Da Casa Madre - Missionari della Consolata

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Da Casa Madre - Missionari della Consolata
da Casa Madre
Anno 96 - N.05 Maggio - 2016
ISTITUTO MISSIONI CONSOLATA
Perstiterunt in Amore Fraternitatis
Sergio Bustamante, 1000x1000, Guadalajara - Mexico.
FRAMMENTI DI LUCE
GIONA: PROFETA SCANDALIZZATO
DA UN DIO MISERICORDIOSO
P. Giuseppe Ronco, IMC
Fu per me una vera sorpresa, dopo l’indizione
del giubileo della misericordia, vedere come
numerosi autori, nella loro riflessione, abbiano
sottolineato il numero grande di persone che
considerano scandalosa la misericordia di Dio,
prendendo spunto dalla vicenda personale di
Giona, raccontata nel libro che porta il suo
nome.
Giona infatti non si rassegna ad accettare Dio
come buono e misericordioso fino a perdonare
anche i nemici oppressori. Gli preferisce il Dio
giustizia, che premia i buoni e punisce i cattivi.
E’ questa una visione di Dio che sopravvive
ancora ai nostri giorni. Il cuore dell’uomo fatica
nel credere e nel vivere la beatitudine della
misericordia e spesso giudica come scandalosa la
misericordia di Dio che non conosce limiti ed
eccezioni.
IL LIBRETTO DI GIONA
In 58 versetti, scritti nel post esilio, probabilmente
verso la metà del V secolo a.C., viene raccontata in
forma di racconto popolare la storia di un profeta
controvoglia, non disposto ad acconsentire alla
compassione di Dio verso i pagani.
Si risente con vivacità la mentalità del
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giudaismo del Secondo Tempio, caratterizzata
dall’integralismo legalista propugnato dagli
scribi. Il regno di Giuda non esisteva più e la
Giudea era ridotta a una secondaria provincia
dell'impero persiano, dove venivano propugnati
valori come la scrupolosa osservanza religiosa
e la purezza razziale. In Israele viveva una
comunità con mentalità chiusa, nazionalista,
schematica e irrigidita che non comprendeva
più la bontà di Dio verso i pagani. Il libro
denuncia così le contraddizioni della comunità
giudaica che la sconfitta e l’amarezza avevano
portato all’irrigidimento e sostiene l’apertura
universalistica verso tutti i popoli.
L’autore del libro apparteneva ad una minoranza
ebraica di ispirazione profetico-sapienziale che
aveva iniziato a mettere in crisi le certezze del
giudaismo, dopo l’esilio di Babilonia, aprendosi
all’universalismo.
“Giobbe e Qoèlet criticano la dottrina tradizionale
della retribuzione e aprono il cammino ad
una nuova interpretazione del dramma della
sofferenza e del male. Ruth e Giona superano
l’idea di un Dio che ama solo gli Ebrei e aprono
la strada a riconoscere la fede e il bene presenti
in ogni popolo. Il Cantico dei Cantici contesta il
legalismo maschilista della società patriarcale per
mettere al primo posto la forza dei sentimenti
e il primato dell’amore. Viene così ripreso quel
messaggio profetico che già al tempo della monarchia con Osea e il Primo Isaia, ma soprattutto
durante l’esilio col Secondo e Terzo Isaia aveva
fatto intravedere il volto di un Dio benevolo
verso tutti i popoli, compassionevole verso i
malvagi e paziente anche verso i suoi figli più
capricciosi e testardi” (Diocesi di Verona, Giona
profeta riluttante di un Dio misericordioso,
2012).
Al centro della vicenda non c’è il popolo
giudaico, ma una città pagana. Il profeta
inviato è di mentalità gretta e chiusa, ma il vero
protagonista del libro è Dio, che guida la storia
non con severità, ma con misericordia, verso il
bene e la salvezza di tutti.
“È un Dio misterioso e invisibile, ma insieme
vicino alle persone e non disdegna di mostrarsi
benevolo.
Giona rifiuta di cambiare idea su Dio, scalpita, si
arrabbia. Difende le sicurezze teologiche e lo stile
di vita tradizionali del suo popolo. Vuole restare
profeta del castigo e delle sicurezze morali, del
Dio della Legge e degli Eserciti, del Dio Re e
Giudice. Rifiuta di diventare il profeta gioioso
del Dio del perdono, della pace, della fraternità
universale. Non è il vangelo che vuole portare,
ma la spada!”.
IRONIA E PARADOSSI NEL CONTENUTO
Il gusto del paradosso e dell’ironia attraversano
con maestria i contenuti del libro.
Il nome del profeta “Giona” significa colomba
e il nome del padre “Amittai” significa degno
di fiducia, ma in realtà Giona non ha queste
caratteristiche. Scoperto sulla nave, Giona
confessa con orgoglio davanti ai marinai la sua
fede: “Sono Ebreo e venero il Signore Dio del
cielo, il quale ha fatto il mare e la terra” (1,9).
Si definisce come israelita pio, dice di servire il
Signore ma dimentica che gli sta disobbedendo.
C'è una contraddizione fra le parole e la vita.
E c'è una contraddizione ancora più
profonda. Perché fugge a Tarsis? Perché dorme
profondamente mentre infuria la tempesta?
Perché non prega Dio come i marinai? Conosce
Dio, ma non lo comprende, soprattutto non
condivide il suo modo di agire. Si rattrista per
una pianticella di ricino che muore, ma l’intera
città di Ninive non gli interessa. E’ lui che ha
bisogno di conversione!
Ninive è presentata come la grande (gadol)
città, senza riferimenti al regno Assiro, di cui
era la capitale. Ormai la città era diventata il
simbolo di ogni potere assoluto, che dominava
con la violenza e l’ingiustizia. Nell’immaginario
collettivo ebraico incarnava il male che appariva
invincibile.
In realtà basterà solo un giorno di predicazione
perché tutta la città si converta. L’incredibile si
materializza sotto gli occhi increduli di Giona:
i pagani si convertono e credono alla parola
annunciata.
Ninive rappresentava anche il mondo degli
oppressori. Il profeta Nahum (3,1-4) la descrive
come: «Città sanguinaria, piena di menzogna,
colma di rapine, non cessa di depredare...
Affascinante e incantatrice, faceva mercato dei
popoli con le sue tresche e delle nazioni con le
sue malie». Eppure Dio ama questa città, ama
anche gli oppressori, e appena è possibile, li salva.
Il Dio che punisce qui non si vede.
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La missione affidata a Giona è quella di
proclamare che Dio conosce il male che avviene
a Ninive. È un compito generico, senza accuse
precise e persone da ammonire. Dio non chiede
ai niniviti di convertirsi alla fede di Israele. Gli
basta che cessi la violenza (hamas), sintesi di tutte
le ingiustizie sociali. I niniviti si convertirono
e “Dio vide le loro opere, che cioè si erano
convertiti dalla loro condotta malvagia” (3,10).
“Ti sembra giusto essere sdegnato così?” (4,4).
I marinai della nave adorano divinità diverse dal
Dio di Israele, ma saranno loro a mettere Giona
di fronte alla sua vigliaccheria e ad accettarne le
conseguenze. Voleva fuggire i pagani di Ninive
e si trova, senza volerlo, tra i marinai pagani.
È fortemente ironico il contrasto tra l’incalzare
dei marinai che cercano in tutti i modi la via
della salvezza, e l’apatia di chi la conosce ma
non la vuole seguire. Proprio i marinai, ritenuti
insensibili e senza fede, diventano maestri di chi
si dice credente!
Giona non accetta che Dio sia buono e pietoso
verso i pagani che si convertono e credono in
Lui.
Poi lo invita ad alzare lo sguardo sulla grande
città e sui suoi abitanti per guardarli come li
vede Lui: con gli occhi di un padre che vuole la
salvezza di tutti i viventi.
LA MISERICORDIA SCANDALOSA
Per questo fugge a Tarsis, lontano da Ninive, e ne
dice il motivo: “So che sei un Dio misericordioso
e clemente, longanime, di grande amore e che
ti lasci impietosire riguardo al male minacciato”
(4,2).
E mentre Giona si intestardisce a fuggire da Dio,
porta altri alla fede, a fare la sua volontà.
Vuole dichiarare a Dio che il perdono verso
i malvagi gli è insopportabile, che si rifiuta di
obbedirgli, preferendo la morte. Questo tipo di
misericordia lo scandalizza. Preferisce il Dio del
giudizio inesorabile.
Il mare nella Bibbia è simbolo del male, del
peccato, della disperazione. Giona viene gettato
in questo abisso e sperimenta la potenza delle
tenebre. Dio gli invia un grosso (gadol) pesce per
salvarlo, e nel suo ventre, Giona prega.
Al suo sfogo, che rasenta la bestemmia, Dio
risponde con la parabola del ricino, e pone a
Giona la domanda che diventa il messaggio
centrale di tutto il libro: “Ti sembra giusto
prendertela così?”
Anche negli abissi più profondi del male Dio si fa
trovare! Giona avrebbe dovuto capire la lezione,
ma Ninive non gli interessa. Anzi, si lamenta.
Dio lo rimprovera con una domanda trafiggente:
Ha senso che un uomo pianga e voglia morire per
una pianticella del deserto, che oggi c’è e domani
scompare, e che Dio non debba interessarsi di una
grande città, dove vivono numerosi suoi figli?
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viscerale della madre (rehem è l’utero, lo spazio
che si trova in me, ma che è riservato all’altro,
per formarsi e crescere). È colorato da una
forte intensità delle emozioni più sensibili.
Indica il totale impegno dell’uomo nel portare
aiuto agli altri, non negando neppure le lacrime
della compassione. Definisce l’amore donato
gratuitamente, non meritato, che scaturisce
dalla necessità del cuore e non “dall’obbligo”,
pieno di bontà, di tenerezza, di pazienza, di
comprensione, di perdono.
Lento all’ira: “dal naso lungo”, indica la
longanimità, la mancanza di collera, la capacità
di concedere spazio e tempo per la conversione.
Di grande amore: hesed, (eléos in greco),
benevolenza, fedeltà, amore sponsale in Osea.
Indica la bontà originaria e costitutiva, l'amore
sorgivo, puro e gratuito. E’ l'amore paterno nel
senso che "Dio è amore" (1Gv 4,8.16), e che ci
ama "per primo" (1Gv 4,19).
Dio si pente, muta: è un attributo nuovo,
innovatore. Il pentirsi di Dio ricorre diverse
volte nella Bibbia. Nel racconto del diluvio si
legge che Dio «si pentì» di aver creato l'uomo. In
Esodo 32,14 si legge che: «Il Signore si pentì della
minaccia che aveva pronunciato contro il suo
popolo». Geremia scrive: “Or dunque migliorate
la vostra condotta e le vostre azioni e ascoltate la
voce del Signore vostro Dio e il Signore ritratterà
il male che ha annunziato contro di voi” (26,
13).
Prima di concludere, vale la pena, in questo anno
giubilare, ripercorrere l’indagine semantica degli
attributi che Giona attribuisce a Dio per definirlo
(cf 4,2). Essi riprendono gli attributi del nome di
Dio che troviamo in Es. 34,6 e aiutano ognuno
di Dio ad essere misericordes sicut Pater.
Misericordioso: hanum ( da hanan misericordia),
è colui che difende il povero, con cordialità e
magnanimità.
Pietoso: rahum, (splanchna in greco), grembo
materno, tenerezza. Suggerisce l’idea dell'amore
Diventare misericordiosi come il Padre significa
appropriarsi questi attributi di Dio, traducendoli
nella vita di ogni giorno.
Ci hai chiamato alla missione, o Signore.
Fa’ che lo Spirito della missione abiti la nostra
vita, la nostra comunità. Aiutaci ad avere lo
sguardo fisso verso le persone e il luogo dove tu
ci chiami.
Non permettere, Signore, che ci limitiamo alle
belle parole, ma facci compiere con sincerità la
tua volontà.
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BEATA IRENE STEFANI
COLLOQUIO CON SUOR MARGARITA BEDOYA
Nicola Di Mauro - http://amico.rivistamissioniconsolata.it
Intervista a suor Margarita Bedoya Garcia,
Missionaria della Consolata, responsabile del
Centro Spiritualità Irene Stefani, a Caprie
(Torino).
la parola anima, ci metteva sempre la lettera
maiuscola. Da dove derivava questa peculiare
sensibilità di suor Irene, che aveva alimentato
così tanto il suo zelo missionario?
Suor Margarita è un vanto per le Suore
Missionarie della Consolata, sapere della
beatificazione di Suor Irene Stefani. Che cosa
ha caratterizzato in particolare l’apostolato
e l’esperienza missionaria di questa vostra
consorella?
Lei, figlia fedele del nostro Fondatore il Beato
Giuseppe Allamano, rincorse con esattezza il
suo insegnamento, il suo zelo per la salvezza
delle anime, la sua spiritualità missionaria.
L’Allamano ripeteva senza stancarsi: “Prima santi
e poi missionari”, la santità per la salvezza delle
Anime. E Suor Irene lo tradusse cosi: “Essere
santa è dare la vita goccia a goccia, trapassando
dal cuore fibra per fibra, tutto ciò che non sia di
Dio. La santità consiste nel lasciarsi crocifiggere
da Dio e dalle persone, tacendo, ringraziando,
accettando senza perdere la pace”. Scriveva nelle
sue lettere: “L’unica gloria è nel farsi santi, la
morte è l’eco della vita”».
«La beatificazione di suor Irene significa per noi
Missionarie e Missionari della Consolata una
conferma della santità del Carisma donatoci dal
beato Giuseppe Allamano, nostro Fondatore.
Significa unirci alle schiere di coloro che,
pieni di stupore, riconoscono l’onnipotenza
dell’amore misericordioso di Dio che ci sprona
a non stancarci mai di riconoscere le meraviglie
che compie quotidianamente in noi sue figlie e
figli, perché Dio ci ama con tenerezza di Padre.
La caratterista apostolica di Suor Irene, è stata
la sua carità senza limiti, vissuta nell’umiltà, una
fede salda e una gioia evangelica che comunicava
a tutti con il suo sorriso, la sua bontà, la sua
disponibilità sempre.
