da Casa Madre - 9/09 - Missionari della Consolata

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da Casa Madre - 9/09 - Missionari della Consolata
da Casa Madre
ANNO 89 - N.9 - SETTEMBRE 2009
ISTITUTO MISSIONI CONSOLATA
PERSTITERUNT IN AMORE FRATERNITATIS
Editoriale
P. Giuseppe Ronco, imc
La festa dell’Esaltazione della Croce e
dell’Addolorata ritornano nella liturgia di questo
mese. In copertina, Marc Chagall ci offre nella
Croce la visione della Risurrezione, e così la intitola. Una sintesi della teologia giovannea, una
Croce luminosa da esaltare, perché ci salva.
Durante il mese di settembre, i musulmani celebrano la festa di Eid al-Fitr e gli ebrei quella di
Yom Kippur. Sono feste di capitale importanza
che hanno assunto una risonanza mondiale, non
solo nel mondo religioso, ma anche in quello civile.
Mi sembra utile, durante il biennio dell’interculturalità, approfondirne la conoscenza, cogliendo
la bellezza dei messaggi che offrono a noi cristiani, e apprezzando la complessità di queste due
culture, così originali e diverse dalla nostra.
La festa di Eid al-Fitr (arabo
)
si celebra quest’anno il 21 settembre (il 1° di
shawwal, nono mese del calendario islamico, quest’anno 1431 H, dell’Egira), cioè alla fine del mese
lunare del digiuno di Ramadan, quando appare la
luna nuova. Secondo i precetti del Corano, per
annunciare l’inizio del Ramadan, servono dei
testimoni oculari che dichiarino davanti a un giudice di aver visto la mezzaluna ( l’hilal) nel cielo
stellato. Essa segna la fine del digiuno e il ritorno
alla vita normale. Dall’alto dei minareti, i muezzin
recitano più volte la grande preghiera: “Allah
Akbar, Allah akbar, la illah il Allah” (Dio è grande, Dio è grande. Non c’è altro dio, ma Dio).
La rottura del digiuno di Ramadan ha luogo al
mattino, all’aperto e con la partecipazione di tutti
i musulmani della zona. La festa dura tre giorni
durante i quali si indossano i vestiti più eleganti
che si posseggono e spesso acquistati per l’occasione. Si decorano le abitazioni, si fanno regali ai
bambini e ci si ritrova con amici e parenti. Piatti
speciali e dolci provenienti da tutte le nazioni isla-
miche caratterizzano questa festa. Un senso di
profonda generosità, gratitudine e condivisione
pervade la festa, in cui è anche tradizione inviare
biglietti augurali di gioia.
Il mese di Ramadan rappresenta per il musulmano un periodo di riflessione, preghiera e digiuno, inteso come sacrificio personale e devozione
ad Allah, che proprio durante questo mese rivelò
i primi versi del Corano, libro sacro dell’Islam.
Durante il Ramadan si pratica un digiuno totale per tutte le ore del giorno: non solo non è
ammesso mangiare, ma neanche bere, fumare o
prendere medicinali. Dopo il tramonto, il digiuno
si interrompe con un pasto denominato iftar, che
secondo il rito consiste nel mangiare alcuni datteri o bere dell’acqua. Durante la notte si può mangiare e bere fino a che non si intravedono le prime
luci dell’alba.
In tempo di digiuno inoltre non bisogna raccontare bugie, calunniare, bestemmiare, e compiere azioni considerate negative.
Il Ramadan è un mese di carità, durante il quale
ogni credente deve dividere i suoi beni con chi ne
ha bisogno. Durante il giorno è buona abitudine
recarsi alla moschea per trascorrere lunghe ore,
pregando e studiando il Corano.
La sera del ventisettesimo giorno viene celebrato il Laylat-al-Qadr: è il momento in cui
Maometto ricevette la rivelazione e, secondo il
Corano, il momento in cui Allah decide gli eventi
dell’anno che verrà.
La festa di Yom Kippur, nella sua celebrazione, è articolata e comprende diversi momenti.
Quest’anno viene celebrata il 28 settembre (10
di tishri 5770 secondo il calendario ebraico).
Le festività si aprono con Rosh-Ha-Shanna,
capodanno ebraico. Il suono dello shofar, strumento musicale fatto di corno di montone, richia-
Editoriale
ma le persone all’assemblea sacra e al pentimento. Facendo memoria della creazione del mondo
e dell’uomo, si contempla il vero inizio del
tempo, cioè il momento “zero” dell’esistenza
dell’uomo.
Questo ricordo favorisce il desiderio di “tornare in una situazione nella quale il peccato non
c’è”. Dice il Talmùd Babilonese: “Nel capodanno
ogni uomo passa davanti a Dio come gli animali
del gregge davanti a un pastore. Ossia, così come
un pastore fa sfilare le sue pecore una per una
davanti a sé per farle entrare nell’ovile, così Dio,
guardando il destino di ogni uomo, fa passare
davanti a Sé le azioni compiute da ogni persona.
In questo modo Egli può giudicare l’operato di
ogni persona per sapere in quale libro scrivere il
suo nome”.
Rosh ha-Shanna inizia con una cena festosa
che comprende la benedizione delle candele da
parte della donna di casa e il qiddùsh sul vino da
parte dell’uomo. La tradizione vuole che nel giorno di Rosh ha-Shanna si mangi un pezzo di mela
o di pane intinto nel miele, simbolo della speranza in un “anno dolce” e si auguri a tutti Shana
Tova! Buon Anno!
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Seguono poi gli Yamim Noraim, dieci giorni
di pentimento e di conversione (teshuvà), veri
esercizi spirituali per il popolo, e occasione di
risveglio per coloro che dormono spiritualmente.
La teshuvà è un compito strettamente personale,
dove ognuno deve analizzare il proprio comportamento e assumersi le sue responsabilità. Lo
deve fare individualmente senza preoccuparsi di
confrontare il proprio comportamento con quello altrui.
Esiste però una dimensione comunitaria della
teshuvà. Ognuno deve pensare al contributo che
può o deve dare alla società e in particolare alla
propria comunità. Invito dunque all’autocoscienza, che ci spinge a discendere il nostro Io profondo (anì shebà anì) per capire qual è il nostro
modo di servire Dio. Il pensiero corre al lech lechà
(vai verso te stesso, alla ricerca di te stesso) detto
da Dio ad Abramo e che diventa il suo percorso, come pure quello di ogni credente.
La Teshuvà è il ritorno al vero « io ». I tratti e
gli atti negativi dell’uomo sono una facciata artificiale, che celano il suo vero essere. Non si tratta solo di elencare e confessare a Dio i peccati
commessi di cui ci si pente, bensì di condurre un
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dialogo con la propria coscienza, di dare una
prova di onestà e autenticità verso se stessi.
In ogni uomo infatti c’é un’anima, lo spirito
dell’uomo, la coscienza. Essa è la fiaccola che il
Signore accende per aiutare ognuno a scrutare i
segreti recessi del cuore.“Lo spirito dell’uomo è
una fiaccola (neshama) del Signore che scruta
tutti i segreti recessi del cuore” (Proverbi 20, 27).
L’immagine, molto orientale, vuole descrivere
quella che noi chiamiamo la coscienza, capace di
penetrare nel segreto dell’interiorità personale. Si
tratta di accendere la fiaccola della coscienza per
operare una valutazione verace di noi stessi
Si arriva a Yom Kippur, giorno destinato dalla
Torah per espiare i peccati commessi nel corso
dell’anno, sia nei confronti di Dio che nei confronti degli uomini.
Il sommo sacerdote in persona presiedeva al
Tempio a nome del popolo, compiendo la purificazione del santuario con un’aspersione di sangue
(era la sola occasione in cui il sommo sacerdote
penetrava nel Santo dei Santi) e con l’invio nel
deserto del capro espiatorio che portava su di sé
tutte le colpe di Israele (Lv. 16, 22). Solo in quel
giorno e nel momento della confessione delle colpe
il Sacerdote pronunciava il Nome .
Nel rito cabalistico del tashlick, si svuotano le
tasche nell’acqua di un fiume che scorre, recitando benedizioni, a rappresentare la necessità di
liberarsi dai peccati prima di volgersi al futuro.
Gli ebrei ortodossi si recano a rigagnoli di acqua
corrente per pregare, guardando i pesci: “Come
il pesce non vive senza l’acqua, noi non viviamo
senza te, o Dio”.
Preghiera di penitenza e digiuno sono il cuore
dell’osservanza storica dello Yom Kippur.
Vengono praticate cinque restrizioni: non bere
né mangiare (eccetto in caso di pericolo per la
salute), non ungere il corpo con olio, non lavarsi
e profumarsi, non indossare scarpe di pelle e non
avere rapporti sessuali. Il testo biblico prescrive
“vi affliggerete, affliggerete le vostre persone...”.
Il bellissimo rito del Kol Nidré, in cui ci si
scioglie dai voti non adempiuti nel corso dell’anno, e che finisce con il suono del corno di montone, lo Shofar, mettono termine alla festività.
Tachèl shanà uvirkhoèha. Cominci l’anno con le
sue benedizioni.
“Se non vi fosse il sacramento dell’Ordine
non avremmo Nostro Signore. Chi è che lo ha
messo la, nel tabernacolo? Il sacerdote. Chi
ha accolto l’anima nostra al suo ingresso nella
vita ? Il sacerdote. Chi la nutre per darle la
forza di compiere il suo pellegrinaggio? Il
sacerdote. Chi la preparerà a comparire
innanzi a Dio, lavandola per l’ultima volta nel
sangue di Gesù Cristo? Il sacerdote, sempre il
sacerdote. E se quest’anima viene a morire,
chi la risusciterà, chi le renderà la calma e la
pace? Ancora il sacerdote” (Santo Curato
d’Ars).
La profondità del suo amore per Cristo e
per le anime
(Giovanni Paolo II, Lettera ai sacerdoti,
giovedì santo 1986)
“ Il Curato d’Ars è un modello di zelo
sacerdotale per tutti i pastori. Il segreto della
sua generosità si trova senza dubbio nel suo
amore a Dio, vissuto senza misura, in costante risposta all’amore manifestato nel Cristo
crocifisso. Egli fonda lì il suo desiderio di
fare di tutto per salvare le anime, riscattate da
Cristo ad un prezzo così grande, e ricondurle
all’amore di Dio. Ricordiamo una delle frasi
lapidarie di cui egli aveva il segreto: «Il sacerdozio è l’amore del Cuore di Gesù». Egli tornava sempre nei suoi sermoni e nelle catechesi su questo amore: «O mio Dio preferisco
morire amandovi, che vivere un solo istante
senza amar vi. ...Vi amo, o mio divin
Salvatore, perché siete stato crocifisso per
me, ...perché mi tenete crocifisso per voi»
(Nodet, p. 44).
A causa di Cristo, egli cerca di conformarsi
pienamente alle esigenze radicali che Gesù
propone nel Vangelo ai discepoli che Egli
invia in missione: preghiera, povertà, umiltà,
rinuncia a se stessi, penitenza volontaria. E,
come Cristo, anch’egli prova per le sue peco-
relle un amore che lo conduce ad un’estrema
dedizione pastorale e al sacrificio di sé.
Raramente un pastore è stato tanto cosciente
delle sue responsabilità, divorato dal desiderio di strappare i suoi fedeli al peccato o alla
tiepidezza. «O mio Dio, concedetemi la conversione della mia parrocchia: accetto di soffrire ciò che voi vorrete, per tutto il tempo
della mia vita».
Cari fratelli sacerdoti, alimentati dal
Concilio Vaticano II, che ha felicemente
situato la consacrazione del prete nel quadro
della sua missione pastorale, cerchiamo il
dinamismo del nostro zelo pastorale, con San
Giovanni Maria Vianney, nel Cuore di Gesù,
nel suo amore per le anime.
Anno sacerdotale
“Il sacerdozio è l’amore
del cuore di Gesù”
Se noi non attingiamo alla medesima sorgente, il nostro ministero rischierà di portare
ben pochi frutti”.
Preghiera
Ti amo mio Dio e mio desiderio e di amarti fino all’ultimo respiro della mia vita.
Ti amo o Dio, infinitamente amabile e preferisco morire amandoti, piuttosto che vivere
un solo istante senza amarti.
Ti amo Signore e l’unica grazia che ti chiedo
è di amarti internamente.
Ti amo, mio Dio e desidero il Cielo, soltanto
per avere la felicità di amarti perfettamente.
Mio Dio, se la mia lingua non può dire ad
ogni istante: “Ti amo”, voglio che il mio
cuore te lo ripeta ogni volta che respiro.
Ti amo mio divin Salvatore perché sei stato
crocifisso per me e mi tieni quaggiù crocifisso con te.
Mio Dio, fammi la grazia di morire amandoti
e sapendo che ti amo.
(Curato d’Ars, Scritti scelti, a cura di Gérard
Rossé, Città Nuova Editrice)
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SILA O SILVANO
il “synercos” di Paolo
I collaboratori di Paolo
p. Afonso Osorio Citora, imc
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Sila, conosciuto anche come Silvano, è una
di quelle figure che brillano nel firmamento
dei collaboratori e delle collaboratrici di San
Paolo di cui ora, cercheremo di dire alcune
modeste e semplici parole circa la sua persona e la sua umile e fedele collaborazione.
Chi è dunque questo personaggio che ora è
presentato come “Sila” ed ora come
“Silvano”?
Sila è uno dei delegati che insieme a Giuda,
detto Barsabba, e Paolo, vengono inviati dagli
anziani e da tutta la chiesa di Gerusalemme
con una lettera del Concilio di Gerusalemme
alla comunità di Antiochia per riportare la
pace e ridare fiducia in quella chiesa (At 15,
22).
Paolo, poco dopo, lo sceglie come suo
collaboratore (At 15,40-18,5) e diviene –
secondo l’affermazione di Pietro - “il fratello
fedele” dei cristiani delle chiese della Galazia,
della Cappadocia, dell’Asia e della Bitinia (1 P
5,12).
Luca - l’autore degli Atti degli Apostoli - lo
presenta col nome
di “Sila” (At
15,27.32.34.40;
16,
6.19.29.34.38.40;
17,1.4.10.14.15.16; 18,5) , mentre Paolo e
Pietro nelle loro lettere
lo chiamano
“Silvano” (2 Co 1,1; 1Ts 1,1; 2Ts 1,1; 1 P
5,12). E’ accertato ormai da molti studiosi di
Sacra Scrittura, che “Silvano” è la forma latinizzata (“Silvanus”) del nome semitico
“She?’la” di cui “Sila” ne è la versione greca.
Infatti, secondo Fabris, “Silâs” è la trascrizione grecizzata dell’originale “She?’la”, forma
aramaica del nome ebraico “Sha’ul”, affinità
con il nome ebraico-aramaico di Paolo “Sha’ul”-. Fabris ipotizza che tale affinità lo
predispose alla collaborazione con l’apostolo
delle genti::“She?’la” è “Silvanus”.
Che una persona venisse attestata con due
nomi, era una caratteristica molto comune tra
i giudei che vivevano nella diaspora. Spesso
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al nome semitico veniva unito un secondo
nome romano-ellenistico simile al primo.
(vedi anche Josué y Janson, o Silas y Silvano,
Saulo y Paolo).
Secondo gli Atti, Sila, come Paolo, godeva
della cittadinanza romana (At 16,37) e probabilmente era un giudeo ellenista (At 16,20),
un uomo tenuto “in grande considerazione tra i
fratelli”, uomo saggio fra gli “uomini eminenti”
della Chiesa di Gerusalemme (At 15,22) e un
cristiano insignito del Carisma di “profeta” (At
15,32). Sottolineiamo però che il profeta,
secondo il cristianesimo, aveva un compito
affine, ma non uguale, al profeta dell’AT. La
sua era parola di edificazione e di esortazione
e consolazione (1 Cor 14,3). Perciò, parve
bene agli apostoli e agli anziani con tutta la
Chiesa di Gerusalemme di scegliere Sila e mandarlo ad Antiochia con Giuda detto Barsabba
per accompagnare l’apostolo Paolo e il suo
compagno Barnaba (At 15,22). Questi erano
portatori di una grande missione: illustrare e
raccomandare l’osservanza del decreto emesso dal Concilio di Gerusalemme. Arrivati ad
Antiochia, fu fatta la lettura del decreto
davanti ad una grande assemblea e poi i messaggeri incoraggiarono i fratelli e li fortificarono nella fede cosicché l’assemblea rimase
piena di gioia e di consolazione (At 15, 3033). Questi inviati avevano la missione di
mediazione: Infatti, come afferma il Santo
Padre Benedetto XVI, Sila “era ritenuto capace di operare una sorta di mediazione tra
Gerusalemme e Antiochia, tra ebreo-cristiani
e cristiani di origine pagana, e così servire l’unità della Chiesa nella diversità di riti e di origini”. Dopo questa missione consolatrice, i
nostri missionari furono congedati con auguri di pace (At 15,33). Secondo il testo occidentale che aumenta di un versetto ( v. 34) il
testo canonico, Giuda ritornò a Gerusalemme
e Sila decise di rimanere presso quella comunità piena di zelo missionario, che rispondeva
alla sua inclinazione.
sarete voi, quando vi oltraggeranno e perseguiteranno
per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli” (Mt 5,11-12)
come più tardi Paolo dirà “sono pieno di consolazione, sovrabbondo di gioia in ogni nostra tribolazione” (2 Co 7,4). Quest’attitudine offre a noi
missionari, che viviamo in un mondo di difficoltà politiche, di guerre e di feroci persecuzioni, una lezione non trascurabile: annunziare il Vangelo del Regno anche nei momenti di
difficoltà, saper trovare la consolazione anche
nelle tribolazioni, innalzando la nostra preghiera e soprattutto inni di lode a Dio, fonte
di consolazione.
