Una Cina in espansione e l`economia transatlantica

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Una Cina in espansione e l`economia transatlantica
ECONOMIA E
SICUREZZA
061 ESCTER 05 F
Originale : inglese
Assemblea parlamentare della NATO
SOTTOCOMMISSIONE PER LE RELAZIONI
ECONOMICHE E TRANSATLANTICHE
UNA CINA IN PIENO SVILUPPO E L’ECONOMIA
TRANSATLANTICA
PROGETTO DI RELAZIONE
MICHAEL GAPES (REGNO UNITO)
JOHN BOOZMAN (STATI UNITI)
CORRELATORI *
Segretariato internazionale
*
4 aprile 2005
Fintantoché non approvato dalla Commissione per l'economia e la sicurezza,
questo documento rappresenta soltanto il punto di vista dei correlatori.
I documenti dell'Assemblea sono disponibili sul suo sito web, http://www.nato-pa.int
061 ESCTER 05 F
i
INDICE
I.
INTRODUZIONE....................................................................................................................... 1
II.
LA CINA SULLA SCENA MONDIALE....................................................................................... 2
III.
GLI
ASPETTI
GEOPOLITICI
DELL'EMERGERE
DELLA
CINA
E
LE
LORO
IMPLICAZIONI TRANSATLANTICHE....................................................................................... 3
IV. LE IMPLICAZIONI COMMERCIALI DELL’ÉMERGERE DELLA CINA ..................................... 6
V.
LA MANODOPERA................................................................................................................... 8
VI. LE IMPLICAZIONI MONÉTARIE............................................................................................. 10
VII. I PUNTI DEBOLI DEL MODELLO CINESE .......................................................................... 12
VIII. LA CINA E I MERCATI PETROLIFERI ................................................................................... 14
IX. CONCLUSIONE PROVVISORIA ............................................................................................ 15
X.
BIBLIOGRAFIA ....................................................................................................................... 18
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I.
1
INTRODUZIONE
1.
Durante tutta la guerra fredda, LA NATO ha costituito non solo l'alleanza militare più potente
del mondo, ma anche l'area del pianeta più dinamica sotto il profilo economico. Stimolati dalle
oculate politiche macro e micro-economiche, dal libero scambio e, in definitiva, dall'unione
economica, i tassi di crescita sono saliti vertiginosamente nell'Europa occidentale del dopoguerra,
mentre gli Stati Uniti diventavano la sola vera superpotenza economica del mondo. Insieme,
l'Europa e il Nord America sono diventati i motori di crescita dell'economia mondiale e gli architetti
dell'ordine finanziario e commerciale internazionale. Vi sono stati naturalmente altri centri di
dinamismo economico, fra cui il Giappone ma, inizialmente, l’Europa e l'America hanno
predominato.
2.
I germi del cambiamento economico facevano tuttavia parte integrante del sistema liberale
edificato di concerto dall'America e dall'Europa. Mentre un sempre maggior numero di regioni nel
mondo adottava queste strategie, il club dei paesi sviluppati si è allargato, con una conseguente
evoluzione del sistema internazionale. Tuttavia, l'esplosivo emergere economico della Cina lascia
intravedere il più importante sconvolgimento dell'ordine economico del dopoguerra, il che
modificherà inevitabilmente ed in modo radicale le relazioni americano-europee.
3.
La Cina non può certamente essere considerata una nuova potenza economica. Prima delle
chiusura delle sue frontiere nel 1500, essa costituiva l'economia più importante e più sofisticata del
pianeta. Nei secoli successivi, l’Europa moderna ha certo recuperato rapidamente e finito col
superare la Cina, ma quest'ultima rappresentava sempre il 32% dell'economia mondiale nel 1820,
all'alba della Rivoluzione industriale (Hale & Hale). La riapertura delle sue frontiere, imposta dalle
potenze coloniali, segnò l'inizio del ritorno della Cina sulla scena mondiale, ma il colonialismo,
l'anarchia, le devastazioni provocate dai signori della guerra, le reazioni nazionalistiche, le due
guerre mondiali, l'occupazione, la guerra civile e la rivoluzione comunista determinarono un
processo estremamente caotico e sofferto. Questo processo ha altresì portato alla divisione fra la
Cina comunista continentale e Taiwan, la quale ha optato per il liberismo e, in ultima analisi, per la
democrazia.
4.
E' stato di fatto necessario aspettare le riforme avviate nel 1978 da Deng Xiaoping perché la
Cina comunista avviasse un'evoluzione più organica. La riforma paradossalmente è iniziata nelle
campagne, quando lo Stato ha improvvisamente autorizzato i contadini ad adottare strutture di
mercato al fine di incoraggiare la produzione ed il profitto. Durante gli ultimi quindici anni, tuttavia,
la rivoluzione economica della Cina si è mutata in un fenomeno industriale urbano. Fra il 1978 e il
2003, le PIL cinese pro capite è salito del 6,1% annuo, per registrare una progressione del 337%
nello stesso periodo (Wolf).
5.
I cambiamenti sono stati profondi in Cina, in quanto il paese è passato da un modello di
proprietà comunista, in cui lo Stato possiede praticamente tutti i mezzi di produzione, ad un
sistema molto più complesso, nell'ambito del quale la proprietà privata soppianta sempre più la
proprietà dello Stato. La Cina ha inoltre progredito rapidamente per quanto riguarda la scala
produttiva, passando da assemblaggi molto semplici alla fabbricazione di prodotti sempre più
complessi e sofisticati.
6.
Progrediscono altresì in Cina le possibilità di azione autonoma da parte dei singoli,
nonostante le persistenti limitazioni, assai deplorevoli e controproducenti, imposte alla libertà
politica. Il popolo cinese gode ormai di libertà senza precedenti in materia di circolazione e viaggi,
mentre i flussi d'informazioni sono molto più sviluppati ed aperti oggi che non appena dieci anni fa.
I giovani Cinesi possono maggiormente prendere in pugno il proprio destino, nonostante le
limitazioni politiche molto reali che si trovano a fronteggiare. Come spiega un analista occidentale,
i Cinesi hanno infine la libertà di disinteressarsi della politica. Questa situazione non può
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certamente essere definita democratica, ma suggerisce un'importante evoluzione rispetto alla Cina
della Rivoluzione culturale, periodo in cui i Cinesi erano costretti a vivere solo per la politica.
7.
Il boom economico della Cina fornisce uno sfogo alle sue energie commerciali a lungo
represse e alle aspirazioni del suo popolo ad una vita migliore. Queste nuove possibilità deviano
certamente una parte delle passioni politiche all'origine dei gravi avvenimenti della piazza
Tienanmen nel 1989, anche se la repressione svolge certamente un ruolo (Hutzler). La gigantesca
popolazione studentesca cinese comprende una sua quota di attivisti democratici, ma molti di loro
rinunciano alla politica per focalizzarsi sulla propria carriera. I Cinesi sono inoltre formidabilmente
ottimisti di fronte al futuro, in particolare quelli che fruiscono di una solida preparazione, perché
sono meglio in grado di approfittare dell'espansione economica (Giles).
8.
La società civile cinese è diventata più complessa dal 1989 in poi, il che condiziona le
aspirazioni delle persone ed il probabile modo in cui dovranno avvenire i futuri cambiamenti politici.
Numerosi Cinesi riconoscono oggi che il loro interesse sta nel mantenimento dell'ordine civile. Ciò
non vuol dire che una riforma democratica non avverrà, ma fa piuttosto pensare che questi
mutamenti saranno sollecitati da nuove strategie che proverranno al tempo stesso dall'élite
dirigente e da una società civile in grado di esprimersi meglio. Potrebbe succedere che la grande
minaccia per l'ordine attuale non provenga dagli studenti che guardano all'Occidente, ma dai
milioni di cittadini dell'immensa «Cina profonda», che non fruiscono della riforma e della crescita
economica. L’élite cinese è consapevole di questo e cerca ormai di migliorare le condizioni di vita
nell'immenso entroterra.
9.
Secondo l'esperto della Cina Wang Zaibang, un sempre maggior numero di dirigenti
comunisti cinesi sono scelti attraverso una concorrenza aperta piuttosto che in modo occulto e
guardano ad Occidente per cercare buoni modelli di governo. Il "buon governo" è del resto
diventato un'espressione alla moda dell'attuale discorso politico in Cina e, poco alla volta, lo Stato
comincia ad esercitare la sua autorità in modo più trasparente (European Policy Centre
Conference, esposizione di Wang Zaibang). Il problema sta nel fatto che il partito al potere
continua a considerare le riforme un processo direttivo ed una questione che rientra nelle sue
esclusive competenze ; il coinvolgimento integrale della società civile attraverso il dialogo
democratico non figura decisamente nell'attuale ordine del giorno.
II.
LA CINA SULLA SCENA MONDIALE
10. Alcuni anni fa, in seguito allo scoppio della bolla finanziaria dei valori dell'alta tecnologia, gli
economisti americani si chiedevano febbrilmente quale paese avrebbe potuto fungere da motore al
rilancio economico mondiale. A loro giudizio, l'Europa crollava sotto normative che la rendevano
sempre meno concorrenziale, gli Stati Uniti prendevano risolutamente la strada dell'aumento del
debito, degli scandali finanziari e dell'incertezza degli investitori, mentre l'economia giapponese
restava impantanata in una recessione deflazionistica. Essi ritenevano che i due soli paesi
promettenti, l'India e la Cina, fossero troppo piccoli economicamente parlando perché i loro elevati
tassi di crescita potessero avere un impatto reale sulla crescita mondiale. (Vedansi i commenti di
Steven Roach, Relazione del Segretariato dell'AP della NATO, Visita a New York e San
Francisco). Sembra che queste previsioni siano state fatte in funzione dell'antico postulato che
considera l'economia mondiale e l'OCSE, più o meno e nonostante alcune importanti opposizioni
nazionali, una sola ed unica cosa.