È un fatto che la preoccupazione principale e
prioritaria di suor Irene fosse la salvezza delle
anime, tanto che lei stessa quando scriveva
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Il processo di beatificazione di Suor Irene
Stefani è andato avanti senza difficoltà, o ci
sono state esitazioni, ostacoli, dubbi?
«A mio avviso tutte le diverse tappe si sono svolte
in maniera normale e direi che Suor Irene stessa dal
cielo ci ha dato una mano, per arrivare all’ora di Dio:
la sua beatificazione. Le difficoltà incontrate, sono
state risolte anche con degli interventi straordinari
e sopranaturali; e tutto ciò ci incoraggiava a
continuare il cammino, con gratitudine e gioia».
Nella vita di comunità, come nelle famiglie,
nel quotidiano compimento dei propri
doveri, sono inevitabili invidie, gelosie e
tensioni, Suor Irene come viveva e superava
quei momenti difficili?
«A queste cose Suor Irene rispondeva con il
suo silenzio e preghiera, o con una prudente
espressione come: "Deo gratias!", "correggetemi",
"chiedo perdono" e si ritirava con passo delicato.
Il suo ultimo gesto è stato quello di offrire la sua
vita in un momento di tensione nella chiesa di
Nyeri».
Una celebre biografia su Suor Irene s’intitola
“Gli scarponi della gloria”. Come mai tanta
importanza data a quelle calzature?
«Sono un po' il simbolo delle tantissime corse
per salvare anime che suor Irene ha fatto
nella sua vita, quegli scarponi impolverati e
rovinati dall'uso che restano a testimonianza
dei chilometri percorsi con qualsiasi tempo e a
qualsiasi ora del giorno e della notte da quella
instancabile evangelizzatrice. Suor Irene non
perdeva un'occasione per salvare anime. Un
esempio fra i tanti: un mattino, entrando in
un capannone militare, trova un letto vuoto. È
di Athiambo, un uomo che stava preparando
al Battesimo, grave ma non troppo, per cui
ha aspettato un giorno per amministrarglielo.
Chiede informazioni e scopre che, avendolo
preso per morto, lo hanno portato via, sulla
spiaggia dove buttano i cadaveri. Suor Irene con
i suoi scarponi addosso corre e lo trova ancora
vivo, lo porta lontano dalla marea e lo battezza,
poi corre all'ospedale e torna con una barella e
due portantini. A suor Cristina Moresco, che le
domanda se non sentiva ribrezzo a toccare tutti
quei cadaveri, spostati per trovare Athiambo,
suor Irene risponde: “Veramente sì, ma non
pensavo che all'anima”. Ecco il segreto dei suoi
atti eroici».
Un altro libro tutto su di lei s’intitola: “Il
vangelo del sorriso”. Come mai si è voluto
sottolineare il sorriso di suor Irene, come fosse
la dote naturale in cui più si identificava?
«Il suo dolce sorriso è stato una caratteristica sua
fin da piccola, che poi in missione è diventata la
sua calamita per attrarre a Dio tanti suoi amati
africani. Quando arrivò al nostro Istituto il 19
giugno 1911, la superiora fu colpita dal suo
“bel sorriso” che fu immutabile sempre. Da
altre testimonianze emerge il ricordo di essere
una persona gioiosa, allegra e svelta. Con il suo
sorridere esprimeva dolcezza, mansuetudine,
atteggiamento tanto raccomandato dal nostro
Fondatore, dato come consegna ai missionari
e missionarie partenti. Suor Irene la fece sua,
perché indispensabile a chi deve trattare con
gli altri per condurli a Cristo. Nelle diverse
testimonianze scritte dalle consorelle, dai padri
missionari della Consolata che vissero con lei, si
leggono espressioni come: "sorrideva sempre";
"per tutti aveva una parola amabile, delicata,
incoraggiante, piena di speranza". Lei era sempre
allegra che a vederla faceva dimenticare le
miserie e le pene passate. Durante l’esumazione
del corpo di Suor Irene, l’8 settembre 1995 era
presente una anziana che aveva conosciuto suor
Irene, al vedere il suo corpo intero gridò con
gioia e stupore: "ecco i suoi denti, gli stessi con
cui ci sorrideva sempre"».
Il sorriso, l’umiltà, l’abnegazione, la preghiera
costante caratterizzarono la vita di suor Irene.
Che cosa ha rappresentato per gli africani
questa beata?
«Nelle testimonianze dei suoi africani raccolte
nel libro: "Nyaatha suor Irene narrata dai suoi
africani", di suor Gian Paola Mina, affiorano
tutte le azioni indicate nel vangelo di Matteo
25,31-40: avevo fame, avevo sete, e così via. Per
loro ha significato: "la nostra Nyaatha madre
tutta misericordiosa, madre tutta tenerezza";
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"la predicatrice di Dio, la battezzatrice di Dio";
"Noi abbiamo ascoltato le sue parole e abbiamo
visto il suo amore, nessuno poteva resistere alla
sua eloquenza"; "sapeva che poteva prendersi la
peste, ma si avvicinava e toccava i malati, pur
di aiutarli"; "l’ha uccisa l’amore"; "la sua carità
infiammata di rispetto, e compassione, aperta e
benevola verso tutti, senza alcuna preclusione,
capace di vincere ogni ostacolo, rompere tutte
le barriere, capace di sollevare e consolare nella
tristezza". La gente, perfino i non cristiani,
ancora oggi dicono: "Quand’è che avremo di
nuovo una suora come suor Irene?"».
L’esperienza missionaria di suor Irene Stefani
funge da modello di vita cristiana, il suo
apostolato è stato considerato eroico, il suo
zelo per la missione straordinario. Ora agli
onori degli altari. Quali grazie si possono
chiedere e si è sicuri di ottenere per sua
intercessione?
«A suor Irene stavano a cuore le famiglie. Ad
Anfo, piccola adolescente, aiutava il padre nella
trattoria per preparare le feste di nozze, e dava
dei consigli agli sposi novelli. Durante il suo
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apostolato missionario in Kenya, la famiglia
era la sua grande preoccupazione: le mamme in
difficoltà per la maternità, le vedove, i piccoli
a scuola, i giovani che partivano per Nairobi
in cerca di lavoro, gli uomini senza lavoro.
Visitava tutti per alleviare le loro necessità, per
curare i malati, per catechizzare e preparare al
sacramento del Battesimo. Adesso possiamo
chiedere a Dio, per sua intercessione, di benedire
e accompagnare tutte le famiglie che hanno
difficoltà per avere un figlio, quelle che sono in
difficoltà di rapporti, quelle che non hanno un
lavoro, quelle che portano avanti la sofferenza
della malattia incurabile. Per noi missionarie
e missionari, affidarci a lei perché come lei
possiamo essere uomini e donne coraggiosi, di
grande zelo missionario, discepoli e missionari
che vivono e portano il Vangelo con la gioia nel
cuore e nelle labbra».
L’ALLAMANO
NELLE SUE LETTERE
MISSIONARI RESPONSABILI E LIBERI
P. Francesco Pavese, IMC
I missionari e le missionarie che l'Allamano
andava formando, infondendo in loro il proprio
spirito, dovevano essere interiormente “liberi”
e maturi, capaci di valutare le situazioni e
prendersi le proprie responsabilità. Obbedienti
sì e senza sconti, idonei a collaborare e non
battitori liberi, ma non dipendenti da altri, tanto
meno succubi. Sapeva che in missione essi erano
gravati da enormi pesi, che dalla loro saggezza e
generosità dipendeva il progresso della missione,
la creazione e lo sviluppo di nuove comunità
ecclesiali. Scrisse a P. T. Gays: «Sta a voi formare
fondamenta stabili delle Missioni» (III, 583).
Per questo era molto vicino ai suoi giovani, li
consigliava, incoraggiava, ma lasciava loro la
libertà di decidere in certi casi, perché, oltre
tutto, erano sul posto e vedevano meglio le cose.
Si può anche affermare che l'Allamano, prima
di dare una disposizione sull'organizzazione o
sul metodo apostolico, attendeva di essere bene
informato. Il P. I. Tubaldo, valutando questo
aspetto, scrisse che l'Allamano formava i suoi
missionari, ma in certo senso era anche da essi
formato.
Dalle lettere questo rapporto tra il Fondatore e i
suoi figli e figlie appare chiaramente e merita di
essere evidenziato. Inizio dai primissimi tempi.
Riporto un brano di lettera, già citata nell'articolo
di gennaio a proposito dello “spirito”, scritta a P.
T. Gays, allora superiore del gruppo, il 30 luglio
1902. Si tenga presente che i missionari erano
in Kenya da soli due mesi ed erano quattro in
tutto: «Nella sua lettera mi dice, che dovete
fare qualche variante alle nostre consuetudini
ed all'orario conforme all'esperienza di codesti
Padri; fate quanto stimate meglio in Domino
dopo aver pregato ed aver conferito insieme
voi due. […]. Durante i miei Esercizi a S.
Ignazio ho composto il “Direttorio” richiesto
dal regolamento. Dopo la necessaria prova, vi
manderò copia del medesimo perché ne osserviate
ciò che è possibile » (III, 384-385). Il Fondatore
voleva che la decisione di come comportarsi
fosse presa assieme a P. F. Perlo, in modo da non
urtare i Padri dello Spirito Santo già presenti
in Kenya da lungo tempo. Neppure due mesi
dopo avere spedito quella lettera, il 19 settembre
1902 tornò sull'argomento scrivendo ancora a
P. Gays: «Quanto alle pratiche di comunità V.
S. tenga fermo alla sostanza e come già le scrissi
faccia i mutamenti che d'accordo col Teologo
crede convenienti» (III, 437). Nuovamente il 12
dicembre 1902: «Quando potete essere insieme
osservate per quanto si può, e con libertà, il
regolamento ed il Direttorio, e pure nei limiti
della possibilità quando siete divisi – L'essenziale
è il buon spirito che c'è in tutti» (III, 486). Il
Fondatore si rese subito conto che in missione
c'erano situazioni diverse e che non era possibile
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trapiantare lo stesso programma di vita che si
osservava a Torino. Tuttavia puntò sempre sulla
sostanza, che è appunto la fedeltà allo spirito.
Pur lasciando giusta libertà di decisione ai suoi
giovani, l'Allamano intendeva conservare
la propria responsabilità, quella insita
nell'identità di fondatore. Ecco perché
chiedeva di essere informato di modo
che le decisioni prese sul posto
fossero anche sue. Per esempio,
quando si trattava di iniziare
«una specie di seminario» per
futuri catechisti, l'Allamano
scrisse a P. Gays, con lettera
del 3 aprile 1903, dando una
serie di disposizioni su come
trattarli. Temeva che fosse
troppo
accondiscendente
sulle loro esigenze, come
in seguito scrisse a P. Perlo
(cf. III, 709-710). Pur
sembrando molto convinto
di quanto aveva scritto,
aggiunse alla fine: «Se però
così facendo vi alienate affatto
questi ragazzi scrivetemi tutto
il pro e il contro, e vedrò
[...]» (III, 550). Anche a P. F.
Perlo, divenuto responsabile
del gruppo al posto di P. Gays,
con lettera del 23 dicembre
1903, il Fondatore accennò a
come comportarsi con i catechisti
ormai accolti in un collegio a Limuru,
soprattutto riguardo ad eventuali salari,
concludendo: «V. S. faccia come crede bene
non avendo che di mira la gloria di Dio» (III,
710).
Un problema importante e sentito molto presto
in Kenya fu quello di ottenere da Propaganda
Fide un proprio territorio. Il Fondatore,
nell'accordarsi con il Superiore Generale dei
Padri dello Spirito Santo, fin dall'inizio aveva
promesso con giuramento che non avrebbe
chiesto un territorio in proprio, ma certi
dissidi in loco spingevano in quella direzione.
Il Fondatore almeno due volte fece presente a
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Propaganda questo suo impegno con il Superiore
Generale dei Padri dello Spirito Santo, ma non
fu preso in considerazione, in quanto le missioni,
gli fu precisato a Roma, non erano proprietà di
nessun Istituto, ma della Chiesa, in nome
della quale operava Propaganda Fide.
Sappiamo come sono andate le cose:
nel 1905 fu costituita un “Missione
indipendente” e un “Vicariato
Apostolico” nel 1909 affidato
al nostro Istituto. P. F. Perlo fu
nominato prima “Superiore”
della Missione Indipendente
e poi Vicario Apostolico del
Vicariato del Kenya. Ma già
nel 1904 la questione era
sentita e se ne parlava nel
nostro ambiente. Così il
Fondatore scrisse a P. F. Perlo
il 4 marzo 1904: «Ed ora
della divisione del Vicariato
di cui V. S. scrive nella sua
lettera. V. S. sarà miglior
giudice da costì, io le dirò
ciò che penso col V. Rettore.
Sarebbe certamente un bene
avere presto un proprio
Vicariato. 1) è da molti
aspettato; - 2) significherebbe
stabilità delle nostre missioni;
- 3) provocherebbe molte
vocazioni; - 4) si avrebbero i
sussidi della Propagazione della
Fede; - 5) si lavorerebbe stabilmente
per l'avvenire; - 6) cesserebbero le
paure, le ombre, ecc. […]. Non saprei
da tutto ciò che concludere; se non che il
dubbio, se si potrebbe sacrificare un po' del
Kikuyu per averne il resto subito, sperando
di espanderci fra non molto a Nord sino... V.
S. esamini, preghi ed operi ciò che cede bene
prudentemente» (IV, 66-67).
Anche per la conduzione della comunità a Torino
il Fondatore lasciava spazio ai suoi collaboratori,
pur seguendoli da vicino. Mentre era a Rivoli per
un po' di riposo, scrisse a P. U. Costa il 10 marzo
1912: «. Mi rallegrano le buone notizie del caro
Istituto e degli esami subiti abbastanza bene. Deo
gratias! Per la lettura dei voti io probabilmente
non potrò farla che Giovedì sera, perché penso di
tornare a Torino [da Rivoli] Giovedì mattina. Se
stimassi meglio anticipare, fa come ti pare meglio
in Domino» (VI, 95). Indirizzo analogo a P. L.
Perlo, il 31 agosto 1912, mentre era a S. Ignazio
in vacanza con la comunità: «Per le passeggiate
regolati come vedi meglio per tutti. Potreste
andare tutti anche i giovanetti per un giorno
intero alla Consolata di Mezzenile» (VI, 222).