Dopo la liberazione (At 16,39) i nostri missionari proseguono per Tessalonica dove
Paolo predica per tre sabati nella sinagoga
agli ebrei, poi vanno a Berea e annunziano il
Vangelo. Dopo alcune difficoltà Paolo si
imbarca su una nave per Atene. Sila e
Timoteo rimangono a Berea per rinforzare
nella fede i cristiani, quindi raggiungono
Paolo ad Atene. Insieme proseguono il viaggio verso Corinto dove sostano per 18 mesi e
si dedicano alla predicazione del Vangelo ai
giudei (At 18,4-5), poi le strade -secondo gli
Atti - si dividono: Paolo conclude il suo viaggio ad Antiochia, mentre di Sila e di Timoteo,
che si era aggiunto nelle ultime tappe, non si
hanno più notizie.
Concludiamo questo breve studio sulla collaborazione di Sila nella Chiesa primitiva
affermando: Silvano è anche menzionato da
Pietro, come abbiamo visto in precedenza.
Verso la fine della sua prima lettera Pietro
scrive “Per mezzo di Silvano, che considero un fedele fratello, vi ho scritto brevemente, esortandovi e
attestando che questa è la vera grazia di Dio; in essa
state saldi” (1Pt 5,12). Qui S. Pietro fa notare
che Silvano è stato con Lui, ha collaborato
con lui e con lui ha scritto la sua lettera alle
Chiese dell’Asia. Per lui, Silvano è un “fedele
fratello”. Questo titolo, non è Paolo che glielo dà; è soltanto Pietro che scrive “fedele fratello”. Silvano ha collaborato sia con Paolo
che con Pietro, ha collaborato quindi con la
chiesa nascente e si è comportato talmente
bene da meritarsi, dal capo degli Apostoli,
l’aggettivo: fedele!
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I collaboratori di Paolo
Dopo una forte discussione, Paolo e
Barnaba ,decisero di separarsi (At 15, 36-38),
Barnaba prese con sé Marco e si imbarcò per
Cipro (At 15,39) e Paolo scelse Sila (At 15,40)
e, raccomandato dai fratelli alla grazia del
Signore, iniziò con lui il suo secondo viaggio
missionario (At 15,41). Notiamo un segno
molto significativo: nel testo originale, Luca un saggio informato e conoscitore della lingua greca e molto accurato nella scelta delle
parole - afferma che Barnaba “prese con sé”
(“paralabonta”un participio aoristo attivo di
“para+lambano” cioè “prendere con sé”) e che
Paolo scelse Sila (“epilexamenos”: un participio
aoristo medio di “epi+lego” cioè chiamare,
nominare che vuol dire appunto “scegliere”:
Sila fu scelto tra molti per una missione. Così,
per andare da Gerusalemme ad Antiochia
Sila fu scelto (“eklexamenous” da “eklegomai” cioè scegliere, eleggere) “tra alcuni uomini
autorevoli tra i fratelli” e per accompagnare l’apostolo anche qui fu scelto! Silvano è un cristiano chiamato e scelto per essere profeta tra
i fratelli e missionario assieme a Paolo.
I nostri due missionari s’inoltrano anzitutto
in Asia Minore con lo scopo preciso di visitare e rafforzare le comunità già fondate da
Paolo nel suo primo viaggio - Siria e Cilicia
(At 15,41) e dopo aver riconfortato i fratelli
Paolo e Silvano ripartono dalla Cilicia - certamente da Tarso – e seguendo per la
Licaonia, la Frigia, la Galazia, la Misia arrivano a Troade (At 16, 6-8). Da lì salpano per
l’Europa verso Samotracia, Neapoli e Filippi
(16,11-12) ; qui vengono arrestati, incatenati
ai ceppi perché il padrone di una giovane
schiava indovina liberata, da Paolo dallo spirito falso - avendo perduto una fonte di guadagno - lo denuncia (16,16-24), ma i nostri
missionari vengono liberati miracolosamente
e rilasciati (16, 25-40) cosicché, usciti dalla
prigione, si recano a casa di Lidia e confortano e consolano i fratelli ivi radunati.
Luca ci fa sapere che Paolo e Silvano, mentre erano in prigione, invece di essere tristi
perché innocenti, ritenevano questa situazione come un segno di benedizione cosicché
passavano la notte “pregando e cantando inni a
Dio” (At 16,25).
I due missionari avevano capito l’insegnamento del loro Maestro che proclamava “Beati
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Da forestiero - Biennio di Interculturalità
Il cammino verso l’alterità
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Oltre le apparenze e i pregiudizi
(parte seconda)
p. Antonio Rovelli, imc
“Non guardare al suo aspetto né all`imponenza
della sua statura. Io l’ho scartato, perché io non
guardo ciò che guarda l`uomo. L`uomo guarda
l`apparenza, il Signore guarda il cuore”. (1Sam.
16,7)
Alla scuola del Vangelo
Alla luce di queste considerazioni, la
seguente domanda si fa urgente: “Cosa
provo, come agisco, quali difficoltà incontro
nelle mia relazioni con chi ci appare altro?”.
Nel tentativo di rispondere ci poniamo alla
scuola del Vangelo, in ascolto di stimoli e
suggestioni che provengono da alcuni incontri di Gesù con persone “altre”, per genere,
comportamenti controversi e per situazione
religiosa. Il che equivale a riformulare la
domanda posta sopra così: “Come si è posto
Gesù nei confronti di persone altre, e che
lezione possiamo trarre dal suo comportamento e dai suoi insegnamenti?”.
Una donna irrimediabilmente persa
Gesù è ospite di un ricco fariseo (Lc 7,3650). Una donna conosciuta da tutti come una
peccatrice, entra nella casa, si siede ai piedi di
Gesù, li cosparge di profumo e versa lacrime
di commozione. E’ facile accorgersi che l’episodio intende porre a confronto due modi
diversi di guardare. Di fronte alla stessa
donna e allo stesso gesto, il fariseo vede la
peccatrice e basta, Gesù invece scorge in lei il
pentimento, la riconoscenza e l’amore.
Perche questa differenza?
Lo sguardo del fariseo è (doppiamente)
deformato, e per questo è del tutto incapace
di scorgere il gesto della donna nella sua verità. Egli si lascia condizionare dal fatto che
quella donna e una peccatrice: legge il suo
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gesto - quel gesto singolo e preciso - partendo da un giudizio generale già precostituito.
Inoltre il fariseo è convinto che un maestro
non debba lasciarsi avvicinare da una donna
di malaffare. Prigioniero di un condizionamento nel contempo religioso e culturale che
lo acceca, il fariseo non vede quello che Gesù
vede. Anche Gesù sa che quella donna è una
peccatrice, ma questo sapere non gli impedisce di comprendere che quel gesto va in
senso contrario: esprime amore. Libero da
schemi e da giudizi già fatti, stabili, Gesù è in
grado di cogliere il gesto nella sua singolarità
e, quindi, la donna nella sua verità: non solo
capace di molti peccati, ma anche di molto
amore.
Lo sguardo del ricco fariseo non esprime
accoglienza, né apre alla speranza, non libera
la donna, ma la imprigiona nel suo passato,
quasi identificando la sua persona con la sua
condizione di peccatrice: e una peccatrice,
non è capace di fare altro, e tutte le sue azioni devono essere guardate con sospetto!
Invece lo sguardo di Gesù - lo sguardo di
Dio! - esprime accoglienza, offre stima e
fiducia, e non identifica la donna - né la sua
persona né le sue intenzioni - con la sua condizione di peccatrice, E così le offre la gioiosa possibilità di cominciare una vita nuova.
Un peccatore curioso
Anche nell’episodio del pubblicano
Zaccheo (Lc 19,1-10), gli sguardi si incrociano. Quello di un Zaccheo ostinato che si è
cacciato in testa di vedere Gesù. E quello di
Gesù che, anticipando quello di Zaccheo, gli
mette dentro il desiderio della ricerca, e gli ha
fatto cenno, rubandogli il suo segreto.
Cristo non si lascia intruppare dalla folla di
pregiudizi, e che suscita la parte migliore
delle persone e la valorizza. Perché in ogni
uomo c’è l’immagine di Dio, e ciascuno di
noi ha il compito di arrivare a quell’immagine, risvegliarla e portarla alla luce.
L’amore oltre il pregiudizio
I due episodi ci consegnano un messaggio
chiaro e stimolante: chi ama si ritrova le proprie facoltà dilatate, i suoi sensi acquistano
una straordinaria capacità di penetrazione. E
riesce a vedere nell’altro quello che gli altri
non vedono. Chi non ama è sospettoso, malizioso, vede solo mediocrità, furbizia e cattiveria. Si dice, comunemente, che l’amore è
cieco. In realtà, è l’unico che ci fa vedere
benissimo, perché scopre cose che sfuggono
a uno sguardo indifferente; riesce a vedere
bellezze e ricchezze là dove gli altri non trovano che oscurità e fango. Cosa vedono gli
altri in Zaccheo? Un essere miserabile, odioso, un ladro interdetto da Dio? E nell’adultera: una donna svergognata. L’altro è identificato con il suo comportamento, un’appartenenza religioso-culturale e con il suo peccato.
Per tutti è pronta una condanna senza appello.
Gesù ci insegna che non dobbiamo rassegnarsi al fatto che chi è “altro”, o per qualche
ragione lo è diventato, debba rimanere tale.
Gli episodi rendono bene il cambiamento
avvenuto, per entrambi una sorpresa entusiasmante, sug gerendo paradossalmente che
l’alterità di Dio, manifestata dallo sguardo
misericordioso di Gesù, è ciò che fa la differenza radicale tra lui e noi, ed è esattamente
la sua volontà che nessuno rimanga “altro” e
venga perduto (Lc 19,10).
Uno sguardo che scende in profondità
E’ un Gesù che non si rassegna, ma spinge
lo sguardo in profondità, oltre la crosta delle
apparenze e/o del peccato e dopo aver superato il tunnel del pregiudizio sociale e/o religioso, lo posa su qualcosa di “intatto”, qualcosa che permette di stabilire un contatto, di
iniziare una relazione.
Un amore che scopre, sveglia, sollecita ed
estrae la ricchezza sepolta sotto la coltre dei
Non possiamo, e non dobbiamo annullare
la differenza, bisogna “vederla” in modo
libero senza condizionamenti, affinché
diventi una ricchezza per tutti. A fronte della
nostra e altrui miseria, dobbiamo adottare
una linea squisitamente evangelica: dinanzi ai
vari “Zaccheo”, occorre che ci poniamo dalla
loro parte, che li amiamo. Se aspettiamo che
cambino per amarli, non li ameremo mai. E’
solo amandoli che li renderemo migliori!.
I gesti e le parole di Gesù sono improntate
a un grande rispetto e profonda accoglienza.
Mai una parola dura nelle sue domande e
nelle sue risposte. Gesù salva perché “crea”
delle persone nuove, offre una speranza certa
per una vita nuova e diversa. Negli episodi
esaminati, al di sopra di ogni altro tratto, c’è
un atteggiamento costante di Gesù, cioè la
sua “libertà” sia religiosa che culturale e la
sua misericordia che sa distinguere chiaramente la situazione di peccato dal peccatore,
né permette che il suo giudizio – che si tratti
di ammonimento o di perdono – venga condizionato dalle opinioni comuni.
L’esperienza di lasciarsi amare
Il cristiano è portato dal Vangelo a vedere
in se stesso il peccatore amato da Dio e per
cui Cristo è morto: questa è l’esperienza di
fede basilare da cui soltanto potrà nascere l’itinerario spirituale che conduce all’amore per
l’altro! Scrive Paolo: “Dio dimostra il suo
amore verso di noi perché, mentre eravamo
peccatori e nemici, Cristo è morto per noi”
(cfr. Romani 5,8-10).
Nel Vangelo di Luca c’è un episodio molto
toccante che illustra molto bene ciò che
voglio esprimere: è l’episodio del rinnegamento di Pietro in Luca 22,54 – 62.
Soprattutto quando si dice che: “In quell’istante, mentre ancora parlava, un gallo
cantò”. In questo gallo che canta c’è la
denuncia del peccato di Pietro: ecco dove sei
da Casa Madre - 9/09
Da forestiero - Biennio di Interculturalità
Gerico, nemmeno dai pregiudizi verso il piccolo “peccatore pubblico”, ma è libero e così
si ferma “all’altezza” di Zaccheo. Perché lo
ha amato.
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Da forestiero - Biennio di Interculturalità
8
giunto, tu che credevi di possedere il Regno,
il Vangelo, di essere il difensore del Maestro.
Questa denuncia fredda, tagliente e accusatrice sarebbe terribile se non ci fosse, improvviso, lo sguardo di Gesù: “Allora il Signore,
voltatosi, guardò Pietro, e Pietro si ricordò
delle parole che il Signore gli aveva detto:
“Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai
tre volte. E uscito fuori, pianse amaramente”.
Qui, finalmente, Pietro coglie che cosa è il
Vangelo come salvezza per l’uomo peccatore,
coglie il vero essere di Dio che non è uno che
ci stimola a far meglio, non è un riformatore
morale dell’umanità, ma è, prima di tutto,
l’Amore offerto senza limiti, senza confini, il
puro Amore gratuito di misericordia che non
condanna, non accusa, non rimprovera. Lo
sguardo di Gesù non è accusatore, né ammonitore; è semplicemente uno sguardo di misericordia e di amore.
Nello sguardo è come se Gesù dicesse:
“Pietro ti amo anche così, io sapevo che tu
eri così e ti amavo sapendo che tu eri così”.
Pietro fa l’esperienza, che forse è la più facile e la più difficile della vita, di lasciarsi
amare. Fino a quel momento era sempre stato
orgoglioso di essere lui il primo a fare qualcosa e adesso capisce che, invece, di fronte a
Dio non può fare altro che lasciarsi amare,
lasciarsi salvare, lasciarsi perdonare. Su questa esperienza della misericordia gratuita di
Gesù verso noi peccatori si innesta la progressività di una maturazione umana che conduce ad acquisire il senso positivo dell’alterità, la capacità dell’incontro, della relazione e
quindi dell’amore.
Solo dopo aver fatto l’esperienza di essere
stati amati gratuitamente dalla misericordia di
Dio, sapremo andare oltre le apparenze, sentirci liberi da pregiudizi per amare e vedere in
ogni persona, come Gesù nella peccatrice e
nel pubblicano Zaccheo, un angolo protetto
contro tutte le delusioni e le esperienze
degradanti. Un ritaglio di speranza: di trovare qualcuno che ci guardi con gli occhi di
Dio, che non si fermi alle apparenze, e nemmeno riduca la nostra esistenza a categorie
che uccidono l’alterità. Speranza di poter
da Casa Madre - 9/09
offrire la propria ricchezza umana e culturale
senza la paura di essere giudicati. Speranza di
ricominciare tutto da capo, di ripartire da
zero. Speranza di essere finalmente capiti ed
amati.
Conclusione
Tanto saremo liberi nel guardare gli altri
quanto offriremo loro la possibilità di aiutarci a conoscere noi stessi, liberandoci dall’egoismo e dai pregiudizi nei loro confronti. La
conoscenza di sé e della propria miseria se
accompagnata dalla conoscenza di Dio, può
divenire esperienza della grazia, della misericordia, del perdono, dell’amore di Dio. In
sintesi gli stimoli e i suggerimenti pervenuti
dalla scuola del vangelo degli incontri tracciano il cammino verso l’alterità in tre tappe
inscindibili: la conoscenza della propria miseria, la conoscenza della misericordia di Dio e
la conoscenza del valore dell’altro. Infatti la
conoscenza di sé senza la conoscenza della
misericordia Dio ingenera la disperazione, la
conoscenza di Dio senza la conoscenza della
propria miseria produce la presunzione, e la
conoscenza dell’altro senza lo sguardo misericordioso di Dio crea l’emarginazione.
Se io vedo un’altra persona in relazione
con Dio prima che lui o lei siano in relazione
con me, allora il mio approccio nei confronti
dell’altra persona o cosa è decisamente diverso. Non è un mio possesso, non è qualcosa
che io posso padroneggiare o divorare e giudicare dalle apparenze. E’ anzitutto qualcosa
che appartiene a qualcun altro, e dunque io
mi accosto all’altra persona come se mi inoltrassi in un territorio che è già abitato, e perciò con una misura di umiltà e di riserbo. E’
come dire, suppongo, che c’ è attorno alle
cose e alle persone un mistero che la mia
mente e la mia volontà non possono eliminare, non possono esaurire.
