da Casa Madre - 9/09 - Missionari della Consolata
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da Casa Madre - 9/09 - Missionari della Consolata
da Casa Madre ANNO 89 - N.9 - SETTEMBRE 2009 ISTITUTO MISSIONI CONSOLATA PERSTITERUNT IN AMORE FRATERNITATIS Editoriale P. Giuseppe Ronco, imc La festa dell’Esaltazione della Croce e dell’Addolorata ritornano nella liturgia di questo mese. In copertina, Marc Chagall ci offre nella Croce la visione della Risurrezione, e così la intitola. Una sintesi della teologia giovannea, una Croce luminosa da esaltare, perché ci salva. Durante il mese di settembre, i musulmani celebrano la festa di Eid al-Fitr e gli ebrei quella di Yom Kippur. Sono feste di capitale importanza che hanno assunto una risonanza mondiale, non solo nel mondo religioso, ma anche in quello civile. Mi sembra utile, durante il biennio dell’interculturalità, approfondirne la conoscenza, cogliendo la bellezza dei messaggi che offrono a noi cristiani, e apprezzando la complessità di queste due culture, così originali e diverse dalla nostra. La festa di Eid al-Fitr (arabo ) si celebra quest’anno il 21 settembre (il 1° di shawwal, nono mese del calendario islamico, quest’anno 1431 H, dell’Egira), cioè alla fine del mese lunare del digiuno di Ramadan, quando appare la luna nuova. Secondo i precetti del Corano, per annunciare l’inizio del Ramadan, servono dei testimoni oculari che dichiarino davanti a un giudice di aver visto la mezzaluna ( l’hilal) nel cielo stellato. Essa segna la fine del digiuno e il ritorno alla vita normale. Dall’alto dei minareti, i muezzin recitano più volte la grande preghiera: “Allah Akbar, Allah akbar, la illah il Allah” (Dio è grande, Dio è grande. Non c’è altro dio, ma Dio). La rottura del digiuno di Ramadan ha luogo al mattino, all’aperto e con la partecipazione di tutti i musulmani della zona. La festa dura tre giorni durante i quali si indossano i vestiti più eleganti che si posseggono e spesso acquistati per l’occasione. Si decorano le abitazioni, si fanno regali ai bambini e ci si ritrova con amici e parenti. Piatti speciali e dolci provenienti da tutte le nazioni isla- miche caratterizzano questa festa. Un senso di profonda generosità, gratitudine e condivisione pervade la festa, in cui è anche tradizione inviare biglietti augurali di gioia. Il mese di Ramadan rappresenta per il musulmano un periodo di riflessione, preghiera e digiuno, inteso come sacrificio personale e devozione ad Allah, che proprio durante questo mese rivelò i primi versi del Corano, libro sacro dell’Islam. Durante il Ramadan si pratica un digiuno totale per tutte le ore del giorno: non solo non è ammesso mangiare, ma neanche bere, fumare o prendere medicinali. Dopo il tramonto, il digiuno si interrompe con un pasto denominato iftar, che secondo il rito consiste nel mangiare alcuni datteri o bere dell’acqua. Durante la notte si può mangiare e bere fino a che non si intravedono le prime luci dell’alba. In tempo di digiuno inoltre non bisogna raccontare bugie, calunniare, bestemmiare, e compiere azioni considerate negative. Il Ramadan è un mese di carità, durante il quale ogni credente deve dividere i suoi beni con chi ne ha bisogno. Durante il giorno è buona abitudine recarsi alla moschea per trascorrere lunghe ore, pregando e studiando il Corano. La sera del ventisettesimo giorno viene celebrato il Laylat-al-Qadr: è il momento in cui Maometto ricevette la rivelazione e, secondo il Corano, il momento in cui Allah decide gli eventi dell’anno che verrà. La festa di Yom Kippur, nella sua celebrazione, è articolata e comprende diversi momenti. Quest’anno viene celebrata il 28 settembre (10 di tishri 5770 secondo il calendario ebraico). Le festività si aprono con Rosh-Ha-Shanna, capodanno ebraico. Il suono dello shofar, strumento musicale fatto di corno di montone, richia- Editoriale ma le persone all’assemblea sacra e al pentimento. Facendo memoria della creazione del mondo e dell’uomo, si contempla il vero inizio del tempo, cioè il momento “zero” dell’esistenza dell’uomo. Questo ricordo favorisce il desiderio di “tornare in una situazione nella quale il peccato non c’è”. Dice il Talmùd Babilonese: “Nel capodanno ogni uomo passa davanti a Dio come gli animali del gregge davanti a un pastore. Ossia, così come un pastore fa sfilare le sue pecore una per una davanti a sé per farle entrare nell’ovile, così Dio, guardando il destino di ogni uomo, fa passare davanti a Sé le azioni compiute da ogni persona. In questo modo Egli può giudicare l’operato di ogni persona per sapere in quale libro scrivere il suo nome”. Rosh ha-Shanna inizia con una cena festosa che comprende la benedizione delle candele da parte della donna di casa e il qiddùsh sul vino da parte dell’uomo. La tradizione vuole che nel giorno di Rosh ha-Shanna si mangi un pezzo di mela o di pane intinto nel miele, simbolo della speranza in un “anno dolce” e si auguri a tutti Shana Tova! Buon Anno! 2 Seguono poi gli Yamim Noraim, dieci giorni di pentimento e di conversione (teshuvà), veri esercizi spirituali per il popolo, e occasione di risveglio per coloro che dormono spiritualmente. La teshuvà è un compito strettamente personale, dove ognuno deve analizzare il proprio comportamento e assumersi le sue responsabilità. Lo deve fare individualmente senza preoccuparsi di confrontare il proprio comportamento con quello altrui. Esiste però una dimensione comunitaria della teshuvà. Ognuno deve pensare al contributo che può o deve dare alla società e in particolare alla propria comunità. Invito dunque all’autocoscienza, che ci spinge a discendere il nostro Io profondo (anì shebà anì) per capire qual è il nostro modo di servire Dio. Il pensiero corre al lech lechà (vai verso te stesso, alla ricerca di te stesso) detto da Dio ad Abramo e che diventa il suo percorso, come pure quello di ogni credente. La Teshuvà è il ritorno al vero « io ». I tratti e gli atti negativi dell’uomo sono una facciata artificiale, che celano il suo vero essere. Non si tratta solo di elencare e confessare a Dio i peccati commessi di cui ci si pente, bensì di condurre un da Casa Madre - 9/09 dialogo con la propria coscienza, di dare una prova di onestà e autenticità verso se stessi. In ogni uomo infatti c’é un’anima, lo spirito dell’uomo, la coscienza. Essa è la fiaccola che il Signore accende per aiutare ognuno a scrutare i segreti recessi del cuore.“Lo spirito dell’uomo è una fiaccola (neshama) del Signore che scruta tutti i segreti recessi del cuore” (Proverbi 20, 27). L’immagine, molto orientale, vuole descrivere quella che noi chiamiamo la coscienza, capace di penetrare nel segreto dell’interiorità personale. Si tratta di accendere la fiaccola della coscienza per operare una valutazione verace di noi stessi Si arriva a Yom Kippur, giorno destinato dalla Torah per espiare i peccati commessi nel corso dell’anno, sia nei confronti di Dio che nei confronti degli uomini. Il sommo sacerdote in persona presiedeva al Tempio a nome del popolo, compiendo la purificazione del santuario con un’aspersione di sangue (era la sola occasione in cui il sommo sacerdote penetrava nel Santo dei Santi) e con l’invio nel deserto del capro espiatorio che portava su di sé tutte le colpe di Israele (Lv. 16, 22). Solo in quel giorno e nel momento della confessione delle colpe il Sacerdote pronunciava il Nome . Nel rito cabalistico del tashlick, si svuotano le tasche nell’acqua di un fiume che scorre, recitando benedizioni, a rappresentare la necessità di liberarsi dai peccati prima di volgersi al futuro. Gli ebrei ortodossi si recano a rigagnoli di acqua corrente per pregare, guardando i pesci: “Come il pesce non vive senza l’acqua, noi non viviamo senza te, o Dio”. Preghiera di penitenza e digiuno sono il cuore dell’osservanza storica dello Yom Kippur. Vengono praticate cinque restrizioni: non bere né mangiare (eccetto in caso di pericolo per la salute), non ungere il corpo con olio, non lavarsi e profumarsi, non indossare scarpe di pelle e non avere rapporti sessuali. Il testo biblico prescrive “vi affliggerete, affliggerete le vostre persone...”. Il bellissimo rito del Kol Nidré, in cui ci si scioglie dai voti non adempiuti nel corso dell’anno, e che finisce con il suono del corno di montone, lo Shofar, mettono termine alla festività. Tachèl shanà uvirkhoèha. Cominci l’anno con le sue benedizioni. “Se non vi fosse il sacramento dell’Ordine non avremmo Nostro Signore. Chi è che lo ha messo la, nel tabernacolo? Il sacerdote. Chi ha accolto l’anima nostra al suo ingresso nella vita ? Il sacerdote. Chi la nutre per darle la forza di compiere il suo pellegrinaggio? Il sacerdote. Chi la preparerà a comparire innanzi a Dio, lavandola per l’ultima volta nel sangue di Gesù Cristo? Il sacerdote, sempre il sacerdote. E se quest’anima viene a morire, chi la risusciterà, chi le renderà la calma e la pace? Ancora il sacerdote” (Santo Curato d’Ars). La profondità del suo amore per Cristo e per le anime (Giovanni Paolo II, Lettera ai sacerdoti, giovedì santo 1986) “ Il Curato d’Ars è un modello di zelo sacerdotale per tutti i pastori. Il segreto della sua generosità si trova senza dubbio nel suo amore a Dio, vissuto senza misura, in costante risposta all’amore manifestato nel Cristo crocifisso. Egli fonda lì il suo desiderio di fare di tutto per salvare le anime, riscattate da Cristo ad un prezzo così grande, e ricondurle all’amore di Dio. Ricordiamo una delle frasi lapidarie di cui egli aveva il segreto: «Il sacerdozio è l’amore del Cuore di Gesù». Egli tornava sempre nei suoi sermoni e nelle catechesi su questo amore: «O mio Dio preferisco morire amandovi, che vivere un solo istante senza amar vi. ...Vi amo, o mio divin Salvatore, perché siete stato crocifisso per me, ...perché mi tenete crocifisso per voi» (Nodet, p. 44). A causa di Cristo, egli cerca di conformarsi pienamente alle esigenze radicali che Gesù propone nel Vangelo ai discepoli che Egli invia in missione: preghiera, povertà, umiltà, rinuncia a se stessi, penitenza volontaria. E, come Cristo, anch’egli prova per le sue peco- relle un amore che lo conduce ad un’estrema dedizione pastorale e al sacrificio di sé. Raramente un pastore è stato tanto cosciente delle sue responsabilità, divorato dal desiderio di strappare i suoi fedeli al peccato o alla tiepidezza. «O mio Dio, concedetemi la conversione della mia parrocchia: accetto di soffrire ciò che voi vorrete, per tutto il tempo della mia vita». Cari fratelli sacerdoti, alimentati dal Concilio Vaticano II, che ha felicemente situato la consacrazione del prete nel quadro della sua missione pastorale, cerchiamo il dinamismo del nostro zelo pastorale, con San Giovanni Maria Vianney, nel Cuore di Gesù, nel suo amore per le anime. Anno sacerdotale “Il sacerdozio è l’amore del cuore di Gesù” Se noi non attingiamo alla medesima sorgente, il nostro ministero rischierà di portare ben pochi frutti”. Preghiera Ti amo mio Dio e mio desiderio e di amarti fino all’ultimo respiro della mia vita. Ti amo o Dio, infinitamente amabile e preferisco morire amandoti, piuttosto che vivere un solo istante senza amarti. Ti amo Signore e l’unica grazia che ti chiedo è di amarti internamente. Ti amo, mio Dio e desidero il Cielo, soltanto per avere la felicità di amarti perfettamente. Mio Dio, se la mia lingua non può dire ad ogni istante: “Ti amo”, voglio che il mio cuore te lo ripeta ogni volta che respiro. Ti amo mio divin Salvatore perché sei stato crocifisso per me e mi tieni quaggiù crocifisso con te. Mio Dio, fammi la grazia di morire amandoti e sapendo che ti amo. (Curato d’Ars, Scritti scelti, a cura di Gérard Rossé, Città Nuova Editrice) da Casa Madre - 9/09 3 SILA O SILVANO il “synercos” di Paolo I collaboratori di Paolo p. Afonso Osorio Citora, imc 4 Sila, conosciuto anche come Silvano, è una di quelle figure che brillano nel firmamento dei collaboratori e delle collaboratrici di San Paolo di cui ora, cercheremo di dire alcune modeste e semplici parole circa la sua persona e la sua umile e fedele collaborazione. Chi è dunque questo personaggio che ora è presentato come “Sila” ed ora come “Silvano”? Sila è uno dei delegati che insieme a Giuda, detto Barsabba, e Paolo, vengono inviati dagli anziani e da tutta la chiesa di Gerusalemme con una lettera del Concilio di Gerusalemme alla comunità di Antiochia per riportare la pace e ridare fiducia in quella chiesa (At 15, 22). Paolo, poco dopo, lo sceglie come suo collaboratore (At 15,40-18,5) e diviene – secondo l’affermazione di Pietro - “il fratello fedele” dei cristiani delle chiese della Galazia, della Cappadocia, dell’Asia e della Bitinia (1 P 5,12). Luca - l’autore degli Atti degli Apostoli - lo presenta col nome di “Sila” (At 15,27.32.34.40; 16, 6.19.29.34.38.40; 17,1.4.10.14.15.16; 18,5) , mentre Paolo e Pietro nelle loro lettere lo chiamano “Silvano” (2 Co 1,1; 1Ts 1,1; 2Ts 1,1; 1 P 5,12). E’ accertato ormai da molti studiosi di Sacra Scrittura, che “Silvano” è la forma latinizzata (“Silvanus”) del nome semitico “She?’la” di cui “Sila” ne è la versione greca. Infatti, secondo Fabris, “Silâs” è la trascrizione grecizzata dell’originale “She?’la”, forma aramaica del nome ebraico “Sha’ul”, affinità con il nome ebraico-aramaico di Paolo “Sha’ul”-. Fabris ipotizza che tale affinità lo predispose alla collaborazione con l’apostolo delle genti::“She?’la” è “Silvanus”. Che una persona venisse attestata con due nomi, era una caratteristica molto comune tra i giudei che vivevano nella diaspora. Spesso da Casa Madre - 9/09 al nome semitico veniva unito un secondo nome romano-ellenistico simile al primo. (vedi anche Josué y Janson, o Silas y Silvano, Saulo y Paolo). Secondo gli Atti, Sila, come Paolo, godeva della cittadinanza romana (At 16,37) e probabilmente era un giudeo ellenista (At 16,20), un uomo tenuto “in grande considerazione tra i fratelli”, uomo saggio fra gli “uomini eminenti” della Chiesa di Gerusalemme (At 15,22) e un cristiano insignito del Carisma di “profeta” (At 15,32). Sottolineiamo però che il profeta, secondo il cristianesimo, aveva un compito affine, ma non uguale, al profeta dell’AT. La sua era parola di edificazione e di esortazione e consolazione (1 Cor 14,3). Perciò, parve bene agli apostoli e agli anziani con tutta la Chiesa di Gerusalemme di scegliere Sila e mandarlo ad Antiochia con Giuda detto Barsabba per accompagnare l’apostolo Paolo e il suo compagno Barnaba (At 15,22). Questi erano portatori di una grande missione: illustrare e raccomandare l’osservanza del decreto emesso dal Concilio di Gerusalemme. Arrivati ad Antiochia, fu fatta la lettura del decreto davanti ad una grande assemblea e poi i messaggeri incoraggiarono i fratelli e li fortificarono nella fede cosicché l’assemblea rimase piena di gioia e di consolazione (At 15, 3033). Questi inviati avevano la missione di mediazione: Infatti, come afferma il Santo Padre Benedetto XVI, Sila “era ritenuto capace di operare una sorta di mediazione tra Gerusalemme e Antiochia, tra ebreo-cristiani e cristiani di origine pagana, e così servire l’unità della Chiesa nella diversità di riti e di origini”. Dopo questa missione consolatrice, i nostri missionari furono congedati con auguri di pace (At 15,33). Secondo il testo occidentale che aumenta di un versetto ( v. 34) il testo canonico, Giuda ritornò a Gerusalemme e Sila decise di rimanere presso quella comunità piena di zelo missionario, che rispondeva alla sua inclinazione. sarete voi, quando vi oltraggeranno e perseguiteranno per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli” (Mt 5,11-12) come più tardi Paolo dirà “sono pieno di consolazione, sovrabbondo di gioia in ogni nostra tribolazione” (2 Co 7,4). Quest’attitudine offre a noi missionari, che viviamo in un mondo di difficoltà politiche, di guerre e di feroci persecuzioni, una lezione non trascurabile: annunziare il Vangelo del Regno anche nei momenti di