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Gabriele Di Giammarino 25 CARDUCCI TRADUTTORE DI HEINE ella poesia di Carducci, accanto all esaltazione dello spirito eroico, improntata al gusto neoclassico, vive, in antitesi più apparente che reale, una moderna idea di eroismo romantico consistente nella sfida alle convenienze e alle convenzioni, nel vagheggiamento di scelte avventurose, nella ribellione contro alcuni aspetti della società borghese e nobiliare. Sono, questi ultimi, i sogni di un intellettuale che ebbe un esistenza per certi versi abbastanza tranquilla ed aspirò, per un contrasto tutto risolto nelle immagini della fantasia, a una vita diversa. Nondimeno, mentre la tensione classicheggiante lo faceva cadere nelle ben note tentazioni retoriche, il fascino dell avventura, della negazione, della disobbedienza gli apriva strade intentate e nuove prospettive. Perciò egli non poteva restare sordo a un esperienza poetica come quella di Heine, dominata da un irrequietezza interiore dinanzi allo spettacolo del mondo, da un insofferenza verso ogni forma di oppressione politica e sociale, ma soprattutto pronta a lanciare il grido di rifiuto e di sfida contro il male che piega e che offende la dignità dell uomo. È inoltre significativo il fatto che la musa heiniana, a cui, prima di Carducci, prestarono attenzione privilegiata spiriti liberi e patrioti italiani, abbia trovato benevola accoglienza in settori intellettuali che si ispiravano agli ideali del Risorgimento. Per esempio, Ippolito Nievo e Giuseppe Revere, l uno padovano, l altro triestino, originari cioè di località dove il tedesco poteva considerarsi una seconda lingua, guardarono con grande interesse ad Heine. Nievo nel 1859 tradusse alcune liriche del poeta tedesco, dalle quali aveva tratto qualche spunto per le poesie contenute nei Bozzetti alpini; Revere nel 1857 pubblicò a Genova i componimenti poetici dei Bozzetti veneziani, in cui non sono poche le reminiscenze heiniane. Nello stesso anno un altro patriota friulano, Teobaldo Ciconi, dava alle stampe quello che può considerarsi il primo saggio di versioni da Heine; ma fu merito del bergamasco Bernardino Zendrini l averne tradotto nel 1866 l intero Canzoniere e diffuso la conoscenza con una serie di articoli. Tuttavia sul versante della critica già il poeta Tullo Massarani, senatore del Regno dopo l unità d Italia, con lo scritto Enrico Heine e il movimento letterario in Germania, apparso sul Crepuscolo nel 1854, aveva dato un contributo alla Gabriele Di Giammarino 26 conoscenza di un artista che amò la nostra nazione e fu ripagato con la stessa moneta dagli Italiani. Tra i molti viaggi attraverso i Paesi d Europa particolare suggestione ebbe su Heine il viaggio in Italia, avvenuto nel 1828 attraverso molte località, tra le quali Brescia, che per i tempi era una città abbastanza popolosa con i suoi 40.000 abitanti, meta nell autunno dello stesso anno di un altro poeta tedesco caro a Carducci, August von Platen; Marengo che gli ispirò profonde considerazioni sulla battaglia napoleonica e sulla sfida guerriera alla morte; Milano, da cui trasse lo spunto per celebrare la bellezza del Duomo nel silenzio di una notte lunare; Trento che gli trasmise l impressione di una città vecchia e decaduta. Lo affascinò, invece, Verona, prima stazione di sosta dei turisti tedeschi che abbandonavano le fredde foreste del nord per godere della dorata luce del sole nell amata Italia . Passarono dinanzi ai suoi occhi come un incanto Genova, Bologna, Livorno, Lucca. In Toscana soggiornò, tra l autunno e l inverno di quell anno, a Firenze, la città ispiratrice delle Notti fiorentine, dove non solo restò estasiato al cospetto del trionfo di statue, di alte arcate, del Palazzo degli Uffizi, paragonato alle dimore delle