L’alterità è questo mistero, che chiede
rispetto. Senza questa base, o questo sfondo,
da mantenere assolutamente, ogni relazione è
a rischio, quella con gli altri come quella con
Dio.
L'Allamano e sr. Margherita Demaria
p. Francesco Pavese, imc
Sr. Margherita Demaria (1887 - 1964) è la
prima
e
più
stretta
collaboratrice
dell’Allamano nella direzione e formazione
delle Suore Missionarie della Consolata, a
partire dal 1913. Entrata nell’Istituto il 2
ottobre 1910, anno della fondazione, accolta
direttamente dall’Allamano, ha emesso la professione religiosa il 5 aprile 1913. Dal maggio
successivo, giovane di 26 anni, è stata posta
dal Fondatore come sua vicaria per la cura
della comunità di Casa Madre, incarico che ha
svolto per poco tempo, perché alla fine dell’anno è stata destinata responsabile del gruppo delle prime missionarie partite per il
Kenya. Per 34 anni ha lavorato in Africa,
prima in Kenya, poi in Tanzania e Mozambico
coprendo incarichi di responsabilità. Dal
1947 al 1958 è stata Superiora Generale
dell’Istituto. Dopo alcuni anni trascorsi a
Roma, come superiora della comunità, si è
ritirata a Torino, ove è morta l’8 dicembre
1964.
Figlia affezionata, coerente e fedele.
Tra l’Allamano e questa sua figlia si è instaurata una bella intesa da tutti riconosciuta. Di
lei è stato scritto: «Dal Fondatore stesso trasse quello spirito fervidamente missionario
che informò tutta la sua vita. Mai si allontanò
dai suoi insegnamenti e direttive, anche nei
periodi più duri e difficili, più sconcertanti.
Questo spirito ella seppe trasfondere nelle
sue figlie in patria e all’estero». «Il suo ruolo
fu, dal principio alla fine, quello di madre e
guida – madre tenera, sollecita, comprensiva e
guida corag giosa e intrepida». Lo stesso
Fondatore ha riconosciuto questa sua ricca
personalità, scrivendole nel 1914, mentre
muoveva i primi passi di responsabile in
Kenya: «Continua nel tuo metodo che trovo
giusto. Continua il comando dolce, ma
fermo».
Che l’Allamano abbia scoperto presto il
valore di sr. Margherita Demaria, convinto di
poterla valorizzare come fidata collaboratrice
all’inizio dell’Istituto delle missionarie, risulta
da tanti piccoli particolari. Quando, nel settembre del 1912, si trattava di mandare un
gruppo di otto suore, ancora novizie, a sostituire le Gaetanine per il servizio ai missionari nella nuova Casa Madre di via
Circonvallazione (ora corso F. Ferrucci), lei è
stata scelta come “superiora”. Quando il 5
aprile 1913, le prime 11 novizie hanno pronunciato i voti temporanei, «sr. Margherita si legge nelle Cronache - veniva invitata per la
prima dal nostro Ven.mo Fondatore ad avanzare e pronunziare i voti».
L’occasione che dimostra quanto sr.
Margherita sia stata valorizzata è stata la
nomina della prima superiora di Casa Madre,
alla quale erano riconosciute le funzioni di
vicaria del Fondatore stesso. Nel maggio del
1912, essendosi ormai costituita una piccola
comunità di Missionarie della Consolata professe, si è ritenuto giunto il momento per
Madre Celestina Bianco, che le Suore
Giuseppine avevano gentilmente offerto
all’Allamano fin dal 1910 per seguire da vicino le prime giovani aspiranti alle missioni, di
ritirarsi per permettere che il nuovo Istituto
procedesse con le proprie forze. L’Allamano
stesso, parlando di questa situazione ai missionari, ne ha voluto spiegare il significato:
«Alle Suore ho detto così: Tutte le cose devono cominciare, ma ora dovete vivere da voi,
del vostro spirito. Gli altri possono portarci il
loro spirito, ma non il nostro. E questo è per
da Casa Madre - 9/09
Missionari insieme
Un “sodo fondamento”
delle Missionarie della Consolata
9
mettervi al corrente, è come si fa in famiglia.
Tutti insieme, anche colle Missionarie della
Consolata».
Missionari insieme
Ecco come le “Cronache” dell’Istituto riferiscono quell’evento: «[Quando Madre
Celestina ci lasciò] noi ci trovammo sole in
attesa che il nostro Ven.mo Padre ci donasse
un’altra superiora. Non sapevamo ancora
quale sarebbe stata, e neppure si cercava di
indovinarlo, tenendoci ben disposte ad accettare cordialmente ed amare quella che sarebbe
stata a tale ufficio chiamata. Eravamo in
Chiesa a cantare il “Tantum ergo” solenne in
musica, quando si sentì il nostro Ven.mo
Padre entrare in casa e chiamare col timpano
Sr. Margherita. Se prima cercavamo di tenerci
santamente indifferenti sulla scelta dell’eletta,
niente ci proibiva ora di dire il più sentito
“Deo gratias” a Gesù Sacramentato che stava
per benedirci, con la scelta di Sr. Margherita,
certe che dopo la benedizione il nostro
Ven.mo Padre ce la presentasse come nostra
Vice superiora».
10
Sr. Margherita collaboratrice preparata
dall’Allamano. La collaborazione tra Padre e
figlia si è espressa anche in questo: l’Allamano
ha seguito sr. Margherita con speciale attenzione per renderla sempre più idonea ai compiti che le aveva affidato. Si può dire che
l’Allamano si è formata la prima collaboratrice secondo i suoi principi, garantendo così la
riuscita della collaborazione. Lo faccio notare
riportando qualche brano di lettere che il
Fondatore ha scritto a sr. Margherita per darle
istruzioni e per ricevere notizie e suggerimenti.
Anzitutto prima che partisse per il Kenya.
Da s. Ignazio, il 17 luglio 1913: «Ti ringrazio
della lunga e dettagliata lettera. Sono contento del buon spirito che regna nella Casa.
Essendo ancora su questa misera terra non
mancheranno difetti; procuriamo almeno che,
chi li ha, li conosca, se ne persuada e si metta
con animo a correggerli. In ciò consiste la
formazione dei soggetti. Quanto a te non
inquietarti dell’aridità che provi nelle cose
spirituali. Prendi ciò con pace dalla volontà di
da Casa Madre - 9/09
Dio, il quale talora si nasconde per poco per
provare la nostra fedeltà. […]. Parla pure in
pubblico e in privato con ardore delle virtù e
delle sante pratiche; il Signore applicherà il
tutto a te».
Specialmente sono interessanti, come
esempi di collaborazione, alcune lettere scritte dall’Allamano a sr. Margherita in Kenya.
Così il 16 maggio 1914: «Ho ricevuto la tua
bella lettera e te ne ringrazio, godendo specialmente della piena sincerità e del modo
minuto con cui mi scrivi. Si tratta del bene e
non si deve aver paura di farmi pena. Sarebbe
più doloroso se per non farmi dispiacere mi
celassi qualche cosa. Vogliamo tutti il solo
bene comune e di tutti». Ancora il 13 giugno
successivo: «Ho ricevuto la tua lettera, e ti
ringrazio di avermi scritto molto e minutamente. Credimi: è falsa compassione quella di
non dir tutto per non rattristarmi. La verità
tutta e sempre è la miglior consolazione per
chi desidera il bene e così conosce le cose
come sono. Come già ti scrissi, io non m’inquieto per certe miserie, anzi me le aspettavo.
Ma passeranno con la grazia di Dio. È impossibile che gente la quale fece sacrifici per
venire a salvare anime, non si scuota. […]. Fa
coraggio a te e a tutte. Sono giovani, facili a
scoraggiarsi, ma buona volontà è in tutte e il
Signore le aiuterà». Due settimane dopo, la
incoraggia ancora così: «Tu non scoraggiarti,
e continua il comando dolce ma fermo; e non
inquietarti quando ti scappa un po’ la pazienza. Il Signore aggiusterà anche i tuoi difetti e
sbagli».
È interessante notare come l’Allamano
abbia assunto un atteggiamento tutto particolare, quasi ponendosi a fianco di sr.
Margherita, lavorando insieme con lei per
superare le prime difficoltà. Certe posizioni
piuttosto odiose non le scaricava sulle spalle
di sr. Margherita, ma le prendeva lui stesso da
Torino, come risulta da questo scritto del 28
dicembre 1914: «Ti mando l’unita lettera per
leggere alle Suore. Ti parrà un po’ severa; tuttavia leggila tutta a tutte. L’ho pensata e meditata ai piedi della SS. Consolata. Tu poi coraggio nel Signore, Egli ti sosterrà corporalmente e spiritualmente, come io Lo prego. Scrivi
Sarebbe interessante riportare per intera la
corrispondenza dell’Allamano con sr.
Margherita durante il tempo trascorso in
Kenya come responsabile. Si troverebbero
numerosi dettagli che spiegano come due persone, così distanti per età e per spazio, abbiano potuto intendersi così bene e collaborare
per impostare e sviluppare un progetto missionario tanto importante. Soprattutto si nota
lo sforzo dell’Allamano di sostenere questa
giovane collaboratrice, aiutandola a valutare
con realismo le concrete situazioni proprie e
delle missionarie. Così le ha scritto il 5 giugno
1919: «Tu fatti sempre coraggio col desiderio
del perfetto, compatendo però e tollerando le
miserie umane, operando sempre per diminuirle. Del resto non scoraggiarti dei tuoi
difetti; il Signore che ti affidò l’incarico di
dirigere le care suore ti sosterrà, ti illuminerà
per il buon esito, e supplirà alla tua pochezza:
coraggio!».
Non potendo, dunque, dilungar mi nel
riportare questo epistolario, mi limito a sottolineare il fatto che l’Allamano si fidava delle
notizie ricevute da sr. Margherita, al punto
che su di esse fondava le proprie direttive. Si
veda, per esempio, fino a che punto chiedeva
informazioni per valutare l’idoneità della missionarie in vista della professione perpetua.
Scriveva il 7 novembre 1917: «Riguardo ai S.
Voti perpetui, è mia intenzione di non
ammettere le Suore se prima non avrò certe e
minute informazioni di ognuna. […]. Tu
intanto subito mettiti a farmi una relazione
dettagliata di quelle che dovrebbero professare. Noterai il bene e il male, il profitto fatto o
non fatto in questi anni; i loro caratteri, e se
corretti o no; la seria speranza che danno
d’un buon avvenire. Devi scrivere tutto,
anche i dubbi; e aggiungerai il tuo giudizio».
La chiarezza di collaborazione con sr.
Margherita l’Allamano l’ha dimostrata anche
dicendole chiaramente ciò che non andava. Si
veda quanto le ha scritto, ovviamente in
modo molto paterno, il 1 settembre 1921,
rispondendo ad una sua lettera «Mi dici che ti
pare di vedere Monsignore [F. Perlo] poco
soddisfatto delle Suore nostre». Dopo aver
precisato che a lui non pareva esatta questa
impressione, continuava: «Di te poi parla
bene; ed ha difficoltà di lasciarti venire in
Italia. E per dirti tutto in Domino mi fece
solo l’osservazione che dimostri un po’ di
predilezione per le giovani e per quelle che
sanno corteggiarti. Che ne sia, è bene che
sappi questa impressione per togliere ogni
pretesto di malumore».
Una collaborazione a tre. Non posso tralasciare un particolare situazione che si è verificata, a questo livello, quasi unicamente nel
caso di sr. Margherita. La sua collaborazione
con l’Allamano, come si è visto, è stata totale
e molto positiva per lo sviluppo dell’Istituto e
delle missioni. Tuttavia, diverse volte questa
collaborazione è stata mediata dal Camisassa.
Si sa che il Confondatore interveniva in modo
speciale nelle questioni che riguardavano le
missionarie. Lo stesso Allamano si serviva di
lui per comunicare con sr. Margherita, ascoltare le sue idee e riferirle le direttive necessarie.
Missionari insieme
sempre come vedi, e sta tranquilla». Alcune
volte, inviava a sr. Margherita una lettera
aperta, piuttosto severa, a qualche missionaria, incaricandola di leggerla prima e poi di
consegnarla chiusa all’interessata. Così la sua
collaboratrice non veniva tagliata fuori da
certi processi piuttosto difficili.
Per capire il ruolo del Camisassa in questa
speciale collaborazione a tre riporto alcuni
brani dei suoi scritti a sr. Margherita, scegliendoli tra i molti di questo genere. Ecco
l’atteggiamento generale condiviso e seguito:
«Il Sig. Rettore vorrebbe pure rispondere alla
tua lettera del 4 agosto a lui diretta, ma non
avendo tempo m’incarica di dirti soltanto
queste cose». Più di una volta il Camisassa ha
scritto a sr. Margherita a nome dell’Allamano,
dopo avere conferito con lui.
Non solo, ma anche sr. Margherita sapeva
che le sue comunicazioni, anche senza doverlo dire espressamente, erano per entrambi,
certo con le debite eccezioni: «Ricevetti la tua
e ti lascio pensare con quanta mia soddisfazione. Almeno stavolta hai cominciato a scri-
da Casa Madre - 9/09
11
Missionari insieme
verci come desideriamo - Dico scriverci - perché quanto scrivi al Sig. Rettore s’intende
anche a me, ché le tue lettere leggiamo sempre entrambi; a meno naturalmente che tu
scriva cose intime, nel qual caso puoi ben
pensare che il Sig. Rettore li tien per sé, e mi
dice solo quel tanto delle tue lettere che ci
interessa ambedue. Ciò sia per tua norma, ad
evitarti la fatica di ripetizioni». «Le stesse tue
ultime lettere han fatto al Rettore ed a me
l’impressione che eri sofferente nello scrivere.
E tu in tutto questo tempo neppure un accenno di tutto ciò!! [sr. Margherita non era stata
bene] eccetto quella parola d’un “bubu” la
notte prima di dar quel battesimo; ma poi più
niente. Ti par che vada questo? Crederai sia
virtù soffrire e tacere, ma ti assicuriamo che è
maggior virtù dir tutto con noi (Dico “con
noi”, ché fa lo stesso sia lo scrivi al Rettore
che a me)». Ancora: «C’era quella lunga [lettera] a Padre, e si sa che era anche per me, dopo
che egli vide che non conteneva cose tue particolari da non dire a me»
12
Il Camisassa si esprimeva liberamente, a
nome dell’Allamano, anche quando si trattava
di fare dei richiami: «Mi rincresce aver dovuto scriver un po’ forte, ma è proprio Padre
che volle così». Soprattutto incoraggiava sr.
Margherita a comunicare tutto con confidenza, perché le sue idee erano molto utili sia al
Fondatore che a lui: «Ultima cosa che ti dico
a nome del Sig. Rettore e mio s’è da continuar
a scriverci a lungo e minutamente sullo stato
morale e fisico di tutte costì: è per noi uno
studio… ed una rivelazione, e fu appunto in
base a queste relazioni, che non accettammo
o congedammo qui alcuni soggetti». «Delle
miseriuccie che scrivi a Padre… ti risponde di
nuovo egli stesso… e tien preziose le sue lettere perché ne scrive tanto poche!».
Incontro a Torino. Ad un certo punto,
l’Allamano ha sentito il bisogno di conoscere
meglio di persona, e non solo per corrispondenza, la situazione delle missionarie in
Kenya. Così ha pensato di richiamare temporaneamente sr. Margherita in Italia. Ecco
come glielo ha comunicato il 30 novembre
1919: «Già avrai saputo del mio desiderio di
farti tornare fra noi; ma ciò non sarà che al
da Casa Madre - 9/09
ritorno di Monsignore dall’Italia, cioè verso
l’autunno del 1920. In questo tempo potrai
pensare a chi potrà sostituirti come superiora.
A noi parrebbe Suor Agnese, la quale oltre
l’anzianità ha buon spirito; prima d’allora Dio
ci illuminerà».
Sr. Margherita, in una relazione del 1956 al
Postulatore p. G. Fissore, ha offerto la spiegazione di questo suo rimpatrio: «Obbligato
dopo pochi anni dalla nostra formazione a
farci partire nel 1913 e nell’impossibilità di
recarsi Lui stesso in Africa per vedere di presenza la nostra sistemazione e l’impostazione
del nostro lavoro missionario, il Fondatore mi
chiamò in Italia alla metà del 1922, per sapere con precisione come ci trovavamo nelle
missioni».
Giunta a Torino, corse subito ad incontrare l’Allamano. È commovente come lei stessa
descrive l’incontro con il Padre: «E dal
Santuario passai alla casa del Convitto, ove
trepidante dalla commozione, attendevo il
nostro Veneratissimo Padre. Non si fece
attendere, e scese le scale. Io non resistetti ad
aspettarlo in parlatorio, ma gli mossi incontro
nel porticato. Caddi ai suoi piedi, gli baciai la
mano, e gli occhi mi si riempirono di lacrime.
Egli col suo occhio vivo, penetrante, affettuoso, mi fissò bene in viso, poi mi disse: “Sì, sì,
sei ancora tu, sei sempre tu”».