difficoltà, saper trovare la consolazione anche nelle tribolazioni, innalzando la nostra preghiera e soprattutto inni di lode a Dio, fonte di consolazione. Dopo la liberazione (At 16,39) i nostri missionari proseguono per Tessalonica dove Paolo predica per tre sabati nella sinagoga agli ebrei, poi vanno a Berea e annunziano il Vangelo. Dopo alcune difficoltà Paolo si imbarca su una nave per Atene. Sila e Timoteo rimangono a Berea per rinforzare nella fede i cristiani, quindi raggiungono Paolo ad Atene. Insieme proseguono il viaggio verso Corinto dove sostano per 18 mesi e si dedicano alla predicazione del Vangelo ai giudei (At 18,4-5), poi le strade -secondo gli Atti - si dividono: Paolo conclude il suo viaggio ad Antiochia, mentre di Sila e di Timoteo, che si era aggiunto nelle ultime tappe, non si hanno più notizie. Concludiamo questo breve studio sulla collaborazione di Sila nella Chiesa primitiva affermando: Silvano è anche menzionato da Pietro, come abbiamo visto in precedenza. Verso la fine della sua prima lettera Pietro scrive “Per mezzo di Silvano, che considero un fedele fratello, vi ho scritto brevemente, esortandovi e attestando che questa è la vera grazia di Dio; in essa state saldi” (1Pt 5,12). Qui S. Pietro fa notare che Silvano è stato con Lui, ha collaborato con lui e con lui ha scritto la sua lettera alle Chiese dell’Asia. Per lui, Silvano è un “fedele fratello”. Questo titolo, non è Paolo che glielo dà; è soltanto Pietro che scrive “fedele fratello”. Silvano ha collaborato sia con Paolo che con Pietro, ha collaborato quindi con la chiesa nascente e si è comportato talmente bene da meritarsi, dal capo degli Apostoli, l’aggettivo: fedele! da Casa Madre - 9/09 I collaboratori di Paolo Dopo una forte discussione, Paolo e Barnaba ,decisero di separarsi (At 15, 36-38), Barnaba prese con sé Marco e si imbarcò per Cipro (At 15,39) e Paolo scelse Sila (At 15,40) e, raccomandato dai fratelli alla grazia del Signore, iniziò con lui il suo secondo viaggio missionario (At 15,41). Notiamo un segno molto significativo: nel testo originale, Luca un saggio informato e conoscitore della lingua greca e molto accurato nella scelta delle parole - afferma che Barnaba “prese con sé” (“paralabonta”un participio aoristo attivo di “para+lambano” cioè “prendere con sé”) e che Paolo scelse Sila (“epilexamenos”: un participio aoristo medio di “epi+lego” cioè chiamare, nominare che vuol dire appunto “scegliere”: Sila fu scelto tra molti per una missione. Così, per andare da Gerusalemme ad Antiochia Sila fu scelto (“eklexamenous” da “eklegomai” cioè scegliere, eleggere) “tra alcuni uomini autorevoli tra i fratelli” e per accompagnare l’apostolo anche qui fu scelto! Silvano è un cristiano chiamato e scelto per essere profeta tra i fratelli e missionario assieme a Paolo. I nostri due missionari s’inoltrano anzitutto in Asia Minore con lo scopo preciso di visitare e rafforzare le comunità già fondate da Paolo nel suo primo viaggio - Siria e Cilicia (At 15,41) e dopo aver riconfortato i fratelli Paolo e Silvano ripartono dalla Cilicia - certamente da Tarso – e seguendo per la Licaonia, la Frigia, la Galazia, la Misia arrivano a Troade (At 16, 6-8). Da lì salpano per l’Europa verso Samotracia, Neapoli e Filippi (16,11-12) ; qui vengono arrestati, incatenati ai ceppi perché il padrone di una giovane schiava indovina liberata, da Paolo dallo spirito falso - avendo perduto una fonte di guadagno - lo denuncia (16,16-24), ma i nostri missionari vengono liberati miracolosamente e rilasciati (16, 25-40) cosicché, usciti dalla prigione, si recano a casa di Lidia e confortano e consolano i fratelli ivi radunati. Luca ci fa sapere che Paolo e Silvano, mentre erano in prigione, invece di essere tristi perché innocenti, ritenevano questa situazione come un segno di benedizione cosicché passavano la notte “pregando e cantando inni a Dio” (At 16,25). I due missionari avevano capito l’insegnamento del loro Maestro che proclamava “Beati 5 Da forestiero - Biennio di Interculturalità Il cammino verso l’alterità 6 Oltre le apparenze e i pregiudizi (parte seconda) p. Antonio Rovelli, imc “Non guardare al suo aspetto né all`imponenza della sua statura. Io l’ho scartato, perché io non guardo ciò che guarda l`uomo. L`uomo guarda l`apparenza, il Signore guarda il cuore”. (1Sam. 16,7) Alla scuola del Vangelo Alla luce di queste considerazioni, la seguente domanda si fa urgente: “Cosa provo, come agisco, quali difficoltà incontro nelle mia relazioni con chi ci appare altro?”. Nel tentativo di rispondere ci poniamo alla scuola del Vangelo, in ascolto di stimoli e suggestioni che provengono da alcuni incontri di Gesù con persone “altre”, per genere, comportamenti controversi e per situazione religiosa. Il che equivale a riformulare la domanda posta sopra così: “Come si è posto Gesù nei confronti di persone altre, e che lezione possiamo trarre dal suo comportamento e dai suoi insegnamenti?”. Una donna irrimediabilmente persa Gesù è ospite di un ricco fariseo (Lc 7,3650). Una donna conosciuta da tutti come una peccatrice, entra nella casa, si siede ai piedi di Gesù, li cosparge di profumo e versa lacrime di commozione. E’ facile accorgersi che l’episodio intende porre a confronto due modi diversi di guardare. Di fronte alla stessa donna e allo stesso gesto, il fariseo vede la peccatrice e basta, Gesù invece scorge in lei il pentimento, la riconoscenza e l’amore. Perche questa differenza? Lo sguardo del fariseo è (doppiamente) deformato, e per questo è del tutto incapace di scorgere il gesto della donna nella sua verità. Egli si lascia condizionare dal fatto che quella donna e una peccatrice: legge il suo da Casa Madre - 9/09 gesto - quel gesto singolo e preciso - partendo da un giudizio generale già precostituito. Inoltre il fariseo è convinto che un maestro non debba lasciarsi avvicinare da una donna di malaffare. Prigioniero di un condizionamento nel contempo religioso e culturale che lo acceca, il fariseo non vede quello che Gesù vede. Anche Gesù sa che quella donna è una peccatrice, ma questo sapere non gli impedisce di comprendere che quel gesto va in senso contrario: esprime amore. Libero da schemi e da giudizi già fatti, stabili, Gesù è in grado di cogliere il gesto nella sua singolarità e, quindi, la donna nella sua verità: non solo capace di molti peccati, ma anche di molto amore. Lo sguardo del ricco fariseo non esprime accoglienza, né apre alla speranza, non libera la donna, ma la imprigiona nel suo passato, quasi identificando la sua persona con la sua condizione di peccatrice: e una peccatrice, non è capace di fare altro, e tutte le sue azioni devono essere guardate con sospetto! Invece lo sguardo di Gesù - lo sguardo di Dio! - esprime accoglienza, offre stima e fiducia, e non identifica la donna - né la sua persona né le sue intenzioni - con la sua condizione di peccatrice, E così le offre la gioiosa possibilità di cominciare una vita nuova. Un peccatore curioso Anche nell’episodio del pubblicano Zaccheo (Lc 19,1-10), gli sguardi si incrociano. Quello di un Zaccheo ostinato che si è cacciato in testa di vedere Gesù. E quello di Gesù che, anticipando quello di Zaccheo, gli mette dentro il desiderio della ricerca, e gli ha fatto cenno, rubandogli il suo segreto. Cristo non si lascia intruppare dalla folla di pregiudizi, e che suscita la parte migliore delle persone e la valorizza. Perché in ogni uomo c’è l’immagine di Dio, e ciascuno di noi ha il compito di arrivare a quell’immagine, risvegliarla e portarla alla luce. L’amore oltre il pregiudizio I due episodi ci consegnano un messaggio chiaro e stimolante: chi ama si ritrova le proprie facoltà dilatate, i suoi sensi acquistano una straordinaria capacità di penetrazione. E riesce a vedere nell’altro quello che gli altri non vedono. Chi non ama è sospettoso, malizioso, vede solo mediocrità, furbizia e cattiveria. Si dice, comunemente, che l’amore è cieco. In realtà, è l’unico che ci fa vedere benissimo, perché scopre cose che sfuggono a uno sguardo indifferente; riesce a vedere bellezze e ricchezze là dove gli altri non trovano che oscurità e fango. Cosa vedono gli altri in Zaccheo? Un essere miserabile, odioso, un ladro interdetto da Dio? E nell’adultera: una donna svergognata. L’altro è identificato con il suo comportamento, un’appartenenza religioso-culturale e con il suo peccato. Per tutti è pronta una condanna senza appello. Gesù ci insegna che non dobbiamo rassegnarsi al fatto che chi è “altro”, o per qualche ragione lo è diventato, debba rimanere tale. Gli episodi rendono bene il cambiamento avvenuto, per entrambi una sorpresa entusiasmante, sug gerendo paradossalmente che l’alterità di Dio, manifestata dallo sguardo misericordioso di Gesù, è ciò che fa la differenza radicale tra lui e noi, ed è esattamente la sua volontà che nessuno rimanga “altro” e venga perduto (Lc 19,10). Uno sguardo che scende in profondità E’ un Gesù che non si rassegna, ma spinge lo sguardo in profondità, oltre la crosta delle apparenze e/o del peccato e dopo aver superato il tunnel del pregiudizio sociale e/o religioso, lo posa su qualcosa di “intatto”, qualcosa che permette di stabilire un contatto, di iniziare una relazione. Un amore che scopre, sveglia, sollecita ed estrae la ricchezza sepolta sotto la coltre dei Non possiamo, e non dobbiamo annullare la differenza, bisogna “vederla” in modo libero senza condizionamenti, affinché diventi una ricchezza per tutti. A fronte della nostra e altrui miseria, dobbiamo adottare una linea squisitamente evangelica: dinanzi ai vari “Zaccheo”, occorre che ci poniamo dalla loro parte, che li amiamo. Se aspettiamo che cambino per amarli, non li ameremo mai. E’ solo amandoli che li renderemo migliori!. I gesti e le parole di Gesù sono improntate a un grande rispetto e profonda accoglienza. Mai una parola dura nelle sue domande e nelle sue risposte. Gesù salva perché “crea” delle persone nuove, offre una speranza certa per una vita nuova e diversa. Negli episodi esaminati, al di sopra di ogni altro tratto, c’è un atteggiamento costante di Gesù, cioè la sua “libertà” sia religiosa che culturale e la sua misericordia che sa distinguere chiaramente la situazione di peccato dal peccatore, né permette che il suo giudizio – che si tratti di ammonimento o di perdono – venga condizionato dalle opinioni comuni. L’esperienza di lasciarsi amare Il cristiano è portato dal Vangelo a vedere in se stesso il peccatore amato da Dio e per cui Cristo è morto: questa è l’esperienza di fede basilare da cui soltanto potrà nascere l’itinerario spirituale che conduce all’amore per l’altro! Scrive Paolo: “Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo peccatori e nemici, Cristo è morto per noi” (cfr. Romani 5,8-10). Nel Vangelo di Luca c’è un episodio molto toccante che illustra molto bene ciò che voglio esprimere: è l’episodio del rinnegamento di Pietro in Luca 22,54 – 62. Soprattutto quando si dice che: “In quell’istante, mentre ancora parlava, un gallo cantò”. In questo gallo che canta c’è la denuncia del peccato di Pietro: ecco dove sei da Casa Madre - 9/09 Da forestiero - Biennio di Interculturalità Gerico, nemmeno dai pregiudizi verso il piccolo “peccatore pubblico”, ma è libero e così si ferma “all’altezza” di Zaccheo. Perché lo ha amato. 7 Da forestiero - Biennio di Interculturalità 8 giunto, tu che credevi di possedere il Regno, il Vangelo, di essere il difensore del Maestro. Questa denuncia fredda, tagliente e accusatrice sarebbe terribile se non ci fosse, improvviso, lo sguardo di Gesù: “Allora il Signore, voltatosi, guardò Pietro, e Pietro si ricordò delle parole che il Signore gli aveva detto: “Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte. E uscito fuori, pianse amaramente”. Qui, finalmente, Pietro coglie che cosa è il Vangelo come salvezza per l’uomo peccatore, coglie il vero essere di Dio che non è uno che ci stimola a far meglio, non è un riformatore morale dell’umanità, ma è, prima di tutto, l’Amore offerto senza limiti, senza confini, il puro Amore gratuito di misericordia che non condanna, non accusa, non rimprovera. Lo sguardo di Gesù non è accusatore, né ammonitore; è semplicemente uno sguardo di misericordia e di amore. Nello sguardo è come se Gesù dicesse: “Pietro ti amo anche così, io sapevo che tu eri così e ti amavo sapendo che tu eri così”. Pietro fa l’esperienza, che forse è la più facile e la più difficile della vita, di lasciarsi amare. Fino a quel momento era sempre stato orgoglioso di essere lui il primo a fare qualcosa e adesso capisce che, invece, di fronte a Dio non può fare altro che lasciarsi amare, lasciarsi salvare, lasciarsi perdonare. Su questa esperienza della misericordia gratuita di Gesù verso noi peccatori si innesta la progressività di una maturazione umana che conduce ad acquisire il senso positivo dell’alterità, la capacità dell’incontro, della relazione e quindi dell’amore. Solo dopo aver fatto l’esperienza di essere stati amati gratuitamente dalla misericordia di Dio, sapremo andare oltre le apparenze, sentirci liberi da pregiudizi per amare e vedere in ogni persona, come Gesù nella peccatrice e nel pubblicano Zaccheo, un angolo protetto contro tutte le delusioni e le esperienze degradanti. Un ritaglio di speranza: di trovare qualcuno che ci guardi con gli occhi di Dio, che non si fermi alle apparenze, e nemmeno riduca la nostra esistenza a categorie che uccidono l’alterità. Speranza di poter da Casa Madre - 9/09 offrire la propria ricchezza umana e culturale senza la paura di essere giudicati. Speranza di ricominciare tutto da capo, di ripartire da zero. Speranza di essere finalmente capiti ed amati. Conclusione Tanto saremo liberi nel guardare gli altri quanto offriremo loro la possibilità di aiutarci a conoscere noi stessi, liberandoci dall’egoismo e dai pregiudizi nei loro confronti. La conoscenza di sé e della propria miseria se accompagnata dalla conoscenza di Dio, può divenire esperienza della grazia, della misericordia, del perdono, dell’amore di Dio. In sintesi gli stimoli e i suggerimenti pervenuti dalla scuola del vangelo degli incontri tracciano il cammino verso l’alterità in tre tappe inscindibili: la conoscenza della propria miseria, la conoscenza della misericordia di Dio e la conoscenza del valore dell’altro. Infatti la conoscenza di sé senza la conoscenza della misericordia Dio ingenera la disperazione, la conoscenza di Dio senza la conoscenza della propria miseria produce la presunzione, e la conoscenza dell’altro senza lo sguardo misericordioso di Dio crea l’emarginazione. Se io vedo un’altra persona in relazione con Dio prima che lui o lei siano in relazione con me, allora il mio approccio nei confronti dell’altra persona o cosa è decisamente diverso. Non è un mio possesso, non è qualcosa che io posso padroneggiare o divorare e giudicare dalle apparenze. E’ anzitutto qualcosa che appartiene a qualcun altro, e dunque io mi accosto all’altra persona come se mi inoltrassi in un territorio che è già abitato, e perciò con una misura di umiltà e di riserbo. E’ come dire, suppongo, che c’ è attorno alle cose e alle persone un mistero che la mia mente e la mia volontà non possono eliminare, non possono esaurire. L’alterità è questo mistero, che chiede rispetto. Senza questa base, o questo sfondo, da mantenere assolutamente, ogni relazione è a rischio, quella con gli altri come quella con Dio. L'Allamano e sr. Margherita Demaria p. Francesco Pavese, imc Sr. Margherita Demaria (1887 - 1964) è la prima e più stretta collaboratrice dell’Allamano nella direzione e formazione delle Suore Missionarie della Consolata, a partire dal 1913. Entrata nell’Istituto il 2 ottobre 1910, anno della fondazione, accolta direttamente dall’Allamano, ha emesso la professione religiosa il 5 aprile 1913. Dal maggio successivo, giovane di 26 anni, è stata posta dal Fondatore come sua vicaria per la cura della comunità di