11. Questa ipotesi è risultata errata. Secondo una recente indagine dell'Economist, la Cina
rappresenta attualmente il 13% della produzione mondiale in termini di parità di potere d'acquisto
(solo gli Stati Uniti la precedono) e costituirà ben presto il terzo esportatore mondiale dietro gli Stati
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Uniti e la Germania. La sua domanda interna costituisce il principale fattore che spiega il recente
miglioramento economico dell'Asia e svolge un ruolo di sostegno fondamentale per il disavanzo di
bilancio degli Stati Uniti, grazie ai suoi acquisti di buoni del tesoro americani. Il FMI ritiene che, se
riuscirà ad attuare le necessarie riforme bancarie, la Cina andrà avanti nella sua crescita a un
ritmo dal 7 all'8% annuo nei prossimi dieci anni, il che proietterà il PIL cinese al di sopra di quello
degli Stati Uniti a partire dal 2020 in termini di parità di potere d'acquisto (The Economist, 2 ottobre
2004).
12. La Cina varca dunque una soglia. La sua economia non può più essere considerata una
semplice potenzialità. Costituisce ormai un soggetto essenziale dell'economia mondiale ed il suo
peso internazionale aumenta. Nello scorso anno, l'economia mondiale ha registrato una
progressione del 5%. I due motori di questa crescita sono stati, da una parte, un'economia
americana stimolata da politiche monetarie e fiscali più morbide, da tassi di risparmio molto bassi e
da una forte propensione ad importare e, dall'altra, i produttori cinesi, che orchestrano una delle
più grandi espansioni economiche della storia recente.
13. Parallelamente, tuttavia, la Cina continua a rappresentare al tempo stesso una potenza
economica molto importante ed un paese in via di sviluppo. Ciò le assegna un posto relativamente
unico nell'economia mondiale, un posto forse tanto più paradossale in quanto questa società
sempre più liberale dal punto di vista economico continua ad essere amministrata da un partito
comunista.
III. GLI ASPETTI GEOPOLITICI DELL'EMERGERE DELLA CINA E LE LORO IMPLICAZIONI
TRANSATLANTICHE
14. L’émergere economico della Cina è gravido di implicazioni geopolitiche, molte delle quali non
possono non rimodellare elementi fondamentali delle relazioni transatlantiche. La Cina non
costituisce ancora una potenza veramente mondiale, certamente non nel senso in cui lo sono gli
Stati Uniti. Rappresenta tuttavia una potenza fondamentale nel Sud Est asiatico e la sua influenza
va estendendosi. Si tratta, naturalmente, di una potenza nucleare che possiede missili
intercontinentali e che dispone di un esercito considerevole, essendo nel contempo membro del
Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Quanto al suo peso economico mondiale, esso avanza
a passi di gigante. Considerare la Cina in termini esclusivamente statici sarebbe quindi dare prova
di estrema negligenza. La Cina costituisce una potenza mondiale in ascesa, anche se presenta
alcune contraddizioni, e la sua sempre più affermata presenza sulla scena mondiale modifica la
carta strategica ed economica.
15. Parallelamente, la Cina si allontana fortemente dall'ideologia rivoluzionaria che ispirava una
volta la sua politica estera. La si considera sempre più una potenza che privilegia lo statu quo,
perché concede un maggior sostegno a un ordine economico internazionale e regionale liberale,
che oramai condivide, il che costituisce la chiave della sua prosperità nazionale, della sua stabilità
interna e del mantenimento dell'egemonia del partito. Ha inoltre modificato, almeno tatticamente, la
sua politica estera. Mentre la Cina considerava una volta i paesi in via di sviluppo la sua principale
priorità in politica estera, sono ormai le sue relazioni con gli Stati Uniti, il Giappone e l'Europa che
occupano il posto d'onore, seguite dalle sue relazioni con i suoi vicini regionali e poi dalle sue
relazioni con i paesi in via di sviluppo. (European Policy Centre Conference, osservazioni di
Xinning Song) La recente adesione della Cina all'OMC ed i suoi obiettivi chiaramente espressi
nell'ambito di questa istanza confermano il fatto che sta diventando una potenza sempre più
favorevole allo statu quo, dedita alla salvaguardia di un ordine economico aperto. Questa
impostazione agevola le relazioni della Cina con taluni suoi vicini asiatici, con gli Stati Uniti e
l'Europa, che intrattengono essenzialmente con questo paese relazioni commerciali migliori e
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fruttuose, nonostante il persistere di tensioni su questioni come i diritti umani, Taiwan, la Birmania
e la vendita di armi.
16. La manifestazione più evidente del modo in cui l'evoluzione della Cina può modificare la
coesione fra gli Stati Uniti e l'Europa è ravvisabile forse nella recente tensione transatlantica
causata dal desiderio degli Europei di porre fine all'embargo di lunga data sulla vendita di armi,
imposto dopo la sanguinosa repressione operata dall'esercito cinese delle manifestazioni sulla
piazza Tiananmen. Nel dicembre 2004, i dirigenti dell'Unione europea hanno annunciato la loro
intenzione di sostituire l'embargo con un codice di condotta per le esportazioni. Questo codice di
condotta, che comprende disposizioni sul commercio delle armi ed i trasferimenti di tecnologia,
non dovrebbe portare ad un aumento quantitativo o qualitativo delle armi vendute alla Cina. Ma
sarebbe anche non vincolante e, in quanto tale, potrebbe non avere alcun effetto sui paesi membri
che desiderino vendere sistemi più sofisticati ai Cinesi. (Financial Times, 22 gennaio 2005.) Nello
scorso anno, i responsabili americani hanno fatto sapere ai loro omologhi europei che una siffatta
revoca dell'embargo complicherebbe seriamente il commercio e la cooperazione transatlantica in
materia di difesa.
17. I responsabili americani e numerosi loro omologhi europei sono fermamente contrari alla
revoca dell'embargo per tutta una serie di motivi strategici e politici, fra cui il fragile equilibrio
militare nel Sud est asiatico, la possibilità che armi occidentali siano utilizzate in occasione di
un'eventuale confronto fra Taiwan e la Cina, ed il fatto che il sistema politico cinese resta
fondamentalmente antidemocratico e poco degno di fiducia. Taiwan rimane una grande fonte di
tensione fra Washington e Pechino. Gli Stati Uniti si sono impegnati ad aiutare Taiwan a difendersi
in caso di invasione cinese. L’aiuto americano permette a Taiwan di disporre di una capacità di
autodifesa credibile, ma non tanto da consentirle di dichiarare la sua totale indipendenza. I dirigenti
americani ritengono inoltre che il dialogo costituisca il miglior modo di impedire un conflitto militare.
Gli Stati Uniti sono così coinvolti in un delicato gioco di destrezza nello stretto di Taiwan. Vogliono
vigilare affinché qualsiasi processo in vista di una riunificazione si svolga in modo pacifico e
negoziato. I responsabili americani non sostengono coloro che, a Taipei, sono fautori
dell'abbandono del principio di una sola Cina, ma si impegnano ad aiutare Taiwan ad ostacolare
qualsiasi intervento militare cinese.
18. I dirigenti americani sono quindi fermamente contrari a qualsiasi misura che possa
contribuire a rompere l'equilibrio nello stretto di Taiwan a favore della Cina. I sostenitori europei
della revoca dell'embargo affermano che non hanno alcuna intenzione in tal senso, ma ciò non
attenua certamente le preoccupazioni americane. L’Unione europea ha raddoppiato le sue vendite
di armi alla Cina fra il 2002 e il 2003, le quali sono passate da 210 a 416 milioni di euro. La Cina
aumenta le sue spese militari per cercare di ammodernare il suo esercito. I responsabili americani
sostengono che l'industria bellica europea si prepara a grosse vendite alla Cina non appena sia
revocato l'embargo e non sono molto soddisfatti dell'applicazione incoerente dell'attuale l’embargo
(Dombey & Blitz). Fatto molto più importante, Pechino ha di recente emanato una legge che
stabilisce esplicitamente che qualsiasi dichiarazione d'indipendenza taiwanese potrebbe provocare
una reazione militare della Cina. Questa legge sembra far riflettere gli Europei. E' così che, per
esempio, quattro commissioni parlamentari britanniche preposte rispettivamente alla Difesa, agli
Affari esteri, allo Sviluppo internazionale e al Commercio e all'Industria hanno di recente formulato
forti riserve circa la revoca dell'embargo prima di un chiarimento preliminare in ordine al modo in
cui il Consiglio d'Europa intende vigilare affinché ciò non comporti un aumento qualitativo o
quantitativo delle vendite di armi alla Cina. Queste commissioni sono inoltre preoccupate dal
ricorrente problema del rispetto dei diritti umani in Cina e ritengono che la revoca dell'embargo
invierebbe cattivi segnali politici a Pechino. Si preoccupano infine del fatto che la revoca
dell'embargo possa avvelenare la cooperazione in materia di armamenti e le relazioni diplomatiche
in senso lato con gli Stati Uniti (Relazione della Camera dei Comuni).