Durante i mesi trascorsi a Torino, tra
l’Allamano e sr. Margherita ci sono stati
diversi incontri e si accordarono su tutto. A
quel punto la loro collaborazione aveva raggiunto il massimo livello. Rimandandola in
Kenya, il Fondatore ha confidato alle missionarie il suo stato d’animo con queste significative parole: «Vi rimando la Superiora Sr.
Margherita, sebbene abbia bisogno del suo
aiuto in Casa Madre. So che la stimate e l’amate, e se lo merita. Non mi sento di privarvi
di tanto conforto per procedere nella via che
ben conducete. Ascoltatela e ubbiditela,
anche per consolarla nel grave peso che
sostiene».
p. Salvador Medina, imc
La visita: una experiencia humano-cultural
La visita, como experiencia humana y por lo tanto
cultural, es también una actividad divina de consolación-liberación, según los escritores bíblicos.
Todas las personas y los pueblos visitan y son
visitados, pero no todos visitan lo mismo. Cada
persona, familia, grupo o pueblo tiene su estilo y
manera de visitar y de acoger.
El próximo Domingo 13 de julio de 2009 nos encontraremos en Guayaquil - Ecuador con los dos misioneros
visitadores canónicos, P. Stefano Camerlengo, Vice-superior General y P. Antonio Fernandes, Consejero General
para América. Ellos vienen en nombre del Superior
General, P. Aquileo Fiorentini y su Consejo. En ese espíritu de comunión los recibimos y acompañamos para que
se puedan encontrar con cada misionero y cada comunidad en sus respectivos contextos
Les damos la bienvenida, lo mismo que a la
Superiora General, Madre Gabriela Bono y la
Consejera General Hermana Simona Brambilla, quienes ya están adelantado la visita a las misioneras y con
quienes nos encontraremos el 26 - 27 de julio, en
Puerto Leguízamo y haremos un Consejo conjunto.
La Dirección General - PP. Stefano Camerlengo y
Antonio Fernandes - continúan su viaje apostólico,
animando y exhortando a cada misionero y sus comunidades a experimentar la compañía del Señor Jesús
para alimentar el amor su misión y vivirla en “equipo”,
como familia de la Consolata.
En Bogotá, sede de la Dirección y la Administración
Regional, en donde se trabaja generosamente al servicio
de los misioneros, del Instituto y de la Región, visitaron la
Casa Regional, la Parroquia Madre de las Misiones de
Modelia, el Centro de Misión Culturas José Allamano, la
Fundación para la Reconciliación, el Colegio Bilingüe José
Allamano. Un encuentro comunitario, cargado de realismo y esperanza, concluyó la visita y despidió a los visitadores que, de noche y con la maleta en la mano, partieron,
en la misma Bogotá, para las Comunidades Formativas
del Filosófico y el Teológico.
La Filosofía, como etapa formativa, se desarrolla en Bogotá, barrio Ciudad Jardín, teniendo como
sede de estudios el Seminario Mayor de la
Arquidiócesis de Bogotá, respaldado académicamente por la Pontificia Universidad Blovariana.
Son cinco los jóvenes estudiantes que viven en esta
comunidad. En la sede de Medellín quedan dos
estudiantes, uno de los cuales hace el Postulantado.
Otro joven, de esta misma etapa de la Filosofia,
curso sus estudios en la Universidad Javeríana en la
modalidad virtual (vía Internet), vive con su familia, trabaja como taxista y es acompañado por los
formadores en su proceso. Lo mismo hace otro en
Neiva, mientras estudia enfermería. En total son
nueve los jóvenes de esta etapa. Quiera Dios que
esta apertura a otras formas de formación se consolide y de sus frutos.
A partir de la Comunidad del Filosófico, mediante
un equipo integrado por la Familia Consolata (religiosos/as consagrados y laicos) se anima y coordina también la Animación Misionera y Vocacional, lo mismo
que la comunicación para la misión.
Para continuar la visita en la Comunidad Formativa del
Teológico, ubicada en el barrio el Vergel, caminamos
durante 25 minutos y llegamos a la primera sede de la
Familia Consolata en Colombia. Diálogos con cada uno
de los jóvenes profesos y sus formadores y el párroco de
la Parroquia de la Consolata, encuentros la comunidad cristiana y las las Misioneras de la Consolata. Toda esta intensa actividad de los visitadores permitió revivir, con gratitud, la historia construida por tantos antepasados, vivenciar el presente en construcción y soñar el futuro por venir.
En relaidad la Comunidad del Teológico, en su conformación internacional e intercultural, nos lleva a reconocer el don y la responsabilidad de este nuevo tiempo,
cargado de dificultades, desafíos y posiblilidades.
La interculturalidad, la globalización, la continentalidad y los contextos locales desafían la
IDENTIDAD del Instituto y replanean su visión
y misión, tanto al interior del propio Instituto
como hacia afuera, hacia la misión ad gentes en y
desde este Contente.
!Que el Paráclito nos inspire y acompañe, para
que fieles ala carisma legado por José Allamano,
sigamos construyendo el Instituto desde la misión!.
da Casa Madre - 9/09
Attività della Direzione Generale
El Dios visitador inspira nuestra
visita canónica
13
Diario della Casa generalizia
Luglio-Agosto 2009
Casa Generalizia
p. Michelangelo Piovano, imc
14
Luglio 2009
Con il mese di luglio iniziamo ad arrivare in casa i
missionari che parteciperanno al Corso di aggiornamento per i missionari giovani.
I primi ad arrivare sono padre Carlos Osorio e
Vilson Jochen: iniziano subito a partecipare ad un
Corso di lingua italiana per poter fare meglio il Corso
che inizierà alla metà di agosto.
Sabato 4 luglio terminano le riunioni del Consiglio
generale. Iniziano anche le partenze dei Consiglieri e
dei confratelli che hanno scelto di fare alcuni giorni di
vacanza in questo periodo o di aiutare in alcune parrocchie nelle quali è stato chiesto il nostro servizio.
Domenica 12 luglio Padre Camerlengo parte per
la visita canonica in Colombia e Equador dove già
lo attende padre Fernandes.
Il 18 luglio è la volta del Superiore Generale per
la visita canonica nella Casta d’Avorio. Anche lì già
è atteso da Padre Ouma.
Lo stesso giorno partono anche P. Marini e P.
Cogliati, amministratore generale, per una visita di
ufficio alle regioni del Tanzania e Etiopia.
Giungono in comunità Padre Cyprian Brown e
P. Jackson Murugara destinati per un periodo di
studio alla Casa Generalizia.
Il 20 e 21 luglio arrivano altri tre confratelli per il
Corso dei Missionari giovani: P. Jorge Guillerme e
P. Guillermo Pinilla dal Mozambico, P. Nestor
Nkulu dal Congo.
Durante quasi tutto il mese il caldo si fa sentire
con forza. Quando abbiamo un po’ di tempo passiamo alcune ore al mare a Passoscuro alla ricerca
di un po’ di fresco e riposo. Sabato 25 luglio viene
con noi al mare anche P. Paco, consigliere generale,
che cucina per noi una buonissima “paella” accompagnata da una rinfrescante “sangria”.
Sempre in questo mese la città di Roma ha ospitato due grandi eventi a livello mondiale: l’incontro
del G8 tenutosi all’Aquila, ma con vari eventi e visite in città e in Vaticano, causando alle volte alcuni
problemi al traffico cittadino.
L’altro grande evento di fine luglio-inizio agosto
sono stati i campionati mondiali di nuoto e dei gio-
da Casa Madre - 9/09
chi acquatici. Anche questo ha portato in città
movimento, turisti e soprattutto molti giovani di
varie nazionalità.
Agosto 2009
Il cosiddetto mese delle ferie qui in Italia è anche
un mese di maggior tranquillità a Roma nella Casa
Generalizia.
Nella prima quindicina del mese continuano ad
arrivare i missionari giovani che prenderanno parte,
a Nepi, al Corso di aggiornamento.
L’ 8 agosto ritorna dalla Costa d’Avorio il
Superiore Generale, dopo aver concluso la visita
canonica.
Padre Ronco predica, in Svizzera, un Corso di
Esercizi Spirituali ad un gruppo di Suore di san
Pietro Claver.
Celebriamo la Festa dell’Assunta in comunità,
presiede l’Eucarestia P. Jackson Murugara, che in
questa data festeggia i suo ottavo anniversario do
ordinazione sacerdotale.
Il 17 agosto i Missionari venuti per l’aggiornamento partono alla volta di Nepi per unirsi alle
Missionarie della Consolata che faranno con loro il
Corso che durerà fino alla fine di ottobre. In questo
primo momento sono anche accompagnati da padre
Paco Lopez, consigliere generale e i padri Ronco e
Rovelli del Segretariato per la missione assieme ad una
equipe delle missionarie della Consolata.
Il Corso inizia ufficialmente con la celebrazione
eucaristica presieduta dal Superiore Generale.
Registriamo anche la partecipazione di Padre
Stephen Korambu ad un Pellegrinaggio a
Medjugorge dal 13 al 18 agosto come guida spirituale di un gruppo di pellegrini.
Il 25 agosto salutiamo P. Matthieu Kasinzi in
partenza per Djibouti dove è stato destinato a lavorare. Padre Kasinzi ha concluso in giugno il Corso
di Islamismo e Studi arabi presso il PISAI. Gli
auguriamo un buon lavoro missionario in questa
realtà dove la missione è fatta soprattutto di testimonianza, carità e dialogo.
p. Fernando Vitorino Moreira Rocha, imc
falar da interculturalidade, mas como a vivemos a
nível pessoal, comunitário e de missão neste contexto
amazônico. Pensamos um encontro que seja
participativo e também iluminado pela palavra de
Deus a partir da pessoa de São Paulo. Depois
refletiremos outros temas como: formação, centro
cultural, administração, México e acompanhamento
dos Conselheiros por áreas (Indígena, Formação e
AMV Periferias, Justiça e Paz).
Lembramos a todos a Ordenação Sacerdotal do
Diác. Bento Eugénio dia 28/06. Acompanhemos este
nosso irmão, que foi destinado a nossa Região, com a
oração neste momento tão importante da sua vida.
Para todos votos de bom trabalho missionário com
as bênçãos da Consolata e do nosso Pai Fundador.
No dia trinta de Maio, a comunidade formativa de
Santa Etelvina teve alegria de receber os jovens da
Área Missionária Imaculado Coração de Maria, Santa
Etelvina em sua casa, para celebração da vigília de
pentecostes. Junto com eles estavam presentes, Pe
Rogério, o responsável da área, o Pe Sandro, seu
auxiliar, Irmãs Bárbara e Lourdes da congregação
Irmãs Franciscanas de Maria. Os propedêuticos
Sebastião e Hugo ajudaram na animação.
A celebração, em forma de uma caminhada,
destacou três partes principais. A primeira parte,
depois da acolhida e animação, foi uma reflexão
sobre o Espírito Santo. Para ajudar nessa reflexão,
os jovens apresentaram, em forma de precessão, a
bandeira do Espírito santo cercado por sete tochas.
O padre Rogério convidou a assembléia a refletir
sobre as situações da área e do bairro, que precisam
a intervenção do Espírito Santo. Seguiu-se um
momento de silêncio e preces.
A segunda parte foi a recordação dos eventos da
Páscoa. Os jovens da comunidade Nossa Senhora
conceição iniciou-a com uma música do Espírito
Santo dançada. A peça teatral da paixão de Cristo,
pelos jovens da comunidade Nossa Senhora de
Fátima, foi o ponto culminante dessa parte. Ela
prolongou-se até a descida do Espírito Santo sobre
os Apóstolos, isto é, a dramatização do segundo
capítulo dos Atos dos Apóstolos.
da Casa Madre - 9/09
Amazonia
Caríssimos Missionários/as,
paz e bem.
No mês de Agosto teremos entre nós o grupo
Impegnarsi Serve, que virá novamente para
conhecer a vida e a missão dos Missionários da
Consolata e construir pontes de solidariedade com
as nossas missões através do apoio a projetos de
trabalho missionário. Integrada a este grupo virá a
sobrinha do nosso Pe. Calleri, para conhecer a
Região onde o tio ofereceu a vida pelos povos
indígenas.
No dia 28 de Julho o nosso formando Antônio
José começará uma nova etapa de sua formação
com o postulantado. Pedimos ao Senhor que este
seja um tempo de compromisso para descobrir e
acolher a vontade de Deus que o convida a
consagrar a vida ao serviço do Reino.
Acompanhemos este nosso irmão com nossas
orações nesta etapa tão importante da sua formação.
Também chegou em nossa Região o padre Dennis
Bernard Ofwono. A este nosso irmão damos as boas
vidas entre nós e que o passamos acolher com alegria
e carinho. Nos primeiros tempos permanecerá na
comunidade de Santa Luzia em Manaus, por motivos
de praticidade no aprendizado da língua portuguesa.
Em nossa reunião de conselho pedimos que possa ser
bem acolhido e acompanhado numa comunidade,
através da pessoa de um missionário. Que toda a sua
documentação seja logo resolvida o que na verdade já
aconteceu. Possa iniciar de imediato o estudo da
Língua Portuguesa através de um curso. Participe às
Terças e Quintas nos encontros do FAS no SARES
sobre a realidade local. Possa começar sua inserção
nos trabalhos missionários locais, acompanhando e
participando lentamente da vida de nossas
comunidades de Manaus.
Lembramos nosso encontro Regional de 15 a 18 de
Julho que terá como grande tema de reflexão a
interculturalidade. Este momento foi organizado com
um painel de representantes indígenas, ribeirinhos,
rurais e de periferia. Havendo a possibilidade de
perguntas. Depois teremos momentos de reflexão
individual, de grupo e plenário. O objetivo não é tanto
Vita nelle Circoscrizioni
Carta aos missionarios
15
Brasile
Brasile: Retiro anual
e assembléia regional
p. J. M. Pessatti, imc
Vita nelle Circoscrizioni
Concluida a Visita Canônica às comunidades da
Região, Pe. Stefano Camerlengo (Vice-Superior
Geral) e Pe. Antônio Fernandes (Conselheiro do
Continente América) pregaram o retiro aos missionários, durante os dias 18-22 de maia, no Centro
Missionário “José Allamano” (Pedra Branca), em
São Paulo. A presença e participação dos missionários da Região praticamente foi completa.
16
Pode-se dizer que este retiro foi “diferente” dos
retiros de anos anteriores, especialmente pelo
método que foi adotado e pela apresentação dos
temas. Os participantes foram envolvidos nos
assuntos práticos referentes à missão, à vida missionária. Uma boa oportunidade para reavivarmos
nossos compromissos assumidos, alguns dos quais,
talvez, já cobertos por um pouco de pó...
Na manhã de 22 de maia, data do encerramento
da Visita Canônica, Pe. Stefano nos levou a fazer
uma longa reflexão sobre a situação atual da Região
do Brasil. Começou a dizer como ele e Pe. Antônio
Femandes viram e sentiram esta situação, depois de
percorrer todas as comunidades e ouvir todos os
missionários.
A Visita nos deixou também algumas orientações, que serão objeto de aprofundado exame e
averiguação, em vista do futuro trabalho a ser realizado na Região. Convidou- nos a “retornar ao
entusiasmo inicial”, a interrogarmo-nos sobre a
nossa missão, a assumirmos o “empenho vocacional”, a trabalhar pelas vocações, a “abandonar velhos esquemas e velhas presenças” não condizentes
com a missão dos tempos atuais.
Por fim, agradeceu pela acolhida fraterna recebida, pelo interesse que todas as comunidades
demonstraram na preparação da Visita Canônica.
Após esta reflexão, houve espaço para perguntas de
esclarecimento.
À tarde do dia 22 de maio, inicio da ASSEM-
da Casa Madre - 9/09
BLEIA REGIONAL, que ocupou também a
manhã do dia seguinte (23 de mato). Foi presidida
pelo Superior Regional (Pe. Lirio Girardi), coordenada pelos Padres Jaime Carlos Patias e Stephen
Erastus Murungi, e secretariada pelos Padres
Patrick Gomes Silva e José Tolfo. Padre Jaime
explicou qual o procedimento a ser seguido na execução dos trabalhos. Foram organizados cinco grupos de trabalho, com a tarefa de responder a várias
perguntas referentes a assuntos importantes da
vida da nossa Região. As sugestões surgidas nos
grupos foram depois apresentadas e debatidas em
plenário.
Constatou-se que o tempo reservado à assembléia foi curto, não tendo sido possivel aprofundar
todos os temas constantes na pauta; por isso, a
Direção Regional foi autorizada a “convocar” os
missionários da Região, para dar prosseguimento
ao trabalho da assembleia e tomar as decisões através de votações, caso julgasse necessário.
p. Leonel Narvaez, imc
Apreciados amigos: por el significado histórico que tiene la apertura del Centro de
Reconciliacion en San Vicente del Caguán
(posteriormente en Cartagena del Chairá),
pueblos trágicamente heridos por la violencia,
me permito compartirles unas pocas fotos
seleccionadas de este gran evento, ocurrido el
dia 3 de Junio de 2009. Se involucraron todas
las instituciones eclesiásticas y civiles de San
Vicente al igual que las Parroquias vecinas, se
hizo un valioso concurso de murales sobre el
perdón y se realizó el envío de 80 animadores
de las Escuelas de Perdón y Reconciliacion ESPERE. Todo ha sido posible gracias al
entusiasmo y compromiso del Señor Obispo y
de sus sacerdotes e instituciones. Cada vez
más experimentamos el poder y los milagros
del perdón, como eje nucleador del evangelio
de Jesús. Que la Consolata nos siga bendiciendo y guiando.