Casa Madre, incarico che ha svolto per poco tempo, perché alla fine dell’anno è stata destinata responsabile del gruppo delle prime missionarie partite per il Kenya. Per 34 anni ha lavorato in Africa, prima in Kenya, poi in Tanzania e Mozambico coprendo incarichi di responsabilità. Dal 1947 al 1958 è stata Superiora Generale dell’Istituto. Dopo alcuni anni trascorsi a Roma, come superiora della comunità, si è ritirata a Torino, ove è morta l’8 dicembre 1964. Figlia affezionata, coerente e fedele. Tra l’Allamano e questa sua figlia si è instaurata una bella intesa da tutti riconosciuta. Di lei è stato scritto: «Dal Fondatore stesso trasse quello spirito fervidamente missionario che informò tutta la sua vita. Mai si allontanò dai suoi insegnamenti e direttive, anche nei periodi più duri e difficili, più sconcertanti. Questo spirito ella seppe trasfondere nelle sue figlie in patria e all’estero». «Il suo ruolo fu, dal principio alla fine, quello di madre e guida – madre tenera, sollecita, comprensiva e guida corag giosa e intrepida». Lo stesso Fondatore ha riconosciuto questa sua ricca personalità, scrivendole nel 1914, mentre muoveva i primi passi di responsabile in Kenya: «Continua nel tuo metodo che trovo giusto. Continua il comando dolce, ma fermo». Che l’Allamano abbia scoperto presto il valore di sr. Margherita Demaria, convinto di poterla valorizzare come fidata collaboratrice all’inizio dell’Istituto delle missionarie, risulta da tanti piccoli particolari. Quando, nel settembre del 1912, si trattava di mandare un gruppo di otto suore, ancora novizie, a sostituire le Gaetanine per il servizio ai missionari nella nuova Casa Madre di via Circonvallazione (ora corso F. Ferrucci), lei è stata scelta come “superiora”. Quando il 5 aprile 1913, le prime 11 novizie hanno pronunciato i voti temporanei, «sr. Margherita si legge nelle Cronache - veniva invitata per la prima dal nostro Ven.mo Fondatore ad avanzare e pronunziare i voti». L’occasione che dimostra quanto sr. Margherita sia stata valorizzata è stata la nomina della prima superiora di Casa Madre, alla quale erano riconosciute le funzioni di vicaria del Fondatore stesso. Nel maggio del 1912, essendosi ormai costituita una piccola comunità di Missionarie della Consolata professe, si è ritenuto giunto il momento per Madre Celestina Bianco, che le Suore Giuseppine avevano gentilmente offerto all’Allamano fin dal 1910 per seguire da vicino le prime giovani aspiranti alle missioni, di ritirarsi per permettere che il nuovo Istituto procedesse con le proprie forze. L’Allamano stesso, parlando di questa situazione ai missionari, ne ha voluto spiegare il significato: «Alle Suore ho detto così: Tutte le cose devono cominciare, ma ora dovete vivere da voi, del vostro spirito. Gli altri possono portarci il loro spirito, ma non il nostro. E questo è per da Casa Madre - 9/09 Missionari insieme Un “sodo fondamento” delle Missionarie della Consolata 9 mettervi al corrente, è come si fa in famiglia. Tutti insieme, anche colle Missionarie della Consolata». Missionari insieme Ecco come le “Cronache” dell’Istituto riferiscono quell’evento: «[Quando Madre Celestina ci lasciò] noi ci trovammo sole in attesa che il nostro Ven.mo Padre ci donasse un’altra superiora. Non sapevamo ancora quale sarebbe stata, e neppure si cercava di indovinarlo, tenendoci ben disposte ad accettare cordialmente ed amare quella che sarebbe stata a tale ufficio chiamata. Eravamo in Chiesa a cantare il “Tantum ergo” solenne in musica, quando si sentì il nostro Ven.mo Padre entrare in casa e chiamare col timpano Sr. Margherita. Se prima cercavamo di tenerci santamente indifferenti sulla scelta dell’eletta, niente ci proibiva ora di dire il più sentito “Deo gratias” a Gesù Sacramentato che stava per benedirci, con la scelta di Sr. Margherita, certe che dopo la benedizione il nostro Ven.mo Padre ce la presentasse come nostra Vice superiora». 10 Sr. Margherita collaboratrice preparata dall’Allamano. La collaborazione tra Padre e figlia si è espressa anche in questo: l’Allamano ha seguito sr. Margherita con speciale attenzione per renderla sempre più idonea ai compiti che le aveva affidato. Si può dire che l’Allamano si è formata la prima collaboratrice secondo i suoi principi, garantendo così la riuscita della collaborazione. Lo faccio notare riportando qualche brano di lettere che il Fondatore ha scritto a sr. Margherita per darle istruzioni e per ricevere notizie e suggerimenti. Anzitutto prima che partisse per il Kenya. Da s. Ignazio, il 17 luglio 1913: «Ti ringrazio della lunga e dettagliata lettera. Sono contento del buon spirito che regna nella Casa. Essendo ancora su questa misera terra non mancheranno difetti; procuriamo almeno che, chi li ha, li conosca, se ne persuada e si metta con animo a correggerli. In ciò consiste la formazione dei soggetti. Quanto a te non inquietarti dell’aridità che provi nelle cose spirituali. Prendi ciò con pace dalla volontà di da Casa Madre - 9/09 Dio, il quale talora si nasconde per poco per provare la nostra fedeltà. […]. Parla pure in pubblico e in privato con ardore delle virtù e delle sante pratiche; il Signore applicherà il tutto a te». Specialmente sono interessanti, come esempi di collaborazione, alcune lettere scritte dall’Allamano a sr. Margherita in Kenya. Così il 16 maggio 1914: «Ho ricevuto la tua bella lettera e te ne ringrazio, godendo specialmente della piena sincerità e del modo minuto con cui mi scrivi. Si tratta del bene e non si deve aver paura di farmi pena. Sarebbe più doloroso se per non farmi dispiacere mi celassi qualche cosa. Vogliamo tutti il solo bene comune e di tutti». Ancora il 13 giugno successivo: «Ho ricevuto la tua lettera, e ti ringrazio di avermi scritto molto e minutamente. Credimi: è falsa compassione quella di non dir tutto per non rattristarmi. La verità tutta e sempre è la miglior consolazione per chi desidera il bene e così conosce le cose come sono. Come già ti scrissi, io non m’inquieto per certe miserie, anzi me le aspettavo. Ma passeranno con la grazia di Dio. È impossibile che gente la quale fece sacrifici per venire a salvare anime, non si scuota. […]. Fa coraggio a te e a tutte. Sono giovani, facili a scoraggiarsi, ma buona volontà è in tutte e il Signore le aiuterà». Due settimane dopo, la incoraggia ancora così: «Tu non scoraggiarti, e continua il comando dolce ma fermo; e non inquietarti quando ti scappa un po’ la pazienza. Il Signore aggiusterà anche i tuoi difetti e sbagli». È interessante notare come l’Allamano abbia assunto un atteggiamento tutto particolare, quasi ponendosi a fianco di sr. Margherita, lavorando insieme con lei per superare le prime difficoltà. Certe posizioni piuttosto odiose non le scaricava sulle spalle di sr. Margherita, ma le prendeva lui stesso da Torino, come risulta da questo scritto del 28 dicembre 1914: «Ti mando l’unita lettera per leggere alle Suore. Ti parrà un po’ severa; tuttavia leggila tutta a tutte. L’ho pensata e meditata ai piedi della SS. Consolata. Tu poi coraggio nel Signore, Egli ti sosterrà corporalmente e spiritualmente, come io Lo prego. Scrivi Sarebbe interessante riportare per intera la corrispondenza dell’Allamano con sr. Margherita durante il tempo trascorso in Kenya come responsabile. Si troverebbero numerosi dettagli che spiegano come due persone, così distanti per età e per spazio, abbiano potuto intendersi così bene e collaborare per impostare e sviluppare un progetto missionario tanto importante. Soprattutto si nota lo sforzo dell’Allamano di sostenere questa giovane collaboratrice, aiutandola a valutare con realismo le concrete situazioni proprie e delle missionarie. Così le ha scritto il 5 giugno 1919: «Tu fatti sempre coraggio col desiderio del perfetto, compatendo però e tollerando le miserie umane, operando sempre per diminuirle. Del resto non scoraggiarti dei tuoi difetti; il Signore che ti affidò l’incarico di dirigere le care suore ti sosterrà, ti illuminerà per il buon esito, e supplirà alla tua pochezza: coraggio!». Non potendo, dunque, dilungar mi nel riportare questo epistolario, mi limito a sottolineare il fatto che l’Allamano si fidava delle notizie ricevute da sr. Margherita, al punto che su di esse fondava le proprie direttive. Si veda, per esempio, fino a che punto chiedeva informazioni per valutare l’idoneità della missionarie in vista della professione perpetua. Scriveva il 7 novembre 1917: «Riguardo ai S. Voti perpetui, è mia intenzione di non ammettere le Suore se prima non avrò certe e minute informazioni di ognuna. […]. Tu intanto subito mettiti a farmi una relazione dettagliata di quelle che dovrebbero professare. Noterai il bene e il male, il profitto fatto o non fatto in questi anni; i loro caratteri, e se corretti o no; la seria speranza che danno d’un buon avvenire. Devi scrivere tutto, anche i dubbi; e aggiungerai il tuo giudizio». La chiarezza di collaborazione con sr. Margherita l’Allamano l’ha dimostrata anche dicendole chiaramente ciò che non andava. Si veda quanto le ha scritto, ovviamente in modo molto paterno, il 1 settembre 1921, rispondendo ad una sua lettera «Mi dici che ti pare di vedere Monsignore [F. Perlo] poco soddisfatto delle Suore nostre». Dopo aver precisato che a lui non pareva esatta questa impressione, continuava: «Di te poi parla bene; ed ha difficoltà di lasciarti venire in Italia. E per dirti tutto in Domino mi fece solo l’osservazione che dimostri un po’ di predilezione per le giovani e per quelle che sanno corteggiarti. Che ne sia, è bene che sappi questa impressione per togliere ogni pretesto di malumore». Una collaborazione a tre. Non posso tralasciare un particolare situazione che si è verificata, a questo livello, quasi unicamente nel caso di sr. Margherita. La sua collaborazione con l’Allamano, come si è visto, è stata totale e molto positiva per lo sviluppo dell’Istituto e delle missioni. Tuttavia, diverse volte questa collaborazione è stata mediata dal Camisassa. Si sa che il Confondatore interveniva in modo speciale nelle questioni che riguardavano le missionarie. Lo stesso Allamano si serviva di lui per comunicare con sr. Margherita, ascoltare le sue idee e riferirle le direttive necessarie. Missionari insieme sempre come vedi, e sta tranquilla». Alcune volte, inviava a sr. Margherita una lettera aperta, piuttosto severa, a qualche missionaria, incaricandola di leggerla prima e poi di consegnarla chiusa all’interessata. Così la sua collaboratrice non veniva tagliata fuori da certi processi piuttosto difficili. Per capire il ruolo del Camisassa in questa speciale collaborazione a tre riporto alcuni brani dei suoi scritti a sr. Margherita, scegliendoli tra i molti di questo genere. Ecco l’atteggiamento generale condiviso e seguito: «Il Sig. Rettore vorrebbe pure rispondere alla tua lettera del 4 agosto a lui diretta, ma non avendo tempo m’incarica di dirti soltanto queste cose». Più di una volta il Camisassa ha scritto a sr. Margherita a nome dell’Allamano, dopo avere conferito con lui. Non solo, ma anche sr. Margherita sapeva che le sue comunicazioni, anche senza doverlo dire espressamente, erano per entrambi, certo con le debite eccezioni: «Ricevetti la tua e ti lascio pensare con quanta mia soddisfazione. Almeno stavolta hai cominciato a scri- da Casa Madre - 9/09 11 Missionari insieme verci come desideriamo - Dico scriverci - perché quanto scrivi al Sig. Rettore s’intende anche a me, ché le tue lettere leggiamo sempre entrambi; a meno naturalmente che tu scriva cose intime, nel qual caso puoi ben pensare che il Sig. Rettore li tien per sé, e mi dice solo quel tanto delle tue lettere che ci interessa ambedue. Ciò sia per tua norma, ad evitarti la fatica di ripetizioni». «Le stesse tue ultime lettere han fatto al Rettore ed a me l’impressione che eri sofferente nello scrivere. E tu in tutto questo tempo neppure un accenno di tutto ciò!! [sr. Margherita non era stata bene] eccetto quella parola d’un “bubu” la notte prima di dar quel battesimo; ma poi più niente. Ti par che vada questo? Crederai sia virtù soffrire e tacere, ma ti assicuriamo che è maggior virtù dir tutto con noi (Dico “con noi”, ché fa lo stesso sia lo scrivi al Rettore che a me)». Ancora: «C’era quella lunga [lettera] a Padre, e si sa che era anche per me, dopo che egli vide che non conteneva cose tue particolari da non dire a me» 12 Il Camisassa si esprimeva liberamente, a nome dell’Allamano, anche quando si trattava di fare dei richiami: «Mi rincresce aver dovuto scriver un po’ forte, ma è proprio Padre che volle così». Soprattutto incoraggiava sr. Margherita a comunicare tutto con confidenza, perché le sue idee erano molto utili sia al Fondatore che a lui: «Ultima cosa che ti dico a nome del Sig. Rettore e mio s’è da continuar a scriverci a lungo e minutamente sullo stato morale e fisico di tutte costì: è per noi uno studio… ed una rivelazione, e fu appunto in base a queste relazioni, che non accettammo o congedammo qui alcuni soggetti». «Delle miseriuccie che scrivi a Padre… ti risponde di nuovo egli stesso… e tien preziose le sue lettere perché ne scrive tanto poche!». Incontro a Torino. Ad un certo punto, l’Allamano ha sentito il bisogno di conoscere meglio di persona, e non solo per corrispondenza, la situazione delle missionarie in Kenya. Così ha pensato di richiamare temporaneamente sr. Margherita in Italia. Ecco come glielo ha comunicato il 30 novembre 1919: «Già avrai saputo del mio desiderio di farti tornare fra noi; ma ciò non sarà che al da Casa Madre - 9/09 ritorno di Monsignore dall’Italia, cioè verso l’autunno del 1920. In questo tempo potrai pensare a chi potrà sostituirti come superiora. A noi parrebbe Suor Agnese, la quale oltre l’anzianità ha buon spirito; prima d’allora Dio ci illuminerà». Sr. Margherita, in una relazione del 1956 al Postulatore p. G. Fissore, ha offerto la spiegazione di questo suo rimpatrio: «Obbligato dopo pochi anni dalla nostra formazione a farci partire nel 1913 e nell’impossibilità di recarsi Lui stesso in Africa per vedere di presenza la nostra sistemazione e l’impostazione del nostro lavoro missionario, il Fondatore mi chiamò in Italia alla metà del 1922, per sapere con precisione come ci trovavamo nelle missioni». Giunta a Torino, corse subito ad incontrare l’Allamano. È commovente come lei stessa descrive l’incontro con il Padre: «E dal Santuario passai alla casa del Convitto, ove trepidante dalla commozione, attendevo il nostro Veneratissimo Padre. Non si fece attendere, e scese le scale. Io non resistetti ad aspettarlo in parlatorio, ma gli mossi incontro nel porticato. Caddi ai suoi piedi, gli baciai la mano, e gli occhi mi si riempirono di lacrime. Egli col suo occhio vivo, penetrante, affettuoso, mi fissò bene in viso, poi mi disse: “Sì, sì, sei ancora tu, sei sempre tu”». Durante i mesi trascorsi a Torino, tra l’Allamano e sr. Margherita ci sono stati diversi incontri e si accordarono su tutto. A quel punto la loro collaborazione aveva raggiunto il massimo livello. Rimandandola in Kenya, il Fondatore ha confidato alle missionarie il suo stato d’animo con queste significative parole: «Vi rimando la Superiora Sr. Margherita, sebbene abbia bisogno del suo aiuto in Casa Madre. So che la stimate e l’amate, e se lo merita. Non mi sento di privarvi di tanto conforto per procedere nella via che ben conducete. Ascoltatela e ubbiditela, anche per consolarla nel grave peso che sostiene». p. Salvador Medina, imc La visita: una experiencia humano-cultural La visita, como experiencia humana y por lo tanto cultural, es también una actividad divina de consolación-liberación, según los escritores bíblicos. Todas las personas y los pueblos visitan y son visitados, pero no todos visitan lo mismo. Cada persona, familia, grupo o pueblo tiene su estilo y manera de visitar y de acoger. El próximo Domingo 13 de julio de 2009 nos encontraremos en Guayaquil - Ecuador con los