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19. Se mal gestito, questo contrasto transatlantico potrebbe indebolire i recenti sforzi di taluni
dirigenti europei ed americani tesi ad approfondire la cooperazione industriale transatlantica in
materia di difesa. E' opportuno notare che, da alcuni anni a questa parte, l'atmosfera nel
Congresso americano non è particolarmente recettiva verso l'apertura transatlantica dei mercati
della difesa. Il Segretario alla Difesa Donald Rumsfeld ed altri responsabili si sono in realtà opposti
a talune leggi restrittive emanate dal Campidoglio. Si ritiene attualmente che, se l’UE dovesse
revocare l’embargo senza rigorosi controlli, la nozione stessa di mercato transatlantico della difesa
sarebbe insostenibile dinanzi al Congresso.
20. Gli Stati Uniti intrattengono da tempo relazioni privilegiate con la Cina per via dei loro
numerosi legami economici con questo paese e per il fatto che la Cina costituisce, anch'essa, una
potenza essenziale nel pacifico. Circa le relazioni dell'Europa con Pechino, esse si sviluppano in
modo piuttosto sostenuto. Nel 2004, l’Europa ha superato gli Stati Uniti come primo partner
commerciale della Cina (Kynge). Alcuni dirigenti europei vogliono manifestamente « giocare la
carta cinese », anche se ci si può domandare come e a qual fine. Alcuni lasciano ormai intendere
che l'Europa e la Cina hanno gli stessi punti di vista su tutto un ventaglio di questioni, quali il ruolo
centrale del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nella composizione delle crisi internazionali
e l'opportunità di un ordine mondiale multipolare piuttosto che unilaterale. Gli atlantisti europei e
nord-americani ritengono un atteggiamento del genere una sfida diretta al primato dell'alleanza
costituita dalla NATO. Si constata una certa simmetria nelle ambizioni mondiali della Cina e
dell'Unione europea. Esse costituiscono entrambe potenti soggetti regionali, che svolgono ruoli
mondiali importanti, se non egemonici. Si considerano vicendevolmente partner potenziali per
promuovere la rispettiva influenza mondiale e prosperità. Questa simmetria costituisce
sicuramente uno degli argomenti soggiacenti della battaglia sull'embargo imposto alle vendite di
armi e lascia probabilmente presagire l'emergere di altre tensioni transatlantiche riguardanti la
Cina.
21. L’Unione europea definisce le sue relazioni con la Cina un «partenariao strategico», status
che essa concede ai suoi partners più importanti, compresi gli Stati Uniti, il Canada, la Russia e
l'India (European Policy Centre Conference, osservazioni di Dirk Sterckx). In occasione del recente
vertice fra l’UE e la Cina, Le due parti hanno ribadito il loro impegno in favore di un efficace ordine
multilaterale. Alcuni analisti cinesi compiono un ulteriore passo, lasciando intendere che il modello
d'integrazione regionale dell'UE potrebbe contribuire all'edificazione di un'Asia orientale più stabile
e prospera (Perlez). La Cina non è attualmente membro dell'Associazione delle Nazioni del SudEst asiatico (ASEAN), ma mantiene un importante dialogo con questo organismo regionale, tramite
quello che viene ormai chiamato il processo «ASEAN più Tre», in cui sono altresì impegnati il
Giappone e la Corea del Sud. Di recente, la Cina e l'ASEAN hanno concordemente deciso di
negoziare un ambizioso accordo di liberalizzazione commerciale e la Cina negozia accordi
bilaterali con un certo numero di paesi dell'ASEAN. Gli scambi commerciali intra-asiatici registrano
un esplosivo incremento e comprendono sei soggetti regionali fra le dieci economie che registrano
lo sviluppo più rapido mondiale (Baucus). La nuova tattica della Cina, che consiste nell'estendere
la sua influenza mediante la politica commerciale e del multilateralismo, piuttosto che far pesare
semplicemente la propria potenza militare, è indice della sua crescente maturità e sofisticatezza
internazionali. Essa ha imparato ad estendere la propria influenza mediante un atteggiamento
vincente sotto ogni punto di vista e non semplicemente attraverso approcci conflittuali, il che le
apre nuove porte. Ciò detto, la Cina non ha certamente dimenticato l'importanza della potenza
militare ed ha intrapreso un grosso sforzo di ammodernamento del proprio esercito. Fa anche
pesare questa potenza quando ritiene che siano in gioco interessi di sicurezza nazionale. La
recente approvazione di una legge che lascia intendere che una dichiarazione di indipendenza di
Taiwan potrebbe comportare una risposta militare cinese offre un eccellente esempio in proposito.
22. Nonostante il miglioramento delle relazioni tra l'UE e la Cina, si notano altresì alcune
tensioni, fra cui la politica della Cina nei confronti della Birmania, le sue relazioni con Taiwan e la
questione dei diritti umani in generale. Le banche centrali europee deplorano inoltre la politica
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cinese in materia di cambio. Fatto ancora più importante, diversi gruppi temono che le imprese
europee meno concorrenziali siano sommerse dalle importazioni cinesi. Temono in particolare che
l'onere dell'adeguamento alla perdita del valore del dollaro gravi unicamente sulle spalle della
manodopera e delle industrie europee sottoposte alla concorrenza delle importazioni. I
responsabili dell'UE sottolineano tuttavia che le relazioni bilaterali con la Cina devono essere
approfondite nonostante questi problemi.
IV.
LE IMPLICAZIONI COMMERCIALI DELL'EMERGERE DELLA CINA
23. Lo sviluppo economico della Cina non è certamente unidimensionale. Non deriva
unicamente da una prassi dei capitalisti occidentali che cercano di delocalizzare la manodopera
verso un paese in cui è meno cara, così come la Cina non si è mutata in un semplice centro di
fabbricazione di prodotti a buon mercato di plastica. L'industria cinese sale rapidamente di livello in
materia di produzione e produce ormai una percentuale molto consistente dei materiali di burotica,
dei lettori DVD, delle macchine fotografiche digitalizzate, dei personal computers, nonché dei
vestiti, delle calzature e di altri beni manifatturati più semplici a livello mondiale. La Cina
contribuisce al riorientamento delle catene di approvvigionamento mondiali predominanti create
negli ultimi trent'anni. Presenta attualmente notevoli disavanzi commerciali con il Sud-Est asiatico
ed eccedenze commerciali in espansione con il Nord America e l'Europa. Alla fine del 2003, il
disavanzo della Cina raggiungeva i 31,5 miliardi di dollari con Taiwan, 13,1 miliardi di dollari con la
Corea del Sud, 7,6 miliardi di dollari con l'ANASE, 5 miliardi di dollari con il Giappone e 1,3 miliardi
di dollari con l'Australia (Hale & Hale). La quota globale della Cina negli scambi commerciali
mondiali è passata dal 5% nel 2000 all'attuale 10%. (Rossi).
24. Il netto effetto della rapida crescita della Cina sull'economia mondiale è molto positivo,
nonostante gli inevitabili sconvolgimenti che comporta in alcuni settori. La sua economia in piena
crescita crea ricchezza in tutto il mondo. Questi vantaggi raggiungono i loro fruitori attraverso
innumerevoli canali, il che non impedisce ai mercantilisti e ai protezionisti di far osservare, a torto,
che l'aumento delle importazioni cinesi costituisce inevitabilmente un fattore negativo e che implica
semplicemente chiusure di fabbriche e perdite di posti di lavoro. Gli specialisti degli scambi
commerciali fanno osservare da parte loro che questa è un'interpretazione economica ingannevole
e parziale, suscitata dal decollo economico di un grande paese e dalla sua metamorfosi in
soggetto commerciale mondiale di primo piano. In primo luogo, il fatto di commerciare con un
produttore a bassi costi comporta inevitabilmente un ribasso dei prezzi per i consumatori e per i
produttori che sono in grado di acquistare beni strumentali a minor costo. Questa caduta dei prezzi
strangola a sua volta le pressioni inflazionistiche nell'ambito delle economie importatrici, aumenta il
benessere dei consumatori e diminuisce i costi di produzione degli esportatori. I guadagni di
produttività che ne derivano aiutano le industrie nazionali a guadagnare quote di mercato, sia a
livello locale che internazionale, ricompensando i lavoratori impiegati da questi settori. Fatto
ancora più importante, le imprese non cinesi generano oltre la metà dei redditi della Cina
all'esportazione e il 60% delle importazioni. Per il solo anno 2000, i redditi generati in Cina da
imprese americane hanno raggiunto i 7,2 miliardi di dollari (Hale & Hale). Sono queste le imprese
vincitrici.
25. Le perdenti sono le industrie che si confrontano con le importazioni, che non possono
competere con il rapporto qualità/prezzo dei beni importati e con i lavoratori impiegati dalle
fabbriche di queste industrie. Segnaliamo tuttavia che le imprese locali che si confrontano con le
importazioni che sono in grado di competere con il rapporto qualità/prezzo di questi nuovi
concorrenti sono in grado di diventare più concorrenziali. La maggior parte dei lavori empirici sugli
effetti generali dell'espansione degli scambi commerciali autorizzano a ritenere che i vantaggi per i
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vincenti compensino ampiamente le perdite di quanti si trovano a fronteggiare una nuova
concorrenza. Fatto ancora più importante, durante questo processo, i paesi che praticano questi
scambi sono in grado di acquisire una maggiore specializzazione al livello della loro produzione, il
che comporta nuovi guadagni di produttività e la creazione di ricchezze.