The hospital and its environment
Vita nelle comunità
Apertura centro de reconciliacion
en San Vicente del Caguan
p. Sandro Nava, imc
The history of Consolata Hospital of Ikonda
started on 25th February 1961 when Bwana
Kiluswa, Executive Officer, Ukinga Chiefdom
wrote a letter to the Missionary i/c, Benedictine Fathers,
R.C.M Sunji, Lupila asking for a New Mission
Hospital in Ukinga. This is part of the letter of
Bwana Kiluswa:
“Reverend Sir, on behalf of the Wakinga I am writing
this letter to ask your Mission to establish a Mission
Hospital in the Ukinga Chiefdom. Ukinga, within the last
thirty years has experienced a very small increase in population…. This has been caused by medical deficiencies in the
Chiefdom. A great number of deaths both of infants and
grown-ups has taken place…. The Wakinga will highly be
thankful to your Mission if this request is met with cordial
thought.”
The parish priest of Sunji sent the letter to
Abbot-Bishop Eberhard Spiess OSB, of Peramiho
who wrote (18th March 1961) a letter to the Bishop
Beltramino of Tosamaganga explaining to him that
the right place to build a hospital will be Kisinga
Mission that it is more in the centre of the Ukinga.
Because of the heavy expenditure of establishing a proper hospital, the Bishop Beltramino and
the Consolata Fathers Superior asked help to the
General Superior of Consolata Fathers in Turin
asking for support.
The answer from Turin was positive and the
Executive Officer of Ukinga Chiefdom was
informed by Fr. Pagani, parish priest of Kisinga.
On 4th October 1963 the Right of Occupancy
of 60 acres of land for the construction of the
Consolata Hospital of Ikonda was approved and
the construction of the hospital started. At the end
da Casa Madre - 9/09
San Vicente del Caguan
The Consolata Hospital Ikonda is in
Makete District, in the Iringa Region. It is one of
the three Hospital of the District; the other two
are, Lutheran Hospital Bulongwa and the Makete
District Hospital.
The Consolata Hospital of Ikonda is in the
Southern Highlands of Tanzania, 2050 m. above
sea level. It has a good annual rainfall.
3.1 HISTORY
17
Barquisimeto
of the 1968 the Consolata Hospital had 60 beds,
houses for fathers, sisters and doctors.
The Consolata Hospital of Ikonda was inaugurated by the President of Tanzania, Julius K.
Nyerere on 7th October 1968.
Since then the Consolata Hospital experienced
different collaborations with many Organizations
and volunteers doctors.
Since 2003 the Consolata Fathers started a new
programme for rebuilding the hospital and for
requalification and preparation of new staff. This
programme should finish in 2011.
From 1965 to 2007 the Medical staff of doctors
from abroad was as follow
Vita nelle comunità
Doctors from CUAMM Italy
1965 to 1994
Doctors from Cuba
1996 to 1999
18
Doctors from Medicus Mundi, Spain
1995 to 2001
Doctors from Germany ( Dr. Gerold Jaeger
and Elizabeth) 2004 to 2007
Dr. Manuela Buzzi
from 2006
Nurse Midwife Lucia Monselesan
2008
The Hospital has appreciated the medical services done by these Doctors in different departments of the Hospital, Theatre, Wards, Maternity,
OPD, Pharmacy, Administration, RCH activities,
School Medicines Programs, AIDS prevention
activities and community Health Education including supervision of peripheral dispensaries.
Once more again the Hospital thanks them a lot
for their best services and financial support to our
Hospital.
God bless and pay them a hundred for their
tremendous help to Tanzanians.
Un camino con la pastoral juvenil
p. Carlos Ferreira Dos Santos, imc
Abril: 5 al 11. “PASCUA MISION 2009”
Con la semana importante, la semana mayor y
después de una preparación previa, el domingo 5
de abril se inició la “PASCUA MISIÓN 2009” en
La comunidad Las Margaritas, con un equipo bastante misionero donde se reflejaron varios temas
durante toda la semana, entre ellos LA MISION Y
EVANGELIZACIÓN, EL NAZARENO, LA
PASIÓN MUERTE Y RESURECCIÓN, entre
otros. Cada día se comenzaba con una oración con
diferentes motivaciones, los días estuvieron llenos
de diferentes animaciones, con desayunos, almuerzos y meriendas muy ricas para más de 60 jóvenes
que participaron con mucha alegría durante toda la
semana. Luego de una mañana de formación
siguiendo con el almuerzo se dividieron en grupos
estos 60 jóvenes con el nombre de los países donde
hace presencia el Instituto Misioneros De la
Consolata, para luego salir en la tarde llenos del
da Casa Madre - 9/09
Espíritu Santo para todas la comunidades de la
parroquia Santo Domingo (Clavellinas, Tierra
negra, los Próceres, José Gregorio Bastidas y la
misma comunidad de la Margaritas) comunidades
que son de bajos recursos donde se refleja la
pobreza y la humildad de las personas; luego de la
evangelización llegaban estos jóvenes cansados,
sudados pero con gran alegría por tantos sentimientos encontrados en cada hogar que tocaban
sus puertas..se concluía cada día con una gran
merienda. Esta pascua tuvo como objetivo principal: motivar al joven para que descubra su vocación
misionera en medio de las realidades de nuestra
parroquia.
MAYO: 23. Comunidad Impulsada por el
Espíritu Santo
Esta tercera convivencia estuvo llena de mucho
movimiento; como tema principal “COMUNI-
VIGILIA. *¡Gran Fiesta Misionera!*.
Llego la gran fiesta esperada por las comunidades que hacen vida en la parroquia Santo Domingo
de Guzmán, fiesta iniciada con una vigilia en la que
el colorido y los símbolos se hicieron manifiestos;
entre luces tenues los momentos se fueron viviendo con gran energía y alegría en el Espíritu Santo,
Renovando la fe, la esperanza, y sobre todo nuestro
sentido misionero.
Con animación, cantos, formación, adoración,
sanación, explicación de dones y símbolos el
Espíritu Santo, cada una de los hermanos que participaron se dejaron impregnar de la alegría y el
gozo del Espíritu.
Se pudo sentir y vivir el sentido de iglesia, de unidad, comunión con cada unas de las comunidades
y capillas de la Parroquia, colocando su corazón y
un granito de arena, para que todo se viviera al
máximo, dando a conocer los dones que el espíritu
coloca en cada unos de ellos. La participación entu-
siasta de los jóvenes fue fundamental durante el
desarrollo de la vigilia.
Obras de teatros, danzas, monólogos, mimo,
entrevistas, en fin, varios talentos de cada comunidad: el ujano, tierra negra, las margaritas, las urbanizaciones, fueron dando la explicación de todos
los símbolos y dones del Pentecostés.
Sintiendo que Jesús esta con nosotros y que nos
da su Espíritu dejemos que él nos empuje a la
misión, para salir y gritar sin miedo que Jesucristo
ha resucitado. “Viva el Espíritu Santo en la Iglesia
y en nuestras vidas”
PASEO. ¡PA’ Cubiro fuimos!
El equipo de animación misionera del CAM, con
el objetivo de compartir y hacer un mejor convivir
entre los integrantes de dicho equipo, organizó un
paseo que fue a todo dar; se vivió la misa del
Domingo con la Solemnidad del Corpus Cristi a
las 7:30am en la parroquia Santo Domingo de
Guzmán y luego partimos para las acogedoras
lomas de Cubiro Ubicada en Quibor Municipio
Jiménez, con un clima muy fresco, jugamos, corrimos, rodamos por las lomas, montamos a caballo
jóvenes y adultos con espíritu de niños convirtiéndose así en un momento agradable, divertido y alegre entre los miembros de este equipo. Luego se
preparará para la Playita no se lo pierdan…!
FIESTA DE LA CONSOLATA.
Con una Eucaristía y un sentido homenaje a
María Consolata celebramos su día en el Centro de
Animación Misionera. En una celebración muy
familiar con amigos y allegados este día recordamos que Nuestra Madre siempre estará para acogernos y darle consolación a nuestra vida. Te
Amamos Virgen Consolada y Consoladora!
p. Luca Bovio, imc
gio che ci provocano solo al sentirle udire.
Auschwitz è una di queste. Vi confesso che ho pensato parecchio prima di scrivere questo articolo.
Ho dovuto, anzitutto, vincere delle resistenze inter-
da Casa Madre - 9/09
Warsawa
Visitando Auschwitz
Ci sono parole che, quando le ascoltiamo, suscitano in noi una specie di disagio, quasi un sentimento di repulsione. Se le potessimo allontanare da
noi, o meglio cancellare, lo faremmo, tanto è il disa-
Vita nelle comunità
DAD IMPULSADA POR EL ESPIRITU
SANTO”, en preparación a la gran fiesta de
Pentecostés. Estuvo muy colorida y con gran
animo, el tema formativo estuvo muy dinámico, y
pudimos reflexionar sobre los empujones que nos
da el Espíritu Santo, y también de como prepararnos y como vivir la vigilia de Pentecostés como
fiesta misionera; estos temas se dieron a conocer
por Ysidmar Yépez, Fredmar Pulido, Sorangel
Ceballo, P.Charles Gachara y Charles Guillén.
Estuvieron 18 jóvenes de la parroquia Santo
Domingo de Guzmán, y participantes de otras
parroquias, ya que esta convivencia fue abierta para
que recibieran esta importante formación. Nuestro
tercer encuentro concluyo con gran alegría en el
Espíritu Santo, viviendo como familia la alegría de
ser jóvenes misioneros.
19
Warsawa
Vita nelle comunità
20
ne che mi dicevano di tenere per me quello che ho
visto, visitando questo luogo. Poi pensavo anche
alla reazione che tante persone potevano avere nel
leggere particolari storici veri ma orribili e raccapriccianti…
All’interno di un blocco del campo c’è una frase
di Primo Levi: Visitatore osserva le vestigia di questo
campo e medita: Da qualunque paese tu venga, tu non sei
un estraneo. Fa che il tuo viaggio non sia stato inutile, che
non sia stata inutile la nostra morte. Per te e per i tuoi figli,
le ceneri di O?wi?cim valgono di ammonimento: fa che il
frutto orrendo dell’odio, di cui hai visto qui le tracce, non dia
il nuovo seme, né domani né mai.
Così per far sì che anche il mio viaggio non sia
stato inutile, forte anche della mia vocazione che mi
porta a credere nella speranza anche e soprattutto
nelle situazioni più disperate, mi sono fatto coraggio e ho deciso di raccontarvi ciò che ho visto ad
Auschwitz.
Auschwitz, il nome è tedesco mentre il nome originale polacco di questo luogo è O?wi?cim. Si trova
ad est di Cracovia a circa 70 km. Appena arrivati c’è
una biglietteria che dà delle informazioni generali
sul luogo e alcuni cenni storici. L’ingresso al campo
è gratuito. Scopro subito che Auschwitz ha due
campi di concentramento; uno, il primo e il più
antico, è quello che sto per visitare, il secondo
molto più grande si chiama Auschwitz-Birkenau e
si trova a un paio di chilometri da qui. Anche questo è aperto e si può visitare.
Entro per il cancello principale passando sotto la
famosa scritta in tedesco Arbeit macht frei, Il lavoro vi
farà liberi. Un cartello spiega che da qui, ogni giorno, i prigionieri entravano e uscivano dal campo
per lavorare nei pressi del campo stesso. Questa
scritta voleva suscitare nei prigionieri un maggiore
impegno nel lavoro, nella speranza un giorno di
essere liberati come ricompensa dello sforzo
fatto… Si conta che in questo campo furono più di
1.300.000.000 i prigionieri deportati. Si salveranno
poche migliaia. Qualcuno riuscì ad evadere da qui?
Pochi, pochissimi. Leggo che quando qualcuno
riusciva a fuggire, per punizione venivano arrestati
i suoi familiari e portati nel campo costretti a lavorare. I familiari venivano contraddistinti con un
speciale simbolo, che informava il motivo per cui
erano nel campo: parenti di qualcuno che era riuscito a fuggire. Lo scopo era chiaro: scoraggiare
chiunque a tentare la fuga.
Proseguo la visita passando tra i numerosi bloc-
da Casa Madre - 9/09
chi che costituiscono il campo. Sono costruzioni in
mattone, identici nelle misure e nelle forme, ma
con diverse funzioni. Diversi blocchi contengono
esposizioni dei paesi da cui provenivano il maggior
numero di prigionieri: Polonia, Francia, Ungheria,
Repubblica Ceca, Italia,…Il blocco numero 11 è
chiamato “blocco della morte”. E’ aperto e molto
descritto. Appena entrati in una prima stanza, avveniva il riconoscimento del prigioniero davanti a una
specie di tribunale che decideva le sorti. Nel caso di
colpevolezza si accedeva nella stanza a fianco dove
ci si svestiva e si veniva preparati all’esecuzione eseguita all’esterno, dove ancora oggi si può vedere il
muro. Nel piano sotterraneo di questo edificio ci
sono delle celle, alcune delle quali disumane per la
piccolezza. Qui trovò la morte S. Massimiliano
Maria Kolbe, che si sacrificò al posto di un papà.
Nella stessa cella, al centro, si nota un cero lasciato
dal Papa Giovanni Paolo II venuto qui in preghiera. Sempre in questo luogo avvenivano gli esperimenti più terribili sui corpi dei prigionieri e delle
prigioniere.
Negli altri blocchi, quasi tutti aperti, sono allestite diverse mostre che espongo qualcosa di ciò che
resta dei prigionieri, vestiti;piatti, senza i quali non
si aveva il diritto alla razione quotidiana di cibo;
bagagli; le scarpe e altro ancora…Soltanto in questo campo c’era la consuetudine di tatuare con un
numero il prigioniero, questo perché il numero
delle morti era così elevato che diventava difficile
tenere in ordine i registri.
Prima di uscire, nella parte opposta, ci sono le
tristi camere nelle quali avvenivano le uccisioni per
gas e l’incenerimento dei corpi. Lì mi fermo solo
pochi secondi. Arrivato come a una specie di culmine della visita, in un crescendo di brutalità e
orrore, non voglio aggiungere dolore a dolore…
Si legge nelle cronache, che nel gennaio del 1945,
mese in cui l’armata russa entrò nel campo per liberarlo, i soldati trovarono poche migliaia di uomini e
donne, alcuni dei quali senza la forza di stare in
piedi, pesavano 25-26 chili. Sono i pochi sopravissuti e sono la memoria vivente di questo luogo.
Difficile trovare parole adeguate per esprimere
ciò che si prova dopo aver visitato il campo.
Difficile capire la quantità di odio e di male che si è
abbattuta in questo luogo. Si rimane allibiti e ci si
chiede come è stato possibile tutto questo?
Auschwitz purtroppo non è l’unico ma uno dei
tanti campi sul territorio polacco.
memoria ma di tramandarla, anche nella sua crudezza. Allora il viaggio in questo luogo non sarà
stato inutile, come non furono state inutili tutte le
morti avvenute qui, così come si auspicava Primo
Levi.
Se avete l’occasione di visitare il campo di
Auschwitz, vi consiglio anche di visitare a pochi
chilometri presso una parrocchia francescana ad
Harm??e la mostra, Kliscié della memoria: i labirinti di Marian Ko?odziej. E’ stata realizzata da una
persona, ancora vivente, che ha vissuto per ben cinque anni in diversi campi tra cui quello di
Auschwitz come deportato. Attraverso dei disegni,
e soprattutto il particolare dei volti, esprime tutto il
male che ha visto attorno a sé e che lo ha accompagnato per tutta la vita. Anche questo è un segno
per non dimenticare e per far sì che tutto questo
non si ripeta mai più.
Hôpital Notre Dame de la
Consolata
Vita nelle comunità
Appena fuori dal campo c’è un convento di
suore Carmelitane contemplative. Il loro scopo?
Offrire la loro vita e le loro preghiere a Dio e chiedere perdono per il male qui commesso.
Camminando per il campo mi è venuto spontaneo
unire la loro preghiera alla mia, insieme a quelle di
tutti coloro che pregano per le vittime di questo
luogo e per i carnefici. La preghiera e non solo. Si
sente anche la responsabilità di non perdere la
memoria di quanto qui accadde affinché non si
ripetano più simili tragedie. Informare coloro che
non conoscono oppure vengono informati male.
Mi hanno raccontato che lo scorso anno un
gruppo di studenti provenienti dalla Germania è
rimasto scioccato dalla visita. Molti restarono in
silenzio. Altri piansero. Ciò che avevano imparato a
scuola era molto diverso da ciò che qui incontrarono e videro. Ecco la necessità di non perdere la
p. Richard Larose, imc
SITUATION GÉNÉRALE
L’Hôpital Notre Dame de la Consolata se
situe à Neisu, 33 kilomètres à l’ouest d’Isiro,
chef-lieu du district du Haut-Uélé de la Province
Orientale de la République Démocratique du
Congo. Neisu est un village Ngbetu, à 2o latitu-
LES
SERVICES DE L’ HÔPITAL
Aujourd’hui, notre hôpital compte 5 médecins, 60 infirmiers (dont 16 dans les 7 centres et
4 postes de santé) et 47 personnes pour les autres services.