dos misioneros visitadores canónicos, P. Stefano Camerlengo, Vice-superior General y P. Antonio Fernandes, Consejero General para América. Ellos vienen en nombre del Superior General, P. Aquileo Fiorentini y su Consejo. En ese espíritu de comunión los recibimos y acompañamos para que se puedan encontrar con cada misionero y cada comunidad en sus respectivos contextos Les damos la bienvenida, lo mismo que a la Superiora General, Madre Gabriela Bono y la Consejera General Hermana Simona Brambilla, quienes ya están adelantado la visita a las misioneras y con quienes nos encontraremos el 26 - 27 de julio, en Puerto Leguízamo y haremos un Consejo conjunto. La Dirección General - PP. Stefano Camerlengo y Antonio Fernandes - continúan su viaje apostólico, animando y exhortando a cada misionero y sus comunidades a experimentar la compañía del Señor Jesús para alimentar el amor su misión y vivirla en “equipo”, como familia de la Consolata. En Bogotá, sede de la Dirección y la Administración Regional, en donde se trabaja generosamente al servicio de los misioneros, del Instituto y de la Región, visitaron la Casa Regional, la Parroquia Madre de las Misiones de Modelia, el Centro de Misión Culturas José Allamano, la Fundación para la Reconciliación, el Colegio Bilingüe José Allamano. Un encuentro comunitario, cargado de realismo y esperanza, concluyó la visita y despidió a los visitadores que, de noche y con la maleta en la mano, partieron, en la misma Bogotá, para las Comunidades Formativas del Filosófico y el Teológico. La Filosofía, como etapa formativa, se desarrolla en Bogotá, barrio Ciudad Jardín, teniendo como sede de estudios el Seminario Mayor de la Arquidiócesis de Bogotá, respaldado académicamente por la Pontificia Universidad Blovariana. Son cinco los jóvenes estudiantes que viven en esta comunidad. En la sede de Medellín quedan dos estudiantes, uno de los cuales hace el Postulantado. Otro joven, de esta misma etapa de la Filosofia, curso sus estudios en la Universidad Javeríana en la modalidad virtual (vía Internet), vive con su familia, trabaja como taxista y es acompañado por los formadores en su proceso. Lo mismo hace otro en Neiva, mientras estudia enfermería. En total son nueve los jóvenes de esta etapa. Quiera Dios que esta apertura a otras formas de formación se consolide y de sus frutos. A partir de la Comunidad del Filosófico, mediante un equipo integrado por la Familia Consolata (religiosos/as consagrados y laicos) se anima y coordina también la Animación Misionera y Vocacional, lo mismo que la comunicación para la misión. Para continuar la visita en la Comunidad Formativa del Teológico, ubicada en el barrio el Vergel, caminamos durante 25 minutos y llegamos a la primera sede de la Familia Consolata en Colombia. Diálogos con cada uno de los jóvenes profesos y sus formadores y el párroco de la Parroquia de la Consolata, encuentros la comunidad cristiana y las las Misioneras de la Consolata. Toda esta intensa actividad de los visitadores permitió revivir, con gratitud, la historia construida por tantos antepasados, vivenciar el presente en construcción y soñar el futuro por venir. En relaidad la Comunidad del Teológico, en su conformación internacional e intercultural, nos lleva a reconocer el don y la responsabilidad de este nuevo tiempo, cargado de dificultades, desafíos y posiblilidades. La interculturalidad, la globalización, la continentalidad y los contextos locales desafían la IDENTIDAD del Instituto y replanean su visión y misión, tanto al interior del propio Instituto como hacia afuera, hacia la misión ad gentes en y desde este Contente. !Que el Paráclito nos inspire y acompañe, para que fieles ala carisma legado por José Allamano, sigamos construyendo el Instituto desde la misión!. da Casa Madre - 9/09 Attività della Direzione Generale El Dios visitador inspira nuestra visita canónica 13 Diario della Casa generalizia Luglio-Agosto 2009 Casa Generalizia p. Michelangelo Piovano, imc 14 Luglio 2009 Con il mese di luglio iniziamo ad arrivare in casa i missionari che parteciperanno al Corso di aggiornamento per i missionari giovani. I primi ad arrivare sono padre Carlos Osorio e Vilson Jochen: iniziano subito a partecipare ad un Corso di lingua italiana per poter fare meglio il Corso che inizierà alla metà di agosto. Sabato 4 luglio terminano le riunioni del Consiglio generale. Iniziano anche le partenze dei Consiglieri e dei confratelli che hanno scelto di fare alcuni giorni di vacanza in questo periodo o di aiutare in alcune parrocchie nelle quali è stato chiesto il nostro servizio. Domenica 12 luglio Padre Camerlengo parte per la visita canonica in Colombia e Equador dove già lo attende padre Fernandes. Il 18 luglio è la volta del Superiore Generale per la visita canonica nella Casta d’Avorio. Anche lì già è atteso da Padre Ouma. Lo stesso giorno partono anche P. Marini e P. Cogliati, amministratore generale, per una visita di ufficio alle regioni del Tanzania e Etiopia. Giungono in comunità Padre Cyprian Brown e P. Jackson Murugara destinati per un periodo di studio alla Casa Generalizia. Il 20 e 21 luglio arrivano altri tre confratelli per il Corso dei Missionari giovani: P. Jorge Guillerme e P. Guillermo Pinilla dal Mozambico, P. Nestor Nkulu dal Congo. Durante quasi tutto il mese il caldo si fa sentire con forza. Quando abbiamo un po’ di tempo passiamo alcune ore al mare a Passoscuro alla ricerca di un po’ di fresco e riposo. Sabato 25 luglio viene con noi al mare anche P. Paco, consigliere generale, che cucina per noi una buonissima “paella” accompagnata da una rinfrescante “sangria”. Sempre in questo mese la città di Roma ha ospitato due grandi eventi a livello mondiale: l’incontro del G8 tenutosi all’Aquila, ma con vari eventi e visite in città e in Vaticano, causando alle volte alcuni problemi al traffico cittadino. L’altro grande evento di fine luglio-inizio agosto sono stati i campionati mondiali di nuoto e dei gio- da Casa Madre - 9/09 chi acquatici. Anche questo ha portato in città movimento, turisti e soprattutto molti giovani di varie nazionalità. Agosto 2009 Il cosiddetto mese delle ferie qui in Italia è anche un mese di maggior tranquillità a Roma nella Casa Generalizia. Nella prima quindicina del mese continuano ad arrivare i missionari giovani che prenderanno parte, a Nepi, al Corso di aggiornamento. L’ 8 agosto ritorna dalla Costa d’Avorio il Superiore Generale, dopo aver concluso la visita canonica. Padre Ronco predica, in Svizzera, un Corso di Esercizi Spirituali ad un gruppo di Suore di san Pietro Claver. Celebriamo la Festa dell’Assunta in comunità, presiede l’Eucarestia P. Jackson Murugara, che in questa data festeggia i suo ottavo anniversario do ordinazione sacerdotale. Il 17 agosto i Missionari venuti per l’aggiornamento partono alla volta di Nepi per unirsi alle Missionarie della Consolata che faranno con loro il Corso che durerà fino alla fine di ottobre. In questo primo momento sono anche accompagnati da padre Paco Lopez, consigliere generale e i padri Ronco e Rovelli del Segretariato per la missione assieme ad una equipe delle missionarie della Consolata. Il Corso inizia ufficialmente con la celebrazione eucaristica presieduta dal Superiore Generale. Registriamo anche la partecipazione di Padre Stephen Korambu ad un Pellegrinaggio a Medjugorge dal 13 al 18 agosto come guida spirituale di un gruppo di pellegrini. Il 25 agosto salutiamo P. Matthieu Kasinzi in partenza per Djibouti dove è stato destinato a lavorare. Padre Kasinzi ha concluso in giugno il Corso di Islamismo e Studi arabi presso il PISAI. Gli auguriamo un buon lavoro missionario in questa realtà dove la missione è fatta soprattutto di testimonianza, carità e dialogo. p. Fernando Vitorino Moreira Rocha, imc falar da interculturalidade, mas como a vivemos a nível pessoal, comunitário e de missão neste contexto amazônico. Pensamos um encontro que seja participativo e também iluminado pela palavra de Deus a partir da pessoa de São Paulo. Depois refletiremos outros temas como: formação, centro cultural, administração, México e acompanhamento dos Conselheiros por áreas (Indígena, Formação e AMV Periferias, Justiça e Paz). Lembramos a todos a Ordenação Sacerdotal do Diác. Bento Eugénio dia 28/06. Acompanhemos este nosso irmão, que foi destinado a nossa Região, com a oração neste momento tão importante da sua vida. Para todos votos de bom trabalho missionário com as bênçãos da Consolata e do nosso Pai Fundador. No dia trinta de Maio, a comunidade formativa de Santa Etelvina teve alegria de receber os jovens da Área Missionária Imaculado Coração de Maria, Santa Etelvina em sua casa, para celebração da vigília de pentecostes. Junto com eles estavam presentes, Pe Rogério, o responsável da área, o Pe Sandro, seu auxiliar, Irmãs Bárbara e Lourdes da congregação Irmãs Franciscanas de Maria. Os propedêuticos Sebastião e Hugo ajudaram na animação. A celebração, em forma de uma caminhada, destacou três partes principais. A primeira parte, depois da acolhida e animação, foi uma reflexão sobre o Espírito Santo. Para ajudar nessa reflexão, os jovens apresentaram, em forma de precessão, a bandeira do Espírito santo cercado por sete tochas. O padre Rogério convidou a assembléia a refletir sobre as situações da área e do bairro, que precisam a intervenção do Espírito Santo. Seguiu-se um momento de silêncio e preces. A segunda parte foi a recordação dos eventos da Páscoa. Os jovens da comunidade Nossa Senhora conceição iniciou-a com uma música do Espírito Santo dançada. A peça teatral da paixão de Cristo, pelos jovens da comunidade Nossa Senhora de Fátima, foi o ponto culminante dessa parte. Ela prolongou-se até a descida do Espírito Santo sobre os Apóstolos, isto é, a dramatização do segundo capítulo dos Atos dos Apóstolos. da Casa Madre - 9/09 Amazonia Caríssimos Missionários/as, paz e bem. No mês de Agosto teremos entre nós o grupo Impegnarsi Serve, que virá novamente para conhecer a vida e a missão dos Missionários da Consolata e construir pontes de solidariedade com as nossas missões através do apoio a projetos de trabalho missionário. Integrada a este grupo virá a sobrinha do nosso Pe. Calleri, para conhecer a Região onde o tio ofereceu a vida pelos povos indígenas. No dia 28 de Julho o nosso formando Antônio José começará uma nova etapa de sua formação com o postulantado. Pedimos ao Senhor que este seja um tempo de compromisso para descobrir e acolher a vontade de Deus que o convida a consagrar a vida ao serviço do Reino. Acompanhemos este nosso irmão com nossas orações nesta etapa tão importante da sua formação. Também chegou em nossa Região o padre Dennis Bernard Ofwono. A este nosso irmão damos as boas vidas entre nós e que o passamos acolher com alegria e carinho. Nos primeiros tempos permanecerá na comunidade de Santa Luzia em Manaus, por motivos de praticidade no aprendizado da língua portuguesa. Em nossa reunião de conselho pedimos que possa ser bem acolhido e acompanhado numa comunidade, através da pessoa de um missionário. Que toda a sua documentação seja logo resolvida o que na verdade já aconteceu. Possa iniciar de imediato o estudo da Língua Portuguesa através de um curso. Participe às Terças e Quintas nos encontros do FAS no SARES sobre a realidade local. Possa começar sua inserção nos trabalhos missionários locais, acompanhando e participando lentamente da vida de nossas comunidades de Manaus. Lembramos nosso encontro Regional de 15 a 18 de Julho que terá como grande tema de reflexão a interculturalidade. Este momento foi organizado com um painel de representantes indígenas, ribeirinhos, rurais e de periferia. Havendo a possibilidade de perguntas. Depois teremos momentos de reflexão individual, de grupo e plenário. O objetivo não é tanto Vita nelle Circoscrizioni Carta aos missionarios 15 Brasile Brasile: Retiro anual e assembléia regional p. J. M. Pessatti, imc Vita nelle Circoscrizioni Concluida a Visita Canônica às comunidades da Região, Pe. Stefano Camerlengo (Vice-Superior Geral) e Pe. Antônio Fernandes (Conselheiro do Continente América) pregaram o retiro aos missionários, durante os dias 18-22 de maia, no Centro Missionário “José Allamano” (Pedra Branca), em São Paulo. A presença e participação dos missionários da Região praticamente foi completa. 16 Pode-se dizer que este retiro foi “diferente” dos retiros de anos anteriores, especialmente pelo método que foi adotado e pela apresentação dos temas. Os participantes foram envolvidos nos assuntos práticos referentes à missão, à vida missionária. Uma boa oportunidade para reavivarmos nossos compromissos assumidos, alguns dos quais, talvez, já cobertos por um pouco de pó... Na manhã de 22 de maia, data do encerramento da Visita Canônica, Pe. Stefano nos levou a fazer uma longa reflexão sobre a situação atual da Região do Brasil. Começou a dizer como ele e Pe. Antônio Femandes viram e sentiram esta situação, depois de percorrer todas as comunidades e ouvir todos os missionários. A Visita nos deixou também algumas orientações, que serão objeto de aprofundado exame e averiguação, em vista do futuro trabalho a ser realizado na Região. Convidou- nos a “retornar ao entusiasmo inicial”, a interrogarmo-nos sobre a nossa missão, a assumirmos o “empenho vocacional”, a trabalhar pelas vocações, a “abandonar velhos esquemas e velhas presenças” não condizentes com a missão dos tempos atuais. Por fim, agradeceu pela acolhida fraterna recebida, pelo interesse que todas as comunidades demonstraram na preparação da Visita Canônica. Após esta reflexão, houve espaço para perguntas de esclarecimento. À tarde do dia 22 de maio, inicio da ASSEM- da Casa Madre - 9/09 BLEIA REGIONAL, que ocupou também a manhã do dia seguinte (23 de mato). Foi presidida pelo Superior Regional (Pe. Lirio Girardi), coordenada pelos Padres Jaime Carlos Patias e Stephen Erastus Murungi, e secretariada pelos Padres Patrick Gomes Silva e José Tolfo. Padre Jaime explicou qual o procedimento a ser seguido na execução dos trabalhos. Foram organizados cinco grupos de trabalho, com a tarefa de responder a várias perguntas referentes a assuntos importantes da vida da nossa Região. As sugestões surgidas nos grupos foram depois apresentadas e debatidas em plenário. Constatou-se que o tempo reservado à assembléia foi curto, não tendo sido possivel aprofundar todos os temas constantes na pauta; por isso, a Direção Regional foi autorizada a “convocar” os missionários da Região, para dar prosseguimento ao trabalho da assembleia e tomar as decisões através de votações, caso julgasse necessário. p. Leonel Narvaez, imc Apreciados amigos: por el significado histórico que tiene la apertura del Centro de Reconciliacion en San Vicente del Caguán (posteriormente en Cartagena del Chairá), pueblos trágicamente heridos por la violencia, me permito compartirles unas pocas fotos seleccionadas de este gran evento, ocurrido el dia 3 de Junio de 2009. Se involucraron todas las instituciones eclesiásticas y civiles de San Vicente al igual que las Parroquias vecinas, se hizo un valioso concurso de murales sobre el perdón y se realizó el envío de 80 animadores de las Escuelas de Perdón y Reconciliacion ESPERE. Todo ha sido posible gracias al entusiasmo y compromiso del Señor Obispo y de sus sacerdotes e instituciones. Cada vez más experimentamos el poder y los milagros del perdón, como eje nucleador del evangelio de Jesús. Que la Consolata nos siga bendiciendo y guiando. The hospital and its environment Vita nelle comunità Apertura centro de reconciliacion en San Vicente del Caguan p. Sandro Nava, imc The history of Consolata Hospital of Ikonda started on 25th February 1961 when Bwana Kiluswa, Executive Officer, Ukinga Chiefdom wrote a letter to the Missionary i/c, Benedictine Fathers, R.C.M Sunji, Lupila asking for a New Mission Hospital in Ukinga. This is part of the letter of Bwana Kiluswa: “Reverend Sir, on behalf of the Wakinga I am writing this letter to ask your Mission to establish a Mission Hospital in the Ukinga Chiefdom. Ukinga, within the last thirty years has experienced a very small increase in population…. This has been caused by medical deficiencies in the Chiefdom. A great number of deaths both of infants and grown-ups has taken place…. The Wakinga will highly be thankful to your Mission if this request is met with cordial thought.” The parish priest of Sunji sent the letter to Abbot-Bishop Eberhard Spiess OSB, of Peramiho who wrote (18th March 1961) a letter to the Bishop Beltramino of Tosamaganga explaining to him that the right place to build a hospital will be Kisinga Mission that it is more in the centre of the Ukinga. Because of the heavy expenditure of establishing a proper hospital, the Bishop Beltramino and the Consolata Fathers Superior asked help to the General Superior of Consolata Fathers in Turin asking for support. The answer from Turin was positive and the Executive Officer of Ukinga Chiefdom was informed by Fr. Pagani, parish priest of Kisinga. On 4th October 1963 the Right of Occupancy of 60 acres of land for the construction of the Consolata Hospital of Ikonda was approved and the construction of the hospital started. At the end da Casa Madre - 9/09 San Vicente del Caguan The Consolata Hospital Ikonda is in Makete District, in the Iringa Region. It is one of the three Hospital of the District; the other two are, Lutheran Hospital Bulongwa and the Makete District Hospital. The Consolata Hospital of Ikonda is in the Southern Highlands of Tanzania, 2050 m. above sea level. It has a good annual rainfall. 