26. L'esperienza empirica tende precisamente a confermare i processi in opera nel caso
dell'emergere della Cina. Le economie occidentali devono tuttavia vigilare affinché le loro
economie possiedano tutta l'elasticità necessaria e la capacità di trasferire capitali e manodopera
verso i settori in cui sono più concorrenziali, a scapito di quelli in cui sono meno produttive. L'arrivo
della Cina sul mercato mondiale costringe il Nord America e l'Europa a rafforzare
considerevolmente la flessibilità dei loro mercati di capitale e del lavoro.
27. La Cina ha inoltre una forte influenza sulla domanda mondiale. Mentre numerosi osservatori
poco accorti considerano il suo principale impatto economico in termini di enormi esportazioni, la
Cina costituisce anche un mercato in piena espansione per i capitali e i beni di consumo. Si ritiene
pertanto che, se l'attuale distribuzione della crescita e dei redditi si mantiene, la Cina offrirà al
mondo, nel 2020, altri cento milioni di consumatori, con un reddito medio equivalente a quello che
prevale attualmente in Europa occidentale (The Economist, 2 ottobre 2004). Essa ha già da
adesso rilanciato quasi da sola le economie in perdita di velocità dell'Asia orientale, attraverso la
sua forte domanda per tutta una gamma di materiali produttivi, componenti ad alta tecnologia e
beni di consumo. La maggior parte dei redditi che la Cina trae dalle sue esportazioni è spesa
immediatamente per componenti, materie prime e, sempre più, per prodotti di lusso importati.
28. L'economia cinese è inoltre molto più aperta di quanto lo fossero l'economia coreana e
quella giapponese al medesimo punto del loro decollo economico. I dazi doganali generali praticati
dalla Cina sono improvvisamente caduti dal 40% all'inizio degli anni '90 al 10,4% nel 2004
(Beattie). Le condizioni molto rigorose imposte alla Cina per il suo ingresso nell’OMC hanno del
resto contribuito a un'ulteriore maggiore apertura del suo mercato. Nel 2004, l'insieme delle sue
esportazioni ed importazioni ha rappresentato circa il 75% del suo PIL totale. È, questa, una quota
straordinariamente elevata per un paese delle sue dimensioni e che è il doppio di quella degli Stati
Uniti. Ciò si spiega in parte con il fatto che l'economia non mercantile della Cina resta
sottosviluppata, in particolare quando la si paragona al settore mercantile. La Cina fa parte
dell’OMC da tre anni ed il suo peso nel sistema del commercio internazionale è considerevolmente
aumentato. Le sue esportazioni totali, così, si sono moltiplicate per otto fra il 1990 e il 2003 per
raggiungere i 380 miliardi di dollari (Hale & Hale). La Cina ha inoltre dato attuazione a normative
estremamente aperte in materia di commercio e d'investimento, anche se gli investitori stranieri
continuano a lamentare gravi complicazioni amministrative e barriere non doganali insidiose in
settori quali i servizi finanziari e le normative relative agli investimenti. Ciò non toglie che gli
investimenti stranieri in Cina rappresentino circa il 35% del PIL (The Economist, 2 ottobre 2004).
La Cina si classifica ormai al quinto posto mondiale in materia di investimenti esteri diretti (IED) e
progredisce rapidamente in questa classifica. Durante i primi dieci mesi del 2004, gli IED hanno
raggiunto i 54 miliardi di dollari. Questo afflusso finanziario trasforma in modo fondamentale
l'infrastruttura industriale e dei trasporti della Cina, contribuendo nel contempo al suo gigantesco
appetito in materia di acciaio e di cemento, nonché al suo continuo crescente fabbisogno di
energia.
29. Una delle condizioni poste all'ingresso della Cina nell' l’OMC era l'abbandono delle
sovvenzioni all'esportazione per i suoi prodotti agricoli. Numerosi sono coloro che si aspettavano
che ciò nocesse a questo settore inefficace con forte componente di manodopera. Ma i Cinesi si
sono adattati piuttosto bene alle condizioni del mercato aperto. Riducendo, fondamentalmente, la
produzione inefficace di cereali e concentrandosi sulla produzione a forte componente di
manodopera di prodotti base come i funghi e la frutta, si sono creati una nuova serie di vantaggi
relativi (Beattie). Le autorità cinesi desiderano in particolare accrescere il livello di vita nelle aree
rurali, per ampliare lo sviluppo economico, placare le crescenti tensioni politiche nelle campagne e
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rallentare il ritmo dell'urbanizzazione finora non ostacolato. Per questo motivo lo Stato ha di
recente accettato di aumentare il prezzo al quale acquista tutta una serie di prodotti agricoli di
base.
30. Le importazioni dalla Cina progrediscono del resto a un ritmo molto rapido: + 40% per il solo
anno 2003! Dal 2001, la Cina assicura un terzo dell'aumento del volume mondiale delle
importazioni. Costituisce il terzo importatore e, nel 2004, ha recepito il 17% delle esportazioni
giapponesi, il 16% di quelle dell'Unione europea, l'8,5% di quelle degli Stati Uniti d'America, il
38,5% del resto dell'Asia e il 20% del resto del mondo (Rossi). La Cina rappresenta ormai il primo
partner commerciale del Giappone ed il secondo partner commerciale per importanza dell'Unione
europea, dietro soltanto agli Stati Uniti. Gli scambi commerciali fra l'UE e la Cina sono raddoppiati
fra il 1999 e il 2003 (Eurostat, 14/6/2004, Kihara & Takeuchi). La Cina rappresenta inoltre un
mercato fondamentale per i paesi in via di sviluppo: il 45% delle sue importazioni annue, che
raggiungono i 400 miliardi di dollari, proviene da paesi in via di sviluppo e queste importazioni sono
aumentate di 55 miliardi nel 2003. Essa registra un ingente disavanzo commerciale con il mondo
in via di sviluppo (Kharas). Alcune previsioni ottimistiche lasciano intendere che, se la Cina
continuerà a progredire sulla via delle riforme, potrebbe diventare il maggiore esportatore ed
importatore al mondo fra meno di dieci anni. The Economist ritiene da parte sua che, se la Cina
continuerà a svilupparsi e se una parte del mondo in via di sviluppo raccoglierà la sua sfida
relativa adottando le sue politiche liberali, i paesi sviluppati potrebbero beneficiare dell' 1% di
ulteriore crescita annua, mentre i paesi in via di sviluppo beneficerebbero di un aumento
sensibilmente più consistente, nonostante inevitabili sconvolgimenti per talune economie (The
Economist, 2 ottobre 2004). Anche qui, la capacità di un paese in via di sviluppo isolato, che non
esporta petrolio, di esercitare un impatto economico globale così importante rappresenta
un'innegabile rivoluzione per i sistemi internazionali della finanza e del commercio. Inoltre, come
abbiamo già segnalato, si tratta di un'evoluzione economica connessa ad una grandissima
importanza politica, diplomatica e strategica.
31. Il ritmo frastornante della crescita sostenuta dagli investimenti costituisce una vera sfida per i
responsabili della politica macroeconomica in Cina, che deve assolutamente evitare il
surriscaldamento dell'economia. Il compito non è molto facile e, nello scorso anno, la banca
centrale cinese ha rialzato i suoi tassi d'interesse per evitare che il boom si trasformi in disastro.
L'aumento degli investimenti risulta difficile da controllare in questo immenso paese, realmente
decentrato. Esistono, per esempio, innumerevoli reti d'investimenti sotterranei, che sfuggono ad
ogni regolamentazione. Finora, la banca centrale cinese ha compiuto un lavoro ammirevole in
circostanze difficili. Dei tassi d'interesse più alti potrebbero, tuttavia, attrarre un afflusso ancora più
consistente di capitali, il che solleverebbe ulteriori questioni circa la visibilità del renminbi di fronte
al dollaro (Beattie, 7 dicembre 2004). Benché l'attuale politica dei tassi di cambio condotta dalla
Cina garantisca la stabilità a breve termine nel paese, essa genera l'agitazione politica dei
responsabili americani ed europei, che ritengono che nuoccia alle loro esportazioni. Il dilemma che
gli Stati Uniti si trovano ad affrontare potrebbe essere naturalmente ancora più grande, dato che i
Cinesi fissano i tassi di cambio finanziando il debito americano. Una brusca modificazione della
politica della Cina in materia di tasso di cambio potrebbe benissimo scatenare un disinteresse per
il dollaro, in grado di provocare una brusca caduta della moneta americana e l'aumento dei tassi
negli Stati Uniti.
V.
LA MANODOPERA
32. La Cina continua a contraddistinguersi per una gigantesca economia rurale sottosviluppata
ed il suo entroterra costituisce un serbatoio a quanto pare illimitato di manodopera. Alcuni
ritengono che fino a 200 milioni di lavoratori agricoli cinesi sottoimpiegati siano in grado di
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occupare rapidamente lavori nell'industria e nei servizi se tali posti di lavoro diventassero
disponibili. Attualmente, quindi, la retribuzione dei lavoratori non qualificati può continuare ad
essere alquanto bassa, anche se, nel lungo periodo, la crescita della Cina avrà probabilmente
come conseguenza un aumento dei salari.
