rua, sujeira pelas calçadas. Entra-se naqueles claustros ao som do gregoriano pós-moderno, aquela musiquinha de esperar dentista. Observam-se os vários nichos, todas aquelas capelas com os veneráveis objetos de consumo, acolitados por belas sacerdotisas. Quem pode comprar à vista, sente-se no reino dos céus. Deve-se passar cheque pré-datado, pagar a crédito, entrar no cheque especial, sente-se no purgatório. Mas se não pode comprar, certamente vai se sentir no inferno... Felizmente, terminam todos na eucaristia pósmoderna, irmanados na mesma mesa, com o mesmo suco e o mesmo hambúrguer do Mc Donald. Costumo advertir os balconistas que me cercam à porta das lojas: "Estou apenas fazendo um passeio socrático". Diante de seus olhares espantados, explico: "Sócrates, filósofo grego, também gostava de descansar a cabeça percorrendo o centro comercial de Atenas. Quando vendedores como vocês o assediavam, ele respondia: "Estou apenas observando quanta coisa existe de que não preciso para ser feliz !" FREI BETTO