L’hôpital dispense les soins de santé de référence sous forme de paquet complémentaire
d’activité; Il réalise les activités préventives définies dans les normes sanitaires de la République
Démocratique du Congo. Cependant les données sur les activités vaccinales et les consultations prénatales ne figurent pas dans ce rapport
car elles sont fournies à chaque mois au Bureau
de Zone de Santé.
da Casa Madre - 9/09
Neisu
de Nord, en pleine forêt équatoriale, avec 9 mois
de pluies et 3 de sécheresse. La population vit
essentiellement de l’agriculture et de l’élevage du
petit bétail. Actuellement, vu la proximité des
mines de diamants exploitées artisanalement,
une bonne partie des jeunes se rue dans ces
mines pour subvenir à leurs besoins tant scolaires que familiaux. Hélas, ce phénomène ne fait
que compliquer une situation sanitaire déjà mauvaise. La promiscuité sexuelle dans ces mines
fait monter le taux des infections VIH-SIDA à
des proportions inquiétantes.
Le 13 décembre 2007 l’évêque du diocèse
Isiro-Niangara a signé la « Convention-cadre de
partenariat no. MS.125/21/011 portant intégra-
tion de l’hôpital Notre Dame de la Consolata –
Neisu à la politique nationale de santé » avec le
ministère de la Santé publique de la République
Démocratique du Congo représenté par
Monsieur le Ministre Victor MAKWENGE
KAPUT.
21
Neisu
Il assure les soins curatifs en organisant les
services suivants : les consultations, la médecine
interne, la pédiatrie, la gynécologie - obstétrique,
la chirurgie et les consultations ambulatoires.
Outre les soins curatifs, il assure également les
soins préventifs (Protection Maternelle &
Infantile, Éducation Sanitaire …). Il offre aussi
les services de pharmacie, de laboratoire d’analyses biologiques, de radiologie, d’échographie,
de dentisterie, de physiothérapie, de production
de perfusion, de médecine naturelle et de santé
communautaire.
De plus, pour un bon suivi des cas de malnutrition protéino-calorique, l’hôpital dispose d’un
centre nutritionnel : le « Centre Bolingo ».
Vita nelle comunità
Le secteur de santé de Neisu
Depuis ses débuts, à la demande de la Zone
de Santé d’Isiro, l’Hôpital Notre Dame de la
Consolata a pris en charge le fonctionnement
des Centres et Postes de Santé dans son aire de
santé, environ 4500 km2 avec une population
22
d’environ 60000 habitants. C’est ainsi que
depuis les débuts nous avons remis en fonction
4 dispensaires de l’État et avons créé 3 Centres
de Santé et 4 Postes de Santé. Signalons qu’en
2008 la Zone de Santé d’Isiro a ouvert le Centre
de Santé Communautaire à Neisu même. De
plus quelque 3 postes de santé indépendants
fonctionnent dans notre aire de santé.
Depuis quelque temps 3 communautés villageoises nous demandent d’ouvrir un Poste de
Santé chez eux. Fort probablement que nous en
ouvrirons 2 cette année si nos forces le permettent.
Le paludisme, les infections sexuellement
transmissibles et les pneumopathies sont les
principales causes de morbidité dans notre secteur.
Au cours de l’année 2008, grâce au projet
ELIKYA appuyé par la FUNDACIÒN ALBIHAR une vaste campagne de sensibilisation a
été menée dans notre secteur de santé dans le
but de changer certains us et coutumes et les
comportements sexuels. Ce programme se
continuera jusqu’en juin 2009.
da Casa Madre - 9/09
Quant au paludisme, nous projetons mener en
2009 une campagne de sensibilisation sur l’assainissement du milieu, l’utilisation des moustiquaires imprégnés d’insecticides et le traitement
intermittent du paludisme à la sulfadoxine –
pyrimethamine chez toutes les femmes enceintes. Cette année, les cas reçus ont été soignés
selon les stratégies nationales de lutte contre le
paludisme.
Les méningites, la tuberculose, les gastroentérites et le SIDA sont les principales causes
de mortalité dans le service de la médecine
interne.
L’ignorance de la population sur les signes
d’appels de maladies graves, les transferts tardifs
ne permettant pas une prise en charge précoce
et le coût élevé de traitement de certaines maladies comme les méningites, la gestion limitée
des infections opportunistes ainsi que la gravité de certaines maladies expliquent le taux élevé
de décès.
LUTTE CONTRE LE VIH/SIDA
Nous participons pleinement au Programme
Nationale de Lutte contre le VIH/SIDA. De
plus, en avril 2008, avec l’appui de la «
Fundacion ALBIHAR » et la coopération
Espagnole, nous avons lancé un vaste projet de
sensibilisation et de formation qui visait à former la population pour la prévention et la lutte
contre le HIV/SIDA dans tout le secteur qui
nous est confié. Le projet s’appelait ELIKYA
(espoir).
Ce projet comportait 5 volets principaux :
Formation de groupes d’appui pour la sensibilisation et la formation de la population.
Formation du personnel technique pour la
détection du VIH/SIDA.
Détection volontaire du VIH/SIDA.
Formation du personnel médical en attention
aux personnes avec le VIH/SIDA.
Attention médicale et nutritionnelle des
malades du VIH/SIDA.
Une équipe de 8 personnes a été chargée pour
mener à bon port ce projet jusqu’en mai 2009.
Dr MBALA KANGOY Justin en a été le coordonnateur et Mme LLEDO VALERO Joséphine
(missionnaire laïque IMC) en a assuré la supervision administrative.
p. Jairo Calderon, imc
“Ser coordinadores responsables, acompañando, animando, y promoviendo la espiritualidad misionera”, es el lema
que movilizó el encuentro fraterno de reflexión
para la mejora permanente y el arte de hacer misión
desde la educación.
Las jornadas se orientaron según cinco bloques
específicos, pero complementarios del objetivo
general del encuentro.
P. Kioko Kimilu, haciendo una genealogía de los
Documentos de los Obispos para América latina y
el Caribe, inició el encuentro con una reflexión
sobre “La educación católica a la luz de
Aparecida”.
Los llamamientos de Aparecida a los colegios
católicos se dialogaron detenidamente, para que el
“colegio privado” no reemplace al “colegio católico”, al poner acento en la excelencia, dejando de
lado “lo cristiano” y la renovación de la experiencia
del “Dios vivo y la formación espiritual” en nuestras escuelas.
El modelo pedagógico allamaniano, fue el sustrato que permitió evaluar los aspectos desarrollados
y las carencias, en cada uno de los equipos convocados.
da Casa Madre - 9/09
San Francisco
El Superior del IMC, P. Jairo Calderón
Benavidez, definió las claves para seguir el camino
educativo misionero, donde resaltó el desarrollo de
los tres ángulos de espiritualidad misionera:
ASCENSIÓN, como búsqueda permanente de
Dios, AMPLITUD, que permite reconocernos
como hombres y mujeres planetarios más allá de las
fronteras, e INSERCIÓN, como la actitud que
impele a trabajar en comunión con el hermano que
sufre.
Los equipos responsables de la formación religiosa de los colegios, compartieron sus miradas y
experiencias respecto a la catequesis escolar, en
búsqueda permanente de una formación religiosa
misionera. Las prácticas se revisaron desde la multicausalidad de la problemática áulica: crisis de
identidad, de valores, autoestima y vocacional.
Finalmente, reunidos por grupos, el trabajo
reflexionado, se plasmó en líneas de acción.
El equipo de Profesores propuso organizar un
encuentro de docentes y preceptores con la finalidad de encontrar estrategias para encarnar el proyecto pastoral misionero escolar y propiciar el
intercambio Mendoza-Córdoba, cuando el Colegio
Pablo VI realice el viaje de estudios a la provincia
de Mendoza.
El equipo de Unión de Padres y Tejedoras
de la vida, trabajaron en la planificación de una
misión conjunta con el JMC, además de dar a conocer el cronograma de acciones para el año 2009, la
maratón de las agujas por parte de las Tejedoras y
el taller de “Biblia” organizado por la Unión de
Padres durante el mes de junio, entre otras.
El equipo de conducción de los Colegios se
enfocó en optimizar dos aspectos fundamentales,
los medios de comunicación del IMC para difusión
de la obra y la contribución de los colegios, como
responsabilizarse de la actualización pertinente del
sitio web. También se propusieron estrategias que
mejoraren “el aquí” de la evangelización, con acciones concretas y planificadas para el crecimiento
espiritual del cuerpo docente (actualización en el
conocimiento de documentos de la Iglesia, animar
a la lectura de la revista, valorización de las expresiones de nuestra fe).
No es posible dejar de señalar los momentos
compartidos de alegría, como el entusiasmo de la
familia que comparte una fiesta, que se reúne y disfruta la cotidianeidad con sus seres queridos.
La noche nos envolvió en un rosario misionero
entre los jardines de la casa de retiro Betania, convirtiendo la presencia divina en mayor cercanía y
amor entre los presentes.
La misa final fue el broche de oro espiritual y
emocional, con el agradecimiento a Rosita
González por dedicar su vida a hacer misión desde
la educación como Directora del Colegio Nuestra
Señora de la Consolata, y también, al mostrar la
motivación del nuevo Equipo Directivo quienes, a
modo de envío misionero fueron presentados por
el P. Jairo Calderón.
Vita nelle comunità
VI Encuentro de colegios IMC
23
Tuxtla
Diario Tuxtla
Junio 2009
IMC
Día 11,jueves
Vita nelle comunità
Participamos de la procesión del Cuerpo
Christus, que empezó en la parroquia del Niño de
Atocha, había varios sacerdotes de la arquidiócesis,
y la misa ha sido muy bonita, después como
costumbre salieron en por las calles hasta la catedral.
Padre Ronildo y hmana Elsia salimos rumbo
a la comunidad de San Felipe que estaba aguardando a todos para el inicio de la novena de la
Consolata, siendo el primer día ha sido bastante la
participación y algunas personas no han entendido
que no había misa este día en ninguna de las capillas, por eso algunos esperaban la misa.
Día 16, martes
24
La comunidad y padre José Luis, responsable
de la pastoral vocacional de la Arquidiócesis de
Tuxtla, rumbo al pueblo de la diócesis de San
Cristóbal, llamado Las Margaritas, para conocernos
aquella parroquia, siendo que padre José Luis,
como la conocía y también el párroco nos invitó a
conocer aquella realidad eclesial, social que todavía
no nos era familiar. Ha sido provechoso para nosotros ver la organización de aquella parroquia, la
situación misionera. El párroco nos dejo animado
cuando demostró su apertura a nuevas experiencias
misioneras y nos dijo que la diócesis está abierta a
estas nuevas formas de ser Iglesia, aunque el obispo fue haciendo un proceso de conversión personal con relación al pasado histórico de esta diócesis y del obispo anterior Mons. Ruiz que se quedó
tantos años en esta diócesis.
Día 20, sábado- Fiesta Consolata, la fiesta
empezó con una misa muy bonita y participativa,
había muchas personas de varias comunidades,
invitamos otros sacerdotes pero no pudieron estar
presentes, pero cuando la misa estaba ya casi termi-
da Casa Madre - 9/09
naba, llegó Don Rogelio que había sido invitado y
estaba celebrando en una otra parroquia. La misa
ha sido presidida por el padre Ronildo y la homilía
por el padre Noé Antonio, que ha hecho una reflexión sobre la Consolata y el significado del cuadro,
sus particularidades y significado. Después de la
misa hubo una cena y con el arzobispo estuvimos
platicando y escuchando el ritmo típico de la
marimba. Aunque llovía mucho.
Día 22 lunesMisa en la parroquia fiesta consolata- Seguimos
celebrando la fiesta de nuestra patrona, siendo
ahora en la parroquia para todos los parroquianos
que no pudieron estar presentes en el sábado día
20. Debería ser en el domingo a principio, pero este
domingo era día de los padres en México, padre
Daniel nos propuso el cambio de misa para lunes,
cuando los líderes de comunidades estarían presentes para los temas que son dados en la parroquia.
Siendo así, hubo una pequeña procesión hasta la
parroquia del cuadro de Nuestra Señora Consolata,
siendo recibido en la parroquia por un grupo de
personas. La misa presidió padre Noé Antonio.
Día 23 martes
Visita a San Cristóbal- Según nuestro programa
de visitas, estuvimos en San Cristóbal de las casas
para hablar con el vicario de la diócesis, padre
Javier Reis, que nos recibió muy bien y nos hizo
comprender mejor la realidad eclesial de la diócesis.
Aprovechamos para conocer una casa de encuentros pensando en la posibilidad de hospedarnos allá
cuando venga los de Guadalajara, aunque la casa
está muy buena y organizada, el precio no nos conviene por ahora. Decidimos buscar otro lugar
menos caro.
Día 26 viernesPadre Noé y Elsia viajaran a Mapastepec y
Día 27 sábado
Tecpatán- padre Ronildo estuvo en Tecpatán
para hablar con el padre Limón, decano y párroco,
no habló de los desafíos de aquel pueblo, el trabajo con los evangélicos que son la mayoría en la
cabecera, y después la realidad campesina, los pueblos indígenas que allí viven. Tecpatán es una
población de origen zoque, su fundación es incierta pero se considera que fue con anterioridad a la
conquista de la zona por los aztecas, siendo una de
las más importantes poblaciones zoques llamada
originalmente Ocahual y una de las últimas en resistir a las conquistas externas, tanto de los aztecas
como de los chiapanecas; siendo conquistada finalmente conquistada por el general azteca Tiltototl
en tiempos del tlatoani Ahuízotl, siendo apartir de
ese momento en que es conocida como Tecpatán.
Tecpatán podría ser un lugar bueno para vivirmos nuestro específico junto a los pueblos indígenas, principalmente con relación a la cultura.
Día 30 martes
Retiro comunitario en San Cristóbal- retiro fue
en San Cristóbal en una casa de un amigo de hermana Miriam, el tema ha sido dado por la sra. Elsia
y estuvimos hasta la comida en la casa para comer.
El tema del retiro ha sido el Reino de Dios y la
misión evangelizadora de la Iglesia.
La missione di Minne
Vita nelle comunità
Motocintla, para hablar con el vicario pastoral de
aquella diócesis.
p. Paolo Angheben, imc
Presentazione geografica
Minne è situata nello stato dell’Oromiya, Regione di
Arba Gugu, Provincia di Gololcha.
La maggior parte della popolazione appartiene alla
tribù degli Arsi Oromo, ma con una significativa presenza
di Amhara e di Nole Oromo.
La popolazione della provincia si aggira su 220.000 persone, e nel comune di Minne Hara e dintorni, è composta da circa 10.200 persone.
Minne si trova in zona prettamente rurale, a 305 km
sud-est di Addis Abeba; ad una altitudine di 1950 mt sul
livello del mare, sulle pendici del grande plateau etiopico,
di fronte al grande semi-deserto dell’Ogaden.
Situazione socio-economica della zona
La popolazione vive di agricoltura e allevamento del
bestiame. Le maggiori risorse agricole sono la coltivazione
del caffè, teff, grano, orzo, granoturco, sorgo, e frutta.
La terra è molto fertile, ma dipende completamente
dalle piogge che generalmente sono abbondanti, ma spesso sono fuori stagione con risultati a volte negativi sull’andamento della produzione agricola. Negli scorsi anni le
piogge sono state piuttosto scarse e irregolari, causando
non poche difficoltà ai contadini e incidendo grandemente sul livello economico della popolazione. La donna è
dedicata per lo più ai lavori domestici, che sono piuttosto
pesanti: accudire alla numerosa prole, lavoro nei campi,
raccolta di legna per cucinare il cibo, portare acqua sufficiente per la famiglia dal più vicino fiume o sorgente.
Minne
Dal punto di vista religioso, la maggioranza della popolazione è di religione Ortodossa (circa 40%); i Musulmani
hanno avuto un aumento considerevole dovuto a massicce immigrazioni di popolazioni musulmane dalle zone
semidesertiche confinanti con la nostra zona, per cui ora
raggiungono circa il 35% della popolazione; il numero di
persone aderenti a religioni tradizionali raggiunge probabilmente il 20% della popolazione, mentre il numero dei
cattolici non supera il 5% del totale.
Minne è praticamente isolato tutto attorno da una elevata catena di montagne, profonde vallate e pericolosi torrenti. E’ distante da ogni via di comunicazione: non esistono mezzi di trasporto né pubblico né privato. Il dispensario medico più vicino è a 23 km di distanza (3-4 ore a
piedi); così pure il posto telefonico recentemente installato dallo Stato..
25
da Casa Madre - 9/09
Minne
Le riserve di acqua di sorgente è estremamente limitata. Le donne devono camminare fino a 2-3 ore a piedi per
raggiungere l’acqua del fiume. Per usi domestici spesso si
servono di acqua piovana raccolta in grandi bacini aperti,
intensamente inquinati.