33. La crescente presenza della Cina sui mercati commerciali mondiali ha importanti effetti sul
mercato della manodopera. Spinge al ribasso i costi delle esportazioni a forte intensità di
manodopera in settori quali il tessile, così come in quello della fabbricazione di prodotti elettronici
standardizzati di grande consumo. La Cina abbassa inoltre il costo dei capitali. I suoi acquisti di
buoni del tesoro americani contribuiscono, per esempio, a mantenere i tassi d'interesse ad un
livello basso e possono contribuire a dirottare gli investimenti a favore di proventi da risparmio, il
che costituisce una possibile spiegazione del «rilancio senza creazione di posti di lavoro»
americano.
34. La domanda cinese spinge, inoltre, verso l'alto i prezzi delle materie prime - l'acciaio, il
petrolio, il cemento ed alcuni componenti ad alta tecnologia -. L’effetto sulle economie occidentali è
complesso, in quanto la Cina contribuisce al rincaro del prezzo dell'energia, stimolando nel
contempo i prezzi di tutta una gamma di esportazioni occidentali e spingendo altri prezzi verso il
basso. È così, per esempio, che i prezzi dei vestiti sono diminuiti del 30% negli Stati Uniti nello
scorso decennio, ma pone gravi problemi alle industrie e ai lavoratori delle industrie tessili. Lo
stesso processo è evidente in Europa, benché i mercati della vendita al dettaglio siano un po'
meno concorrenziali e la caduta dei prezzi non si ripercuota al livello dei consumatori in misura
pari a quella degli Stati Uniti. L'OMC ritiene che la Cina sia sul punto di aggiudicarsi la metà del
mercato mondiale, pari al doppio della quota del mercato dei tessili da lei attualmente detenuta
(Beattie & Harney). I dirigenti cinesi hanno cercato di venire incontro a queste preoccupazioni,
imponendo unilateralmente una tassa sull'esportazione ai loro fabbricanti di vestiti, ma l'Unione
europea e gli Stati Uniti predispongono attualmente urgenti misure di protezione per evitare che le
rispettive industrie tessili siano sommerse. I fabbricanti americani di prodotti tessili hanno ottenuto
dal dipartimento del Commercio l'approvazione dell'imposizione di misure di protezione, ma
un'ordinanza ottenuta dagli importatori americani ne blocca l'attuazione. La Turchia, che è
particolarmente vulnerabile in questo campo, ha già imposto dei limiti alle importazioni di prodotti
tessili. L'Unione europea, a sua volta, ha sollecitato la Cina a ridurre le sue esportazioni di prodotti
tessili e di vestiti, ma non ha - finora - adottato misure di protezione prelative.
35. La Cina pone palesemente un problema ai paesi in via di sviluppo con i quali è in
concorrenza diretta. Essa ha modificato le condizioni degli scambi commerciali per la maggior
parte di questi paesi, provocando spesso un ribasso dei prezzi dei loro prodotti di esportazione
manifatturati, aumentando nel contempo i prezzi delle esportazioni di materie prime. La fine delle
quote nel settore tessile al 1° gennaio 2005 accelera già questa concorrenza e un certo numero di
esportatori di prodotti tessili nei paesi in via di sviluppo soffrirà di uno choc dei prezzi a causa della
competitività della Cina in questo settore. Alcuni paesi in via di sviluppo traggono tuttavia
vantaggio dalla domanda cinese di materie prime e di energia. Per fare concorrenza alla Cina, i
paesi in via di sviluppo dovranno essere altrettanto aperti e liberali sotto il profilo economico. Se si
orientano in questa direzione, l'effetto della sfida della Cina sarà positivo per questi paesi, oltre che
per l'economia mondiale nel suo complesso.
36. Il McKinsey Global Institute ha di recente esaminato le ripercussioni sui lavoratori che
perdono il proprio posto di lavoro in seguito alla delocalizzazione delle imprese in Cina o in India.
In base a questo studio, il 70% dei lavoratori americani in questa situazione trova un nuovo posto
di lavoro entro 6 mesi, mentre in Germania avviene solo per il 40%. Ciò fa pensare che le rigidità
del mercato del lavoro possono gravemente complicare gli sforzi di adattamento all'evoluzione
delle condizioni del mercato internazionale (http://www.mckinsey.com). un altro studio realizzato
da Goldman Sachs rivela da parte sua che i consumatori di prodotti tessili nella zona euro si
avvantaggiano molto meno dall'emergere della Cina dei consumatori americani, semplicemente a
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causa della mancanza di concorrenza nel settore del dettaglio nel Vecchio Continente. Le
prospettive dell'emergere economico della Cina possono quindi essere fortemente condizionate
dalle strutture esistenti che agevolano o al contrario complicano l'adattamento alle opportunità o
alle sfide poste dalla Cina. Ciò stante, le preoccupazioni continuano ad essere molto forti negli
Stati Uniti, anche se il mercato del lavoro americano è strutturato meglio del mercato europeo per
adeguarsi e avvantaggiarsi dello sviluppo economico cinese.
37. Ciò si spiega in parte col fatto che il disavanzo commerciale degli Stati Uniti rispetto alla Cina
è notevolmente aumentato nell'arco di dieci anni. L'anno scorso, questo disavanzo ha raggiunto la
somma astronomica di 124 miliardi di dollari. La ripartizione di questa cifra è indicatrice. Le
importazioni provenienti dalla Cina non spiegano la crescita esplosiva dell'attuale disavanzo
americano dei conti correnti, dato che di fatto la Cina si è accontentata di prendere il posto di altri
fornitori sul mercato americano. È così, per esempio, che nel 1988, soltanto il 2% delle
importazioni americane di calzature proveniva dalla Cina, mentre il 60% proveniva da Taiwan e
dalla Corea del Sud. Oggi la Cina si aggiudica il 70% delle importazioni americane di calzature e
ha praticamente soppiantato la Corea del Sud e Taiwan sul mercato americano, benché alcuni
coreani e taiwanesi siano proprietari di numerose fabbriche cinesi che vendono negli Stati Uniti.
Numerose società di elettronica taiwanesi si sono poi delocalizzate nella Cina continentale e
svolgono un ruolo essenziale nelle esportazioni cinesi di materiali elettronici (Hale & Hale).
Un'analoga tendenza si sviluppa su altri mercati, fra cui quello dei personal computer. I paesi
asiatici perdono quote di mercato negli Stati Uniti a vantaggio della Cina, ma queste perdite sono
compensate da un massiccio aumento delle loro esportazioni verso la Cina sotto forma di prodotti
di livello più alto e di maggior valore. Circa i due terzi dell'aumento delle esportazioni della Cina
provengono da aziende non cinesi che hanno fabbriche nel paese. E lo sviluppo economico della
Cina costituisce in tal modo un'interessante opportunità per gli investitori occidentali. Alcuni
potrebbero far osservare che una «esternalizzazione» del genere costa in realtà in termini di posti
di lavoro in Occidente, ma una prospettiva dinamica delle cose suggerisce, anche in questo caso,
che questa situazione offre altresì la possibilità alla manodopera occidentale di lavorare in settori
ancora più produttivi.
38. La Cina esercita inoltre pressioni commerciali su tutta una gamma di paesi in via di sviluppo
e in transizione, con i quali è in concorrenza diretta. Il Messico, per esempio, perde alcune quote di
mercato nel settore tessile a vantaggio dei cinesi, senza ottenere le compensazioni che risultano
così benefiche per gran parte dell'Asia. L'Europa centrale ed orientale si trova attualmente
impegnata in una battaglia a livello mondiale per attirare capitali freschi. E' così, per esempio, che
l'Ungheria ha ottenuto importanti investimenti per alcune fabbriche di assemblaggio di base verso
la metà degli anni '90, ma alcune di queste fabbriche sono state successivamente delocalizzate in
Cina. Gli ungheresi riconoscono oggi che la migliore opzione per prosperare a fronte
dell'emergente divisione mondiale del lavoro consiste nel passare a produzioni sempre più
sofisticate (Visita a Budapest 2004, Relazione del segretario dell’AP NATO).
VI.
LE IMPLICAZIONI MONETARIE
39. Il crescente peso economico della Cina è inoltre evidente nel suo sempre maggiore impatto
sui mercati monetari mondiali. La politica cinese che consiste nel legare il renminbi al dollaro
garantisce la stabilità dei prezzi per gli esportatori cinesi che vendono sul mercato americano e su
altri mercati legati al dollaro, in particolare quelli dell'Asia. Ma è anche fonte di una crescente
controversia negli Stati Uniti e in Europa. I cinesi hanno accumulato più di 480 miliardi di dollari di
riserve in valuta straniera, in massima parte sotto forma di obbligazioni di Stato americane. Nel
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2003, i paesi asiatici nel loro complesso hanno finanziato oltre la metà del disavanzo di bilancio e
dei conti correnti degli Stati Uniti. Nonostante ciò, alcuni dirigenti americani lamentano il fatto che
la politica dei tassi di cambio della Cina nuoce agli esportatori americani e rende difficile la
correzione totale e rapida della bilancia dei pagamenti. Essi ritengono che una valorizzazione del
renminbi porterebbe ad un rapido aumento delle esportazioni degli Stati Uniti verso la Cina ed una
corrispondente diminuzione delle importazioni. Siccome, tuttavia, il renminbi è legato al dollaro,
non si rileva alcuna modificazione dei prezzi relativi delle esportazioni e delle importazioni cinesi
ed americane, nonostante il forte deprezzamento del dollaro rispetto ad altre valute, come l'euro.
Parallelamente, l'Europa lamenta il fatto che il legame fra il renminbi e il dollaro la obbliga a
sostenere da sola l'adeguamento ad un dollaro deprezzato. Analogamente agli Stati Uniti, l'Unione
Europea chiede d'altro canto ai cinesi di autorizzare la valorizzazione della loro valuta, per
correggere questi squilibri.