3.1 HISTORY 17 Barquisimeto of the 1968 the Consolata Hospital had 60 beds, houses for fathers, sisters and doctors. The Consolata Hospital of Ikonda was inaugurated by the President of Tanzania, Julius K. Nyerere on 7th October 1968. Since then the Consolata Hospital experienced different collaborations with many Organizations and volunteers doctors. Since 2003 the Consolata Fathers started a new programme for rebuilding the hospital and for requalification and preparation of new staff. This programme should finish in 2011. From 1965 to 2007 the Medical staff of doctors from abroad was as follow Vita nelle comunità Doctors from CUAMM Italy 1965 to 1994 Doctors from Cuba 1996 to 1999 18 Doctors from Medicus Mundi, Spain 1995 to 2001 Doctors from Germany ( Dr. Gerold Jaeger and Elizabeth) 2004 to 2007 Dr. Manuela Buzzi from 2006 Nurse Midwife Lucia Monselesan 2008 The Hospital has appreciated the medical services done by these Doctors in different departments of the Hospital, Theatre, Wards, Maternity, OPD, Pharmacy, Administration, RCH activities, School Medicines Programs, AIDS prevention activities and community Health Education including supervision of peripheral dispensaries. Once more again the Hospital thanks them a lot for their best services and financial support to our Hospital. God bless and pay them a hundred for their tremendous help to Tanzanians. Un camino con la pastoral juvenil p. Carlos Ferreira Dos Santos, imc Abril: 5 al 11. “PASCUA MISION 2009” Con la semana importante, la semana mayor y después de una preparación previa, el domingo 5 de abril se inició la “PASCUA MISIÓN 2009” en La comunidad Las Margaritas, con un equipo bastante misionero donde se reflejaron varios temas durante toda la semana, entre ellos LA MISION Y EVANGELIZACIÓN, EL NAZARENO, LA PASIÓN MUERTE Y RESURECCIÓN, entre otros. Cada día se comenzaba con una oración con diferentes motivaciones, los días estuvieron llenos de diferentes animaciones, con desayunos, almuerzos y meriendas muy ricas para más de 60 jóvenes que participaron con mucha alegría durante toda la semana. Luego de una mañana de formación siguiendo con el almuerzo se dividieron en grupos estos 60 jóvenes con el nombre de los países donde hace presencia el Instituto Misioneros De la Consolata, para luego salir en la tarde llenos del da Casa Madre - 9/09 Espíritu Santo para todas la comunidades de la parroquia Santo Domingo (Clavellinas, Tierra negra, los Próceres, José Gregorio Bastidas y la misma comunidad de la Margaritas) comunidades que son de bajos recursos donde se refleja la pobreza y la humildad de las personas; luego de la evangelización llegaban estos jóvenes cansados, sudados pero con gran alegría por tantos sentimientos encontrados en cada hogar que tocaban sus puertas..se concluía cada día con una gran merienda. Esta pascua tuvo como objetivo principal: motivar al joven para que descubra su vocación misionera en medio de las realidades de nuestra parroquia. MAYO: 23. Comunidad Impulsada por el Espíritu Santo Esta tercera convivencia estuvo llena de mucho movimiento; como tema principal “COMUNI- VIGILIA. *¡Gran Fiesta Misionera!*. Llego la gran fiesta esperada por las comunidades que hacen vida en la parroquia Santo Domingo de Guzmán, fiesta iniciada con una vigilia en la que el colorido y los símbolos se hicieron manifiestos; entre luces tenues los momentos se fueron viviendo con gran energía y alegría en el Espíritu Santo, Renovando la fe, la esperanza, y sobre todo nuestro sentido misionero. Con animación, cantos, formación, adoración, sanación, explicación de dones y símbolos el Espíritu Santo, cada una de los hermanos que participaron se dejaron impregnar de la alegría y el gozo del Espíritu. Se pudo sentir y vivir el sentido de iglesia, de unidad, comunión con cada unas de las comunidades y capillas de la Parroquia, colocando su corazón y un granito de arena, para que todo se viviera al máximo, dando a conocer los dones que el espíritu coloca en cada unos de ellos. La participación entu- siasta de los jóvenes fue fundamental durante el desarrollo de la vigilia. Obras de teatros, danzas, monólogos, mimo, entrevistas, en fin, varios talentos de cada comunidad: el ujano, tierra negra, las margaritas, las urbanizaciones, fueron dando la explicación de todos los símbolos y dones del Pentecostés. Sintiendo que Jesús esta con nosotros y que nos da su Espíritu dejemos que él nos empuje a la misión, para salir y gritar sin miedo que Jesucristo ha resucitado. “Viva el Espíritu Santo en la Iglesia y en nuestras vidas” PASEO. ¡PA’ Cubiro fuimos! El equipo de animación misionera del CAM, con el objetivo de compartir y hacer un mejor convivir entre los integrantes de dicho equipo, organizó un paseo que fue a todo dar; se vivió la misa del Domingo con la Solemnidad del Corpus Cristi a las 7:30am en la parroquia Santo Domingo de Guzmán y luego partimos para las acogedoras lomas de Cubiro Ubicada en Quibor Municipio Jiménez, con un clima muy fresco, jugamos, corrimos, rodamos por las lomas, montamos a caballo jóvenes y adultos con espíritu de niños convirtiéndose así en un momento agradable, divertido y alegre entre los miembros de este equipo. Luego se preparará para la Playita no se lo pierdan…! FIESTA DE LA CONSOLATA. Con una Eucaristía y un sentido homenaje a María Consolata celebramos su día en el Centro de Animación Misionera. En una celebración muy familiar con amigos y allegados este día recordamos que Nuestra Madre siempre estará para acogernos y darle consolación a nuestra vida. Te Amamos Virgen Consolada y Consoladora! p. Luca Bovio, imc gio che ci provocano solo al sentirle udire. Auschwitz è una di queste. Vi confesso che ho pensato parecchio prima di scrivere questo articolo. Ho dovuto, anzitutto, vincere delle resistenze inter- da Casa Madre - 9/09 Warsawa Visitando Auschwitz Ci sono parole che, quando le ascoltiamo, suscitano in noi una specie di disagio, quasi un sentimento di repulsione. Se le potessimo allontanare da noi, o meglio cancellare, lo faremmo, tanto è il disa- Vita nelle comunità DAD IMPULSADA POR EL ESPIRITU SANTO”, en preparación a la gran fiesta de Pentecostés. Estuvo muy colorida y con gran animo, el tema formativo estuvo muy dinámico, y pudimos reflexionar sobre los empujones que nos da el Espíritu Santo, y también de como prepararnos y como vivir la vigilia de Pentecostés como fiesta misionera; estos temas se dieron a conocer por Ysidmar Yépez, Fredmar Pulido, Sorangel Ceballo, P.Charles Gachara y Charles Guillén. Estuvieron 18 jóvenes de la parroquia Santo Domingo de Guzmán, y participantes de otras parroquias, ya que esta convivencia fue abierta para que recibieran esta importante formación. Nuestro tercer encuentro concluyo con gran alegría en el Espíritu Santo, viviendo como familia la alegría de ser jóvenes misioneros. 19 Warsawa Vita nelle comunità 20 ne che mi dicevano di tenere per me quello che ho visto, visitando questo luogo. Poi pensavo anche alla reazione che tante persone potevano avere nel leggere particolari storici veri ma orribili e raccapriccianti… All’interno di un blocco del campo c’è una frase di Primo Levi: Visitatore osserva le vestigia di questo campo e medita: Da qualunque paese tu venga, tu non sei un estraneo. Fa che il tuo viaggio non sia stato inutile, che non sia stata inutile la nostra morte. Per te e per i tuoi figli, le ceneri di O?wi?cim valgono di ammonimento: fa che il frutto orrendo dell’odio, di cui hai visto qui le tracce, non dia il nuovo seme, né domani né mai. Così per far sì che anche il mio viaggio non sia stato inutile, forte anche della mia vocazione che mi porta a credere nella speranza anche e soprattutto nelle situazioni più disperate, mi sono fatto coraggio e ho deciso di raccontarvi ciò che ho visto ad Auschwitz. Auschwitz, il nome è tedesco mentre il nome originale polacco di questo luogo è O?wi?cim. Si trova ad est di Cracovia a circa 70 km. Appena arrivati c’è una biglietteria che dà delle informazioni generali sul luogo e alcuni cenni storici. L’ingresso al campo è gratuito. Scopro subito che Auschwitz ha due campi di concentramento; uno, il primo e il più antico, è quello che sto per visitare, il secondo molto più grande si chiama Auschwitz-Birkenau e si trova a un paio di chilometri da qui. Anche questo è aperto e si può visitare. Entro per il cancello principale passando sotto la famosa scritta in tedesco Arbeit macht frei, Il lavoro vi farà liberi. Un cartello spiega che da qui, ogni giorno, i prigionieri entravano e uscivano dal campo per lavorare nei pressi del campo stesso. Questa scritta voleva suscitare nei prigionieri un maggiore impegno nel lavoro, nella speranza un giorno di essere liberati come ricompensa dello sforzo fatto… Si conta che in questo campo furono più di 1.300.000.000 i prigionieri deportati. Si salveranno poche migliaia. Qualcuno riuscì ad evadere da qui? Pochi, pochissimi. Leggo che quando qualcuno riusciva a fuggire, per punizione venivano arrestati i suoi familiari e portati nel campo costretti a lavorare. I familiari venivano contraddistinti con un speciale simbolo, che informava il motivo per cui erano nel campo: parenti di qualcuno che era riuscito a fuggire. Lo scopo era chiaro: scoraggiare chiunque a tentare la fuga. Proseguo la visita passando tra i numerosi bloc- da Casa Madre - 9/09 chi che costituiscono il campo. Sono costruzioni in mattone, identici nelle misure e nelle forme, ma con diverse funzioni. Diversi blocchi contengono esposizioni dei paesi da cui provenivano il maggior numero di prigionieri: Polonia, Francia, Ungheria, Repubblica Ceca, Italia,…Il blocco numero 11 è chiamato “blocco della morte”. E’ aperto e molto descritto. Appena entrati in una prima stanza, avveniva il riconoscimento del prigioniero davanti a una specie di tribunale che decideva le sorti. Nel caso di colpevolezza si accedeva nella stanza a fianco dove ci si svestiva e si veniva preparati all’esecuzione eseguita all’esterno, dove ancora oggi si può vedere il muro. Nel piano sotterraneo di questo edificio ci sono delle celle, alcune delle quali disumane per la piccolezza. Qui trovò la morte S. Massimiliano Maria Kolbe, che si sacrificò al posto di un papà. Nella stessa cella, al centro, si nota un cero lasciato dal Papa Giovanni Paolo II venuto qui in preghiera. Sempre in questo luogo avvenivano gli esperimenti più terribili sui corpi dei prigionieri e delle prigioniere. Negli altri blocchi, quasi tutti aperti, sono allestite diverse mostre che espongo qualcosa di ciò che resta dei prigionieri, vestiti;piatti, senza i quali non si aveva il diritto alla razione quotidiana di cibo; bagagli; le scarpe e altro ancora…Soltanto in questo campo c’era la consuetudine di tatuare con un numero il prigioniero, questo perché il numero delle morti era così elevato che diventava difficile tenere in ordine i registri. Prima di uscire, nella parte opposta, ci sono le tristi camere nelle quali avvenivano le uccisioni per gas e l’incenerimento dei corpi. Lì mi fermo solo pochi secondi. Arrivato come a una specie di culmine della visita, in un crescendo di brutalità e orrore, non voglio aggiungere dolore a dolore… Si legge nelle cronache, che nel gennaio del 1945, mese in cui l’armata russa entrò nel campo per liberarlo, i soldati trovarono poche migliaia di uomini e donne, alcuni dei quali senza la forza di stare in piedi, pesavano 25-26 chili. Sono i pochi sopravissuti e sono la memoria vivente di questo luogo. Difficile trovare parole adeguate per esprimere ciò che si prova dopo aver visitato il campo. Difficile capire la quantità di odio e di male che si è abbattuta in questo luogo. Si rimane allibiti e ci si chiede come è stato possibile tutto questo? Auschwitz purtroppo non è l’unico ma uno dei tanti campi sul territorio polacco. memoria ma di tramandarla, anche nella sua crudezza. Allora il viaggio in questo luogo non sarà stato inutile, come non furono state inutili tutte le morti avvenute qui, così come si auspicava Primo Levi. Se avete l’occasione di visitare il campo di Auschwitz, vi consiglio anche di visitare a pochi chilometri presso una parrocchia francescana ad Harm??e la mostra, Kliscié della memoria: i labirinti di Marian Ko?odziej. E’ stata realizzata da una persona, ancora vivente, che ha vissuto per ben cinque anni in diversi campi tra cui quello di Auschwitz come deportato. Attraverso dei disegni, e soprattutto il particolare dei volti, esprime tutto il male che ha visto attorno a sé e che lo ha accompagnato per tutta la vita. Anche questo è un segno per non dimenticare e per far sì che tutto questo non si ripeta mai più. Hôpital Notre Dame de la Consolata Vita nelle comunità Appena fuori dal campo c’è un convento di suore Carmelitane contemplative. Il loro scopo? Offrire la loro vita e le loro preghiere a Dio e chiedere perdono per il male qui commesso. Camminando per il campo mi è venuto spontaneo unire la loro preghiera alla mia, insieme a quelle di tutti coloro che pregano per le vittime di questo luogo e per i carnefici. La preghiera e non solo. Si sente anche la responsabilità di non perdere la memoria di quanto qui accadde affinché non si ripetano più simili tragedie. Informare coloro che non conoscono oppure vengono informati male. Mi hanno raccontato che lo scorso anno un gruppo di studenti provenienti dalla Germania è rimasto scioccato dalla visita. Molti restarono in silenzio. Altri piansero. Ciò che avevano imparato a scuola era molto diverso da ciò che qui incontrarono e videro. Ecco la necessità di non perdere la p. Richard Larose, imc SITUATION GÉNÉRALE L’Hôpital Notre Dame de la Consolata se situe à Neisu, 33 kilomètres à l’ouest d’Isiro, chef-lieu du district du Haut-Uélé de la Province Orientale de la République Démocratique du Congo. Neisu est un village Ngbetu, à 2o latitu- LES SERVICES DE L’ HÔPITAL Aujourd’hui, notre hôpital compte 5 médecins, 60 infirmiers (dont 16 dans les 7 centres et 4 postes de santé) et 47 personnes pour les autres services. L’hôpital dispense les soins de santé de référence sous forme de paquet complémentaire d’activité; Il réalise les activités préventives définies dans les normes sanitaires de la République Démocratique du Congo. Cependant les données sur les activités vaccinales et les consultations prénatales ne figurent pas dans ce rapport car elles sont fournies à chaque mois au Bureau de Zone de Santé. da Casa Madre - 9/09 Neisu de Nord, en pleine forêt équatoriale, avec 9 mois de pluies et 3 de sécheresse. La population vit essentiellement de l’agriculture et de l’élevage du petit bétail. Actuellement, vu la proximité des mines de diamants exploitées artisanalement, une bonne partie des jeunes se rue dans ces mines pour subvenir à leurs besoins tant scolaires que familiaux. Hélas, ce phénomène ne fait que compliquer une situation sanitaire déjà mauvaise. La promiscuité sexuelle dans ces mines fait monter le taux des infections VIH-SIDA à des proportions inquiétantes. Le 13 décembre 2007 l’évêque du diocèse Isiro-Niangara a signé la « Convention-cadre de partenariat no. MS.125/21/011 portant intégra- tion de l’hôpital Notre Dame de la Consolata – Neisu à la politique nationale de santé » avec le ministère de la Santé publique de la République Démocratique du Congo représenté par Monsieur le Ministre Victor MAKWENGE KAPUT. 