Nuovamente, l'11 settembre 1913, da Torino a
P. U. Costa che si trovava ancora a S. Ignazio con
un gruppo di allievi, dopo avergli dato diverse
notizie: «Tutte queste cose ti dico perché se avessi
qualche osservazione in proposito, me la scrivi.
Per il bene, e perché al vostro ritorno tutto sia in
ordine pensa ad ogni cosa e scrivimi liberamente.
Non cerchiamo che il maggior bene, perciò parla
in tutto liberamente. […]. Leggi la lettere unita
al ch. Garrone e se la trovi conveniente alla
presente di lui condotta, gliela darai, altrimenti
no» (VI, 477).
che riguardavano le singole suore. Il Fondatore
voleva conoscerle bene durante la loro prima
esperienza in terra di missione, perché si trattava
poi di ammetterle alla professione perpetua.
Così le scrisse il 15 ottobre 1915: «Desidero
che continui a tenermi al corrente dello stato
generale, ed anche particolare di ogni suora. E
ciò alla buona senza paura di esagerare, o di fare
perdere la stima presso i superiori: So ben dare
una tara, avuto riguardo dei malucci inevitabili
ed i diversi caratteri» (VII, 218).
Il ch. D. Spinello fu incaricato dell'insegnamento
nelle classi del ginnasio. Probabilmente
manifestò alcune perplessità al Fondatore, il
quale gli rispose brevemente con lettera non
datata, ma risalente al 1914: «Fai l'obbedienza e
il Signore ti benedirà: Puoi tuttavia esprimere le
cose ai Superiori, specialmente per la scuola degli
Studenti» (VI, 696).
Stesso criterio con le suore, che il Fondatore
voleva mature e responsabili come “buone madri
di famiglia”. Già alle prime partenti nel 1913,
in quella famosa lettera che dovevano leggere
solo durante il viaggio, scriveva: «Obbedite
semplicemente e di cuore, anche nelle piccole
cose a Mons. Vicario ed alla Vice-Superiora, non
cambiandone mai gli ordini per le vostre viste
particolari. […]. Potrà però ognuna, e dovrà
proporre semplicemente le proprie convinzioni
alla Superiora quando lo creda per il maggior
bene, uniformandosi poi subito all'obbedienza»
(VI, 495-496).
Sr. Margherita De Maria, responsabile del
gruppo in Kenya, fu particolarmente seguita dal
Fondatore. Di lei si fidava e la incoraggiava a
comunicargli le notizie, particolarmente quelle
Anni dopo, nel 1921, Sr. Margerita confidò al
Fondatore di avere l'impressione che Mons. F.
Perlo fosse «poco soddisfatto delle nostre Suore».
Siccome Mons. Perlo in quei giorni era in Italia,
il Fondatore, rispondendo in data 1 settembre
1921, rassicurò Sr. Margherita comunicandole
la sua impressione che era diversa, avendo capito
che il Vicario Apostolico era soddisfatto sia delle
suore che, in particolare, della loro superiora.
E aggiunse: «Monsignore desidera che io stesso
elegga le cape di stazione. Io lo farò, lasciando
però a te di modificare la nota se ti paresse
sbagliata». Poi aggiunse una confidenza: «Già
avrai visto partire nove Suore del Cottolengo, ed
in seguito partiranno altre, forse sino all'ultima.
Ciò di dico in tutta confidenza. Noi manderemo
delle nostre il possibile; ma non potremo per ora
Da Casa Madre
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supplire tutte le Cottolenghine. Si lasceranno
varie stazioni coi soli sacerdoti; ma non si
lasceranno le suore meno di quattro od almeno
tre. Questo ho già ben ordinato a Monsignore»
(IX/1, 133). Ciò significa che il Fondatore si
fidava di Sr. Magherita e non dubitava che
sapesse guidare con saggezza quel periodo di
passaggio abbastanza difficile per carenza di
personale femminile.
Concludo ricordando nuovamente una lettera
già citata quando parlavo dell'attenzione del
Fondatore per la salute dei missionari e delle
missionarie. Quando Sr. Maria degli Angeli si
trovava in convalescenza presso un convento di
suore a Zoverallo (Intra), il Fondatore, vedendo
che occorreva molto tempo per la completa
guarigione, fu molto comprensivo. Nella lettera
del 14 febbraio 1917, le propose un programma
piuttosto ampio, facendole capire che non c'era
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Da Casa Madre
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fretta di tornare, pur avendo l'ufficio di superiora
della comunità di Casa Madre. Temendo però
di darle l'impressione di un certo disinteresse,
aggiunse subito: «Se ti pare giusto il mio progetto,
bene, altrimenti scrivimi liberamente il tuo
parere» (VII, 511). Questo era l'atteggiamento
generale dell'Allamano. Guidava, consigliava,
ATTIVITÀ DELLA DIREZIONE GENERALE
NOTIZIE SUI CONTINENTI
P. Stefano Camerlengo, IMC
INTRODUZIONE
Con opere di misericordia viviamo la Pasqua di
risurrezione!
Carissimi, l’immagine della Porta Santa mi
attrae. E anche se non sono ancora andato ad
attraversarne una, nella testa e nel cuore gli ‘giro
intorno’ continuamente. In questo girovagare
sono stato colpito dal fatto che la parola PORTA
si ritrova nella Bibbia 355 volte. La prima volta è
messa in bocca a Dio che si rivolge così a Caino:
Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto?
Se agisci bene, non dovrai forse tenerlo alto?
Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato
alla tua porta; verso di te è il suo istinto, ma tu
dominalo. (Gn 4,7). L’ultima invece è parte della
descrizione della santa Gerusalemme che scende
dal cielo: Beati coloro che lavano le loro vesti:
avranno parte all'albero della vita e potranno
entrare per le porte nella città (Ap 22,14)
Credo si possa dire che questi due riferimenti
sono indicazione del percorso di salvezza che
la Scrittura annuncia: se la porta è immagine
della vita dell’uomo (entriamo nella vita dalla
porta del grembo materno e vi usciamo da
quella della morte dopo aver attraversato infinite
porte/passaggi di crescita e di prova...), una vita
minacciata dal peccato(!), ci è chiesto di agire
bene sapendo che Dio sostiene e benedice i passi
di coloro che lavano le loro vesti e così affrettano
il compimento del disegno di salvezza.
Sempre il testo dell’Apocalisse ci dice che coloro
che hanno lavato le loro vesti, l’hanno fatto
nel sangue dell’Agnello (Ap 7,14) e sono una
moltitudine immensa di ogni nazione, razza,
popolo e lingua (Ap 7, 9). E conclude: Colui
che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra
di loro. Non avranno più fame, né avranno più
sete, né li colpirà il sole, né arsura di sorta, perché
l'Agnello che sta in mezzo al trono sarà il loro
pastore e li guiderà alle fonti delle acque della
vita. E Dio tergerà ogni lacrima dai loro occhi.
(Ap 7,15-17)
1. UNO SGUARDO AI CONTINENTI
Come oramai da prassi collaudata, abbiamo
iniziato la nostra sessione di Consiglio del mese
di marzo lasciando spazio ad ogni Consigliere
che ha presentato una ampia sintesi delle
visite, degli incontri e dialoghi fatti in questi
ultimi mesi. In particolare vogliamo ricordare
alcuni punti che ci stanno a cuore. Per l’Africa
abbiamo ricordato e riflettuto sulla situazione
dell’Etiopia. Prima di tutto per il confratello,
padre Carlos Domingos morto tragicamente,
il vuoto che ha lasciato si leggeva sui volti dei
partecipanti al Funerale e nella numerosa folla
presente. Ancora una volta chiamati a tentare di
capire la “logica-illogica” evangelica del seme che
muore. Inoltre sempre per l’Etiopia segnaliamo
l’accresciuta difficoltà ad ottenere il Visto di
permanenza, cosa che complica ulteriormente la
situazione del già piccolo gruppo di missionari
presenti. Una grande speranza è costituita dalla
decisione di avviare, dopo lungo discernimento,
Da Casa Madre
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l’apertura della seconda comunità in Angola, per
consolidare la nostra presenza e il nostro servizio.
La riflessione e la concretizzazione di questo
progetto è lasciata allo studio e al discernimento
del Consiglio Continentale africano.
Per la formazione abbiamo ricordato il grande
e, speriamo, fruttuoso gruppo di giovani in
formazione, attualmente abbiamo 40 novizi
che si preparano alla professione religiosa
come consacrati missionari della Consolata. Le
vocazioni sono sempre segno di vita e vita piena,
per cui ringraziamo il Signore, a Lui rendiamo
gloria, ma dobbiamo anche mettere maggior
impegno nel discernimento vocazionale e
nell’accompagnamento dei nostri giovani. Il
nostro ringraziamento si accresce per la nascita
di nuovi figli alla famiglia. Nel mese di gennaio,
precisamente il giorno 29, abbiamo ufficialmente
inaugurato il Seminario di Filosofia ad Abidjan,
capitale della Costa d’Avorio. Nella tradizione
del nostro Istituto, dopo vent’ anni di presenza
in Costa d’Avorio, abbiamo ritenuto importante
aprire anche noi ai giovani locali che, dopo
averci conosciuto e dopo essere cresciuti con
noi, sentono il richiamo vocazionale del Signore
a dare tutta la loro vita alla missione nell’Istituto.
Il nuovo Seminario è dedicato alla beata Suor
Irene Stefani.
Per il Continente America, partendo dalla recente
visita di Papa Francesco al Messico, abbiamo
cercato di rileggere la nostra presenza e le nostre
opzioni missionarie alla luce dei discorsi e dei
messaggi che il Papa ha indirizzato ai diversi
popoli del Continente. “È motivo di gioia poter
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Da Casa Madre
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calcare questa terra messicana che occupa un
posto speciale nel cuore delle Americhe. Oggi
vengo come missionario di misericordia e di
pace, ma anche come un figlio che vuole rendere
omaggio a sua madre, la Vergine di Guadalupe e
lasciarsi guardare da lei...Mi dispongo a visitare
questo grande e bel Paese come missionario e
pellegrino...”
La missione di Dio e più specificatamente la
missione ad gentes, abbraccia tante e diverse
realtà che, per non diluirci nel tutto e nel nulla,
siamo costretti a fare delle scelte specifiche e
specializzarci nelle risposte. Solo così riusciremo
a fortificare l’identità, rispondere al carisma e
mantenere calda la comunione. Una attenta
lettura della recente visita di Papa Francesco al
Messico, dei suoi gesti, delle sue parole, i luoghi
e i percorsi, può illuminare la nostra visione,
aiutarci a concretizzare il nostro Progetto
missionario, impegno comune in questo tempo
pre-capitolare e anche a contestualizzare la nostra
spiritualità e pratica missionaria. Il missionario
della misericordia e della pace, come lui si è
presentato, ci incoraggia, con parresia, nella
missione di condividere la vera Consolazione,
Gesù Cristo con le vecchie e le nuove comunità
umane e culturali, sotto la guida della “nostra cara
Consolata”, riconosciuta al Continente come
la “morenita” e proposta alla cattolicità come
“esempio di evangelizzazione perfettamente
inculturata”. Vieni Spirito Consolatore, fa la
tua opera in ogni missionario, costruisci con
noi la fraternità locale e universale, lavora presso
i popoli della terra perché venga il “Regno”
del Padre Nostro”( padre Salvador Medina,
Francesco missionario di misericordia e di pace,
Roma marzo 2016). Sempre in America abbiamo
aperto una nuova comunità apostolica formativa
a Cali-Colombia, inserita in un contesto di
opzione missionaria per gli afro discendenti,
con un gruppo di giovani teologi proveniente
da diverse culture ed espressione dell’arcobaleno
della Consolata. Nell’America del Nord procede
il processo di rinnovamento e di ristrutturazione
già avviato e che sta andando verso la sua
conclusione, dando la priorità a piccole presenze
qualificate e missionarie, lasciando le “antiche”
strutture pesanti e difficili da gestire. Inoltre, mi
piace, sottolineare l’interessante scelta fatta dal
Centro di Animazione Missionaria di Montreal
di visitare e scegliere, quest’anno, come finalità
della sua animazione, il Continente Europeo.
E’ una scelta che fa riflettere e che mostra come
niente è “eterno” e tutto può cambiare. Questa
opzione dimostra come la missione non ha più
collocazioni geografiche ma umane e, proprio
per questo si colloca al centro dell’umanità.
Per l’Europa segnaliamo la nostra visita alla
regione Italia, durata più di due mesi. La visita
ha messo in luce che , a volte, viviamo di luoghi
comuni e che questi non aiutano a camminare.
Contrariamente a quanto si dice, la Regione è
serena e i missionari, consapevoli della loro forza
e possibilità, s’impegnano a dare il massimo,
anche solo restando semplice e significativa
presenza di missione. Su tutti vorrei presentare,
la nuova presenza intercongregazionale in Sicilia,
Diocesi di Noto, dove questa nuova composita
comunità tenta di essere missione di consolazione
per i tanti immigrati che ogni giorno sbarcano
sulle coste sicule sperando in un futuro migliore.
Condividiamo anche lo sforzo di riflessione in
vista di prendere alcune decisioni importanti, da
parte della Regione Portogallo che vuole rivedere,
qualificare e ristrutturare la sua presenza a
Fatima. Presenza storica importantissima, luogo
di formazione e di missione, luogo Mariano
internazionale, che ora con i grandi mutamenti
sociali ed economici, necessita un ripensamento
e una riqualificazione.
La missione dell’Asia, diventa sempre più,
riferimento e tema di discernimento guardando
al futuro dell’Istituto. Attualmente siamo
preoccupati per la situazione di precarietà che
vive la nostra missione in Mongolia a causa
delle complesse e strette regole del Governo
per gli stranieri e per le confessioni religiose. A
questo proposito stiamo anche dialogando con
la Santa Sede affinché possa intervenire a livello
diplomatico e dare una mano alla presenza della
Chiesa. Il gruppo di missionari di Taiwan sarà
presto arricchito da altri due giovani missionari
e presto il vescovo affiderà ai nostri una presenza
missionaria in Diocesi. Primi passi di un sogno e
di una apertura che continua e ci rinnova.
Comunicare la vita e la missione: Mettersi in
gioco, cominciare per primo!