40. Ora, la Cina importa quasi nella stessa misura in cui esporta. Dal suo punto di vista, la sua
valuta non devia in modo sostanziale rispetto ai soggiacenti equilibri dei mercati. Fatto ancora più
importante, una significativa quota dei componenti a valore aggiunto importati dalla Cina si
ritrovano nelle sue esportazioni finali, sicché una valorizzazione non comporterebbe certamente un
fondamentale cambiamento della sua bilancia commerciale con gli Stati Uniti, che si spiega in
misura molto maggiore con la debolezza del tasso di risparmio americano che non con
l'inadeguato allineamento dei tassi di cambio. Ciò acclarato, l'afflusso di investimenti esteri in Cina
potrebbe, alla fin fine, rendere insostenibile l'attuale politica relativa ai tassi di cambio, alimentando
le pressioni inflazionistiche in Cina, il che comporterebbe una valorizzazione reale e non nominale
dei tassi di cambio. Per il momento, i responsabili cinesi non vogliono un sistema di tassi di cambio
integralmente flessibile e la maggior parte degli economisti sono d'accordo nel ritenere che il
sistema bancario e finanziario della Cina non sia ancora abbastanza solido da sopportare la
perdita secca legata agli averi in dollari che deriverebbe da una rivalutazione.
41. I cinesi dispongono quindi di argomentazioni per lasciare la loro moneta valorizzarsi con il
tempo. Il legame con il dollaro permette alla Cina di importare le condizioni valutarie flessibili
americane. L'afflusso di capitali ed i tassi di cambio fissi hanno comportato un netto aumento delle
riserve valutarie, degli investimenti eccessivi e dei prestiti bancari concessi senza molto
discernimento, i quali rendono il sistema finanziario vulnerabile ad ogni ribaltamento di situazione
riguardante il prezzo degli attivi. Le recenti riforme bancarie rafforzano le esigenze relative
all'adeguamento dei capitali, per coprire, in una certa misura, i prestiti irrecuperabili derivanti
dall'eccesso di crediti verificatosi non molto tempo fa. La crescita dei prestiti in seguito è rallentata
a circa il 13% dei picchi che erano all'incirca tre volte superiori a quelli raggiunti nel 2003
(McGregor). Infine, le azioni di numerose banche devono essere immesse nel mercato nel corso di
quest'anno. Esse dovrebbero ognuna generare da quattro a dieci miliardi di dollari, forniti da grandi
investitori strategici occidentali, e contribuire alla trasformazione di questo settore ancora
sottosviluppato. Inutile dire che un improvviso apprezzamento della moneta getterebbe un'ipoteca
su questo processo.
42. Un'immediata rivalutazione del renminbi potrebbe avere diversi altri effetti internazionali
indesiderabili. In primo luogo, impedirebbe alla Cina di finanziare il debito americano nelle stesse
proporzioni di oggi e questo potrebbe portare ad un fortissimo rialzo dei tassi d'interesse in
America e scatenare una vera crisi monetaria. Nel gennaio 2005, la semplice eventualità
dell'intenzione della Corea di diversificare i suoi averi in valuta ha portato ad un considerevole
calo del dollaro. La fluttuazione dei tassi d'interesse derivante da un'oscillazione del renminbi
rallenterebbe le economie degli Stati Uniti e dell'Europa, nonostante le condizioni leggermente più
favorevoli per gli esportatori americani sul mercato cinese. Producendo merci a basso costo e
vendendole con il noto successo sui mercati occidentali, la Cina mantiene l'inflazione ed i tassi
d'interesse negli Stati Uniti ad un livello notevolmente inferiore di quanto potrebbero essere. I suoi
acquisti di buoni del tesoro americani aiutano gli Stati Uniti a finanziare il loro disavanzo dei conti
correnti e ciò contribuisce a ridurre il costo dei capitali. Si ritiene così che gli acquisti asiatici di
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buoni del tesoro comporti la diminuzione di un mezzo per cento del tasso d'interesse loro
applicato. L'elevato consumo si mantiene negli Stati Uniti a causa di questo credito agevole. Un
aumento del tasso d'interesse scatenato dall'improvvisa rivalutazione del renminbi potrebbe avere
un effetto sfavorevole su un'economia americana che si connota per la crescente diminuzione del
tasso di risparmio pubblico e privato.
43. L’Europa potrebbe risentire di più degli Stati Uniti della politica della Cina di fronte al dollaro,
perché l'euro si è rivalutato notevolmente di fronte al dollaro e al renminbi. Essa assorbe dunque
una percentuale molto forte dell'adattamento al deprezzamento del dollaro e potrebbe trovarsi a
fronteggiare una pressione sulla sua bilancia dei pagamenti, per via del crescente costo delle sue
esportazioni. Il valore aggiunto di quello che l'Europa vende alla Cina è certamente molto più alto
del valore aggiunto di ciò che la Cina vende all'Europa, ma gli Americani possono guadagnare
quote di mercato in Asia in seguito all'apprezzamento dell'euro e al fatto che i tassi di cambio
relativi fra l'Asia e gli Stati Uniti non registrano variazione notevoli. E' per questo motivo che
numerosi Europei si uniscono agli Americani nel reclamare un deprezzamento del renminbi. Ora,
gli Europei costruiscono anche fabbriche in Cina, per sfruttare i vantaggi che essa offre al livello
dei costi e per mettersi al riparo dalle variazioni del tasso di cambio.
VII. I PUNTI DEBOLI DEL MODELLO CINESE
44. Benché il tenore generale di tutte le previsioni economiche relative alla Cina sia
straordinariamente positivo, è opportuno notare un certo numero di punti deboli. L'incertezza
politica a lungo termine resta la preoccupazione più grave. La Cina contemporanea non è più
guidata dall'ideologia marxista e la sua classe politica autoritaria riconosce che la libertà
economica costituisce il mezzo migliore per garantire la prosperità del suo popolo e, per
estensione, il controllo del partito sullo Stato. I cittadini cinesi godono quindi, in una certa misura,
di un'autonomia nelle loro attività, in particolare nelle relazioni economiche, e numerose vecchie
restrizioni comuniste scompaiono poco alla volta. Ciò stante, il partito comunista, a quanto pare
poco sicuro di sé e sempre ossessionato dal massacro della piazza Tiananmen, controlla
severamente la vita politica nazionale e regionale. Ne discende che i diritti politici sono fortemente
ristretti. Anche gruppi innocui come il Falang Gang sono considerati gravi minacce per lo Stato. Il
ristagno dell'egemonia politica del partito comunista offre così un marcato contrasto con il
dinamismo in ebollizione dell'economia cinese.
45. In queste condizioni, l'attuale le statu quo sembra insostenibile, tanto più che il solo partito al
potere è associato ad ogni sorta d'incompetenze economiche inclusa la corruzione. L’edificazione
di un'economia prospera e, a termine,
maggiormente orientata verso i servizi esige
necessariamente dallo Stato che esso rinunci ai rigorosi controlli che continua ad esercitare
sull'informazione e l'assunzione delle decisioni. Lo Stato si è naturalmente già liberato di molta
zavorra in campo economico, a vantaggio di soggetti privati. Le incertezza, tuttavia, perdureranno
fintanto che il governo rivolgerà un'insufficiente attenzione ai diritti umani e si asterrà dal
concedere una maggiore libertà politica ai cittadini ed un ruolo di mediazione sociale ancora più
grande nelle istituzioni della società civile. In termini economici, l'insufficienza delle riforme
politiche limiterà la crescita e lo sviluppo della Cina, cosa che sembra difficile da immaginare
quando si considera la rapidità dell'attuale crescita cinese.
46. Le riforme politiche potrebbero diventare tanto più importanti ove si consideri il crescente
divario fra ricchi e poveri conseguente allo sviluppo stesso della Cina. La disoccupazione, stimata
pari all'8% nelle città, risulta decisamente più alta nelle campagne. Il declino delle industrie pesanti
in mano allo Stato ha aumentato la disoccupazione negli ultimi anni. Ciò suscita risentimento e
provoca manifestazioni spontanee in varie regioni del paese. La Cina deve inoltre affrontare
061 ESCTER 05 F
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alcune disparità regionali. Queste tendono ad aggravarsi ed esasperano le divisioni fra città e
campagna, fra le regioni costiere e l'interno del paese, fra Est ed l’Ovest. Gli investitori stranieri,
che investono circa l'86% dei loro capitali nell'Est della Cina, il 9,6% al centro e il 4,6% soltanto
nell'Ovest, rafforzano queste divisioni (Hale & Hale). Questa disparità continuerà ad alimentare la
migrazione massiccia verso i centri urbani dell'Est, già sovrappopolati ed inquinati e fomenterà
probabilmente una nuova instabilità politica. Negli ultimi anni, le aree urbane cinesi hanno
assorbito 114 milioni di lavoratori rurali e altri 300 milioni sono attesi nei prossimi trent'anni (Pei).
Hu Jintao, Segretario Generale del partito comunista, accenna sempre più alla necessità di aiutare
i poveri e ha fatto delle questioni sociali la pietra angolare della sua amministrazione. Come
abbiamo detto, il suo governo ha di recente rialzato i prezzi pagati dallo Stato per tutta una gamma
di prodotti agricoli, per rallentare l'ondata migratoria ed attenuare le tensioni nelle campagne
instabili.