divinità greche, e di fronte all elegante grazia diffusa in ogni dove a testimonianza dello splendore mediceo, ma fu toccato anche dai segni del presente, dalla vivacità del mercato che è lo spettacolo più meraviglioso e interessante da vedere per il suo antico carattere . L entusiasmo del poeta verso la nostra nazione non fu il solo motivo che indirizzò l attenzione sulla sua figura da parte dell intellettualità italiana, ancora un po restia ad aprirsi a una letteratura complessa come la tedesca, ma senz altro destò forte attrattiva la valenza del suo messaggio sociale di cui venne subito colto l elemento innovativo. In proposito va ricordato il rapporto di Heine con Marx che in una nota del Capitale lo chiamò suo amico 1 e si mostrò sempre affettuoso verso il poeta, anche se col tempo questa amicizia si affievolì. Non per nulla i due nostri maggiori poeti del secondo romanticismo, Prati e Aleardi, seppero temperare nei momenti migliori della loro discontinua ispirazione i toni di un vago sentimentalismo con il vigore della corda sociale, fatta vibrare dalla lettura dell opera di Heine. In particolare, Aleardo Aleardi, conoscitore della lingua tedesca e ungherese, raggiunse il punto più intenso del suo miglior poemetto, Il monte Circello, nell appassionata descrizione della campagna pontina, infestata dalla malaria, che vedeva ogni anno la morte di poveri mietitori discesi dai monti abruzzesi a falciare le messi di signori ignoti . Anche in alcuni prosatori ottocenteschi sono stati rilevati motivi heiniani, soprattutto nella sorridente vena satirica dell Asino di Francesco Domenico Guerrazzi che con spirito laico così esalta la parola e l opera di Gesù salvatore: Se egli ebbe per antenati i re di Giuda, poco importa conoscere; a noi basti che da Popolo nacque ed ebbe viscere di Popolo. La povertà e la persecuzione gli porsero le Carducci traduttore di Heine 27 aspre mammelle, ed egli vi succhiava il latte, che lo fe gagliardo alla battaglia della vita; appena la sua lingua articolò la parola, senza porre tempo frammezzo imprese l opera santa di esaltare gli umili ed abbattere i potenti 2. Carducci, dal canto suo, fu attratto dai valori poetici, senza però essere insensibile allo spirito polemico e alla nota sociale del poeta tedesco. Seppelliva così come legata al passato, la stagione degli Amici Pedanti e si apriva alla grande poesia moderna europea: negli anni della composizione dei Giambi ed Epodi sentì l influenza di Barbier e di Victor Hugo; sin dal 1860 si volse ad Heine, a von Platen, a Uhland e, via via, a Goethe, a Marlowe, a Shelley, ai canti popolari francesi e spagnoli. Ma non volle pagare tributo a nessuno di questi, come invece avvenne a Emilio Praga, a cui egli rimproverò di aver sacrificato agli autori stranieri l originalità della poesia3. Di Heine lo coinvolgevano l intelligenza mordace e duttile, l inclinazione al gioco, alla satira, allo scherno, la vena di scetticismo, il disincanto di fronte al destino dell uomo, l alternanza di sentimenti ora tristi ora lieti e persino le non poche contraddizioni. Non gradiva d altro canto, che uno scrittore di formazione tardo-arcadica e manzoniana, come Zendrini, si accostasse ad Heine e, pur apprezzando, del letterato bergamasco lo sforzo di traduttore del Canzoniere (ma non i lavori di critico), volle nelle quartine giambiche dell epodo A un heiniano d Italia satireggiarne certa inclinazione a soluzioni mollemente sentimentali. È innegabile che anche Carducci si sia preso qualche libertà nel tradurre il poeta tedesco (e un lavoro di raffronto ci porterebbe ben lontano; comunque, per chi voglia farlo, si allegano in appendice le poesie in lingua originale); nondimeno il valore della resa poetica, nato da consonanza del sentire su non pochi argomenti, autorizza a