Concludendo vorrei invitare tutti a leggere e
a condividere maggiormente i documenti, le
lettere, i messaggi, le riviste dell’Istituto; anche
questi sono segni ed espressione della famiglia
della Consolata. Purtroppo si nota, visitando le
comunità che, si ha poco interesse per la “nostra
Da Casa Madre
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letteratura”, ci sono sempre meno persone
disponibili a scrivere e a condividere il vissuto
quotidiano, le riflessioni sulla nostra vita e
missione. Riviste e Documenti “nostri” come
Il Da Casa Madre, Documentazioni , le lettere
della Direzione Generale, del padre Generale, il
nostro Sito ed altro, invece di essere la “nostra
Biblioteca di famiglia”, sono poco usate e poco
lette, spesso preferiamo altro materiale e facciamo
una grande fatica a scrivere, a condividere la
nostra vita e la nostra missione.
Sono convinto che le testimonianze missionarie
che ritraggono la quotidianità in missione siano
di un valore particolare, capace di trasformare
la vita di chi ci avvicina, di sensibilizzare
missionariamente la dinamica pastorale della
Chiesa e, senz'altro, di ravvivare e rinnovare
l'ardore missionario dei confratelli dell’Istituto.
A proposito della stampa missionaria, sento
con dispiacere che, quasi sempre, l'attività di
diffusione e propagazione dei nostri canali di
informazione missionaria si riduca, soltanto,
all'impegno dei missionari che vi lavorano (che
li producono).
Invece, credo che sia un compito di tutti,
fare arrivare alla nostra gente l'informazione
missionaria, condividere tra noi e con tutti gli
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Da Casa Madre
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altri la nostra missione non per mostrarci come
i protagonisti ma per narrare le meraviglie del
Signore nei popoli che serviamo e che, anche
grazie a noi, umili strumenti nelle sue mani, Lui
sa toccare e riscaldare i cuori e ridare gusto alla
vita nella fede, speranza e carità! Coraggio!
CONCLUSIONE
Ci è chiesto di agire bene! Le opere di
misericordia corporale e spirituale ci aiuteranno
in questo tempo a far fiore la nostra vita in un
dono d’amore che ha in Gesù e nella sua Pasqua
di morte e risurrezione la sorgente e il modello
ineguagliabile di riferimento.
Per questo, in questo tempo, fissiamo
intensamente lo sguardo del cuore sulla Pasqua!
Nel preparare questo tempo così importante
per l’Istituto abbiamo voluto valorizzare le
varie iniziative proposte, credendo che non è
moltiplicando le iniziative che un tempo diventa
‘forte’ ma vivendo in modo ‘forte’ la vita di ogni
giorno e soprattutto rinnovando la nostra fede
nel Dio misericordioso e grande nell’amore.
A tutti e ad ognuno coraggio e avanti in Domino!
CASA GENERALIZIA
APRILE
P. Renzo Marcolongo, IMC
“Natale con i tuoi e Pasqua con chi vuoi” si
è vista in casa generalizia: molti di noi sono
andati in diverse parrocchie per vivere le liturgie
pasquali con la gente o nelle varie cappellanie
che serviamo durante tutto l'anno. Qui in casa
abbiamo celebrato tutte le funzioni liturgiche in
un bel clima di preghiera e adorazione.
In san Pietro si sono svolte solennemente tutte
le cerimonie della settimana santa e alcuni di
noi hanno preso parte ad alcune cerimonie,
soprattutto a quella del Giovedì Santo: una
cerimonia significativa e profonda che ci apre al
mistero dell'Eucarestia.
Poco prima della settimana santa, la comunità
offre a tutti i suoi dipendenti un rinfresco per
ringraziarli per tutto quello che fanno per noi
e offrire loro la tradizionale colomba pasquale.
In cambio, la comunità riceve da loro un grande
uovo pasquale di cioccolato che addolcirà i nostri
palati per molto tempo.
Dopo Pasqua e dopo aver avuto un mese di
consiglio, la direzione generale si disperde:
Stefano va in Brasile e Amazzonia; Salvador
in Colombia e poi in Brasile; Pendawazima in
Mozambico e Kenya; Ugo in Polonia, Portogallo
e Italia e Marco in Kenya e Etiopia. Torneranno
tutti agli inizi di giugno.
All’inizio di aprile il Santo Padre ha nominato
Vescovo della diocesi di Isangi (Repubblica
Democratica del Congo) il Rev.do Dieudonné
Madrapile Tanzi, del clero di Isiro-Niangara,
docente invitato alla Pontificia Università Urbaniana, nostro ospite durante il mese.
La nostra casa ha avuto un incremento
significativo di persone che hanno approfittato
della vicinanza al Vaticano per farci visita: amici
e parenti di missionari; missionari di passaggio
o venuti per incontri (Gigi Anataloni, Daniel
Handino, Antonio Rovelli, Pino Galeone,
Fabio Malesa, Renato Martini, Beppe Svanera,
Enzo Viscardi) e vescovi per visite a dicasteri
vaticani: mons. Ismael Rueda Sierra arcivescovo
di Bucaramanga e mons. Flavio Calle Zapata
arcivescovo di Ibagué, tutti e due dalla Colombia
e mons Cesare Osiglia arcivescovo di Torino.
L'accoglienza e l'ospitalità sono parte del nostro
carisma e sono sempre apprezzate.
Sabato 9 aprile abbiamo avuto l'ultimo
ritiro mensile comunitaria per quest'anno
accademico. Padre Carlos del Valle ci ha
parlato della misericordia (tema dei ritiri
annuali) sottolineando aspetti della parabola del
Samaritano che ci svelano la misericordia di Dio
verso noi, misericordia che noi dovremmo vivere
verso gli altri.
Domenica 10 aprile la città di Roma si blocca
completamente fino verso le 3 del pomeriggio
a causa della maratona a cui partecipa uno
dei nostri: padre Patrick Gomes da Silva che
la percorre in 3 ore e 29 minuti: felicitazioni!
La maratona è stata vinta dall'esordiente
ventitreenne Amos Kipruto (Kenya) in 2:08.12!
Da Casa Madre
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Il 15 aprile segna il primo anniversario della
nostra presenza in via Nomentana (Porta
Pia). Quella comunità, composta attualmente
dai padri Ariel Tosoni e Giacomo Mazzotti
aspettando l'arrivo del padre Francesco Viotto,
è stata eretta ufficialmente come comunità
dipendente dalla direzione generale. Auguriamo
loro un buon servizio pastorale alla gente e alla
comunità delle suore dell'Eucarestia.
Notizie dal Giubileo
Le vie del Giubileo
Sono le vite dei Santi, dei martiri, dei poeti, così
come le grandi opere di un imperatore, il filo
rosso di ciascun itine-rario raccolto ne "Le vie
del Giubileo: venti percorsi cultu-rali a Roma
per venti secoli di storia, arte e religioni", iniziativa presentata a Roma dal Ministero dei
beni e delle at-tività culturali e del turismo.
Un progetto per valorizzare itinerari culturali,
nonché eventi di tema sacro e spirituale, nella
capitale, che proseguirà anche oltre il Giubileo
e al quale hanno preso parte diverse realtà: dalle
varie comu-nità religiose della città al Pontificio
Consiglio della Cultura, all’Opera Romana
pellegrinaggi.
avute da suor Faustina Kowalska, la religiosa
polacca canonizzata da Wojtyla nel 2000, fu Gesù
stesso. Di Santa Faustina Ko-walska, Apostola
della Divina Misericordia, Papa Francesco scrive:
“Lei, che fu chiamata ad entrare nelle profondità
della divina misericordia, interceda per noi e
ci ottenga di vivere e camminare sempre nel
perdono di Dio e nell’incrollabile fiducia nel suo
amore.” (M.V., 24).
In contemporanea con il grande evento
giubilare, si è te-nuto dal 30 marzo fino al 4
aprile il Congresso Apostolico Europeo della
Misericordia: organizzato dalla WACOM,
Word Apostolic Congress of Mercy, presieduta
dall'Arcive-scovo di Vienna, il cardinale
Christoph Schönborn, esso prevedeva due
giornate di riflessione e di studio con inter-venti
e conferenze tenuti da relatori di altissimo livello.
"Via Crucis" tra i senzatetto di Roma
Festa della divina misericordia
Quest'anno il ritorno alla Casa del Padre di San
Giovanni Paolo II coincide come allora con la
vigilia della Festa della Divina Misericordia, da
lui istituita per tutta la Chiesa nel 2000, una
settimana dopo la Pasqua, nella “Domenica in
Albis". A volere questa festa, secondo le visioni
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Da Casa Madre
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Nella serata del Venerdì Santo, mentre era in corso
la Via Crucis al Colosseo con Papa Francesco,
l’Elemosiniere pon-tificio, l'arcivescovo Konrad
Krajewski, ha compiuto un giro per le vie di
Roma, accompagnato da alcuni suoi collaboratori volontari e da alcuni senzatetto ospiti del
Dormitorio “Dono di Misericordia”, in unione
spirituale con la Via Crucis celebrata dal Papa.
Alle persone incontrate per strada so-no stati
distribuiti sacchi a pelo e un piccolo dono – “una
carezza” – da parte del Papa. Si è trattato così di
una Via Crucis in Città, di circa 100 stazioni,
terminata dopo la mezzanotte.
Pasqua in urbi et orbi
La Messa di Pasqua dal Vaticano e la Benedizione
Urbi et Orbi di papa Francesco, domenica 5
aprile, sono state tra-smesse per la prima volta in
diretta in 3D. Spiccano alcune specifiche scelte
a livello di regia, “In particolare, il mo-mento
della benedizione 'Urbi et Orbi' raccontato
attraver-so due telecamere: una sulla Loggia della
benedizione die-tro il Papa, e un grandangolo che
costruisce un grande ab-braccio tra il Pontefice,
le braccia del Bernini e la folla inte-ra”.
L’allestimento floreale in Piazza San Pietro
per la domenica di Pasqua è stato cura di
un team olandese di 25 fioristi che svolgono
questo compito da 30 anni. I preparativi so-no
incominciati a novembre: oltre 35 mila i fiori e le
pian-te impiegate per la decorazione. Sul Sagrato
protagonista la rosa bianca, per sottolineare
il messaggio del Giubileo della Misericordia
proclamato da Papa Francesco.
Da Casa Madre
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VITA NELLE CIRCOSCRIZIONI
LA MIA PRESENZA IN AMAZZONIA
Fr. Carlo Zacquini, IMC
Amazzonia; qualche ricordo per aiutare a capire
un po’ il presente
Amazzonia
1965: arrivai in Brasile a febbraio; in marzo ero a
Roraima. La dittatura militare era stata instaurata
quasi un anno prima, il 31 marzo del 1964.
Roraima era raggiungibile solo per via aerea o
fluviale. Per questo motivo il comando delle
operazioni locali era in mano alla Forza Aerea: il
governatore era un colonnello dell’aeronautica e
altri ne vennero in seguito.
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Tra i loro obiettivi c’erano la costruzione
di una rete autostradale e la colonizzazione
dell’Amazzonia, considerata disabitata. La
colonizzazione rispondeva allo slogan: “Uomini
senza terra per una terra senza uomini”, che
alimentava lo spauracchio di un’invasione da
parte di Paesi stranieri. Un altro slogan era :
“Integrar para não entregar” (integrare per non
consegnare agli stranieri). E’ di quest’epoca la
costruzione di numerose strade, alcune delle
quali rimaste fino ad oggi incomplete, che, oltre
a recare gravissimi danni alla foresta, causarono
la decimazione di numerosi popoli indigeni. I
miserabili del Nordest, senza terra e senza acqua,
erano incentivati a partire per la terra promessa
dove la terra e l’acqua sarebbero state abbondanti.
Tra il 1974 e il 1980, il “Programma
Polamazônia” incentivò la creazione di grandi
fattorie (vedi: Wolkswagen, Liquigas...) per
Da Casa Madre
05 / Maggio 2016
l’allevamento di bovini, con riduzione di tasse
e agevolazioni fiscali a chi occupasse terre in
Amazzonia, premiando il disboscamento. Sono
rimasti famosi alcuni mega incendi di quegli
anni, ai quali seguiva la semina di erba per i buoi
trasformando la foresta in prati .
Il credito era facilitato a chi investiva in attività
in Amazzonia: in quel periodo, io stesso conobbi
una persona che viveva facoltosamente, con soldi
ottenuti a tassi irrisori e speculando sul capitale.
Migliaia di cittadini da varie parti del Brasile
accorsero in Amazzonia, attratti dalla possibilità
di fare fortuna facilmente.
Quando, negli anni 90, cominciò a essere palese
anche a uomini del governo (non più militare)
che il disboscamento stava causando danni
gravissimi, la popolazione non ci volle credere
e, ancora oggi, molti pensano che disboscare sia
sinonimo di progresso.
In Amazzonia vivono ormai più di venti milioni
di persone, che vogliono giustamente continuare
a vivere; tuttavia molti di essi credono di avere il
diritto di distruggere la natura, pur di ricavarci
i mezzi necessari alla propria sussistenza; non
parliamo poi quando balena l’idea che è possibile
fare fortuna con la ricerca dell’oro (guarda caso,
nelle terre indígene) anche se questa attività è
illegale.
Se prima degli anni 70 l’attività di ricerca di
Alcuni punti di penetrazione della Terra
Indigena Yanomami, che dovrebbero essere
sorvegliati per impedire le invasioni, continuano
ad essere abbandonati dalla FUNAI perché il
governo ha tagliato le spese... Tra di essi la pista
vicina al villaggio degli ìndigeni isolati di cui
ho parlato mesi addietro. Essi corrono ancora un
forte rischio di sterminio.
oro e diamanti in queste regioni era per lo più
manuale e gli spostamenti avvenivano a piedi
o in barca, ora i “garimpeiros” sono passati
all’uso di motori, pompe e altri congegni molto
più distruttivi (loro dicono efficienti) e per gli
spostamenti e il trasporto di questi congegni
si servono frequentemente di piccoli aerei ed
elicotteri. Tutto questo per dirvi che in questo
momento c’è un boom di garimpeiros in terra
yanomami e il governo sta facendo di tutto per
rendere vana e insignificante l’esistenza della
FUNAI che vorrebbe impedire lo scempio.