47. Esistono, naturalmente, diversi altri problemi, che comprendono l'assenza di trasparenza
legale, l'inquinamento esacerbato per mancanza di tutela ambientale, il sistematico fallimento di
tutti i tentativi di adeguata stima del costo dell'inquinamento e la resistenza delle autorità regionali
all'attuazione di normative destinate a proteggere l'ambiente, per via della ricerca da parte loro di
una crescita ad oltranza. Il Nord della Cina deve inoltre far fronte ad una gravissima siccità, mentre
il Sud si trova a dover fronteggiare gravi problemi d'inondazioni. Se la Cina evolve sempre più
verso un modello di società dei consumi, ad essa manca l'infrastruttura per gestire i rifiuti industriali
e domestici. Anche questo rappresenta una vera bomba a scoppio ritardato per l'ambiente.
Secondo produttore di anidride carbonica al mondo, la Cina, benché firmataria del Protocollo di
Kyoto, ha solo obblighi minimi e fino al 2012 per rispettare le restrizioni imposte (Visite della
Sottocommissione a Londra, marzo 2005). Fatto ancora più importante, l'aumento della ricchezza
andrà di pari passo con un aumento della domanda di automobili. L'anno scorso, le vendite di
vetture sono aumentate del 50%, nonostante il fatto che numerose città cinesi soffrano di penuria
di carburante. Per fare un esempio dei dilemmi che la Cina si trova ad affrontare, alcune fabbriche
sono state di recente temporaneamente chiuse vicino a Pechino perché non vi era sufficiente
corrente per garantire il funzionamento congiunto dell'aria condizionata negli alberghi e quello di
queste fabbriche (Visita della Sottocommissione a Londra). Il modo in cui la Cina gestisce i suoi
problemi energetici, associato al rapido aumento del consumo, avrà tutta una serie di implicazioni
a livello mondiale, sia per l'ambiente che per l'approvvigionamento del pianeta. L'esplosione della
domanda cinese costituisce attualmente il fattore principale dell'aumento a lungo termine del
prezzo del petrolio.
48. Il settore sempre importante delle aziende di Stato pone anch'esso problemi alla Cina. Il
recente crollo della China Aviation Oil Corporation Ltd., per via delle posizioni poco sagge prese
sui mercati derivati, suscita interrogativi circa il buon governo delle aziende di Stato. Dette aziende
rappresentavano una volta ottimi investimenti per gli investitori stranieri e le banche cinesi, per via
del sostegno fornito dallo Stato. È ora evidente che esistono seri rischi. Le banche cinesi hanno
prestato denaro a diverse aziende pubbliche e private dalla precaria salute finanziaria e numerosi
prestiti concessi non possono essere rimborsati. Parallelamente, aziende di dimensioni inferiori
appartenenti al settore privato si trovano a fronteggiare una penuria di capitali, perché i
finanziamenti tendono ad andare alle grandi società pubbliche e private che hanno agganci politici.
La Cina ha migliorato la propria situazione bancaria, ma le resta ancora molta strada da fare. Essa
attinge al know-how occidentale per familiarizzarsi con le migliori pratiche, con una normativa
adeguata in materia di verifica dei conti e con lo sviluppo delle competenze. Si tratta di sapere se
queste banche potranno sopravvivere ad un diffuso rallentamento economico.
49. La capacità di fabbricazione della Cina è aumentata in modo così rapido che la redditività
degli investimenti è oggi in forte calo. Già nel 2003, le sue fabbriche di automobili erano in grado di
produrre 2,8 milioni di veicoli, ma ne sono stati venduti soltanto 1,8 milioni (Hale & Hale). Questa
situazione potrebbe anch'essa rivelarsi molto problematica in caso di rallentamento dell'economia
cinese o mondiale (Hale & Hale). Una crisi che colpisca un qualsiasi settore oggetto di eccessivi
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investimenti - acciaio, automobile, beni immobili - potrebbe avere ripercussioni a catena per tutto
l'assai vulnerabile settore bancario, il che porterebbe ad una grave contrazione dei crediti. Si tratta
di uno scenario ossessivo per i dirigenti cinesi, che cercano ora una crescita meno sostenuta. La
loro capacità di riuscire in questo suscita tuttavia degli interrogativi, in quanto i governi regionali
esercitano spesso pressioni in direzione opposta.
50. I diritti di proprietà intellettuale sono inoltre fonte di gravi preoccupazioni e la pressione
internazionale aumenta sulla Cina e diversi altri paesi asiatici affinché affrontino la pirateria in
questo settore. Si ritiene, per esempio, che il 92% del software venduto in Cina sia frutto di
pirateria (Baucus). Si registrano alcuni progressi e la legislazione riflette ormai fedelmente le
norme occidentali. Il problema sta nell'attuazione di questa legislazione, in particolare a livello
locale e regionale. La pirateria continuerà ad esistere fintanto che i cinesi la riterranno utile ai
propri interessi. Alcuni faranno osservare che, all'inizio, la pirateria ha rappresentato una sorta di
catalizzatore per lo sviluppo, ma essa è oggi sempre più percepita come un handicap.
51. L'economia cinese è inoltre falsata dai numerosi incentivi concessi a livello regionale e
nazionale agli investitori esteri. Il suo settore dei beni commerciali genera il 60% del suo PIL,
mentre la sua gigantesca economia interna rimane sottosviluppata. I responsabili cinesi prendono
provvedimenti per ovviare a questo problema e vogliono che i governi locali riducano le
sovvenzioni concesse agli investitori esteri. Il governo centrale ha promesso di allineare finalmente
la tassazione delle aziende estere su quella dei produttori locali, ma non è stato fissato ancora
alcun calendario (McGregor).
52. Analogamente a un certo numero di paesi occidentali, la Cina deve anche affrontare una
crisi demografica. La sua politica di un solo figlio per famiglia ha forse ottenuto un successo troppo
grande soffocando il rapido incremento della popolazione. Essa deve ora elaborare strumenti
finanziari per prepararsi a sostenere lo choc demografico consistente nell'assistere un quarto della
sua popolazione che supererà i 65 anni nel 2030. Gli investitori occidentali contribuiscono già a
gettare le basi di questa architettura finanziaria, mediante tutta una gamma di co-imprese con i
loro omologhi cinesi. La continuazione della crescita sarà tuttavia essenziale per generare i fondi
necessari al sostegno di piani pensionistici sostenibili.
VIII. LA CINA E I MERCATI PETROLIFERI
53. La Cina non ha più un atteggiamento acquiescente di fronte ai prezzi dei mercati mondiali
delle materie prime. In altri termini, la sua crescente domanda in una gamma di materie prime
essenziali esercita un effetto sempre più importante sulla domanda mondiale, così come sulle
condizioni di approvvigionamento e sui prezzi. Ciò costituisce una pacchia per i produttori di
materie prime, in particolare nel mondo in via di sviluppo, così come un fattore centrale per mercati
petroliferi globali sempre più sotto pressione.
54 Attualmente, la Cina è il secondo consumatore di petrolio per importanza dopo gli Stati Uniti.
Da sola, ha generato circa i due quinti dell'aumento del consumo mondiale di petrolio dal 2000 ed
aumentato la sua domanda del 15% nel 2003. I prezzi mondiali dell'energia sono
considerevolmente aumentati l'anno scorso per tutta una serie di motivi, inclusa l'incerta situazione
in Medio Oriente, nel Venezuela e in Nigeria, ma la domanda in piena espansione della Cina
rappresenta il fattore più determinante. L'Agenzia internazionale dell'energia ritiene che le
importazioni nette di petrolio della Cina passeranno da 1,7 milioni di barili al giorno nel 2001 a 9,8
milioni nel 2030 e che essa dovrà portare le sue esportazioni ad un livello ancora più alto per
generare le valute straniere di cui avrà bisogno per coprire il costo di una materia prima che
rincarerà di conseguenza. Parallelamente, il Dipartimento americano dell'Energia ha riveduto le
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sue previsioni a lungo termine relative al prezzo del petrolio, portandole a 50 dollari il barile dato
l'appetito energetico gigantesco e in espansione della Cina.
55. La Cina costituisce inoltre un importante produttore di energia e resta in grado di soddisfare il
75% del suo fabbisogno mediante la sua produzione nazionale di petrolio, gas, carbone, nonché di
energia nucleare e idroelettrica (European Policy Centre Conference, osservazioni
dell'ambasciatore Ma Zhengang). I suoi principali giacimenti petroliferi sono tuttavia in fase
declinante ed essa dovrà approvvigionarsi maggiormente sui mercati mondiali per compensare la
loro scomparsa.
56. Il fabbisogno energetico della Cina condiziona le sue strategie geopolitiche e militari di lungo
periodo. Poiché non possiede forze navali in grado di proiettare la sua potenza militare al di là
della sue coste, dipende dagli Stati Uniti per difendere le linee di comunicazione marittima che
garantiscono il passaggio in condizioni di piena sicurezza del petrolio nel Pacifico. I cinesi non
ritengono che questa situazione costituisca un problema immediato, ma riconoscono tuttavia che
rappresenta un rischio di vulnerabilità strategica a lungo termine, rischio che giustifica certamente
l'acquisizione di forze navali (Mederios & Fravel). Gli Stati Uniti, da parte loro, sembrano preparati
ad utilizzare la propria influenza e potenza per contenere una crescente potenza come la Cina, al
fine di salvaguardare la loro posizione predominante nel mondo e la loro considerevole influenza in
Asia (Mearsheimer). In tali condizioni, la possibilità di futuri attriti sembra inevitabile.