21 Neisu Il assure les soins curatifs en organisant les services suivants : les consultations, la médecine interne, la pédiatrie, la gynécologie - obstétrique, la chirurgie et les consultations ambulatoires. Outre les soins curatifs, il assure également les soins préventifs (Protection Maternelle & Infantile, Éducation Sanitaire …). Il offre aussi les services de pharmacie, de laboratoire d’analyses biologiques, de radiologie, d’échographie, de dentisterie, de physiothérapie, de production de perfusion, de médecine naturelle et de santé communautaire. De plus, pour un bon suivi des cas de malnutrition protéino-calorique, l’hôpital dispose d’un centre nutritionnel : le « Centre Bolingo ». Vita nelle comunità Le secteur de santé de Neisu Depuis ses débuts, à la demande de la Zone de Santé d’Isiro, l’Hôpital Notre Dame de la Consolata a pris en charge le fonctionnement des Centres et Postes de Santé dans son aire de santé, environ 4500 km2 avec une population 22 d’environ 60000 habitants. C’est ainsi que depuis les débuts nous avons remis en fonction 4 dispensaires de l’État et avons créé 3 Centres de Santé et 4 Postes de Santé. Signalons qu’en 2008 la Zone de Santé d’Isiro a ouvert le Centre de Santé Communautaire à Neisu même. De plus quelque 3 postes de santé indépendants fonctionnent dans notre aire de santé. Depuis quelque temps 3 communautés villageoises nous demandent d’ouvrir un Poste de Santé chez eux. Fort probablement que nous en ouvrirons 2 cette année si nos forces le permettent. Le paludisme, les infections sexuellement transmissibles et les pneumopathies sont les principales causes de morbidité dans notre secteur. Au cours de l’année 2008, grâce au projet ELIKYA appuyé par la FUNDACIÒN ALBIHAR une vaste campagne de sensibilisation a été menée dans notre secteur de santé dans le but de changer certains us et coutumes et les comportements sexuels. Ce programme se continuera jusqu’en juin 2009. da Casa Madre - 9/09 Quant au paludisme, nous projetons mener en 2009 une campagne de sensibilisation sur l’assainissement du milieu, l’utilisation des moustiquaires imprégnés d’insecticides et le traitement intermittent du paludisme à la sulfadoxine – pyrimethamine chez toutes les femmes enceintes. Cette année, les cas reçus ont été soignés selon les stratégies nationales de lutte contre le paludisme. Les méningites, la tuberculose, les gastroentérites et le SIDA sont les principales causes de mortalité dans le service de la médecine interne. L’ignorance de la population sur les signes d’appels de maladies graves, les transferts tardifs ne permettant pas une prise en charge précoce et le coût élevé de traitement de certaines maladies comme les méningites, la gestion limitée des infections opportunistes ainsi que la gravité de certaines maladies expliquent le taux élevé de décès. LUTTE CONTRE LE VIH/SIDA Nous participons pleinement au Programme Nationale de Lutte contre le VIH/SIDA. De plus, en avril 2008, avec l’appui de la « Fundacion ALBIHAR » et la coopération Espagnole, nous avons lancé un vaste projet de sensibilisation et de formation qui visait à former la population pour la prévention et la lutte contre le HIV/SIDA dans tout le secteur qui nous est confié. Le projet s’appelait ELIKYA (espoir). Ce projet comportait 5 volets principaux : Formation de groupes d’appui pour la sensibilisation et la formation de la population. Formation du personnel technique pour la détection du VIH/SIDA. Détection volontaire du VIH/SIDA. Formation du personnel médical en attention aux personnes avec le VIH/SIDA. Attention médicale et nutritionnelle des malades du VIH/SIDA. Une équipe de 8 personnes a été chargée pour mener à bon port ce projet jusqu’en mai 2009. Dr MBALA KANGOY Justin en a été le coordonnateur et Mme LLEDO VALERO Joséphine (missionnaire laïque IMC) en a assuré la supervision administrative. p. Jairo Calderon, imc “Ser coordinadores responsables, acompañando, animando, y promoviendo la espiritualidad misionera”, es el lema que movilizó el encuentro fraterno de reflexión para la mejora permanente y el arte de hacer misión desde la educación. Las jornadas se orientaron según cinco bloques específicos, pero complementarios del objetivo general del encuentro. P. Kioko Kimilu, haciendo una genealogía de los Documentos de los Obispos para América latina y el Caribe, inició el encuentro con una reflexión sobre “La educación católica a la luz de Aparecida”. Los llamamientos de Aparecida a los colegios católicos se dialogaron detenidamente, para que el “colegio privado” no reemplace al “colegio católico”, al poner acento en la excelencia, dejando de lado “lo cristiano” y la renovación de la experiencia del “Dios vivo y la formación espiritual” en nuestras escuelas. El modelo pedagógico allamaniano, fue el sustrato que permitió evaluar los aspectos desarrollados y las carencias, en cada uno de los equipos convocados. da Casa Madre - 9/09 San Francisco El Superior del IMC, P. Jairo Calderón Benavidez, definió las claves para seguir el camino educativo misionero, donde resaltó el desarrollo de los tres ángulos de espiritualidad misionera: ASCENSIÓN, como búsqueda permanente de Dios, AMPLITUD, que permite reconocernos como hombres y mujeres planetarios más allá de las fronteras, e INSERCIÓN, como la actitud que impele a trabajar en comunión con el hermano que sufre. Los equipos responsables de la formación religiosa de los colegios, compartieron sus miradas y experiencias respecto a la catequesis escolar, en búsqueda permanente de una formación religiosa misionera. Las prácticas se revisaron desde la multicausalidad de la problemática áulica: crisis de identidad, de valores, autoestima y vocacional. Finalmente, reunidos por grupos, el trabajo reflexionado, se plasmó en líneas de acción. El equipo de Profesores propuso organizar un encuentro de docentes y preceptores con la finalidad de encontrar estrategias para encarnar el proyecto pastoral misionero escolar y propiciar el intercambio Mendoza-Córdoba, cuando el Colegio Pablo VI realice el viaje de estudios a la provincia de Mendoza. El equipo de Unión de Padres y Tejedoras de la vida, trabajaron en la planificación de una misión conjunta con el JMC, además de dar a conocer el cronograma de acciones para el año 2009, la maratón de las agujas por parte de las Tejedoras y el taller de “Biblia” organizado por la Unión de Padres durante el mes de junio, entre otras. El equipo de conducción de los Colegios se enfocó en optimizar dos aspectos fundamentales, los medios de comunicación del IMC para difusión de la obra y la contribución de los colegios, como responsabilizarse de la actualización pertinente del sitio web. También se propusieron estrategias que mejoraren “el aquí” de la evangelización, con acciones concretas y planificadas para el crecimiento espiritual del cuerpo docente (actualización en el conocimiento de documentos de la Iglesia, animar a la lectura de la revista, valorización de las expresiones de nuestra fe). No es posible dejar de señalar los momentos compartidos de alegría, como el entusiasmo de la familia que comparte una fiesta, que se reúne y disfruta la cotidianeidad con sus seres queridos. La noche nos envolvió en un rosario misionero entre los jardines de la casa de retiro Betania, convirtiendo la presencia divina en mayor cercanía y amor entre los presentes. La misa final fue el broche de oro espiritual y emocional, con el agradecimiento a Rosita González por dedicar su vida a hacer misión desde la educación como Directora del Colegio Nuestra Señora de la Consolata, y también, al mostrar la motivación del nuevo Equipo Directivo quienes, a modo de envío misionero fueron presentados por el P. Jairo Calderón. Vita nelle comunità VI Encuentro de colegios IMC 23 Tuxtla Diario Tuxtla Junio 2009 IMC Día 11,jueves Vita nelle comunità Participamos de la procesión del Cuerpo Christus, que empezó en la parroquia del Niño de Atocha, había varios sacerdotes de la arquidiócesis, y la misa ha sido muy bonita, después como costumbre salieron en por las calles hasta la catedral. Padre Ronildo y hmana Elsia salimos rumbo a la comunidad de San Felipe que estaba aguardando a todos para el inicio de la novena de la Consolata, siendo el primer día ha sido bastante la participación y algunas personas no han entendido que no había misa este día en ninguna de las capillas, por eso algunos esperaban la misa. Día 16, martes 24 La comunidad y padre José Luis, responsable de la pastoral vocacional de la Arquidiócesis de Tuxtla, rumbo al pueblo de la diócesis de San Cristóbal, llamado Las Margaritas, para conocernos aquella parroquia, siendo que padre José Luis, como la conocía y también el párroco nos invitó a conocer aquella realidad eclesial, social que todavía no nos era familiar. Ha sido provechoso para nosotros ver la organización de aquella parroquia, la situación misionera. El párroco nos dejo animado cuando demostró su apertura a nuevas experiencias misioneras y nos dijo que la diócesis está abierta a estas nuevas formas de ser Iglesia, aunque el obispo fue haciendo un proceso de conversión personal con relación al pasado histórico de esta diócesis y del obispo anterior Mons. Ruiz que se quedó tantos años en esta diócesis. Día 20, sábado- Fiesta Consolata, la fiesta empezó con una misa muy bonita y participativa, había muchas personas de varias comunidades, invitamos otros sacerdotes pero no pudieron estar presentes, pero cuando la misa estaba ya casi termi- da Casa Madre - 9/09 naba, llegó Don Rogelio que había sido invitado y estaba celebrando en una otra parroquia. La misa ha sido presidida por el padre Ronildo y la homilía por el padre Noé Antonio, que ha hecho una reflexión sobre la Consolata y el significado del cuadro, sus particularidades y significado. Después de la misa hubo una cena y con el arzobispo estuvimos platicando y escuchando el ritmo típico de la marimba. Aunque llovía mucho. Día 22 lunesMisa en la parroquia fiesta consolata- Seguimos celebrando la fiesta de nuestra patrona, siendo ahora en la parroquia para todos los parroquianos que no pudieron estar presentes en el sábado día 20. Debería ser en el domingo a principio, pero este domingo era día de los padres en México, padre Daniel nos propuso el cambio de misa para lunes, cuando los líderes de comunidades estarían presentes para los temas que son dados en la parroquia. Siendo así, hubo una pequeña procesión hasta la parroquia del cuadro de Nuestra Señora Consolata, siendo recibido en la parroquia por un grupo de personas. La misa presidió padre Noé Antonio. Día 23 martes Visita a San Cristóbal- Según nuestro programa de visitas, estuvimos en San Cristóbal de las casas para hablar con el vicario de la diócesis, padre Javier Reis, que nos recibió muy bien y nos hizo comprender mejor la realidad eclesial de la diócesis. Aprovechamos para conocer una casa de encuentros pensando en la posibilidad de hospedarnos allá cuando venga los de Guadalajara, aunque la casa está muy buena y organizada, el precio no nos conviene por ahora. Decidimos buscar otro lugar menos caro. Día 26 viernesPadre Noé y Elsia viajaran a Mapastepec y Día 27 sábado Tecpatán- padre Ronildo estuvo en Tecpatán para hablar con el padre Limón, decano y párroco, no habló de los desafíos de aquel pueblo, el trabajo con los evangélicos que son la mayoría en la cabecera, y después la realidad campesina, los pueblos indígenas que allí viven. Tecpatán es una población de origen zoque, su fundación es incierta pero se considera que fue con anterioridad a la conquista de la zona por los aztecas, siendo una de las más importantes poblaciones zoques llamada originalmente Ocahual y una de las últimas en resistir a las conquistas externas, tanto de los aztecas como de los chiapanecas; siendo conquistada finalmente conquistada por el general azteca Tiltototl en tiempos del tlatoani Ahuízotl, siendo apartir de ese momento en que es conocida como Tecpatán. Tecpatán podría ser un lugar bueno para vivirmos nuestro específico junto a los pueblos indígenas, principalmente con relación a la cultura. Día 30 martes Retiro comunitario en San Cristóbal- retiro fue en San Cristóbal en una casa de un amigo de hermana Miriam, el tema ha sido dado por la sra. Elsia y estuvimos hasta la comida en la casa para comer. El tema del retiro ha sido el Reino de Dios y la misión evangelizadora de la Iglesia. La missione di Minne Vita nelle comunità Motocintla, para hablar con el vicario pastoral de aquella diócesis. p. Paolo Angheben, imc Presentazione geografica Minne è situata nello stato dell’Oromiya, Regione di Arba Gugu, Provincia di Gololcha. La maggior parte della popolazione appartiene alla tribù degli Arsi Oromo, ma con una significativa presenza di Amhara e di Nole Oromo. La popolazione della provincia si aggira su 220.000 persone, e nel comune di Minne Hara e dintorni, è composta da circa 10.200 persone. Minne si trova in zona prettamente rurale, a 305 km sud-est di Addis Abeba; ad una altitudine di 1950 mt sul livello del mare, sulle pendici del grande plateau etiopico, di fronte al grande semi-deserto dell’Ogaden. Situazione socio-economica della zona La popolazione vive di agricoltura e allevamento del bestiame. Le maggiori risorse agricole sono la coltivazione del caffè, teff, grano, orzo, granoturco, sorgo, e frutta. La terra è molto fertile, ma dipende completamente dalle piogge che generalmente sono abbondanti, ma spesso sono fuori stagione con risultati a volte negativi sull’andamento della produzione agricola. Negli scorsi anni le piogge sono state piuttosto scarse e irregolari, causando non poche difficoltà ai contadini e incidendo grandemente sul livello economico della popolazione. La donna è dedicata per lo più ai lavori domestici, che sono piuttosto pesanti: accudire alla numerosa prole, lavoro nei campi, raccolta di legna per cucinare il cibo, portare acqua sufficiente per la famiglia dal più vicino fiume o sorgente. Minne Dal punto di vista religioso, la maggioranza della popolazione è di religione Ortodossa (circa 40%); i Musulmani hanno avuto un aumento considerevole dovuto a massicce immigrazioni di popolazioni musulmane dalle zone semidesertiche confinanti con la nostra zona, per cui ora raggiungono circa il 35% della popolazione; il numero di persone aderenti a religioni tradizionali raggiunge probabilmente il 20% della popolazione, mentre il numero dei cattolici non supera il 5% del totale. Minne è praticamente isolato tutto attorno da una elevata catena di montagne, profonde vallate e pericolosi torrenti. E’ distante da ogni via di comunicazione: non esistono mezzi di trasporto né pubblico né privato. Il dispensario medico più vicino è a 23 km di distanza (3-4 ore a piedi); così pure il posto telefonico recentemente installato dallo Stato.. 