É di questi giorni l’annuncio del risultato di esami
fatti su vari Yanomami di diversi villaggi, per
stabilire il grado di contaminazione col mercurio
usato dai cercatori d’oro: alcuni villaggi hanno
una contaminazione che supera anche dieci volte
Amazzonia
il massimo ammissibile secondo l’OMS, e questo
è solo uno dei problemi causati dai garimpeiros.
Aggiungo che siamo molto preoccupati per la
siccità terribile che sta causando la morte del
bestiame nella savana e della selvaggina che è
bruciata negli incendi forestali. Molti ruscelli
si sono completamente prosciugati e i villaggi
devono spostarsi per poter avere accesso all’acqua.
Molti pozzi sono secchi e le piantagioni sono
ridotte quasi a zero.
Nonostante tutto, noi continuiamo a lavorare al
Centro di Documentazione ed é appena arrivata
una giovane trentina (Anna) che volontariamente
ci dará una mano molto qualificata per qualche
mese.
Grazie per il vostro aiuto indefesso. Il Risorto vi
dia salute, forza e coraggio per continuare con lo
stesso entusiasmo di sempre.
Da Casa Madre
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ASAMBLEA IMC 2016
P. Lawrence Ssimbwa, IMC
Colombia
Del 04 al 08 de abril de 2016, los misioneros de
la Consolata de la Región Colombia-Ecuador se
reunieron en Bogotá para llevar a cabo la Asamblea
que se centró en el proyecto de “Revitalización y
Reestructuración”. La Asamblea fue inaugurada
con las palabras de agradecimiento y ánimo
de parte del padre Ángelo Casadei, superior
regional.
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Basados en el documento de Revitalización y
Reestructuración, los misioneros de cada zona
se reunieron aparte para reflexionar acerca de
lo que implicaba ese proyecto tanto a nivel
personal como comunitario. En todas las
presentaciones grupales, se dio a entender que
ese proyecto tendrá éxito en todo el Instituto en
la medida en que, cada misionero se considere
como sujeto de revitalización y reestructuración.
Es el misionero en su individualidad que debe
primero revitalizarse y reestructurarse para que
el proyecto tenga éxito a nivel local, regional, y
congregacional. Los aportes de la Región serán
enviados a cada comunidad para que puedan
revisar y ofrecer otros aportes, siendo que a
principios de mayo tenemos que enviar a la
Dirección General.
Estuvieron presentes en la Asamblea los
tres obispos de la Consolata en Colombia:
Monseñor Luis Augusto Castro, arzobispo de
Tunja y presidente de la Conferencia Episcopal
Colombiana, presentó sobre la Iglesia en salida
según la visión del papa Francisco. Explicó que,
cualquier revitalización y reestructuración que
haga el Instituto debe estar al servicio de la misión
Da Casa Madre
05 / Maggio 2016
“ad gentes” que es nuestro Carisma. Monseñor
Francisco Xavier Munera y Monseñor Joaquín
Pinzón presentaron la actualidad y perspectivas
del camino de los dos vicariatos (San Vicente del
Caguan y Puerto Leguizamo-Solano). El hecho
de que los dos vicariatos comparten la parte
amazónica, los dos prelados enfatizaron en la
necesidad de ubicar la Amazonía en el proyecto
de revitalización y reestructuración que se está
pensando y llevando adelante en la Región.
De igual manera, monseñor Joaquín pidió a la
Región y al Instituto en general a volver a hacer
memoria del sueño originario al iniciar el nuevo
Vicariato. A raíz de eso, los obispos recordaron
a la Asamblea que los dos Vicariatos pertenecen
al Instituto y les compete a los misioneros de
la Consolata apoyarlos para el éxito de la obra
evangelizadora de la Iglesia.
Colombia
Durante la Asamblea se presentaron algunas
realidades de nuestra actividad misionera en
la Región: la realidad de los Vicariatos de
Sucumbíos (Ecuador) y San José de Amazonas
(Perú); la propuesta de la nueva apertura en el
Pacífico colombiano – Buenaventura; el informe
contable y administrativo de la Región; los
trabajos de los equipos de AMJV y formación;
acerca del Congreso Nacional Misionero.
La última sesión de la Asamblea fue dirigida
por el padre Ángelo en sintonía con todo el
Consejo Regional: 1) se enfatizó la importancia
del proyecto de vida para cada misionero y el
comunitario para cada comunidad local; 2) se dio
a conocer que cada comunidad local celebrará la
conclusión del Año Santo de la Misericordia de
acuerdo a su contexto, siendo que a nivel regional
se está pensando en celebrar el fin de dicho Año
Santo con la apertura de nuestra presencia en la
diócesis de Buenaventura; 3) algunos encuentros
regionales previstos para este año: 11 al 15 de
junio (encuentro de misioneros entre 1-10
años de profesión religiosa y de ordenación
presbiteral, en Bogotá), 19 al 23 de septiembre
(encuentro de misioneros entre 11-25 años de
ordenación, en Medellín); 4) Se acordó que se
harán las elecciones del nuevo gobierno Regional
desde las Zonas, los días 7, 8 y 9 de junio.
Se concluyó la Asamblea con la Celebración
Eucarística presidida por el padre Ángelo
Casadei, donde agradeció la cooperación que los
misioneros le brindaron y se mostró disponible
para cualquier destinación que le proponga el
próximo superior.
Da Casa Madre
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WHEN ARE WE GOING TO CELEBRATE THE CENTENARY
OF THE CONSOLATA MISSION IN ETHIOPIA?
P. Gebremeskel Shikur Kirato, IMC
to his missionaries. Therefore the work was
immediately started. Those missionaries who
had been working in Kenya also tried their best
to realize the dream of the Founder from Kenya.
Etiopia
Mgr. Barlassina finally managed to enter to
Ethiopia – Addis Ababa in 1916 for Christmas as
a simple traveler or merchant. He stayed in Addis
Ababa studying the situation on the ground to
find a way to reach his destination; to Kaffa. In
few months time, it is going to be one hundred
years of his entrance to Addis Ababa – Ethiopia.
Are we going to celebrate the centenary this year
Christmas?
24
I was reading the letter of our Founder Blessed
Giuseppe Allamano for the presentation of the
Constitution to all the members of the Institute,
on 20 June 1923. He was narrating the history
of the Institute very briefly but with all the
important information and dates. He says “ In
1913 the second field of mission given to the
Institute, the Apostolic Prefecture of Kaffa”, it
was a very important day for the Founder, finally
to be authorized to reach to his dream, to send his
missionaries to the old mission land of Cardinal
Massaia, that was in the heart of the Founder
from the very beginning. It has already passed
three years ago, the hundred year’s anniversary
of that golden event in the life of the Founder
and the Institute. But we did not commemorate
that important event of our history. Why we did
not remember that page our history?
I know very well that the prefect elect Mgr.
Barlassina or the Consolata Missionaries did not
manage to enter immediately to their destination,
but from that day on our Founder was working
hard unceasingly to facilitate the entrance of his
missionaries to Ethiopia – Kaffa. He wrote so
many letters to Church leaders, to the authorities
in the government, to many known figures those
who could intercede for him to open the way
Da Casa Madre
05 / Maggio 2016
After few years of prudent study of the country
and waiting Mgr. Barlassina managed to reach
his Apostolic Prefecture of Kaffa _ Wellega in
1917. He met the remaining last local priest,
Abba Mathewos, ordained by Cardinal Massaia.
It was meaningful event; the work of Massaia and
Allamano embraced each other. May be we will
celebrate the centenary in 2017, the anniversary
of his arrival to Kaffa.
Mgr. Barlassina and his missionary group traveled
on horseback and on foot for two weeks to reach
Wellega. Later on gradually with their hard work
and humble approach, managed to plant a stable
church structure in south west of Ethiopia, all
the way from Wellega to Addis Ababa and from
Kaffa to Addis Ababa. In other word they came
back to Addis Ababa all the way evangelizing the
people in short time (1917-1942).
When Mgr. Barlassina entered in Ethiopia in
1916, nobody was waiting for him or no body
welcomed him, he was really a stranger, but
gradually he became the best friend of Emperor
Haile Selassie and that friendship never been
terminated because of the war. In addition to
that he was like one of the elders of the country
wherever he was working in Ethiopia. He was
able to construct a house for the emperor with
the fruit of his “Sayo Forest Timber Company”;
the company created by him to get entrance
permission for the missionaries as workers.
The Ethio – Italian war case destroyed all the
fruits of their sacrifice, although in those five
years of Italian occupation, the Italian Catholic
missionaries enjoyed the freedom of evangelizing
the whole country (although non-Italian
missionaries had been expelled by the Italian
Government) that was restricted by the Ethiopian
Government and the Ethiopian Orthodox
Church. After the victory of Ethiopia all Italian
missionaries had been expelled from the country
and replaced by non-Italian missionaries or by
the local clergy.
May be the discontinuity of the Consolata
Mission in Ethiopia did not encourage us to
think about the centenary of that mission. But
according to my research despite their absence
in the country, the Consolata Missionaries never
stop following the Ethiopian mission. Mgr.
Barlassina had been doing all the possible means
to reach the Ethiopian mission through the,
Piccole Ancele della Consolata, sisters founded
by the Consolata Missionaries in Wellega and
through the two diocesan priests of Wellega,
formed by the Consolata Missionaries and been
ordained in Rome during the war: Abba Yoseph
Tola and Abba Yohannes Shakena.
The Consolata Missionaries returned back to
Etiopia
Ethiopia in 1970s as Fatima Missionaries, and
this time Fr. Giovanni De Marchi was the flag
bearer with his American passport. This time
Fr. De Marchi took the identity of a social
worker to get the residence and work permit
with a prudent discussion and decision with the
Ethiopian Bishops Conference and the Apostolic
Nuncio in Ethiopia.
They have started work as social workers in
schools and aid services in different parts of
Apostolic Vicariate of Harare under Bishop
Urbain-Marie Person, the successor of Bishop
Andreas Jarosseau after Mgr. Ossola. With
their dedicated and humble service gradually
they have started using their proper name “The
Consolata Fathers” and the Holy See entrusted
to them the newly erected Prefecture Apostolic
of Meki that was part of the Apostolic Vicariate
of Harare in 1980.
Currently we are working in three ecclesiastical
jurisdictions: Archdiocese of Addis Ababa,
Meki Apostolic vicariate and Nekemte Apostolic
Vicariate.
Our history in Ethiopia is always with a lot of
struggle and sacrifice at the same it is fruitful.
It has double test hot and pleasant like “Dorro
Wote”, means hot chicken stew, the best dish in
Ethiopia, hot and testy. May be that situation
never encouraged us to celebrate our success in
Ethiopia in the last one hundred years.
According to me the success of our missionaries
in Ethiopia in evangelization as proclamation
and as human promotion is first quality. The
good relationship that Barlassina created up to
the Emperor Haile Selassie was unique. If such
success was achieved by others, they would have
written so many books.
I remember the expression of the Founder: “the
good must be done well and in silence”, but as
far as I understood this saying, it does not mean
not to celebrate our success or not to remember
our history. The Consolatas are “un sung hero”
of the Church mission in Ethiopia. In the South
west of Ethiopia the first stable local church
was the Apostolic Prefecture of Kaffa of the
Consolata mission with the territory of half
Da Casa Madre
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of Sothern Ethiopia and never terminated the
presence of the Catholic Church in this part of
Ethiopia. Currently the same territory where
the Consolata missionary had been working is
divided in to three ecclesiastical jurisdictions:
Nekemte and Jimma Bonga Apostolic Vicariate
and Gambella Apostolic Prefecture, without
mentioning their activities in the territory Addis
Ababa Archdiocese.
During the five years of Italian occupation of
Ethiopia their activity was extended up to Sodo
to replace the French Missionaries.
Cardinal Massaia worked in the same area in
few posts: Asandabo, Lagamara, Kaffa etc… for
short time, because of persecution, he was not
stable and he did not establish official and visible
church structure as the Consolata missionaries,
it was clandestine Church.
Therefore, if anyone wants to write the history
of these ecclesiastical jurisdictions, will get the
missionary work of the Consolata’s, down in
its foundation with the first planted seed of the
Gosple by Cardinal Massaia.
Finally as a fruit of the current missionary
activity with a lot of sacrifices we are able to
establish a local church, Apostolic Vicariate of
Meki, with its local clergy. We are running many
social activities as human promotion activities
like schools, health centers with one hospital in
addition to direct pastoral work and missionary
vocation animation.
Etiopia
According to our Institute’s structure Ethiopia
is a Region with a good number of missionary
vocations. We have fifteen priests and five
students in different theological seminaries.
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Therefore in few words I want to say that we
have rose flower though surrounded by torn as
fruit of our hard work in Ethiopia to celebrate
the centenary of our missionary presence in
Ethiopia. When?
Da Casa Madre
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P. Michelangelo Piovano, IMC
Alla vigilia del Natale 2015 vi davamo la
notizia che il Progetto Migranti in Sicilia stava
approdando nella Diocesi di Noto dopo la
piena disponibilità del vescovo, Mons. Antonio
Staglianò, ad accoglierci per questo servizio
missionario.
Italia
PROGETTO MIGRANTI IN SICILIA
In questa Settimana Santa, ormai giunti alla
Pasqua possiamo dare anche la bella notizia della
costituzione della comunità con due missionarie
e due missionari. Sono Sr. Giovanna Minardi,
Missionaria dell’Immacolata, Sr. Raquel
Soria, Missionaria della Consolata, P. Vittorio
Bonfanti, Missionari d’Africa e P. Gianni Treglia,
Missionario della Consolata.
Il luogo dove hanno fissato le tende è la bella
città di Modica in diocesi di Noto.
La settima scorsa infatti hanno ricevuto dalla
Diocesi l’appartamento dove stanno risiedendo e
che faceva parte di una piccolo convento attiguo
al Santuario della Madonna delle Grazie. Siccome
da un po’ di tempo non era abitato il primo lavoro
è stato quello di fare una bella pulizia e messa in
ordine. Si tratta di una struttura molto semplice
al secondo piano (quasi sopra le campane) con
una sala, una cucina, cinque camere, tre bagni
ed una piccola lavanderia. Il tutto disposto su un
lungo corridoio.
Mercoledì 16 marzo 2016 insieme con loro ci
siamo recati a Noto per l’incontro ufficiale con
il vescovo che ci ha accolti con molta cordialità
ed ha manifestato la sua piena disponibilità per
il servizio che si vuole realizzare ringraziando
anche per la testimonianza di vita comunitaria
che possiamo dare alla diocesi e al clero.