definire queste traduzioni belle fedeli più che belle infedeli . Forse a Carducci mancò l habitus filologico del germanista, ma questo non può considerarsi un limite, qualora, come anche nel caso di Quasimodo traduttore dei lirici greci, motivazioni profonde e serie affinità sorreggano una tale operazione. Ad esempio, il dissidio romantico tra reale e ideale, tra l apparire e l essere, viene delineato dal Carducci con appassionata partecipazione nella lirica In maggio, tradotta nel marzo 1871 e raccolta nel terzo libro delle Rime nuove, dove in componimenti originali è altresì presente il motivo dell antagonismo tra paesaggio e stato d animo, tra sogno e realtà: Gli amici a cui dissi d amor parole Peggio m han fatto, ed ho spezzato il cuor: Spezzato ho il cuor, ma là su alto il sole Ride e saluta al mese de l amor. Primavera fiorisce: allegri cori D augelli empiono il bosco giovenil: Gabriele Di Giammarino 28 Virginee ridon le fanciulle e i fiori: Oh come orribil sei, mondo gentil! L Orco vogl io: miglior le piagge bige Danno asilo a i dolenti: ivi non più Contrasto e scherno. Oh, meglio de la Stige Errar su le notturne acque là giù. Il triste mormorio de l onde lente, De le figlie di Stinfalo il gracchiar, La canzon de l Eumenidi stridente, Il continuo di Cerbero latrar, Son fiera cosa che al dolor s accorda: Di dolore ogni cosa ha vista e suon Ove impera su l ombre Ecate sorda Ed eterno del pianto ulula il tuon. Ma qua su come e di che duro oltraggio E sole e rose a me fiedono il cuor! M insulta il ciel, l azzurro ciel di maggio... O mondo bello, tu sei pien d orror! (Cfr. App. 1) Qui dolcezza e asprezza si intrecciano trapassando, in efficace contrasto, dalle immagini cupe dell oltretomba al gioioso tripudio della primavera e, persino sotto l aspetto formale, alternando l inusuale accento sulla quinta sillaba del primo verso e il tempestoso procedimento giambico dell ultima quartina alle piane movenze liriche della seconda strofa. Ma ancor più vigorosa e innovativa appare a Carducci la dimensione polemica di Heine sia per la scelta di temi specifici sia per l intrinseca distinzione dalla tradizionale poesia romantica, incline ad esaltare la patria, la religione, l autorità, pur se diversamente configurate che nel passato. Questi ideali, a cui nel corso della storia era stato dedicato tanto contributo di sangue e di pensiero, cominciarono intorno alla metà dell Ottocento a logorarsi sotto il drammatico incalzare delle grandi questioni sociali. Ad essi s ispirava in toni aspri una lirica di Heine, I tessitori, di cui Carducci diede all inizio dell estate del 1872 una versione riportata nell VIII libro di Rime nuove. Dio, la patria, il re si erano rivelati strumenti repressivi di una società, fondata sul privilegio e la corruzione, agli occhi dei tessitori della Slesia che, per ottenere migliori condizioni di vita, avevano organizzato nel 1844 una rivolta, ferocemente repressa dai militari con l approvazione delle forze conservatrici e della stessa borghesia liberale. Il poeta rappresenta i tessitori nel momento in cui, umiliati e delusi per la fiducia mal riposta e ripagati con lo scherno, l inganno, le uccisioni, riprendono il lavoro senza una lagrima, ma urlano una Carducci traduttore di Heine 29 profezia di morte contro la Germania, per cui simbolicamente intessono un lenzuolo funebre. Non ha ne gli sbarrati occhi una lacrima, Ma digrignano i denti e a telai stanno. Tessiam, Germania, il tuo lenzuolo funebre, E tre maledizion l ordito fanno. Tessiam, tessiam, tessiamo! Maledetto il buon Dio! Noi lo pregammo Ne le misere fami, a i freddi inverni: Lo pregammo, e sperammo, ed aspettammo: Egli, il buon Dio, ci saziò di scherni. Tessiam, tessiam, tessiamo! E maledetto il re! de i gentiluomini, De i ricchi il re, che viscere