25 da Casa Madre - 9/09 Minne Le riserve di acqua di sorgente è estremamente limitata. Le donne devono camminare fino a 2-3 ore a piedi per raggiungere l’acqua del fiume. Per usi domestici spesso si servono di acqua piovana raccolta in grandi bacini aperti, intensamente inquinati. Di conseguenza molte malattie sono dovute alla scarsità di acqua potabile: diarrea, infezioni intestinali, ameba, infezioni della pelle sono tra le più diffuse. La malnutrizione è pure un grosso problema; così pure la mortalità infantile raggiunge punte piuttosto elevate per la mancanza quasi assoluta di ogni infrastruttura medica. Da parte nostra abbiamo organizzato e stiamo consolidando un programma di aiuto sanitario da Weragu, relativo alla salute delle mamme e bambini in particolare. e così affiancarono i missionari francesi nel lavoro delle missioni di Weragu e Minne. Nel 1981 i Missionari della Consolata, che nel frattempo erano riusciti a entrare nel paese, furono richiesti di assumere la direzione delle due missioni diventate ora parte del nuovo territorio apostolico della Prefettura di Meki. Da quando I Missionari della Consolata assunsero la direzione delle due missioni, da subito fu dato nuovo impulso alle attività sociali, educative e apostoliche delle missioni. Anche la piccola scuola di Minne che era rimasta per tutti questi anni alla quarta elementare, fu subito portata alla sesta, che era il normale ciclo della scuola elementare in Etiopia. Vita nelle comunità Profilo storico della Missione di Minne 26 La Missione di Minne ha una lunga storia. Fondata nel 1896 dai Padri Cappuccini francesi, mandati colà dall’allora Vicario Apostolico di Harar Mons. André Jarousseau, la missione di Minne ha stabilito la sua presenza tra i molti cattolici immigrati nella zona a seguito della persecuzione religiosa scatenata dagli Ortodossi dopo la espulsione del Cardinal Massaia, l’apostolo degli Oromo, alla fine del 19° secolo. I Padri Missionari francesi, venendo appunto Harar, fissarono la loro sede prima di tutto a Minne, e poi da là si estesero fino a Weragu e oltre. La vicenda storica di questi posti dirà poi che la missione di Weragu prenderà il sopravvento per ampiezza di lavoro e impegno pastorale su quella di Minne, e diventerà di fatto il centro operativo di tutta la zona, lasciando Minne a ruolo di stazione succursale. Una della prima attività nelle quali i Missionari francesi misero mano, fu proprio l’apertura di una piccola scuoletta per l’insegnamento dei rudimenti della lingua e delle scienze, a favore della larga comunità cattolica e anche per i bambini della zona. Questa struttura “scolastica” continuò per parecchi decenni. Con l’invasione delle truppe italiane negli anni trenta, i Padri Cappuccini francesi furono espulsi anche da Minne e Weragu. I Padri Cappuccini Italiani subentrarono nella conduzione delle due missioni e delle sue attività. Anche la scuola continuò e anzi si allargò fino alla classe quarta elementare. A seguito dell’espulsione degli Italiani e dei missionari, ancora una volta i missionari Cappuccini francesi ritornarono sul luogo e ripresero le loro antiche missioni. Nel frattempo parecchi sacerdoti indigeni vennero consacrati da Casa Madre - 9/09 La situazione scolastica è sempre stata molto precaria. Eccetto la scuola elementare della missione, per lunghi decenni non ci sono mai state strutture scolastiche funzionanti. Recentemente il Governo sta facendo parecchi sforzi per aprire piccole scuole un po’ dappertutto per offrire a tutti la possibilità di una prima educazione. Fino agli anni più recenti è stato praticamente impossibile avere maestri qualificati che si sacrificassero a offrire il loro servizio nella zona di Minne. Ora, anche in questo settore, le cose vanno lentamente migliorando. La conscientizzazione della popolazione permette ora la frequentazione della scuola anche alle bambine, che fino a qualche tempo fa erano piuttosto tenute a casa per i lavori domestici. La frequenza ora sia dei maschi che delle femmine è decisamente buona. Costruire un ponte sul fiume Minne Il guado del fiume è una necessità vitale per la popolazione della zona: è una necessità sia per un contatto con il mondo esterno che per tutta la attività della vita sociale: mercato, assistenza medica, accesso alla scuola e alla vita religiosa delle varie comunità. La necessità di un guado è sempre stata una grande necessità e priorità. La gente ha tentato più volte di mettere dei grossi tronchi di albero sopra le sponde del fiume, ma senza grande successo, se non il vedersi spazzare via il tutto alla prossima piena del fiume. Da molti anni c’è richiesta pressante da parte della gente sia alla missione che al governo. Ci sono persino state delle commissioni di studio e di esperti che hanno studiato la Siamo convinti che ora sia giunto il momento di agire per risolvere questo annoso problema. E allora prevediamo di costruire un ponte in grossi tronchi di legno montati su due spallette in cemento armato e pietra ancorate alle rive del fiume. Questo passaggio servirà per tutta la popolazione della zona, per macchine e per i camioncini dei commercianti di portata non superiore ai 35 quintali. Una nuova apertura a Ulaanbaatar? p. Daniele Giolitti, imc Sono arrivato in questa stupenda terra della Mongolia alla fine di ottobre 2008. Ora dopo quattro mesi siamo ancora in pieno inverno, anche se le giornate sono un po’ più miti – si fa per dire – essendo passati da una media di 25°C nei mesi di dicembre e gennaio ai -15°C di febbraio. Mi trovo nella nostra comunità dei Missionari della Consolata nella capitale Ulaanbaatar. Viviamo in un alloggio al secondo piano di un palazzo in stile russo, mentre al terzo piano ci sono le suore missionarie, con le quali collaboriamo per la missione. Abbiamo poi l’altra missione ad Arvaiheer, a circa 400 km dalla capitale, dove lo scorso Natale abbiamo terminato la costruzione di un nuovo centro missionario e sociale con cappella annessa. La nuova comunità sarà aperta nell’arco di alcuni mesi, tenendo presenti questi tre criteri: Prima evangelizzazione dei non-cristiani, pensando alla costruzione di una cappella tipo ger (le tradizionali tende mongole). Presenza in mezzo ai poveri: si sta pensando al cosiddetto ‘ger district’, cioè il distretto in periferia della città, dove la gente arriva dalla campagna e vi abita in situazioni a volte veramente critiche. Mi diceva una mamma che non esiste l’acqua potabile, non servizi dove poter fare una doccia o lavarsi, e poi con il freddo che fa si battono veramente i denti. La mamma diceva che a volte i bambini sono chiusi in casa, non essendoci asili o scuole dove mandarli, e a volte addirittura legati per evitare che si brucino a contatto con la stufa a legna. Dialogo interreligioso con i buddisti, per trovare una forma di collaborazione, visto che anche loro hanno dei progetti di sviluppo come i nostri. E per scambiare la ricchezza della nostra fede. Bene, questa è un po’ l’aria che tira in Mongolia. Vi saluto tutti, una benedizione. da Casa Madre - 9/09 Ulaanbaatar Personalmente per adesso il lavoro più impegnativo è lo studio della lingua, che non è affatto facile e che ci prenderà qualche anno. Però, insieme ai miei confratelli missionari, abbiamo un nuovo progetto cui stiamo lavorando. In accordo con i nostri superiori e con il vescovo locale, si vorrebbe aprire una nuova comunità missionaria qui in Ulaanbaatar. Per il momento stiamo facendo dei sopralluoghi attorno, visitando e raccogliendo informazioni sulle necessità della gente e sul tipo di lavoro missionario. Veramente qui siamo proprio agli inizi, se pensate che su un milione di abitanti Ulaanbaatar ha solo tre parrocchie con circa 500 cattolici! Vita nelle comunità fattibilità del progetto. Niente si è concretizzato fino al presente. Durante la stagione delle piogge succede spesso che gente e animali sono portati via dalla forza delle acque nel tentativo di guadare il fiume, e anche con tutta la possibile prudenza della situazione, alle volte devono spendere molte ore o giorni in attesa sulle rive del fiume prima di poter passare. 27 Catrimani Vita nelle comunità 28 Noticias do Catrimani pp. Laurindo e Dall’Agnese, imc A equipe da Missão Catrimani se alegra e enriquece com a chegada de novos membros. No mês de dezembro do ano passado chegou Corrado, proveniente da região sul para compôr a equipe e somar forças na sublime missão entre os yanomami. No mês de fevereiro chegou Pe. Rosalino que já estava destinado à Região da Amazônia e que agora faz parte da equipe missionária. Boas Vindas! No encontro de apresentação o Superior Regional participou também na distribuição dos serviços à comunidade, ficando Pe. Rosalino na qualidade de superior e Corrado como administrador. Votos que âmbos possam integrar-se bem nesta realidade nova e sempre desafiadora. Que o bom Deus os acompanhe e que não deixe nunca de enviar o Espírito do discernimento para servi sempre mais, melhor e com qualidade. Na ocasião foi feito agradecimento ao jovem Tommaso pelo ano de voluntariado que prestou junto a nossa comunidade e ao povo yanomami. Entre os dias 27 de fevereiro e 2 de março na maloca do Waroma aconteceu a VII assembléia dos xapori da região, especialmente entre aqueles aonde atua a Diocese. Por inicíativa daa equipe missionária e o apoio do grupo “Impegnarsi Serve” foi possível a realização deste evento que contou com a presença de pelos menos 35 xapori provenientes do Xitei, Deminí, Novo Deminí, Baixo Catrimani e da Missão Catrimani. Os participantes yanomami chegaram a ser mais de duzentas pessoas. Participaram, também como convidados, os superiores regionais: Pe. Fernando e Irmã Carmelita. Foi convidado também o irmão Carlo Zacquini pela amizade e compromisso com os yanomami e Jean Marc na qualidade de Coordenador do Convênio de Saúde. Importante foi a participação da equipe itinerante pois os mesmos se sentiram enriquecidos e agradecidos pela oportunidade. Foram dias de intensa espiritualidade, formação e partilha de bens espirituais. Todos sairam agradecidos e alegres por ter participado de algo tão divino e profundo da Casa Madre - 9/09 entre os yanomami e também pela possibilidade de partilha com nossos superiores e amigos. Estas assembléias são um compromisso dos yanomami e da equipe missionária e contam com o apoio financeiro do grupo “Impegnarsi Serve”. Estão previstas mais duas assembléias, uma em 2010 e outra em 2011. Encontram grande repercussão entre os yanomami e certamente haverá sempre mais participação. Do dia 1° a 30 de maio na “Casa da Palavra” (yano te ã) da Missão catrimani houve a VIII etapá de formação para o magistério de professores indígenas yanomami. O evento foi organizado pelo ISA (Instituto SócioAmbiental) e contou com a forte colaboração, participação e atuação de toda a equipe missionária. Participaram aproximadamente oitenta yanomami provenientes das áreas de atuação do ISA e da Diocese e também de outras áreas. O ISA investiu pesado pela realização deste curso, falá-se de oitenta mil reais somente em horas de vôo, sem falar de assessorias, alimentação,material, etc. Foram tratadas temáticas por blocos: na primeira semana foi a turma de linguística, segunda semana alimentação, terceira semana o tema da pesquisa e na última o tema das mudenças climáticas. O ambiente para a realização deste evento foi muito favorável seja pelo entrosamento entre a equipe da missão e o ISA bem como e sobretudo pela participação das lideranças yanomami, em modo particular dos mais próximos da missão. Nascem sempre mais perguntas sobre o rumo que está tomando a escola yanomami. É inegável o fato de que dentro de poquíssimo tempo a mesma estará nas mãos da secretária de educação, pois só ela está nas condições de reconheer as escolas, proprocionar diploma e pagar salário para os professores, pois essa parece ser a demanda forte destes jovens em formação. p. Sérgio S. Weber, imc Os trabalhos pastorais, na Área Missionária, tiveram início com com as Irmãs da Providencia de GAP que chegaram aqui em 1991 e o Pe Enrico Dacroce, quando era pároco da Consolata no bairro São Vicente, no ano 93. Havia apenas uma pequena capela de madeira no bairro Caranã, dedicada a São João Batista. Aos pouco Pe. Enrico, as irmãs e o povo levantaram uma capela grande em alvenaria e um centro com várias salas e que se tornou referencia para essa região. Com o povo do bairro Cauamé levantaram uma pequena capela em alvenaria. Depois foram surgindo outros bairros. Pe. Enrico trabalhava a partir da Consolata. Em 1997 veio o Pe. Helder Bonifácio como responsável pela evangelização, animando criançada e juventude. E no ano 1999 chegou aqui Pe. Fernando Vitorino Moreira da Rocha. Ambos os missionários trabalhavam a partir da casa provincial, no Calungá, onde moravam. No ano 2001 a Região comprou e reformou uma casa, no bairro Piscicultura, fora da área do nosso trabalho, para residência dos missionários. Com a permissão da Direção Geral deu-se inicio a nova comunidade: Pe. Fernando Vitorino M. da Rocha, ajudado depois por Pe. Sabino Mariga. Com a transferência para o sul do Pe. Sabino, veio trabalhar aqui o Pe. Carlos Eduardo Alarcon. No momento nossa comunidade missionária da Piscicultura é composta por Pe. Juan Bautista Bermudes, Pe. Gianfranco Graziola e Pe. Sergio S. Weber; e trabalhamos mais diretamente na Área Missionária Pe. Sergio e Pe. Juan Bautista. Devido aos seus múltiplos serviços e compromissos na Região e na Diocese Pe. Gianfranco colabora na Área Missionária sempre que se encontra em Boa Vista. Os missionários do interior quando de passagem por Boa Vista, sempre se dispuseram para as celebrações nas comunidades. Pe. Luís Palumbo, ainda quando morava na Aparecida, ou como pároco de S. Francisco, visitava e celebrava nas comunidades da Área. Muito valiosa tem sido e ainda hoje é, a presença da Congregação das Irmãs da Providencia de GAP que desde o início vem se dedicando ao serviço da animação vocacional, das pastorais e das comunidades, e assessoria a serviços diocesanos. Uma comunidade delas dedicou-se até fins do ano passado ao povo indígena Yanomami do Xitei. E neste ano também elas estão celebrando o Centenário de chegada no Brasil. Muitas delas trabalharam aqui: Ir. Guiomar, Matilde, Teresinha, Soledade, Aparecida, Agostinha, Quênia, Ana Maria, Zilda, Nilde; e ainda continuam entre nós Ir. Eugenia, Idalina, Zélia Letícia e Laura. A elas nosso sincero “muito obrigado”! Temos, graças a Deus, também muitos leigos de fé e trabalhadores, em todas as comunidades e pastorais, e que levam nossa Área Missionária para frente. da Casa Madre - 9/09 Carana A partir de 2005, com a escolha do Pe. Antonio Fernandes para o Conselho Geral, Pe. Fernando Rocha, que era vice provincial, assume a direção da Região. Pe. Carlos Eduardo Alarcon assume as redeas da Área Missionária, auxiliado pelo Pe. Luís Marques de Brito nos fins de semana, Irmão Francisco Bruno e mais tarde também por Pe. Michael Mutaku Njue, que vem de Manaus. Após recuperação de saúde, Pe. Gianfranco Graziola vem fazer parte desta comunidade. Por um pouco de tempo a comunidade da Piscicultura se torna a maior da região, quatro membros. Mas “tudo o que é bom dura pouco”. As mudanças continuam. Pe. Carlos vai para a Área Indígena e Pe. Michael vai para sua terra após passar um período na Inglaterra. Com a Visita Canônica de 2007-8 na Região, e seus “efeito-estufa”, Ir. Francisco Bruno vai trabalhar na AIRASOL. Em abril de 2008 assume os trabalhos da Área Missionária o Pe. Sergio S. Weber auxiliado pelo Pe. Gianfranco Graziola e mais tarde também pelo Pe. David Bambilikpinga-Moke. Quase um ano depois, fevereiro de 2009, Pe. Juan Bautista Bermudes vem também auxiliar nos trabalhos pastorais. Pe. David, devido aos seus compromissos com a administração fica assim um pouco afastado da Área. Vita nelle comunità