Per quanto riguarda il progetto e tipo di servizio
ci ha chiesto di farlo con l’aiuto del Vicario
Generale, del Direttore del Centro Missionario
e con il responsabile diocesano di Caritas e
Migrantes.
Ora che la comunità è al completo può iniziare a
costruire insieme questo progetto che contempla
vita comunitaria, preghiera, formazione e
servizio missionario.
Per quanto ho potuto vedere l’accoglienza
in Modica, sia da parte dei sacerdoti delle
parrocchie che dei laici, è stata subito molto
bella e fatta con disponibilità a collaborare e a
sostenerci soprattutto ora che siamo agli inizi.
Da parte nostra c’è anche stata la disponibilità
ad aiutare nelle parrocchie per la pastorale e
per gli esercizi spirituali al popolo, aiuto nel
doposcuola ai bambini della Casa don Puglisi
della Caritas e animazione nelle scuole.
Come ci siamo detti altre volte il progetto
è di ogni Istituto facente parte della CIMI
indipendentemente dal fatto chi vi sia o
no qualcuno della nostra congregazione.
Siamo contenti che siano per noi espressione
missionaria e servizio nell’ ad gentes della realtà
dei migranti.
Certamente nel nostro prossimo incontro di
maggio a Verona avremo da loro elementi in più
su questo progetto. Fin d’ora li accompagniamo
con la nostra preghiera, affetto e interesse.
Da Casa Madre
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TRIBUTE TO FR. PETER SCHIAVINATO
A FAITHFUL CONSOLATA MISSIONARY PRIEST
P. Hieronymus E. Joya, IMC
Dear Beloved Brothers and Sisters in Christ,
It was with deep sorrow that we received
unexpected news of the death of our confrere Fr.
Peter Schievinato when we had just finished the
celebration of the Passion and Veneration of the
cross on Good Friday. In a region like ours, the
sudden passing away of a confrere leaves behind
a void and a sadness that are not easily overcome.
In thinking about Fr. Peter, a phrase from Holy
Scripture come to mind: “He is like a tree planted
near streams of running water, that yields its fruit
in due season; its leaves never wither; whatever
he does prospers.”(Psalm 1:3). These resound in
my heart and summarize quite well, I believe,
the life and the missionary work of Fr. Peter
Schievinato in Kenya.
Kenya
He was strong and full of life and energy. Like
a tree planted near running water he bloomed
where he was planted, wherever he went,
wherever mission and obedience called him, he
always left behind a unique and special legacy.
His availability was his way of being open to
the will of God. His generosity with time and
historical talents was his way of reminding us
that all gifts received are to be shared and placed
at the service of others.
Fr. Peter was born in Montebelluna in Italy, but
he felt always at home in Kenya where he has
worked for many years since he arrived. From
1975 to 1987 he was part of the formation
team and lecturer at our Consolata Institute
of Philosophy in Nairobi. From1979 he was
assigned to work in our missions of Nkubu,
Gatunga, Mujwa and Matiri in Tharaka area
within the Catholic diocese of Meru till 1984.
When the region decided to start a missionary
magazine called The Seed, he was requested and
he willingly took up the challenge of being the
first Editor from 1988 to 1992.
It is from 1990 that I personally came in contact
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Da Casa Madre
05 / Maggio 2016
with him when I was in first year of philosophy
since he always came to the seminary to request
us to take some Magazines when we are going
for holidays so that we could help him sale them.
In the past years whenever we were discussing
about The Seed Magazine I often expressed my
appreciation for the work he did to start the
magazine that has become the most outstanding
and the best Catholic Magazine in Kenya and
if not the whole of Africa. At the same time I
can’t forget that it was through helping him to
sell The Seed Magazine that I got very expensive
watches that he always gave to the Seminarians
who were the best sellers. In fact I still have one
of the most expensive automatic watch he gave
it to me as a gift when I was the best seller of the
magazine in 1992.
It should also be noted that after working at
the Seed he was sent to London and later to
Canada and came back to Kenya in 2007 and
was assigned to Matiri as Parish Priest. He did a
lot of pastoral and human promotion activities
in Matiri mission till 2014 when Fr. John
Gasparini requested to be assigned in Italy and
he was assigned to mukulu to be the Rector of
that Shrine and to stay with Br. Joseph Argese.
He accepted willingly and he did a lot of work
in starting the nursery school, organizing the
Shrine, developing its programme and putting
up additional essential structures that are being
used by pilgrims.
Recalling all these places and names is an
acknowledgment of all the years, dedication,
energy and sacrifices Fr. Peter Schievinato placed
at the service of the Gospel. No matter where, he
always sowed the seed of the Word of God and
helped the poor who were in need of the basic
needs and education he did it with generosity,
compassion and mission driven life. He did
his pastoral work with zeal, fulfillment, and
consolation knowing that he was doing his part
and contributing to the life of the mission and of
Kenya
the community entrusted to him to serve.
Whether in Kenya or in other regions where
he has been in the mission, Fr. Peter has always
been a faithful Consolata Missionary, and
worker of the Gospel for the integral salvation
of humanity. Now, that he is no longer among
us, we begin to perceive how important and
vital for the life of the region was his silent and
humble contribution. We will miss his generous
availability and faithful presence, his practical
skills in history and resourcefulness in mobilizing
for financial support for mission activities.
We miss you Fr. Peter but at the same time we
are grateful to God for the privilege of many
years you spent serving the people of God in this
region. Continue to keep an eye on us and may
the example of concern for the poor, identity
with the congregation, dedication and generosity
in the mission as well as your great availability
continue to live in and through us. May God
forgive you the wrong you might have done on
earth and reward you in his eternal kingdom
for all the simple and humble ways that helped
you to faithfully carry his mission and priestly
ministry here in Kenya.
Community, the clergy and the religious of
Montebelluno, Consolata missionaries in Italy,
friends and members of AVI Association who
have been very helpful to our missions, we say
thank you for the gift of Fr. Peter Schievinato.
May God through his loving mercy grant you
peace, consolation, grace and blessings of the
resurrection in this Easter Octave.
May the soul of Fr. Peter Schievinato and the
souls of all the faithful departed through the
mercy of God rest in Peace. Amen.
Regional Superior
To his family members, parish Christian
Da Casa Madre
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TOGETHER TO CELEBRATE AND SHARE THE EASTER JOY
Sud Africa
Nelson Calisto Uarasse - P. Rocco Marra, IMC
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The Consolata missionaries in the Delegation of
South Africa and Swaziland gathered together on
29th and 30th of Easter Tuesday afternoon and
Wednesday morning in Merrivale Theological
Seminary to celebrate and share the experiences
and witnesses of the risen Lord in the spirit of
family and fraternity. During the afternoon
session, the Delegate Superior Fr. James Githinji
requested each member to share the Easter
celebrations in the Parishes of St. Peter Claver
and St. Mery, the four parishes of Daveyton,
Waverley, Madadeni, Osizweni and St. Martin
de Porres-Woodlands KZN. In general, the
people of God participated with the spirit of
prayer and devotion, rejoiced. It is important to
underline that for the missionaries working in
Madadeni Parishes, it was their last Easter there
given the fact that the parish is to be handed over
to the Diocese of Dundee on 17th of April. And
this will mark the end of more than 25 years of
evangelization in Madadeni by the Consolata
Missionaries. As Fr. James Githinji put it, coming
together as God's family we had an opportunity
to share, to see one another, to talk to one another,
share our family spirit together by encouraging
and challenging one another on what we are
experienced during Holy Week and this Easter.
In the evening we had our wonderful braai and
recreation. On Wednesday we had Eucharistic
Celebration presided by Fr. Cassiano Kalima
the superior of Merrivale community. During
his homily he took the opportunity to thank
each and everyone who have contributed to the
journey of the formation house in Merrivale
since the beginning of the Seminary in South
Africa, and he encouraged the confreres who are
working in different parishes to continue to give
their support be it materially or spiritually to the
Seminary. After The Eucharistic celebration we
had breakfast and departure for the confreres
who were to travel to Pretoria, Newcastle and
Johannesburg.
Da Casa Madre
05 / Maggio 2016
The Consolata Missionaries are a Missionary
Religious Congregation founded on 29th
January 1901 by Blessed Joseph Allamano, a
diocesan priest, teacher and devoted to Our Lady
Consolata, Mother of Jesus and of His Church.
Through our Mother Mary we receive Jesus, the
true consolation of humanity.
The Congregation was first made up of brothers
and priests. In 1910 Blessed Allamano founded
the Consolata Sisters. Priests, brothers and sisters
are consecrated for the mission for life.
In the past thirty years, Consolata Lay
Missionaries have joined the Congregation.
They too devote their lives, abilities and talents
towards the building up of the Kingdom of God
all over the world.
Some Consolata Missionaries first came to South
Africa in 1940 as Italian prisoners of war. They
were held at Koffiefontein and deported after
three years.
In 1948 instead some were sent from Italy to
the University of Cape Town to validate their
degrees, according to the British system, before
being to Kenya and Tanzania as teachers.
In the late 60s the General Council accepted
a request to start a missionary presence in the
then Prefecture of Volksrust (today, Diocese
of Dundee). Frs. Jack Viscardi and John Bertè
were the first ones to arrive on 10th March
1971. The first Mission was Piet Retief. For
24 years they evangelized in different places,
in the territory, today known as the Diocese of
Dundee.
Consolata Missionaries, wherever they go,
are called to stay for a relatively short time.
Their aim is to announce Jesus, consolation
of the world, through Mary, especially where
the people don’t know Him. Then they form
Christian communities, encourage them to
become self-supporting and to be a ministerial
and missionary church strengthened in unity by
the Holy Eucharist, listening and spreading the
Gospel everywhere.
Sud Africa
About Consolata Missionaries in South
Africa:
Care for families, orphans, the vulnerable,
the elderly and the sick, are all signs of Jesus
consolation of humanity.
Consolata Missionaries contribute therefore to
the Christian formation of leaders and catechists
and to the general well-being of every person.
Although present in the country for so many
years, there is still no South African Consolata
Missionaries as, initially, the goal was the
development of the local church through the
promotion of the local clergy. We hope and pray
that some will accept God's call to be sent from
Da Casa Madre
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South Africa as missionaries all over the world.
The 24 years spent only in the territory today calls
“diocese of Dundee”, according to an interview I
did, in Italian, to Fr. John Bertè, for special issue
“Sanibonani” in 1996 (silver jubilee), he said
that we could divide the evangelization of the
Consolatas in four stages:
The 1st Stage: starting in the Vicariate of Volksrust,
guided by the Vicar Mgs. Marius Banks. The
missionaries were at Piet Retief, then gradually
went to Ermelo (Damesfontein), Evander,
Secunda, Embalenhle, Kriel, Standerton and
Bethal. One important act of consolation was to
become bridge between some Mozambican men
working in the mines of the Transvaal and their
wives and children living in Mozambique. This
was possible because the Consolatas evangelizing
also in Mozambique.
Sud Africa
The 2nd Stage: at the time of the creation of the
Diocese of Dundee (1980s), the missionaries
went to the rural areas Pongola and Pomeroy;
there was an idea to go to Amakhasi, never
materialized. This was to emphasis the presence
of consolation with the poorer. At that time they
were, also, assisting the Bishop in Dundee Parish.
The 3rd Stage: in 1991 the Consolatas,
encouraged by Bp. Michael Pascal Rowland,
went to Newcastle and its townships. The
energies spent in Damesfontein Pastoral Centre
for the formation of Leaders and Catechists,
with the new pastoral area, started to be use for
the benefits of the density populated Newcastle
Deanery. But soon the signs of times called the
missionaries to focus on projects, workshops and
retreats consoling those HIV/AIDS affected and
infected.
The 4th Stage: On 20th June 1995 when a
missionary presence was started in Waverley and
Mamelodi-West (Pretoria), one of the aims was
to strengthen the awareness of the missionary
responsibility of the local church and to welcome
and form young men to become Consolata
Missionaries from South Africa to the world.
Having served for many years in rural areas, as
it was mentioned above, from the early 1990s,
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Da Casa Madre
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aware of the phenomenon of urbanization,
the Consolatas became present in different
townships, initially in the Diocese of Dundee
and later on in the Archdiocese of Johannesburg
(Daveyton, 2004).
Several youth were accompanying in their
vocation discernment, the parish communities
were praying for vocations and a Diocesan
Vocation Team was established in Dundee
diocese, where Religious Sisters, Brothers and
Priests could meet and plan periodically.
Fr. John Bertè, did not mention the 5th Stage,
because he died on 5th January 2005. That
time was another blessing for the Consolata
Missionaries, that on the spring’s day 2008
started the intercultural Theological Seminary,
at Merrivale (KZN), and one year later they
were also open the Woodlands parish, in the
Archdiocese of Durban. The seminary is made
by religious professed Consolata students from
several countries of Africa Continent, but no yet
from South Africa.
Last year, on 23rd May, the Consolata Missionary
Family had the first Beatification of one of its
members, on the person of Sr. Irene Stefani, who
spent her life as a nurse in Kenya, and died at the
age od 39 in 1930.
Soon Consolata Missionaries will open officially
in Swaziland, Diocesi of Manzini, already led by
Bp. Jose` Luis Ponce de Leon, IMC
For sure the merciful consoler Our Lord Jesus
Christ, for the intersession of the Blessed Joseph
Allamano and Irene Stefani will pour his grace
on the people of South Africa in order to become
attentive to the Word of God and spread the
Gospel to the world as we are living a new spring
time of Pentecost.
VITA NELLE COMUNITÀ
Os nossos amigos chegaram de autocarro às 09h30
da manhã, do passado sábado, dia 26. O encontro
foi muito emocionante, foi hora de rever algumas
pessoas que já não víamos há algum tempo. Depois
do pequeno almoço, foi altura de nos conhecermos
melhor. Apresentámo-nos uns aos outros dizendo o
nome, local de nascimento e uma qualidade que mais
apreciamos nas pessoas que nos rodeiam: humildade,
sinceridade, lealdade, amizade e alegria, foram as
características mais apreciadas pela maioria dos
presentes.