57. La Cina si lancia inoltre in importanti investimenti energetici a livello mondiale. I suoi interessi
in Asia centrale sono così fortemente modellati dalle sue esigenze energetiche. La costruzione di
oleodotti per inoltrare l'energia di questa regione per alimentare i suoi settori commerciali dinamici
è diventata una priorità centrale per Pechino. Nel novembre, il Presidente Hu Jintao si è recato in
America Latina per perfezionare la firma di un certo numero di accordi di esplorazione. Alcuni
analisti lasciano intendere che le strategie di investimento e di acquisto di materie prime della Cina
in America Latina, in Asia centrale, in Africa e nel Medio Oriente sembrano altamente speculative
ed onerose per quel che rendono. Queste strategie sono tuttavia motivate dalla mancanza di
sicurezza energetica. Ciò non toglie che questi contratti molto onerosi potrebbero anche rendere la
Cina vulnerabile se l'economia mondiale dovesse rallentare in modo considerevole (French).
Alcuni analisti pensano inoltre che la mancanza di cooperazione della Cina presso il Consiglio di
Sicurezza delle Nazioni Unite sulla questione del Darfur si spieghi in gran parte con gli accordi
petroliferi che ha concluso con il governo sudanese. Le sue strette relazioni con l'Iran non sono
esse pure estranee alla sua strategia in materia di energia.
IX.
CONCLUSIONE PROVVISORIA
58. Il dialogo fra i paesi più sviluppati e la Cina su molteplici questioni di politica economica va
esteso e non deve limitarsi a processi bilaterali. Si può prospettare che tali discussioni siano
garantite dal G8, dall’OCSE o tramite nuove istanze di consultazione. Il fatto essenziale è che la
Cina è troppo grande e troppo dinamica per non essere considerata un soggetto fondamentale
sulla scena economica mondiale. È vitale per il Nord America e per l'Europa reperire i mezzi per
costruire con essa un solido dialogo economico e sarebbe opportuno che l'Europa ed il Nord
America fossero, nella misura del possibile, dello stesso parere per quanto riguarda le questioni
più importanti. In altri termini, la carta della Cina andrebbe giocata congiuntamente.
59. L’Europa e il Nord America hanno molti più interessi comuni che non interessi divergenti nei
confronti della Cina. Una collaborazione relativa a questi interessi comuni ed il mantenimento di
un dialogo costruttivo sulle questioni in cui esistono delle divergenze si giustificano pienamente e
contribuiranno ad eliminare le sorprese «sorte dal nulla».
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16
60. Il Primo Ministro cinese Wen Jiabao ha chiaramente espresso il suo desiderio di creare una
zona di libero scambio per l'Asia Orientale, che potrebbe comportare elementi di esclusività. Sia
l'Unione europea che gli Stati Uniti potrebbero considerare svantaggioso il concetto di un siffatto
club di scambi commerciali esclusivo, in termini vuoi economici vuoi strategici. Il miglior modo per
mantenere l'Asia aperta consiste nel vigilare sull'approfondimento delle trattative commerciali
multilaterali sotto gli auspici dell'OMC. La Cooperazione economica Asia-Pacifico (APEC) era
inizialmente percepita come un modo per contribuire a far sì che l'Asia continui ad essere una
regione di scambi commerciali aperta, ma questo non è più sufficiente. Sia l'Europa che gli Stati
Uniti dovrebbero cercare di fare in modo che si registrino progressi nelle trattative commerciali
globali, per evitare appunto la frattura del sistema commerciale mondiale. Devono chiaramente far
capire alla Cina che la creazione di un nuovo blocco regionale asiatico rischia di limitare anziché
garantire l'espansione del suo sviluppo economico ove questa creazione non porti ad un sistema
molto aperto.
61. L’Unione europea e gli Stati Uniti devono concepire una politica comune in materia di
esportazioni di armi verso la Cina, con una lista comune di sistemi e componenti vietati. L’UE
dovrebbe evitare qualsiasi azione che possa indebolire la dissuasione esercitata dagli Stati Uniti
rispetto ad un'invasione di Taiwan da parte della Cina, dissuasione che si fonda essenzialmente
sulla presenza del Gruppo di combattimento aeronavale americano nello, e nei dintorni dello,
Stretto di Taiwan. Le stesse norme dovrebbero applicarsi agli altri paesi che intrattengono strette
relazioni con gli Stati Uniti e l'Europa, e la comunità internazionale dovrebbe collettivamente
incoraggiare la Cina e Taiwan ad approfondire la cooperazione ed il dialogo.
62. La Cina ha di recente riferito che avrebbe finalmente firmato la Convenzione per la
protezione dei diritti umani. Si tratta di un gesto importante, ma continuano ad essere necessari
cambiamenti molto più profondi, nonostante i progressi realizzati. I Cinesi sono ormai liberi di
disinteressarsi della politica in un paese in cui erano una volta costretti a vivere solo per essa. Ma
l'evoluzione politica della Cina non può fermarsi qui. La stabilità non sarà garantita in Cina prima
dell'instaurazione di un ordine politico più aperto e democratico, al quale i cittadini possano
liberamente partecipare. L'Occidente deve incoraggiare questo processo, anche se può richiedere
tempo.
63. La politica commerciale e quella monetaria occidentale nei confronti della Cina non
dovrebbero essere definite caso per caso, in funzione della situazione della bilancia dei conti
correnti. Le società occidentali sono sempre più coinvolte nell'economia cinese. L'improvvisa
rivalutazione del renminbi rappresenterebbe un'arma a doppio taglio sia per l'Occidente che per la
Cina, che non è ancora pronta a liberalizzare completamente la sua politica di tasso di cambio, a
causa - in particolare - delle sue massicce riserve di crediti dubbi, della sua struttura bancaria
sottosviluppata e delle sue sistematiche carenze nella gestione dei rischi di cambio. Un rapido
passaggio a tassi di cambio fluttuanti potrebbe inoltre scatenare un attacco speculativo contro un
dollaro vulnerabile. L'attuale politica della Cina in materia di tasso di cambio contribuisce del resto
a finanziare il disavanzo di bilancio e quello dei conti correnti americani. E' possibilissimo che il
troppo rapido abbandono dell'attuale sistema comporti un netto aumento dei tassi d'interesse,
dannoso per la crescita negli Stati Uniti. Le banche centrali devono prendere in considerazione gli
effetti macroeconomici a lungo termine dell'emergere economico della Cina. Quest'ultima influenza
i tassi di inflazione e di interesse in tutto il mondo. Si tratta di un fenomeno nuovo che,
analogamente agli importanti cambiamenti di produttività, andrebbe preso in considerazione
quando si elaborano le politiche macroeconomiche.
64. Il sostegno dell'Occidente alle riforme democratiche in Cina deve restare al centro della
politica occidentale nei riguardi di Pechino. Questo sostegno può tuttavia esprimersi in una miriade
di forme. L'istruzione costituisce forse uno dei mezzi più efficaci per realizzarlo. La nuova élite
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17
cinese ha acquisito una sempre maggiore dimestichezza con la vita economica e politica
occidentale e molti suoi componenti mettono in pratica nella loro società quello che imparano.
Esistono attualmente in Cina più Cinesi che imparano l'inglese di quanti non siano gli abitanti del
Regno Unito! La partecipazione della Cina alla vita intellettuale occidentale presenta un interesse
sotto ogni punto di vista. Le istituzioni occidentali fra cui le ONG, le aziende, le banche e i massmedia dovrebbero intensificare i propri sforzi per condividere le loro informazioni e i loro Know-how
con gli omologhi cinesi. L'economia cinese è quanto meno inefficace in numerosi settori, fra cui il
proprio settore pubblico in particolare, e questi problemi potrebbero avere ripercussioni
economiche mondiali. I cinesi hanno bisogno di assistenza tecnica in diversi settori nei quali va
elaborata una politica per superare la loro mancanza di competenza. Desiderano inoltre far
progredire la trasparenza e promuovere un'amministrazione che ruoti intorno a delle norme.
L'Occidente possiede la necessaria perizia e sempre maggiori incentivi per aiutare la Cina a
compiere progressi in questi settori, che - in definitiva - sono fondamentali anche per il
rafforzamento dell'ordine democratico. La nuova apertura della Cina rappresenta quindi una sfida
e un'opportunità enormi. I governi della NATO devono essere molto consapevoli dei rischi,
approfittando nel contempo delle opportunità per impegnarsi quando ciò sembri giustificato.
65. Sarebbe sbagliato considerare le sfide poste dalla Cina in termini strettamente militari.
Potrebbe del resto essere possibile che la principale sfida a lungo termine sia quella economica.
Questa sfida presenta un considerevole interesse e potrebbe fungere da catalizzatore ad una
positiva evoluzione. L'Occidente stesso dovrebbe d'altro canto riesaminare tutta una gamma di
politiche che indeboliscono la sua competitività a lungo termine, fra cui l'aumento dell'onere del
debito, la debolezza dei tassi di risparmio e d'investimento, le rigidità dei suoi mercati e dei sistemi
di insegnamento che non preparano i giovani ad un mondo in rapida evoluzione. Solo così
l'Occidente sarà in grado di mettere a frutto i vantaggi legati all'emergere economico della Cina. Il
più grande errore sarebbe quello di reagire adottando misure protezionistiche. Ciò servirebbe solo
a rifugiarsi dietro pratiche negative e a nuocere notevolmente alle economie occidentali e
all'insieme del sistema economico mondiale.
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X.
18
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