Di conseguenza molte malattie sono dovute alla scarsità di acqua potabile: diarrea, infezioni intestinali, ameba,
infezioni della pelle sono tra le più diffuse.
La malnutrizione è pure un grosso problema; così pure
la mortalità infantile raggiunge punte piuttosto elevate per
la mancanza quasi assoluta di ogni infrastruttura medica.
Da parte nostra abbiamo organizzato e stiamo consolidando un programma di aiuto sanitario da Weragu, relativo alla salute delle mamme e bambini in particolare.
e così affiancarono i missionari francesi nel lavoro delle
missioni di Weragu e Minne.
Nel 1981 i Missionari della Consolata, che nel frattempo erano riusciti a entrare nel paese, furono richiesti di
assumere la direzione delle due missioni diventate ora
parte del nuovo territorio apostolico della Prefettura di
Meki.
Da quando I Missionari della Consolata assunsero la
direzione delle due missioni, da subito fu dato nuovo
impulso alle attività sociali, educative e apostoliche delle
missioni. Anche la piccola scuola di Minne che era rimasta per tutti questi anni alla quarta elementare, fu subito
portata alla sesta, che era il normale ciclo della scuola elementare in Etiopia.
Vita nelle comunità
Profilo storico della Missione di Minne
26
La Missione di Minne ha una lunga storia.
Fondata nel 1896 dai Padri Cappuccini francesi, mandati colà dall’allora Vicario Apostolico di Harar Mons.
André Jarousseau, la missione di Minne ha stabilito la sua
presenza tra i molti cattolici immigrati nella zona a seguito
della persecuzione religiosa scatenata dagli Ortodossi
dopo la espulsione del Cardinal Massaia, l’apostolo degli
Oromo, alla fine del 19° secolo.
I Padri Missionari francesi, venendo appunto Harar, fissarono la loro sede prima di tutto a Minne, e poi da là si
estesero fino a Weragu e oltre. La vicenda storica di questi
posti dirà poi che la missione di Weragu prenderà il
sopravvento per ampiezza di lavoro e impegno pastorale
su quella di Minne, e diventerà di fatto il centro operativo
di tutta la zona, lasciando Minne a ruolo di stazione succursale.
Una della prima attività nelle quali i Missionari francesi
misero mano, fu proprio l’apertura di una piccola scuoletta per l’insegnamento dei rudimenti della lingua e delle
scienze, a favore della larga comunità cattolica e anche per
i bambini della zona.
Questa struttura “scolastica” continuò per parecchi
decenni.
Con l’invasione delle truppe italiane negli anni trenta, i
Padri Cappuccini francesi furono espulsi anche da Minne
e Weragu. I Padri Cappuccini Italiani subentrarono nella
conduzione delle due missioni e delle sue attività. Anche la
scuola continuò e anzi si allargò fino alla classe quarta elementare.
A seguito dell’espulsione degli Italiani e dei missionari,
ancora una volta i missionari Cappuccini francesi ritornarono sul luogo e ripresero le loro antiche missioni. Nel
frattempo parecchi sacerdoti indigeni vennero consacrati
da Casa Madre - 9/09
La situazione scolastica è sempre stata molto precaria.
Eccetto la scuola elementare della missione, per lunghi
decenni non ci sono mai state strutture scolastiche funzionanti. Recentemente il Governo sta facendo parecchi sforzi per aprire piccole scuole un po’ dappertutto per offrire
a tutti la possibilità di una prima educazione. Fino agli anni
più recenti è stato praticamente impossibile avere maestri
qualificati che si sacrificassero a offrire il loro servizio nella
zona di Minne. Ora, anche in questo settore, le cose vanno
lentamente migliorando.
La conscientizzazione della popolazione permette ora
la frequentazione della scuola anche alle bambine, che fino
a qualche tempo fa erano piuttosto tenute a casa per i lavori domestici. La frequenza ora sia dei maschi che delle femmine è decisamente buona.
Costruire un ponte sul fiume Minne
Il guado del fiume è una necessità vitale per la popolazione della zona: è una necessità sia per un contatto con il
mondo esterno che per tutta la attività della vita sociale:
mercato, assistenza medica, accesso alla scuola e alla vita
religiosa delle varie comunità.
La necessità di un guado è sempre stata una grande
necessità e priorità. La gente ha tentato più volte di mettere dei grossi tronchi di albero sopra le sponde del fiume,
ma senza grande successo, se non il vedersi spazzare via il
tutto alla prossima piena del fiume.
Da molti anni c’è richiesta pressante da parte della gente
sia alla missione che al governo. Ci sono persino state delle
commissioni di studio e di esperti che hanno studiato la
Siamo convinti che ora sia giunto il momento di agire
per risolvere questo annoso problema. E allora prevediamo di costruire un ponte in grossi tronchi di legno montati su due spallette in cemento armato e pietra ancorate
alle rive del fiume. Questo passaggio servirà per tutta la
popolazione della zona, per macchine e per i camioncini
dei commercianti di portata non superiore ai 35 quintali.
Una nuova apertura a Ulaanbaatar?
p. Daniele Giolitti, imc
Sono arrivato in questa stupenda terra della
Mongolia alla fine di ottobre 2008. Ora dopo
quattro mesi siamo ancora in pieno inverno,
anche se le giornate sono un po’ più miti – si
fa per dire – essendo passati da una media di 25°C nei mesi di dicembre e gennaio ai -15°C
di febbraio.
Mi trovo nella nostra comunità dei
Missionari della Consolata nella capitale
Ulaanbaatar.
Viviamo in un alloggio al secondo piano di
un palazzo in stile russo, mentre al terzo piano
ci sono le suore missionarie, con le quali collaboriamo per la missione. Abbiamo poi l’altra
missione ad
Arvaiheer, a circa 400 km dalla capitale,
dove lo scorso Natale abbiamo terminato la
costruzione di un nuovo centro missionario e
sociale con cappella annessa.
La nuova comunità sarà aperta nell’arco di
alcuni mesi, tenendo presenti questi tre criteri:
Prima evangelizzazione dei non-cristiani,
pensando alla costruzione di una cappella tipo
ger (le tradizionali tende mongole).
Presenza in mezzo ai poveri: si sta pensando
al cosiddetto ‘ger district’, cioè il distretto in
periferia della città, dove la gente arriva dalla
campagna e vi abita in situazioni a volte veramente critiche. Mi diceva una mamma che non
esiste l’acqua potabile, non servizi dove poter
fare una doccia o lavarsi, e poi con il freddo
che fa si battono veramente i denti. La mamma
diceva che a volte i bambini sono chiusi in
casa, non essendoci asili o scuole dove mandarli, e a volte addirittura legati per evitare che
si brucino a contatto con la stufa a legna.
Dialogo interreligioso con i buddisti, per
trovare una forma di collaborazione, visto che
anche loro hanno dei progetti di sviluppo
come i nostri. E per scambiare la ricchezza
della nostra fede.
Bene, questa è un po’ l’aria che tira in
Mongolia.
Vi saluto tutti, una benedizione.
da Casa Madre - 9/09
Ulaanbaatar
Personalmente per adesso il lavoro più
impegnativo è lo studio della lingua, che non è
affatto facile e che ci prenderà qualche anno.
Però, insieme ai miei confratelli missionari,
abbiamo un nuovo progetto cui stiamo lavorando. In accordo con i nostri superiori e con
il vescovo locale, si vorrebbe aprire una nuova
comunità missionaria qui in Ulaanbaatar. Per il
momento stiamo facendo dei sopralluoghi
attorno, visitando e raccogliendo informazioni
sulle necessità della gente e sul tipo di lavoro
missionario. Veramente qui siamo proprio agli
inizi, se pensate che su un milione di abitanti
Ulaanbaatar ha solo tre parrocchie con circa
500 cattolici!
Vita nelle comunità
fattibilità del progetto. Niente si è concretizzato fino al presente.
Durante la stagione delle piogge succede spesso che
gente e animali sono portati via dalla forza delle acque nel
tentativo di guadare il fiume, e anche con tutta la possibile prudenza della situazione, alle volte devono spendere
molte ore o giorni in attesa sulle rive del fiume prima di
poter passare.
27
Catrimani
Vita nelle comunità
28
Noticias do Catrimani
pp. Laurindo e Dall’Agnese, imc
A equipe da Missão Catrimani se alegra e enriquece
com a chegada de novos membros. No mês de dezembro
do ano passado chegou Corrado, proveniente da região
sul para compôr a equipe e somar forças na sublime
missão entre os yanomami. No mês de fevereiro chegou
Pe. Rosalino que já estava destinado à Região da
Amazônia e que agora faz parte da equipe missionária.
Boas Vindas!
No encontro de apresentação o Superior Regional
participou também na distribuição dos serviços à
comunidade, ficando Pe. Rosalino na qualidade de
superior e Corrado como administrador. Votos que
âmbos possam integrar-se bem nesta realidade nova e
sempre desafiadora. Que o bom Deus os acompanhe e
que não deixe nunca de enviar o Espírito do
discernimento para servi sempre mais, melhor e com
qualidade.
Na ocasião foi feito agradecimento ao jovem
Tommaso pelo ano de voluntariado que prestou junto a
nossa comunidade e ao povo yanomami.
Entre os dias 27 de fevereiro e 2 de março na maloca
do Waroma aconteceu a VII assembléia dos xapori da
região, especialmente entre aqueles aonde atua a Diocese.
Por inicíativa daa equipe missionária e o apoio do
grupo “Impegnarsi Serve” foi possível a realização deste
evento que contou com a presença de pelos menos 35
xapori provenientes do Xitei, Deminí, Novo Deminí,
Baixo Catrimani e da Missão Catrimani. Os participantes
yanomami chegaram a ser mais de duzentas pessoas.
Participaram, também como convidados, os superiores
regionais: Pe. Fernando e Irmã Carmelita. Foi convidado
também o irmão Carlo Zacquini pela amizade e
compromisso com os yanomami e Jean Marc na
qualidade de Coordenador do Convênio de Saúde.
Importante foi a participação da equipe itinerante pois os
mesmos se sentiram enriquecidos e agradecidos pela
oportunidade.
Foram dias de intensa espiritualidade, formação e
partilha de bens espirituais. Todos sairam agradecidos e
alegres por ter participado de algo tão divino e profundo
da Casa Madre - 9/09
entre os yanomami e também pela possibilidade de
partilha com nossos superiores e amigos.
Estas assembléias são um compromisso dos
yanomami e da equipe missionária e contam com o apoio
financeiro do grupo “Impegnarsi Serve”. Estão previstas
mais duas assembléias, uma em 2010 e outra em 2011.
Encontram grande repercussão entre os yanomami e
certamente haverá sempre mais participação.
Do dia 1° a 30 de maio na “Casa da Palavra” (yano te
ã) da Missão catrimani houve a VIII etapá de formação
para o magistério de professores indígenas yanomami.
O evento foi organizado pelo ISA (Instituto SócioAmbiental) e contou com a forte colaboração,
participação e atuação de toda a equipe missionária.
Participaram aproximadamente oitenta yanomami
provenientes das áreas de atuação do ISA e da Diocese e
também de outras áreas. O ISA investiu pesado pela
realização deste curso, falá-se de oitenta mil reais somente
em horas de vôo, sem falar de assessorias,
alimentação,material, etc.
Foram tratadas temáticas por blocos: na primeira
semana foi a turma de linguística, segunda semana
alimentação, terceira semana o tema da pesquisa e na
última o tema das mudenças climáticas.
O ambiente para a realização deste evento foi muito
favorável seja pelo entrosamento entre a equipe da missão
e o ISA bem como e sobretudo pela participação das
lideranças yanomami, em modo particular dos mais
próximos da missão.
Nascem sempre mais perguntas sobre o rumo que está
tomando a escola yanomami. É inegável o fato de que
dentro de poquíssimo tempo a mesma estará nas mãos da
secretária de educação, pois só ela está nas condições de
reconheer as escolas, proprocionar diploma e pagar salário
para os professores, pois essa parece ser a demanda forte
destes jovens em formação.
p. Sérgio S. Weber, imc
Os trabalhos pastorais, na Área Missionária, tiveram
início com com as Irmãs da Providencia de GAP que
chegaram aqui em 1991 e o Pe Enrico Dacroce,
quando era pároco da Consolata no bairro São
Vicente, no ano 93. Havia apenas uma pequena capela
de madeira no bairro Caranã, dedicada a São João
Batista.
Aos pouco Pe. Enrico, as irmãs e o povo
levantaram uma capela grande em alvenaria e um
centro com várias salas e que se tornou referencia para
essa região. Com o povo do bairro Cauamé
levantaram uma pequena capela em alvenaria. Depois
foram surgindo outros bairros. Pe. Enrico trabalhava a
partir da Consolata.
Em 1997 veio o Pe. Helder Bonifácio como
responsável pela evangelização, animando criançada e
juventude. E no ano 1999 chegou aqui Pe. Fernando
Vitorino Moreira da Rocha. Ambos os missionários
trabalhavam a partir da casa provincial, no Calungá,
onde moravam.
No ano 2001 a Região comprou e reformou uma
casa, no bairro Piscicultura, fora da área do nosso
trabalho, para residência dos missionários. Com a
permissão da Direção Geral deu-se inicio a nova
comunidade: Pe. Fernando Vitorino M. da Rocha,
ajudado depois por Pe. Sabino Mariga. Com a
transferência para o sul do Pe. Sabino, veio trabalhar
aqui o Pe. Carlos Eduardo Alarcon.
No momento nossa comunidade missionária da
Piscicultura é composta por Pe. Juan Bautista
Bermudes, Pe. Gianfranco Graziola e Pe. Sergio S.
Weber; e trabalhamos mais diretamente na Área
Missionária Pe. Sergio e Pe. Juan Bautista. Devido aos
seus múltiplos serviços e compromissos na Região e
na Diocese Pe. Gianfranco colabora na Área
Missionária sempre que se encontra em Boa Vista. Os
missionários do interior quando de passagem por Boa
Vista, sempre se dispuseram para as celebrações nas
comunidades. Pe. Luís Palumbo, ainda quando morava
na Aparecida, ou como pároco de S. Francisco,
visitava e celebrava nas comunidades da Área.
Muito valiosa tem sido e ainda hoje é, a presença da
Congregação das Irmãs da Providencia de GAP que
desde o início vem se dedicando ao serviço da
animação vocacional, das pastorais e das comunidades,
e assessoria a serviços diocesanos. Uma comunidade
delas dedicou-se até fins do ano passado ao povo
indígena Yanomami do Xitei. E neste ano também
elas estão celebrando o Centenário de chegada no
Brasil. Muitas delas trabalharam aqui: Ir. Guiomar,
Matilde, Teresinha, Soledade, Aparecida, Agostinha,
Quênia, Ana Maria, Zilda, Nilde; e ainda continuam
entre nós Ir. Eugenia, Idalina, Zélia Letícia e Laura. A
elas nosso sincero “muito obrigado”!
Temos, graças a Deus, também muitos leigos de
fé e trabalhadores, em todas as comunidades e
pastorais, e que levam nossa Área Missionária para
frente.
da Casa Madre - 9/09
Carana
A partir de 2005, com a escolha do Pe. Antonio
Fernandes para o Conselho Geral, Pe. Fernando
Rocha, que era vice provincial, assume a direção da
Região.
Pe. Carlos Eduardo Alarcon assume as redeas da
Área Missionária, auxiliado pelo Pe. Luís Marques de
Brito nos fins de semana, Irmão Francisco Bruno e
mais tarde também por Pe. Michael Mutaku Njue, que
vem de Manaus. Após recuperação de saúde, Pe.
Gianfranco Graziola vem fazer parte desta
comunidade.
Por um pouco de tempo a comunidade da
Piscicultura se torna a maior da região, quatro
membros. Mas “tudo o que é bom dura pouco”. As
mudanças continuam.
Pe. Carlos vai para a Área Indígena e Pe. Michael vai
para sua terra após passar um período na Inglaterra.
Com a Visita Canônica de 2007-8 na Região, e seus
“efeito-estufa”, Ir. Francisco Bruno vai trabalhar na
AIRASOL. Em abril de 2008 assume os trabalhos da
Área Missionária o Pe. Sergio S. Weber auxiliado pelo
Pe. Gianfranco Graziola e mais tarde também pelo Pe.
David Bambilikpinga-Moke. Quase um ano depois,
fevereiro de 2009, Pe. Juan Bautista Bermudes vem
também auxiliar nos trabalhos pastorais. Pe. David,
devido aos seus compromissos com a administração
fica assim um pouco afastado da Área.
Vita nelle comunità
Area Carana
29
Manifesto anti-pobreza e por
extenso
LMC
Laici IMC
TEXTO VENCEDOR DA CATEGORIA
DE PRODUÇÃO ESCRITA DO PROGECTO
DEL8 (objectivos do Milénio) da Associação
dos LMC (Colégio Miramar—Mafra)
30
Um mundo que consente deixar-se representar
por uma pobreza extrema,
é um mundo que nunca o foi.
É um lugar repleto de cegos, de gente que não
quer saber, de gente que
até quer saber, mas que pouco ou nada faz!