Ainda durante a manhã propusemos uma atividade
bem acolhida por todos: pintámos umas pequenas
pagelas alusivas à ressurreição e à Páscoa, com uma
bonita mensagem do Papa Francisco e, depois
de prontas, foram plastificadas para as oferecer à
assembleia eucarística da Vigília Pascal.
Depois do almoço, foi contada e representada a
passagem bíblica da mulher adúltera (Jo 8, 1-11) que
todos acolheram e comentaram com admiração: Deus
acolhe-nos sempre de braços abertos, convidando-nos
a mudar de vida «vai e não voltes a pecar». E, tal como
Jesus tocou na alma dos escribas e fariseus, convidámos
todos a escrever ou desenhar numa pequena folha
as coisas que nos incomodam e não nos deixam ter
verdadeiramente o fogo de Deus no nosso coração.
Neste sentido, fomos convidados a libertarmo-nos
daquilo que não temos de tão bom. Durante a tarde
projetámos ainda dois pequenos filmes alusivos à
presença deste Deus ressuscitado nas nossas vidas do
dia a dia, nos pequenos gestos de atenção e de ajuda
aos que nos rodeiam.
Águas Santas
SEM-ABRIGO CELEBRAM A PÁSCOA
Todos compreenderam muito bem que também nos
seus corações e nas suas vidas Deus está presente nessas
atitudes de bondade de uns para com os outros.
Na vigília, o Círio Pascal foi aceso e consumiu os
pedaços de papel com as nossas coisas menos boas. Foi
uma cerimónia muito vivida e animada pelos nossos
amigos sem-abrigo com representações, projeção dos
desenhos realizados durante a tarde, leituras, homilia,
ofertório, oração do Pai Nosso e Ação de Graças:
Jesus ressuscitou e todos percebemos muito bem esta
verdade, e ficámos de coração cheio do fogo do Seu
Espírito e renovados para mais uma caminhada nas
ruas desta vida terrena.
Quando chegou a hora de nos despedirmos, a tristeza
invadiu os corações de todos. «Vamo-nos vendo
nas carrinhas... Até para o ano... Quando é que nos
voltamos a ver?, foram as palavras mais ouvidas.
Como nos disse a Irmã Lúcia Tibola, «Jesus ressuscitou
e caminha connosco» e isso mesmo foi sentido e
vivenciado por todos os presentes. Com os olhos mais
atentos aos que nas ruas das cidades permanecem semabrigo, deixemos Jesus caminhar sempre connosco
nesta Páscoa.
Da Casa Madre
05 / Maggio 2016
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PRESENÇA EM ANGOLA É HISTÓRIA COM FUTURO
Francisco Pedro
A presença dos Missionários da Consolata em
Angola ainda não completou dois anos, mas o
Superior Regional de Moçambique, Diamantino
Antunes, já antevê «uma história com futuro»
para as missões em terras angolanas. Depois de
uma visita ao país, o sacerdote constatou que a
Igreja Católica está bem «viva e ativa, pastoral e
socialmente», o que oferece excelentes condições
para a possível abertura de mais duas frentes de
missão, ainda este ano.
Angola
Para já, foram escolhidas duas dioceses como
hipótese. «A diocese de Caxito, não muito distante
de Luanda, e a diocese de Luena, na província de
Moxico, a cerca de 1.250 quilómetros da capital.
Luena encontra-se no extremo leste do país e faz
fronteira com o Congo e a Zâmbia. Tem uma
extensão de 223 mil quilómetros quadrados, duas
vezes e meia maior que o território de Portugal,
e apenas 750.000 habitantes. É a maior diocese
de Angola e tem pouco mais de duas dezenas de
sacerdotes», revela Diamantino Antunes.
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Mas enquanto não se toma uma decisão
definitiva, as atenções continuam centradas na
paróquia de Santo Agostinho de Kapalanga, na
periferia de Luanda, e no trabalho dos três jovens
missionários – Silvestre Ogutu (queniano),
Fredy Pérez (colombiano) e Dani Gonzalez
(venezuelano). «Quando os missionários chegam
a um novo país, a prioridade é ir trabalhar nos
lugares mais isolados, num contexto rural, onde
tudo falta e é necessário começar do nada. A
nossa experiência em Angola é um pouco atípica.
Optámos primeiro pela periferia urbana de uma
grande cidade, Luanda, onde está concentrada
cerca de metade da população angolana, devido
à longa guerra civil que dilacerou o país», explica
o missionário português.
A capital angolana e a sua grande periferia conta
com uma população de aproximadamente 8,3
milhões de habitantes. Depois de 2002, a zona
urbana sofreu uma grande transformação,
com a construção de novos prédios e grandes
infraestruturas. O novo passou a conviver com
Da Casa Madre
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o antigo, o rico com o pobre, o luxo com o lixo.
É neste ambiente de contrastes que vivem os
três missionários da Consolata. Habitam uma
casa alugada, como a maior parte das famílias,
e percorrem o imenso bairro de Kapalanga, a
pé ou de transportes públicos, para conhecerem
os fiéis e prestarem assistência religiosa nas sete
capelas existentes no território.
Após um ano de trabalho pastoral, e como
reconhecimento da maturidade da comunidade
cristã que acompanham, o bispo da diocese de
Viana, Joaquim Lopes, decidiu criar e entregarlhes a nova paróquia de Santo Agostinho de
Kapalanga. E a população não se tem poupado
a esforços para os ajudar a fortalecer a obra.
«Tudo quanto se tem realizado, tem-se feito com
contribuições locais: a vedação do terreno da
paróquia, a legalização dos terrenos das capelas
e até a construção do salão-igreja que está
concluído. O estado da paróquia é saudável e o
seu crescimento é possível porque os fiéis sabem
partilhar os seus bens», sublinha Diamantino
Antunes.
Sandrio Candido, IMC
Sair não é uma experiência fácil. Sair Implica
mudanças interiores. Sair nos conduz a acolher novas
formas de navegar. Nós, seres culturais, acostumados
a viver de acordo com hábitos agregados ao nosso
perfil ao longo dos anos. Sair significa abrir os olhos
para outras praias, pois em nosso coração habita a
sede de outras águas. Somos parte de uma cultura
e a cultura é parte do que somos; melhor dizendo
é parte daquilo que vamos sendo no mundo. Sair
significa reconhecer que esta cultura também é
parte de um mar maior, cuja grandeza descobrimos
quando estamos dispostos a deixar nossas terras,
nossas maneiras de conceber a vida, nossos jeitos de
estar no mundo. Sair é ter adiante uma incerteza
grande, por isso nosso instinto tem medo de sair,
tem medo de experimentar o novo que nos chama.
Entretanto estou cada vez mais convencido, vencer
o medo de sair nos faz crescer como seres humanos.
A vida missionária é uma constante saída, é através
desta que aquela vai tecendo seus próprios arranjos,
como fazem as bordadeiras em Minas Gerais,
quando a cada linha o agasalho torna-se um pouco
mais forte. A imagem sempre me pareceu linda, o
ato de costurar a vida missionária, o ato de tecer a
nós mesmos, pois a vida missionária não é somente
uma entrega a Deus e aos outros, mas também uma
maneira de nos construímos como seres humanos. É
um convite a não instalar-nos apenas em um ponto
de visto, seja ele pessoal, social, político, cultural,
eclesial, mas a aprender olhar o mesmo horizonte sem
perder a singularidade de cada um. Esse ano Deus
me convidou a seguir costurando a vida missionária
em Colômbia.
No começo uma nuvem tomou conta do meu
coração; tive medo, a barca parecia andar demasiado
longe para eu poder embarcar. Quando embarquei
descobri que não podia levar muita bagagem, pois
a tripulação era maior, nãoapenas os colombianos
navegariam comigo, mas toda a comunidade
religiosa na qual estou, sendo essa formada por
pessoas de distintos países: Brasil, Colômbia, Kenia,
México, Moçambique, Tanzânia, Uganda. Em cada
um dos meus irmãos há uma costura cuja tecedura se
vai aos poucos entrelaçando com a minha, formando
Cali
FORMAÇÃO MISSIONARIA EM SAÍDA
assim a comunidade dos Missionários da Consolata
em Cali. Os primeiros contatos com o idioma, a
música, as celebrações, a dança, os cheiros e sabores
desta cultura, tudo acompanhado pela certeza de
estar aqui por uma razão: Jesus Cristo e o propósito
de configurar a minha vida com ele dentro do
carisma pertencente ao IMC.
Aqui fui presenteado com uma nova maneira
de viver a formação, as pequenas comunidades
formativas apostólicas, também com a pastoral afro,
na qual pude aprofundar a minha própria identidade
como Afro latino-americano. Também estive com
os indígenas, celebrando com eles a semana santa,
aprendendo outra forma de ser cristão-católico,
descobrindo novas maneiras de viver, desde a
simplicidade, colocando os passos e o coração em
terras sagradas. Entretanto, o maior presente nestes
dois meses é o de estar crescendo nesse itinerário de
saída, a certeza de estar navegando com a alegria de
quem pode olhar o horizonte com olhos alargados.
Essa alteridade, esse descalçar as sandálias para entrar
em território alheio, esse viver como uma busca por
abrir-se cada vez mais a pluralidade. Por enquanto
minha experiência tem sido aquela de olhar e
acolher, de estar e buscar. O mais difícil de sair não
é embarcar o corpo, mas o coração e os olhos, esses
são tentados a ficar onde estávamos antes, de certa
forma sempre fica um pouco deles, nos apegamos
demasiado aos lugares onde estivemos. A experiência
de trazê-los para dentro do espaço onde estamos nos
permite descobrir a beleza de ser tão diferente, ainda
assim, todos humanos.
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NOTICIAS
P. Manuel Grau, IMC
de los niños, muchos de ellos obligados desde
sus primeros años a los trabajos agrícolas y de
pastoreo. Mientras tanto, el ébola, que ha hecho
estragos en países vecinos, ha pasado de largo
por nuestras fronteras gracias a una movilización
masiva y eficaz.
NOTICIAS DE CADA DÍA EN LA MISIÓN
Y CON LOS MUSULMANES
Hace mucho que no doy noticias, en parte por
dificultades técnicas de comunicación, pero
también porque la misión, como todo en la
vida, tiene su ritmo cotidiano hecho de cosas
simples y ordinarias que no suelen ser noticia.
La comunidad misionera de Dianra la formamos
el año pasado Matteo, italiano, Rafael, keniano,
y yo.
Hoy me gustaría compartir con vosotros algunas
buenas noticias de este país que es el nuestro y de
la misión que vivimos.
Dianra
SUPERANDO ÉPOCAS VIOLENTAS
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Es buena noticia que la Costa de Marfil haya
celebrado el pasado 25 de octubre una elección
presidencial relativamente tranquila y sin
sobresaltos. Debido a los acontecimientos de
hace cinco años, todo el mundo tenía miedo
de que la situación se complicara. Las heridas
y enfrentamientos de entonces, con más de tres
mil muertos, no están todavía cerradas. Una
reconciliación definitiva es todavía asignatura
pendiente para la clase política y para la
sociedad en general. No obstante todo, el país
parece dirigirse hacia una estabilidad y una
afirmación de la democracia. En estos últimos
meses, la electricidad está llegando a la mayor
parte de nuestros poblados. Se han construido
numerosas escuelas y, “finalmente”, tenemos
una ley que hace obligatoria la escolarización
Da Casa Madre
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Algunas buenas noticias que conciernen más
directamente nuestra misión: hemos comenzado
un nuevo curso de alfabetización de adultos,
más de doscientas personas se han inscrito en
los distintos centros y dedican unas horas de la
noche a aprender a leer y a escribir, después de
jornadas duras de trabajo. Un programa especial
de alfabetización ha comenzado también para
mujeres adultas y madres de familia. Nuestro
proyecto de microcrédito ha cumplido diez años
de vida y sigue ayudando a decenas de mujeres
a completar los ingresos familiares. Algunos
grupos de estas mujeres han comenzado un
programa de alfabetización pensado para ellas
Nuestro dispensario de Dianra Village sigue
creciendo y se está dotando de una maternidad,
ya casi terminada, y de un laboratorio aún
en construcción. Hay un grupo de jóvenes
apicultores. Otras iniciativas están en camino.
También en el mes de octubre unos ciento
cincuenta catecúmenos han comenzado su
preparación de tres años para el bautismo. Hay
comunidades que crecen, otras se apagan, nacen
otras nuevas…y Dios nos sorprende siempre
abriendo nuevos caminos. El anuncio del
Evangelio es el corazón de esta misión. Estamos
dando algunos pasos para una presencia de diálogo
y amistad interreligiosa en ambiente musulmán.
Son musulmanes muchos de los beneficiarios
de nuestras proyectos de promoción humana
y social. No estamos lejos de países donde la
amenaza islamista es una realidad dramática.
Esta urgencia de una misión que estimule el
Dianra
diálogo y la colaboración interreligiosa es más
fuerte a la vista de los atentados ocurridos
mientras preparaba esta carta. Es también buena
noticia que Costa de Marfil, por ahora, esté al
margen de la locura fundamentalista “en nombre
de Dios”
LA MISIÓN ESCUELA DE MISERICORDIA
Acabamos de iniciar un “Año Santo de la
Misericordia”. Leyendo el documento con
el que el Papa convoca este año, veía como
Francisco enumera las obras de misericordia del
viejo catecismo que, vistas y leídas desde aquí,
adquieren una actualidad sorprendente: “Dar de
comer al hambriento, dar de beber al sediento,
enseñar al que no sabe, curar a los enfermos…”
La misión se convierte en escuela y ejercicio de
misericordia y de compasión. Estamos en una de
las tantas periferias existenciales a las que el Papa
invita a salir para aprender a ser misericordiosos
como nuestro Padre es misericordioso.
He querido hablar de buenas noticias, son como
rayos de esa Luz que brilla en las tinieblas.
Aquí también, la obscuridad de problemas,
resistencias y obstáculos es grande. Nuestra fe no
nos permite ceder al desaliento o al cansancio, y
nos recuerda en todo momento que cada gesto
de misericordia y de compasión es Luz que vence
la obscuridad. Por la entrañable misericordia de
nuestro Dios, nos visitará el Sol que nace de lo
alto para iluminar a los que viven en tinieblas y
en sombras de muerte (Lc 1,78).