non ha: Ei ci ha spemuto infin l ultimo picciolo, Or come cani mitragliar ci fa. Tessiam, tessiam, tessiamo! Maledetta la patria, ove alta solo Cresce l infamia a l abominazione! Ove ogni gentil fiore è pesto al suolo, E i vermi ingrassa la corruzïone. Tessiam, tessiam, tessiamo! Vola la spola ed il telaio scricchiola, Noi tessiamo affannosi e notte e dì: Tessiam, vecchia Germania, il lenzuol funebre Tuo, che di tre maledizion s ordì. Tessiam, tessiam, tessiamo! (Cfr. App. 2) Heine applicò questa chiave di lettura anche agli eventi del passato per distaccarsi dalla visione mitografica della storia, propria della poesia romantica europea, e per dare al gioco della fantasia un esemplarità realistica. Attento a tale aspetto, Carducci tradusse dal Romancero heiniano un componimento intitolato Carlo I: si tratta della storia di questo re, salito al trono d Inghilterra nel 1625, e immaginato all interno della capanna di un carbonaio dove ha il tragico presentimento che il bimbo di costui, ancora nella culla, sarà il suo boia. Il sovrano infatti, feroce assertore dell assolutismo, sa di non essere amato dal suo popolo: aveva infatti sciolto più volte, a ogni minimo contrasto, il Parlamento, condotto disastrose spedizioni contro la Spagna e la Francia, fomentato discordie tra le confessioni religiose e infine portato il suo Paese alla guerra civile. L esercito Gabriele Di Giammarino 30 regio fu sconfitto a Naseby nel 1645 dal Cromwell, che era a capo delle teste rotonde , com erano detti con aristocratico disprezzo popolani e piccoli agricoltori per il taglio corto dei loro capelli; il re vinto fu processato e condannato alla pena capitale nel 1649. Ecco la traduzione carducciana riportata nell VII libro di Rime nuove: Cupo e solo nel bosco, a la capanna Del carbonaio il re sedeva un dì: A la culla sedea, la ninna nanna Ei brontolava al pargolo così. Ninna nanna! Che cosa si rimescola Ne la paglia? perché bela l ovil? Tu porti il segno in fronte, e ridi orribile In mezzo al sonno, o pargolo gentil. Il gatto è morto, ninna nanna! In fronte Tu il segno porti: crescerai d età, E brandirai la scure, uom fatto: al monte Treman le querce e nella selva già. Sparì del carbonar l antica fede: Del carbonaro il figlio, ecco, su vien: Nel buon Dio, ninna nanna, ei più non crede, E nel re, ninna nanna, ancora men. Il gatto è morto, e i topi allegramente Ballan d intorno: il dì lungi non è Che diverremo favola a la gente, Dio nel ciel, ninna nanna, e in terra il re. Ahi! mi cade il coraggio e fuor di spene Io mi sento malato ogni dì più! Ninna nanna, lo so, lo veggo bene: Carbonaietto, il mio boia sei tu. E ninna nanna a te l oscuro e lento Salmo di morte a me. Cresci a tagliar Questi grigi cernecchi: al collo, ahi, sento Il freddo de le forbici strisciar. Ninna nanna! qualcosa ne la paglia Si rimescola: il regno hai preso tu! Or via dal vecchio tronco abbatti e scaglia Questo mio capo: il gatto è morto: giù. Carducci traduttore di Heine 31 Ninna nanna! la paglia si rimescola, Belan le capre ne lo stabbio pien, Il gatto è morto e i topolini ballano. Dormi, boietto mio, dormi per ben. (Cfr. App. 3) Meno felice può considerarsi Heine nella trasposizione di fatti e personaggi della Germania contemporanea in terre lontane: L imperatore della Cina, ad esempio, è un allegoria di Federico Guglielmo IV, re di Prussia, fratello e predecessore dell imperatore Guglielmo il Vittorioso, trasposto fantasticamente in quella lontana terra dell estremo Oriente. Altre simbologie, un po astruse, sono la gran pagoda , che rappresenta la cattedrale di Colonia, l ordine del drago , che è l ordine dell Aquila Nera, fondato nel 1701 e portato dai membri della famiglia reale e dai grandi del regno prussiano, i cui sudditi sono i Mansciù , e infine, la zozza , vocabolo popolare toscano, con cui Carducci traduce il tedesco Schnaps che indica una specie di acquavite al cui uso l imperatore amava abbandonarsi. In ogni modo, i simboli non danno ala all ispirazione che qui appare viziata da elementi extrapoetici, ed anche la versione carducciana non è tra le più efficaci. Mio padre era un balordo astemio Cesare, Un sornione in trono: Io bevo la mia zozza, ed un magnanimo Imperatore io sono. Oh magica bevanda, indovinata Dal mio paterno core! Io bevo la mia zozza, e si dilata La Cina tutta in fiore. Il mio regno del centro apre e si spampana Come un bocciuol di rosa. Io quasi quasi un uom divento, e gravida Si trova la mia sposa. È una cuccagna! I moribondi in festa Dànno calci a le bare: Del mio Confucio imperial la testa Annaspa idee più chiare. A miei prodi soldati il pan di segala Diventa mandorlato, E gli straccioni de l impero marciano Tutti in seta e broccato. Gabriele Di Giammarino 32 Quegli invalidi frolli, quelle ignude Zucche de mandarini, Ripigliano il vigor di gioventude E scuotono i codini. Compiuta è alfin la gran pagoda, mistico Asil di fede e imago: Già gli ultimi giudei vi si battezzano E han l ordine del drago. Posa ogni senso di ribellione, E gridano i Mansciù: Noi non vogliamo la costituzione, Noi vogliamo il kansciù, Vogliam la verga! - Il medico di corte Fa gli occhi spaventati. Esculapio, io vo ber fino a la morte Per il ben de miei stati. E zozza ancora! E zozza ancora! Un gocciolo Ancor di questa manna! Il mio popol, vedete, è in visibilio, E canta - Osanna osanna! (Cfr. App. 4) Tuttavia, fuori delle rivisitazioni storiche e delle contingenze politiche, sussisteva in Heine una vocazione lirica, a cui Carducci si era accostato con particolare interesse. Egli infatti, traducendo Lungi lungi rese magistralmente nelle cinque strofe tetrastiche di decasillabi piani e tronchi alternati il sogno d amore e di felicità che il poeta tedesco immaginò nello sfondo naturale di una terra esotica magicamente bella. La versione del 1872 è nel III libro delle Rime nuove. Lungi, lungi, su l ali del canto Di qui lungi recare io ti vo : Là, ne i campi fioriti del santo Gange, un luogo bellissimo io so. Ivi rosso un giardino risplende De la luna nel cheto chiaror: Ivi il fiore del loto ti attende, O soave sorella de i fior. Le viole bisbiglian vezzose, Guardan gli astri su alto passar; E tra loro si chinan le rose Odorose novelle a contar. Carducci traduttore di Heine 33 Salta e vien la gazella, l umano Occhio volge, si ferma a sentir Cupa s ode lontano lontano L onda sacra del Gange fluir. Oh che sensi d amore e di calma Beveremo ne l aure colà! Sogneremo, seduti a una palma, Lunghi sogni di felicità. (Cfr. App. 5) Dire che questa lirica (giudicata da Vittorio Santoli con eccessiva severità un po di maniera) sia interamente risolta nello spirito della Sehnsucht romantica è dire una parte di verità, ma non tutta, in quanto il luogo incantato della Sehnsucht non ha mai una determinazione geografica, ancorché vaga, ma soltanto ideale, come avviene in una celebre poesia di Schiller che appunto da questo termine trae il titolo: In fondo a questa valle che la nebbia opprime, fredda, s io trovar potessi la via d uscita, oh, allor sarei felice! Vedo colà bei colli eternamente giovani e verdeggianti. Oh, avess io piume, avessi ali, in quei colli volerei! Valle e colli sono i simboli della condizione umana, drammaticamente scissa, secondo il gusto romantico, tra le angustie del reale e gli spazi dell ideale; un soffio di magia spinge la barca che trasporterà il poeta in quel regno incantato: Un anima si asconde nelle sue vele. Credere, osar devi, ché nulla ti assicurano gli dèi. Nella regione bella dei prodigi Solo un prodigio ti potrà guidare. (trad. it. di G. D.G) In Lungi lungi, invece, convive