Um mundo que se deixa guiar pelos mais ricos é
um mundo que mata de
fome os mais pobres.
O MUNDO É EGOÍSTA!
O mundo é impotente.
O mundo é desinteressado.
O mundo e resignado.
O mundo é demasiadamente tolerante quando
deixa que o dinheiro se
arraste nas malas da indiferença!
Como poderá o mundo erradicar a pobreza,
quando a verdadeira pobreza
é a de espírito, e dessa está ele cheio!
O que é ser pobre!?
É ser necessitado!?
É afundar-se progressivamente na miséria!?
É ser coitado!?
NÃO.
Ser pobre é mais do que isso, é mais do que uma
carência material - é
também uma carência social.
O grande problema, meus caros, é a má distribuição dos recursos - monetários
e não só - que o mundo insiste em manter.
Não basta ter pena, é preciso agir.
O desequilíbrio da balança não pode continuar!
A fome mata uma pessoa a cada 3,5 segundos e,
desenganem-se, esta
não é uma realidade particularmente africana ou
asiática, é MUNDIAL.
A fome atinge 11 milhões de pessoas em países
da Casa Madre - 9/09
desenvolvidos.
Onde irá isto parar?
Que vamos fazer?
Que vais fazer?
Chocado?
Descontraído?
Magoado?
Indiferente?
Os direitos dos outros são iguais aos teus.
Se tu podes comer, porque não o poderão
outros?
Se tu podes sorrir, porque não o poderão os
outros?
Há quem se encha de pó de arroz, quando
outros engolem pó para não
morrer à fome!
VERGONHOSO!
RIDÍCULO!
Mundo pobre ou pobre mundo?
POBRE MUNDO, que ainda consente que existam mundos pobres.
Cerca de 815 milhões de pessoas em todo o
mundo são vítimas de subnutrição,
na maioria mulheres e crianças.
Existem aproximadamente 6,6 mil milhões de
habitantes em todo o mundo,
sobrevivendo 1,2 milhões em condições de
extrema pobreza.
Setenta por cento são mulheres.
Sessenta por cento de toda a comida desperdiçada está intacta.
E, no meio de uma economia global que se diz
cada vez mais próspera e
desenvolvida, 10,7 milhões de crianças que não
vivem para celebrar o seu quinto
aniversário.
Portugal é o segundo país da União Europeia
onde as crianças são mais
pobres ou correm o risco de cair nessa situação.
Em 2001, vinte por cento da população portuguesa encontrava-se em risco de
pobreza. Desconhecimento não é desculpa!
A fome.
Está realmente a escutar-me?
Não há pois dúvida alguma de que me
Ouve com clareza e distinção?
Então
Repito: você é um idiota.
Um idiota.
I como Isabel, D como Dinis, outro I como
Irene, O como Orlando, T como Teodoro,
A como Ana.
Idiota.
Idiotas... Mas de fracas ideias, que nem sequer
conseguem salvar os que
morrem de fome!
É preciso ter consciência de que, no Mundo,
9000 milhões de pessoas
vivem com 1 dólar por dia e a maioria das pessoas pobres depende directa ou
indirectamente da agricultura para a sua subsistência.
O pensamento leve toma a realidade bem pesada.
Doenças, miséria, fome, mortes, sobrepopulação
são essa realidade.
Uma realidade que se alastra.
Uma realidade que apenas se nos apresenta através de dados estatísticos
e que não se mostra tal e qual como é.
Uma realidade que, apesar de não ser observada
de perto pela maioria da
população, não deixa de o ser.
De que é que te queixas?
De que é que nos queixamos?
Tens tudo.
TEMOS TUDO.
E nós deixamos que isto aconteça, como se os
que nada têm não tivessem
tradições, cultura, vontade de construir e sonhos
de liberdade.
Como se os que nada têm não tivessem o direito
de viver como tu!
E agora diz-me...
DE QUE É QUE TE QUEIXAS?
Se pensas que te falta alguma coisa, pensa naqueles a quem falta tudo.
Se pensas que tiveste um dia infeliz, pensa
naqueles que vivem infelizes
toda uma vida.
De que é que estás à espera?
Estás à espera da acção dos outros?
Estás à espera que alguém te peça para ajudares?
Está à espera que alguém faça alguma coisa por
ti?
Ou estás à espera que alguém morra em pele e
osso à tua frente para que
te proponhas a mudar a realidade?
da Casa Madre - 9/09
Laici IMC
O QUE É A FOME?
Uma sensação provocada pela necessidade de
ingerir alimentos?
É o estado de uma pessoa que não se alimenta
suficientemente?
MISÉRIA?
É difícil defini-la, porque aquilo que ela provoca
é demasiado preocupante
para descrevê-la em tão poucas palavras.
Na realidade, “A VOZ DA CONSCI NCIA E
DA HONRA É BEM FRACA
QUANDO AS TRIPAS GRITAM!
930, minha gente, 930!
930 sem-abrigo em Lisboa no ano de 2005.
E hoje?
Quantos são?
E amanhã?
Quantos serão?
Um f1agelo social que apresenta uma face mais
visível nos países subdesenvolvidos,
mas Lisboa não escapa!
“Entre nós é vergonhoso reconhecer a própria
pobreza; mas pior do que
isso é não esforçar-se para escapar dela.”
A pobreza é horrorosa!
A POBREZA CHEIRA MAL!
E há ainda quem a ignore.
E quem tente fingir que está tudo bem.
BASTA!
ABAIXO A POBREZA! PIM! _
UMA GERAÇÃO COM A POBREZA A
CAVALO É UM BURRO IMPOTENTE!
BASTA!
ABAIXO A POBREZA! PIM!
Há que pensar, ret1ectir, discutir, mas acima de
tudo há que AGIR!
“Olhos que não vêem, coração que não sente.”
É preciso ter os olhos abertos para que se abra o
coração!
Quem está aqui?”... E DE CANDEIAS APAGADAS?”
É você?
“Você é um idiota.
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De facto, “De qualquer tipo que seja a pobreza,
ela não é a causa da imoralidade,
mas o efeito”.
E por isso...
Se não te sentes culpado, devias sentir-te.
Se não te sentes envergonhado, devias sentir-te.
Se não te sentes magoado, devias sentir-te.
“Entre nós é vergonhoso reconhecer a própria
pobreza; mas pior do que
isso é não esforçar-se para escapar dela”
O Mundo, que com todos os grandes senhores
conseguiu o maior desequilíbrio
de toda a História, apresenta-se como o exílio
dos degredados e dos indiferentes!
O entulho das desvantagens e dos sobejos!
O Mundo inteiro há-de abrir os olhos um dia -se
é que a sua cegueira não é
incurável -e então gritará connosco, a nosso lado,
a necessidade que tem de ser
qualquer coisa de asseado!
MORRA A POBREZA, MORRA. PIM!
El laicado y los religiosos frente a
la misión “ad gentes”
El laicado
María Luisa Rodríguez y Alfredo Torres, LMC
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Normalmente cuando hablamos de “laico” en
la Iglesia nos referimos a aquel que no pertenece
al estamento clerical (diácono, sacerdote u obispo). Esa opisición laico-clérigo ha llevado a no
dar la laico la importancia que tiene dentro de la
Iglesia, y como consecuencia, dentro de la
misión.
El término laico deriva de” laos”, pueblo. Éste
término fue utilizado por Tertuliano, que lo
emplea para designar al cristiano que no pertenece al clero. sin embargo, el Nuevo Testamento
nos presenta el nuevo pueblo de Dios, el laos,
como el pueblo consagrado por la unción del
Espíritu Santo y es esta segunda acepción la que
nos interesa, la que nos empapa de una realidad
mayor, la que nos impulsa a los laicos a tomar
parte en la construcción de la realidad histórica
de la que participamos.
El laicado está pidiendo, cada vez con más
fuerza, el reconocimiento de su espacio propio
dentro de la misión de la Iglesia, trabajando codo
a codo con los demás estamentos eclesiales. La
participación de todos los estilos de vida permitirá a la Iglesia mostrar, a través de su acción misionera, un rostro más completo de Dios.
Como dice Eloy Bueno, “cuando hablamos del
bautismo como fundamento de la participación
da Casa Madre - 9/09
del laico en la misión de la Iglesia, estamos refiriéndonos a una comprensión del bautismo en su
más radical significado en la lógica de la historia
de la salvación. Hemos de entender el bautismo
como un acontecimiento que estructura la historia de la salvación y que prolonga la historia de la
alianza”. Por tanto, que nos sitúa en un papel
activo y de enorme responsabilidad, puesto que
somos continuadores de la Historia de la
Salvación. Los orígenes de la Iglesia, y las tres primeras fases de evangelización se deben a la labor
del laicado. Hoy especialmente, es central que
retomemos el protagonismo de la construcción
del Pueblo de Dios, caminando en comunión
eclesial, junto a religiosos, religiosas y sacerdotes,
desde la riqueza y diversidad de carismas, y la
común distribución de las responsabilidades.
Pero el movimiento personal que lleva al laico
a hacer de su vida historia de salvación, no nace
de una convicción teórica, sino de la experiencia
íntima de Dios. Nace cuando se saborea el amor
apasionado que te llena, que te colma, que se
derrama a borbotones. Nace, cuando en Su presencia abandonas las palabras, porque no hay
palabra que pueda contener a Dios. Afirma Julio
Lois: “el Dios verdadero no es algo que podamos
asir o contemplar o tematizar; la verdadera tras-
za que oferta la diversidad; abrazar el cambio,
conservando lo fundamental; abrirnos al encuentro con la persona, deshaciendo las rejas institucionales que nos permiten tocar las manos, pero
no estrecharnos.
Una reja a arrancar es la relación vertical que se
ha dado, y se da, en la Iglesia. El laicado ha sido
considerado durante siglos como un “menor” al
servicio del clero. Una de las principales causas
estructurales de esta desigualdad en la Iglesia ha
sido, y sigue siendo, la formación que reciben los
laicos y los clérigos. Los laicos adolecen, en general, de titulaciones teológicas, pero, por el contrario, están muy formados en ámbitos y realidades
extraeclesiales. Una valorización de todas estas
capacidades permitiría un diálogo real, es decir
horizontal, tendente a la construcción de la verdad común, un caminar de la mano, el mirarnos a
los ojos.
Ofrecen a la vida religiosa el calor, el abrazo, la
familia. Posibilitan nuevas formas de comunidad
humanizantes y reflejo del Dios-Amor, Padre y
Madre, que abraza y que levanta. Y algo central,
desde esta nueva comunidad, refuerzan sus palabras haciendo transparentar en su vida la Palabra.
La relación que ahora se propone es simétrica:
ella comprende tanto la vocación religiosa como
la laical, a partir de la comunión eclesial, y la define por lo positivo, destacando más la distinción
que la diferencia. Se pasa de la esfera de la dependencia al ámbito de la comunión.
Nos gustaría terminar con una reflexión de
Santa Teresa de Lisieux que nos imbuye en la
dinámica de la Historia de la Salvación, de la
Lucha por la Justicia, en la lucha por la concreción del Reino, sin reparar en nuestros perfiles,
sino en nuestro cimiento común, que más allá de
accidentes históricos es el motor, la causa y el fin:
Un sabio decía: “Dadme una palanca, un punto
de apoyo, y levantaré el mundo.” Lo que
Arquímedes no pudo lograr, porque su petición
no se dirigía a Dios, y porque la hacía únicamente desde un punto de vista material, los santos lo
lograron en toda su plenitud. El Todopoderoso
les dio un punto de apoyo: él mismo, él solo. Y
una palanca: la oración, que abrasa con fuego de
amor. Y así levantaron el mundo. Y así lo levantan los santos que aún militan en la tierra. Y así lo
levantarán también hasta el fin del mundo los
santos que vendrán.
da Casa Madre - 9/09
El laicado
cendencia nos coloca más allá de las categorías
del ser; Yahvé no está ni entre los entes, ni entre
los existires, ni en el ser unívoco, ni en el ser análogo, sino en el implacable imperativo moral de
justicia”. Cuando empiezas a intuir que Cristo
está sufriendo en el que sufre, experimentas que
se trastocan tus prioridades, y tu oración se llena
de gente, de campos, de luchas… Experimentar
al verdadero Dios equivale a sentir la interpelación del pobre y el oprimido.
Y equivale, en consecuencia, a saberse llamado
a combatir la injusticia que empobrece y excluye.
No se puede experimentar a Dios sin sentir la
urgencia de comprometerse a favor de la justicia.
Actualmente son muchos los laicos que nos
sentimos identificados con carismas de institutos
religiosos, o congregaciones, que percibimos que
éstos son los medios más adecuados a nuestra
sensibilidad para construir Reino; y al mismo
tiempo tenemos muy clara nuestra vocación
seglar. Esta mezcla de situaciones provoca la aparición de ramas laicales dentro de organizaciones
de vida religiosa, que dan respuesta viva al latir de
la realidad. La historia de la vida religiosa está
llena de coraje y creatividad profética, que a lo
largo de los tiempos fue dando origen a formas
siempre nuevas de vida consagrada. Y en estos
momentos, a nuevas categorías de consagración,
ya que a pesar de no pronunciar votos, muchos
laicos consagran su vida al servicio de la lucha
por la Justicia.
Esta nueva realidad conlleva un proceso espiritual, personal, ideológico, de vida… Obliga a
generar nuevos cauces, nuevas relaciones, diferentes modos de gestionar el poder y los procesos
de tomas de decisiones. Adelino Torres afirma
que “pasar de la exclusión de los laicos en el
carisma de religiosos a su inclusión implica un
regreso al estado inicial del carisma. No se trata
de cambiar el carisma, sino de volver a su fuente.
Este paso de la exclusión a la inclusión de los laicos en el carisma pide cambio de mentalidad, de
los hábitos y estilos de vida adquiridos y revisión
de los caminos de espiritualidad asumidos. Se
trata de una partida de dones, de oferta mutua de
espacios: los religiosos ofrecen la espiritualidad,
las obras, la finalidad apostólica; los laicos: organismos, asociaciones, profesionalismo, etc.”. Se
trata de un proceso que nos debe abrir al
Espíritu, que ha de guiarnos en este caminar nuevos senderos; abrirnos a la exigencia y a la rique-
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SOMMARIO
Necrologio
Padre Giuseppe Maggioni
Il giorno 28 luglio 2009, nella
nostra casa di Alpignano dove
resideva, è deceduto P.Giuseppe
Maggioni.
Nato
a
Cernusco
Montevecchia (Como) il 20
luglio 1934, entrò giovanissimo
nella
nostra
casa
di
Montevecchia, e completò il
ciclo liceale a Varallo Sesia. Fu
accolto nell’Istituto con la professione alla Certosa di Pesio il
2 ottobre 1955 e compì gli studi
teologici a Torino. Fu ordinato
sacerdote da Mons. Bottino il 18
marzo 1961.
Per due anni lavorò in Italia
come animatore a Vittorio
Veneto e a Gambettola e poi
partì per Kenya. Fu viceparroco
a Kevote e a Kyeni, Parroco a
Kevote, Chuka, e Kyeni. Nel
1983 lavorò in Italia come
Economo a Vittorio Veneto,
Direttore a Boario e poi ancora
Economo a Bevera. Ritornato in
Kenya nel 1991, assunse varie
responsabilità a Gatunga e a
Mujwa. Rientrato definitivamente in Italia, si stabilì ad
Alpignano dove rimase fino alla
sua morte. Aveva 75 anni di età,
di cui 53 di professione religiosa
e 48 di sacerdozio.
Missionario entusiasta e brillante, pubblicò diversi libri, tra
cui una biografia del Beato
Allamano destinata ai giovani.
Il suo corpo riposa nel cimitero di Cernusco, suo paese natale.
da Casa Madr e
Mensile dell’Istituto Missioni Consolata
Redazione: Segretariato Generale per la Missione
Supporto Tecnico: Mauro Monti
Viale delle Mura Aurelie, 11-13 00165 ROMA - Tel. 06/393821
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C/C postale 39573001 - E-mail: [email protected]
da Casa Madre - 9/09
Editoriale
1
“Il sacerdozio è l’amore
del cuore di Gesù”
3
SILA O SILVANO
il “synercos” di Paolo
4
Il cammino verso l’alterità
Oltre le apparenze
e i pregiudizi (Parte II)
6
L'Allamano e
Sr. Margherita Demaria
9
El Dios visitador inspira
nuestra visita canónica
13
Diario della Casa generalizia
14
Carta aos missionarios
15
Brasile: Retiro anual
e assembléia regional
16
Apertura centro de
reconciliacion en
San Vicente del Caguan
17
The hospital
and its environment
17
Un camino
con la pastoral juvenil
18
Visitando Auschwitz
19
Hôpital Notre Dame
de la Consolata
21
VI Encuentro de colegios IMC 23
Diario Tuxtla
24
La missione di Minne
25
Una nuova apertura
a Ulaanbaatar?
27
Noticias do Catrimani
28
Area Carana
29
Manifesto anti-pobreza
e por extenso
30
El laicado y los religiosos
frente a la misión “ad gentes” 32
Padre Giuseppe Maggioni
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