En estos días hemos saludado y despedido a
nuestro compañero Rafael, todavía diácono, que
ha viajado a Kenya para sus vacaciones y para
recibir la ordenación sacerdotal. Lo esperamos,
nuevo sacerdote, para continuar juntos nuestra
misión con fuerza y entusiasmo. Con mis
compañeros, Mateo y Rafael, deseo que hayáis
vivido una Navidad con misericordia entrañable.
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XIVº ANIVERSÁRIO DOS MÁRTIRES DE GUIÚA
P. Diamantino Guapo Antunes, IMC
Neste fim de semana, 2-3 de Abril, no Centro
do Guiúa realizou-se peregrinação anual ao
Santuário Diocesano de Inhambane, dedicado
a Maria, Rainha dos Mártires. O santuário
foi erigido em 5 de Agosto de 2012, em plena
celebração do Jubileu Diocesano, por decreto do
Bispo de Inhambane, Dom Adriano Langa. Em
memória dos catequistas mártires, assassinados
em 1992 no Centro Catequético do Guiúa,
o dia 22 de Março foi instituído como dia de
peregrinação anual da diocese.
Guiúa
Como já é habitual, o Centro do Guiúa acolheu
os peregrinos de toda a diocese de Inhambane.
No dia 2 de Abril, sábado, chegaram a maior
parte dos peregrinos. Após a sua concentração
na Igreja paroquial do Guiúa, organizaram-se
duas vias-sacras. Uma em direção ao lugar do
Martírio, onde há 24 anos foram assassinados
os catequistas e suas famílias, e outra em direção
ao Cemitério dos Mártires. Uma verdadeira
multidão não hesitou em percorrer a pé, por
um caminho ingreme e irregular os cerca de 4
quilómetros, que distam do Guiúa até ao local
do martírio. Aí chegados, todos se reuniram em
torno das cruzes onde se registam os nomes dos
mártires e que, no meio do nada, assinalam um
campo de morte para sempre tingido com o
sangue do martírio.
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Na Via Sacra realizada no local foi um momento
intenso de oração e também de invocação dos
mártires, exemplos de coragem por terem
abraçado um caminho de paz em tempo de
guerra. Depois do regresso ao Guiúa todos
convergiram no Cemitério dos Mártires para
mais um momento de meditação e oração. O P.
Artur Marques apresentou uma rica meditação
sobre o martírio. O Bispo procedeu à bênção da
imagem de Maria com Jesus morto nos braços
(Pietá) que depois foi levada em procissão até
à igreja paroquial. Já noite dentro, depois do
jantar, houve a projecção de um documentário
sobre os mártires do Guiúa produzido em
pela organização Kirch in Not (Ajuda à Igreja
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que Sofre) que narra, com a participação dos
testemunhos sobreviventes ao massacre, os factos
de 24 de Março de 1992. Os peregrinos por
turnos fizeram durante toda a noite uma vigília
de oração e adoração ao Santíssimo Sacramento.
No domingo, dia 3 de Abril, mais peregrinos
acorreram ao Guiúa. Cerca de quatro mil
e quinhentas participaram na celebração
eucarística, presidida pelo Bispo de Inhambane e
concelebrada por mais de duas dezenas de padres
da Diocese. O bispo apelou para que a dor e a
morte de então sejam hoje semente de paz num
Moçambique que vive hoje num clima de guerra
não declarada. Esta foi também a ocasião para
celebrar o Jubileu dos Catequistas.
Assim se cumpriu mais uma peregrinação
diocesana ao Santuário da Diocese, dedicado a
Maria Rainha dos Mártires. Com os olhos postos
no testemunho dos catequistas assassinados
em 1992, hoje, 24 anos volvidos, o centro
catequético do Guiúa prossegue o seu trabalho
de formação de ministros leigos e catequistas.
Guiúa
PUBLICAÇÃO SOBRE OS MÁRTIRES DO
GUIÚA
A nova publicação, da editora Consolata,
assinala a abertura do processo de Beatificação
dos Mártires do Guiúa, cujo assassinato ocorreu
há 24 anos.
Este novo livro, para além da história da Diocese
de Inhambane, apresenta o Centro Catequético
do Guiúa e a sua hstória, enquanto lugar de
formação e de martírio. Nele podemos ler o
relato dos dramáticos momentos vividos pelos
catequistas massacrados e as suas respectivas
biografias. A obra inclui ainda uma significativa
colecção de fotografias contemporâneas dos
trágicos acontecimentos de 1992, bem como
outras fotografias relativas à formação de
catequistas nos anos subsequentes, em si mesmas,
testemunho da semente de Cristãos deixada
pelos mártires.
A autoria é do Superior Regional da Consolata de
Moçambique, P. Diamantino Antunes, também
postulador da causa de beatificação dos Mártires.
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VISITA CANÓNICA AO SEMINÁRIO
DE NOSSA SENHORA DA CONSOLATA
P. Diamantino Guapo Antunes, IMC
Matola
Este sábado, dia 9 de Abril, o Vice SuperiorGeral,
Padre
Dietrich
Pendawazima,
acompanhado pelo Superior Regional, Padre
Diamantino Antunes, visitaram o Seminário
da Matola. O encontro com os seminaristas e
com a equipa formadora decorreu ao longo de
todo o dia. Houve a celebralão da Eucaristia,
encontro com os seminaristas e almoço em
comum. A equipa formadora é constituída pelo
Padre Andrew Kasumba, Reitor,;Padre Manuel
Tavares, Director Espiritual e o P. Eduardo
Reyes, ecónomo e colaborador na formação,
recentemente chegado a esta equipa formadora.
O ano formativo de 2016 no Seminário de
Nossa Senhora da Consolata da Matola teve
início com a chegada dos seminaristas no dia 27
de Janeiro, num total de 19 jovens. Entraram
no ano propedêutico 10 jovens oriundos de
diferentes partes de Moçambique: Um de
Lichinga; um de Cuamba; um de Metarica; dois
de Mecanhelas ; um de Maúa; um de Chimoio;
um de Inhambane e três de Maputo. No curso
de Filosofia temos 9 seminaristas: 3 frequentam
o 1º ano de Filosofia; 4 frequentam o 2º ano de
Filosofia e 2 frequentam o 3º ano de Filosofia.
Nos dias 28 a 30 de Janeiro a comunidade do
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Seminário realizou limpezas gerais e preparouse para o retiro anual que teve lugar de 31 de
Janeiro a 3 de Fevereiro. O pregador do retiro
foi padre Alvaro Lopez IMC, que ajudou os
seminaristas reflectir sobre o Ano Santo de
Misericórdia. No dia 3 de Fevereiro, à tarde,
iniciaram a programação do ano formativo que
concluíram no dia 6 de Fevereiro com a redacção
do Projecto de Vida Comunitária. No dia 9 de
Fevereiro, teve início novo ano académico.
P. Álvaro Pacheco, IMC
A descoberta do amor de Cristo Ressuscitado
Terminou mais uma Páscoa Jovem Missionária,
realizada na paróquia do Carvalhal Benfeito,
nas Caldas da Rainha, que proporcionou a
vários jovens a oportunidade de se conhecerem
e partilharem a fé e outras experiências de vida,
num clima de muita amizade e empatia, ambiente
que marcou profundamente esta Páscoa.
Foi bonito sentir Deus a vibrar no coração destes
jovens, muitos dos quais não se conheciam,
mas que no fim acabaram amigos unidos por
uma experiência profunda e «divina». Pudemos
analisar vários elementos da Páscoa, desde o
sacramento da Eucaristia ao amor grande da
dádiva de Jesus por cada um de nós, também
contando com a participação de jovens locais,
com quem os participantes da Páscoa Jovem
interagiram perfeitamente. No próximo fim de
semana muitos deles serão esperados em Fátima
para um convívio juvenil.
Fátima
PÁSCOA JOVEM MISSIONÁRIA 2016
de voltar e com amigos que quero levar para a
minha vida, precisamente porque os amigos
são dos ingredientes mais importantes da vida»,
confessou, no final do encontro, Diana Borges,
residente no Bairro do Zambujal, Amadora.
«A atividade do sentirmos o esforço de termos os
braços em cruz, na Sexta Feira Santa, mostrou
que existe alguém que está connosco, que
partilha a nossa dor e que existe alguém que nos
ama com o amor maior, ao ponto de ser capaz
de morrer por nós, ou seja, uma verdadeira
amizade», sublinhou, por sua vez, Rossana Silva.
Segundo a jovem, o encontro «centrouse na descoberta do outro, no amor e na
reflexão», e permitiu que todos aprofundassem
«conhecimentos com mais clareza com exemplos
do quotidiano» que os levaram a sentir o quando
estão «perto de Cristo». «Foi sem dúvida uma
boa experiência que superou as expectativas»,
concluiu Rossana.
«Foi umas das Páscoas que mais significado
teve para mim: o grupo foi mesmo o melhor,
as atividades foram intensas e os missionários,
mais uma vez, foram impecáveis. Saí de
Carvalhal Benfeito com uma vontade imensa
Da Casa Madre
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CELEBRATION OF PARAMOUNT
CHIEF KARURI GAKURE CENTENARY
P. Luigi Brambilla IMC
I wish to inform you that The Clan of Chief
Karuri, together with the entire community of
Tuthu, wish to celebrate the memory of the above
on the occasion of 100 years after his departure.
It is well known to all of us the importance and
the impact of Karuri wa Gakure for his invitation
and welcoming of our first Missionaries. His
full support and cooperation to our Pioneers
was a great contribution to the success of their
apostolate and the spreading of Faith in the
Kikuyu Region and beyond.
Let us remember also that he was baptized by
our Missionaries becoming an example for his
own people.
The intention of the Committee is to involve:
first the Consolata Missionaries together with
the Local Church, namely His Grace Archbishop
Kairu , Bishop J.M. Wainaina of Murang’a and
other Bishops who would accept the invitation,
plus, Civil Authorities (possibly even the
President of Kenya).
Tutho
At the moment no program has been defined. We
think that the Celebration will be arranged for
the last trimester of the year. Mine is to inform
you so that the event will not come as a surprise
and you may plan a suitable participation.
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Da Casa Madre
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As I thank you for your attention, I take the
chance to recall to you that we have a Holy Door
at the Consolata Shrine of Tuthu: Welcome!
DIES NATALIS
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P. PIETRO SCHIAVINATO, IMC
Nato il primo febbraio 1939 a Montebelluna entrò da giovane nel nostro Seminario di Biadene per
gli studi medi e ginnasiali. Frequentò a Varallo Sesia il liceo e nel 1958 fece il Noviziato alla Certosa
di Pesio. Emise la professione religiosa il 2 ottobre 1959, proseguendo poi gli studi di filosofia e di
teologia a Torino. Fu ordinato Sacerdote il 19 dicembre 1964 da Mons. Antonio Mistrorigo, Vescovo
di Treviso. A Roma ottenne il baccellierato in teologia presso l’ Università Urbaniana nel 1965 e la
Licenza in storia ecclesiastica nel 1967 all’Università Gregoriana. Dal 1968 al 1978 insegnò a Torino,
svolgendo contemporaneamente il compito di Redattore delle riviste a Rivoli, Direttore spirituale dei
fratelli ad Alpignano e attività di animazione missionaria a Torino. Nel 1978 fu destinato al Kenya, e
dopo aver ottenuto il Lower Cambridge certificate di lingua inglese, partì per il Consolata Seminary
di Langata a Nairobi. Svolse attività di pastorale a Nkubu, a Gatunga e a Matiri. Dal 1988 al 1992
lavorò alla rivista The seed a Westland. Fu a Majwa dal 1993 al 1995, anno in cui fu destinato come
insegnante al Mill di Londra, dove rimase fino al 1999. Alla fine del mandato a Londra fu destinato
in Canada, come superiore a Toronto, dove rimase fino al 2007, svolgendo nel frattempo il compito
di Consigliere regionale. Nel 2007 ritornò in Kenya a Matiri e poi, dal 2015 a Mukululu come
superiore. E’ deceduto il giorno 25 Marzo 2016 (Venerdì Santo) a Torino, Ospedale Maria Vittoria
per insufficienza respiratoria come complicazione dopo l’operazione di tracheotomia fatta due mesi
fa. Era stato ricoverato al Maria Vittoria all’inizio di dicembre quando arrivò dal Kenya con problemi
gravi di salute. Da allora non ha più lasciato l'ospedale ed è passato per un lungo calvario.
Aveva 77 anni di età, di cui 56 di Professione Religiosa e 51 di Sacerdozio
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Da Casa Madre
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SOMMARIO
Madonna del latte
Oratorio dell'Annunziata
Roma Borgo
GIONA: PROFETA SCANDALIZZATO
DA UN DIO MISERICORDIOSO 2
COLLOQUIO CON SUOR MARGARITA
BEDOYA
6
MISSIONARI RESPONSABILI E
LIBERI
9
NOTIZIE SUI CONTINENTI
13
APRILE 17
LA MIA PRESENZA IN AMAZZONIA20
ASAMBLEA IMC 2016 22
WHEN ARE WE GOING TO
CELEBRATE THE CENTENARY
OF THE CONSOLATA MISSION IN
ETHIOPIA?
24
PROGETTO MIGRANTI IN SICILIA 27
TRIBUTE TO FR. PETER
SCHIAVINATO
A FAITHFUL CONSOLATA
MISSIONARY PRIEST
28
TOGETHER TO CELEBRATE AND
SHARE THE EASTER JOY
30
SEM-ABRIGO CELEBRAM
A PÁSCOA
33
PRESENÇA EM ANGOLA É HISTÓRIA
COM FUTURO
34
FORMAÇÃO MISSIONARIA
EM SAÍDA
35
NOTICIAS
36
XIVº ANIVERSÁRIO DOS MÁRTIRES
DE GUIÚA
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VISITA CANÓNICA AO SEMINÁRIO
DE NOSSA SENHORA DA
CONSOLATA
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Da Casa Madre
PÁSCOA JOVEM
MISSIONÁRIA 2016
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CELEBRATION OF PARAMOUNT
CHIEF KARURI GAKURE
CENTENARY
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Mensile dell’Istituto Missioni Consolata
Redazione: Segretariato Generale per la Missione
Viale delle Mura Aurelie, 11-13 00165 ROMA - Tel. 06/393821
C/C postale 39573001 - Email: [email protected]
Da Casa Madre
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Sommario
Antoniazzo Romano

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