Area Carana 29 Manifesto anti-pobreza e por extenso LMC Laici IMC TEXTO VENCEDOR DA CATEGORIA DE PRODUÇÃO ESCRITA DO PROGECTO DEL8 (objectivos do Milénio) da Associação dos LMC (Colégio Miramar—Mafra) 30 Um mundo que consente deixar-se representar por uma pobreza extrema, é um mundo que nunca o foi. É um lugar repleto de cegos, de gente que não quer saber, de gente que até quer saber, mas que pouco ou nada faz! Um mundo que se deixa guiar pelos mais ricos é um mundo que mata de fome os mais pobres. O MUNDO É EGOÍSTA! O mundo é impotente. O mundo é desinteressado. O mundo e resignado. O mundo é demasiadamente tolerante quando deixa que o dinheiro se arraste nas malas da indiferença! Como poderá o mundo erradicar a pobreza, quando a verdadeira pobreza é a de espírito, e dessa está ele cheio! O que é ser pobre!? É ser necessitado!? É afundar-se progressivamente na miséria!? É ser coitado!? NÃO. Ser pobre é mais do que isso, é mais do que uma carência material - é também uma carência social. O grande problema, meus caros, é a má distribuição dos recursos - monetários e não só - que o mundo insiste em manter. Não basta ter pena, é preciso agir. O desequilíbrio da balança não pode continuar! A fome mata uma pessoa a cada 3,5 segundos e, desenganem-se, esta não é uma realidade particularmente africana ou asiática, é MUNDIAL. A fome atinge 11 milhões de pessoas em países da Casa Madre - 9/09 desenvolvidos. Onde irá isto parar? Que vamos fazer? Que vais fazer? Chocado? Descontraído? Magoado? Indiferente? Os direitos dos outros são iguais aos teus. Se tu podes comer, porque não o poderão outros? Se tu podes sorrir, porque não o poderão os outros? Há quem se encha de pó de arroz, quando outros engolem pó para não morrer à fome! VERGONHOSO! RIDÍCULO! Mundo pobre ou pobre mundo? POBRE MUNDO, que ainda consente que existam mundos pobres. Cerca de 815 milhões de pessoas em todo o mundo são vítimas de subnutrição, na maioria mulheres e crianças. Existem aproximadamente 6,6 mil milhões de habitantes em todo o mundo, sobrevivendo 1,2 milhões em condições de extrema pobreza. Setenta por cento são mulheres. Sessenta por cento de toda a comida desperdiçada está intacta. E, no meio de uma economia global que se diz cada vez mais próspera e desenvolvida, 10,7 milhões de crianças que não vivem para celebrar o seu quinto aniversário. Portugal é o segundo país da União Europeia onde as crianças são mais pobres ou correm o risco de cair nessa situação. Em 2001, vinte por cento da população portuguesa encontrava-se em risco de pobreza. Desconhecimento não é desculpa! A fome. Está realmente a escutar-me? Não há pois dúvida alguma de que me Ouve com clareza e distinção? Então Repito: você é um idiota. Um idiota. I como Isabel, D como Dinis, outro I como Irene, O como Orlando, T como Teodoro, A como Ana. Idiota. Idiotas... Mas de fracas ideias, que nem sequer conseguem salvar os que morrem de fome! É preciso ter consciência de que, no Mundo, 9000 milhões de pessoas vivem com 1 dólar por dia e a maioria das pessoas pobres depende directa ou indirectamente da agricultura para a sua subsistência. O pensamento leve toma a realidade bem pesada. Doenças, miséria, fome, mortes, sobrepopulação são essa realidade. Uma realidade que se alastra. Uma realidade que apenas se nos apresenta através de dados estatísticos e que não se mostra tal e qual como é. Uma realidade que, apesar de não ser observada de perto pela maioria da população, não deixa de o ser. De que é que te queixas? De que é que nos queixamos? Tens tudo. TEMOS TUDO. E nós deixamos que isto aconteça, como se os que nada têm não tivessem tradições, cultura, vontade de construir e sonhos de liberdade. Como se os que nada têm não tivessem o direito de viver como tu! E agora diz-me... DE QUE É QUE TE QUEIXAS? Se pensas que te falta alguma coisa, pensa naqueles a quem falta tudo. Se pensas que tiveste um dia infeliz, pensa naqueles que vivem infelizes toda uma vida. De que é que estás à espera? Estás à espera da acção dos outros? Estás à espera que alguém te peça para ajudares? Está à espera que alguém faça alguma coisa por ti? Ou estás à espera que alguém morra em pele e osso à tua frente para que te proponhas a mudar a realidade? da Casa Madre - 9/09 Laici IMC O QUE É A FOME? Uma sensação provocada pela necessidade de ingerir alimentos? É o estado de uma pessoa que não se alimenta suficientemente? MISÉRIA? É difícil defini-la, porque aquilo que ela provoca é demasiado preocupante para descrevê-la em tão poucas palavras. Na realidade, “A VOZ DA CONSCI NCIA E DA HONRA É BEM FRACA QUANDO AS TRIPAS GRITAM! 930, minha gente, 930! 930 sem-abrigo em Lisboa no ano de 2005. E hoje? Quantos são? E amanhã? Quantos serão? Um f1agelo social que apresenta uma face mais visível nos países subdesenvolvidos, mas Lisboa não escapa! “Entre nós é vergonhoso reconhecer a própria pobreza; mas pior do que isso é não esforçar-se para escapar dela.” A pobreza é horrorosa! A POBREZA CHEIRA MAL! E há ainda quem a ignore. E quem tente fingir que está tudo bem. BASTA! ABAIXO A POBREZA! PIM! _ UMA GERAÇÃO COM A POBREZA A CAVALO É UM BURRO IMPOTENTE! BASTA! ABAIXO A POBREZA! PIM! Há que pensar, ret1ectir, discutir, mas acima de tudo há que AGIR! “Olhos que não vêem, coração que não sente.” É preciso ter os olhos abertos para que se abra o coração! Quem está aqui?”... E DE CANDEIAS APAGADAS?” É você? “Você é um idiota. 31 De facto, “De qualquer tipo que seja a pobreza, ela não é a causa da imoralidade, mas o efeito”. E por isso... Se não te sentes culpado, devias sentir-te. Se não te sentes envergonhado, devias sentir-te. Se não te sentes magoado, devias sentir-te. “Entre nós é vergonhoso reconhecer a própria pobreza; mas pior do que isso é não esforçar-se para escapar dela” O Mundo, que com todos os grandes senhores conseguiu o maior desequilíbrio de toda a História, apresenta-se como o exílio dos degredados e dos indiferentes! O entulho das desvantagens e dos sobejos! O Mundo inteiro há-de abrir os olhos um dia -se é que a sua cegueira não é incurável -e então gritará connosco, a nosso lado, a necessidade que tem de ser qualquer coisa de asseado! MORRA A POBREZA, MORRA. PIM! El laicado y los religiosos frente a la misión “ad gentes” El laicado María Luisa Rodríguez y Alfredo Torres, LMC 32 Normalmente cuando hablamos de “laico” en la Iglesia nos referimos a aquel que no pertenece al estamento clerical (diácono, sacerdote u obispo). Esa opisición laico-clérigo ha llevado a no dar la laico la importancia que tiene dentro de la Iglesia, y como consecuencia, dentro de la misión. El término laico deriva de” laos”, pueblo. Éste término fue utilizado por Tertuliano, que lo emplea para designar al cristiano que no pertenece al clero. sin embargo, el Nuevo Testamento nos presenta el nuevo pueblo de Dios, el laos, como el pueblo consagrado por la unción del Espíritu Santo y es esta segunda acepción la que nos interesa, la que nos empapa de una realidad mayor, la que nos impulsa a los laicos a tomar parte en la construcción de la realidad histórica de la que participamos. El laicado está pidiendo, cada vez con más fuerza, el reconocimiento de su espacio propio dentro de la misión de la Iglesia, trabajando codo a codo con los demás estamentos eclesiales. La participación de todos los estilos de vida permitirá a la Iglesia mostrar, a través de su acción misionera, un rostro más completo de Dios. Como dice Eloy Bueno, “cuando hablamos del bautismo como fundamento de la participación da Casa Madre - 9/09 del laico en la misión de la Iglesia, estamos refiriéndonos a una comprensión del bautismo en su más radical significado en la lógica de la historia de la salvación. Hemos de entender el bautismo como un acontecimiento que estructura la historia de la salvación y que prolonga la historia de la alianza”. Por tanto, que nos sitúa en un papel activo y de enorme responsabilidad, puesto que somos continuadores de la Historia de la Salvación. Los orígenes de la Iglesia, y las tres primeras fases de evangelización se deben a la labor del laicado. Hoy especialmente, es central que retomemos el protagonismo de la construcción del Pueblo de Dios, caminando en comunión eclesial, junto a religiosos, religiosas y sacerdotes, desde la riqueza y diversidad de carismas, y la común distribución de las responsabilidades. Pero el movimiento personal que lleva al laico a hacer de su vida historia de salvación, no nace de una convicción teórica, sino de la experiencia íntima de Dios. Nace cuando se saborea el amor apasionado que te llena, que te colma, que se derrama a borbotones. Nace, cuando en Su presencia abandonas las palabras, porque no hay palabra que pueda contener a Dios. Afirma Julio Lois: “el Dios verdadero no es algo que podamos asir o contemplar o tematizar; la verdadera tras- za que oferta la diversidad; abrazar el cambio, conservando lo fundamental; abrirnos al encuentro con la persona, deshaciendo las rejas institucionales que nos permiten tocar las manos, pero no estrecharnos. Una reja a arrancar es la relación vertical que se ha dado, y se da, en la Iglesia. El laicado ha sido considerado durante siglos como un “menor” al servicio del clero. Una de las principales causas estructurales de esta desigualdad en la Iglesia ha sido, y sigue siendo, la formación que reciben los laicos y los clérigos. Los laicos adolecen, en general, de titulaciones teológicas, pero, por el contrario, están muy formados en ámbitos y realidades extraeclesiales. Una valorización de todas estas capacidades permitiría un diálogo real, es decir horizontal, tendente a la construcción de la verdad común, un caminar de la mano, el mirarnos a los ojos. Ofrecen a la vida religiosa el calor, el abrazo, la familia. Posibilitan nuevas formas de comunidad humanizantes y reflejo del Dios-Amor, Padre y Madre, que abraza y que levanta. Y algo central, desde esta nueva comunidad, refuerzan sus palabras haciendo transparentar en su vida la Palabra. La relación que ahora se propone es simétrica: ella comprende tanto la vocación religiosa como la laical, a partir de la comunión eclesial, y la define por lo positivo, destacando más la distinción que la diferencia. Se pasa de la esfera de la dependencia al ámbito de la comunión. Nos gustaría terminar con una reflexión de Santa Teresa de Lisieux que nos imbuye en la dinámica de la Historia de la Salvación, de la Lucha por la Justicia, en la lucha por la concreción del Reino, sin reparar en nuestros perfiles, sino en nuestro cimiento común, que más allá de accidentes históricos es el motor, la causa y el fin: Un sabio decía: “Dadme una palanca, un punto de apoyo, y levantaré el mundo.” Lo que Arquímedes no pudo lograr, porque su petición no se dirigía a Dios, y porque la hacía únicamente desde un punto de vista material, los santos lo lograron en toda su plenitud. El Todopoderoso les dio un punto de apoyo: él mismo, él solo. Y una palanca: la oración, que abrasa con fuego de amor. Y así levantaron el mundo. Y así lo levantan los santos que aún militan en la tierra. Y así lo levantarán también hasta el fin del mundo los santos que vendrán. da Casa Madre - 9/09 El laicado cendencia nos coloca más allá de las categorías del ser; Yahvé no está ni entre los entes, ni entre los existires, ni en el ser unívoco, ni en el ser análogo, sino en el implacable imperativo moral de justicia”. Cuando empiezas a intuir que Cristo está sufriendo en el que sufre, experimentas que se trastocan tus prioridades, y tu oración se llena de gente, de campos, de luchas… Experimentar al verdadero Dios equivale a sentir la interpelación del pobre y el oprimido. Y equivale, en consecuencia, a saberse llamado a combatir la injusticia que empobrece y excluye. No se puede experimentar a Dios sin sentir la urgencia de comprometerse a favor de la justicia. Actualmente son muchos los laicos que nos sentimos identificados con carismas de institutos religiosos, o congregaciones, que percibimos que éstos son los medios más adecuados a nuestra sensibilidad para construir Reino; y al mismo tiempo tenemos muy clara nuestra vocación seglar. Esta mezcla de situaciones provoca la aparición de ramas laicales dentro de organizaciones de vida religiosa, que dan respuesta viva al latir de la realidad. La historia de la vida religiosa está llena de coraje y creatividad profética, que a lo largo de los tiempos fue dando origen a formas siempre nuevas de vida consagrada. Y en estos momentos, a nuevas categorías de consagración, ya que a pesar de no pronunciar votos, muchos laicos consagran su vida al servicio de la lucha por la Justicia. Esta nueva realidad conlleva un proceso espiritual, personal, ideológico, de vida… Obliga a generar nuevos cauces, nuevas relaciones, diferentes modos de gestionar el poder y los procesos de tomas de decisiones. Adelino Torres afirma que “pasar de la exclusión de los laicos en el carisma de religiosos a su inclusión implica un regreso al estado inicial del carisma. No se trata de cambiar el carisma, sino de volver a su fuente. Este paso de la exclusión a la inclusión de los laicos en el carisma pide cambio de mentalidad, de los hábitos y estilos de vida adquiridos y revisión de los caminos de espiritualidad asumidos. Se trata de una partida de dones, de oferta mutua de espacios: los religiosos ofrecen la espiritualidad, las obras, la finalidad apostólica; los laicos: organismos, asociaciones, profesionalismo, etc.”. Se trata de un proceso que nos debe abrir al Espíritu, que ha de guiarnos en este caminar nuevos senderos; abrirnos a la exigencia y a la rique- 33 SOMMARIO Necrologio Padre Giuseppe Maggioni Il giorno 28 luglio 2009, nella nostra casa di Alpignano dove resideva, è deceduto P.Giuseppe Maggioni. Nato a Cernusco Montevecchia (Como) il 20 luglio 1934, entrò giovanissimo nella nostra casa di Montevecchia, e completò il ciclo liceale a Varallo Sesia. Fu accolto nell’Istituto con la professione alla Certosa di Pesio il 2 ottobre 1955 e compì gli studi teologici a Torino. Fu ordinato sacerdote da Mons. Bottino il 18 marzo 1961. Per due anni lavorò in Italia come animatore a Vittorio Veneto e a Gambettola e poi partì per Kenya. Fu viceparroco a Kevote e a Kyeni, Parroco a Kevote, Chuka, e Kyeni. Nel 1983 lavorò in Italia come Economo a Vittorio Veneto, Direttore a Boario e poi ancora Economo a Bevera. Ritornato in Kenya nel 1991, assunse varie responsabilità a Gatunga e a Mujwa. Rientrato definitivamente in Italia, si stabilì ad Alpignano dove rimase fino alla sua morte. Aveva 75 anni di età, di cui 53 di professione religiosa e 48 di sacerdozio. Missionario entusiasta e brillante, pubblicò diversi libri, tra cui una biografia del Beato Allamano destinata ai giovani. Il suo corpo riposa nel cimitero di Cernusco, suo paese natale. da Casa Madr e Mensile dell’Istituto Missioni Consolata Redazione: Segretariato Generale per la Missione Supporto Tecnico: Mauro Monti Viale delle Mura Aurelie, 11-13 00165 ROMA - Tel. 06/393821 34 C/C postale 39573001 - E-mail: [email protected] da Casa Madre - 9/09 Editoriale 1 “Il sacerdozio è l’amore del cuore di Gesù” 3 SILA O SILVANO il “synercos” di Paolo 4 Il cammino verso l’alterità Oltre le apparenze e i pregiudizi (Parte II) 6 L'Allamano e Sr. Margherita Demaria 9 El Dios visitador inspira nuestra visita canónica 13 Diario della Casa generalizia 14 Carta aos missionarios 15 Brasile: Retiro anual e assembléia regional 16 Apertura centro de reconciliacion en San Vicente del Caguan 17 The hospital and its environment 17 Un camino con la pastoral juvenil 18 Visitando Auschwitz 19 Hôpital Notre Dame de la Consolata 21 VI Encuentro de colegios IMC 23 Diario Tuxtla 24 La missione di Minne 25 Una nuova apertura a Ulaanbaatar? 27 Noticias do Catrimani 28 Area Carana 29 Manifesto anti-pobreza e por extenso 30 El laicado y los religiosos frente a la misión “ad gentes” 32 Padre Giuseppe Maggioni 34