con la trasfigurazione idealizzante del paesaggio la collocazione del sogno d amore nell India lontana presso le sacre rive del Gange. Heine anticipa così quel gusto esotico, sospeso tra realtà e fantasia, prediletto nella seconda metà dell Ottocento europeo da pittori (Gauguin), poeti (Rimbaud, Verlaine), narratori (Loti, Gozzano, Conrad). Carducci fece l ultima traduzione da Heine nell agosto 1882: si tratta di un breve Lied, intitolato Passa la nave mia, reso dal nostro con uno strambotto assonanzato, nei versi delle sedi dispari e aperto da un incipit che ricorda il Gabriele Di Giammarino 34 sonetto petrarchesco Passa la nave mia colma d oblio, già da lui ripreso nel 1851 nel sonetto Passa la nave mia, sola, tra il pianto. Di questa canzoncina di Enrico Heine annota Carducci come di molte altre sue, tutto lo spirito è nel motivo fantastico e popolare. Il solo merito, della mia versione, se merito alcuno può avere, è del metro e dello stil popolare vecchio italiano ripreso a rendere il romantico tedesco del secolo XIX 4). Ma leggendo il musicale strambotto, si deve dire che in questo caso Carducci manifesta un eccesso di modestia. Passa la nave mia con vele nere, Con vele nere pe 1 selvaggio mare. Ho in petto una ferita di dolore, Tu ti diverti a farla sanguinare. È, come il vento, perfido il tuo core. E sempre qua e là presto a voltare. Passa la nave mia con vele nere, Con vele nere pe l selvaggio mare. (Cfr. App. 6) A questo punto sarebbe lungo parlare dei numerosi spunti heiniani nelle poesie di Carducci, anche perché il discorso rischierebbe di apparire alquanto analitico; tuttavia, in linea generale, giova non solo ripetere che allo spirito del poeta tedesco fatti salvi i differenti contesti storici ci riporta il piglio popolareggiante e giacobino dei Giambi ed Epodi, ma è opportuno cogliere anche quegli elementi che avvicinano i due autori, come gli abbandoni improvvisi alle memorie tristi e liete, i momenti di nostalgia, l attonito stupore dinanzi all arcana bellezza dell universo, il sorriso ora ironico ora amaro che tempera la malinconia. Per concludere è bene fare un breve cenno al seguito che ebbe questa esperienza nell ambiente carducciano. Giuseppe Chiarini, legato a Carducci sin dagli anni giovanili, modesto poeta ma fine stilista e metricologo, pubblicò nel 1878 a Bologna la versione dell Atta Troll, nel 1882 La Germania e l anno seguente le Poesie di Heine. Il discepolo prediletto di Carducci, Severino Ferrari nel 1884 aveva dato alle stampe il suo poemetto di satira antiromantica, antiveristica, antidarwiniana, Il Mago, in cui amò muoversi tra fantasie ariostesche e heiniane, com è stato ripetuto dal saggio di Croce in poi. Furio Felini, nell introduzione a Tutte le poesie5, scrive che il Ferrari aveva potuto conoscere direttamente l Heine di Atta Troll attraverso la traduzione chiariniana presentata con una vivace prefazione dallo stesso Carducci. E non sarebbe difficile rintracciare nel Mago suggestioni e suggerimenti venuti al Ferrari proprio dalla lettura di quella prefazione 6, soprattutto il motivo della simbolica caccia 7, delle metamorfosi degli uomini in cani8, dell insoddisfazione di sentirsi uomo in una universale società di sazi e Carducci traduttore di Heine 35 contenti filistei 9, della magia poetica evocante il volo di ombre, sogni, visioni10. Altri ancora si sono cimentati nella traduzione di poesie heiniane, con particolare interesse all eleganza poetica più che al rispetto dello spirito, come Tommaso Gnoli, Giovanni Alfredo Cesareo, Emilio Mariani, Rosa Errera, o con squisito senso filologico, come Fernando Palazzi e Vincenzo Errante. Ma si può dire che, dopo la stagione carducciana e post-carducciana, calò il silenzio su questo poeta: altre poetiche, altri indirizzi, altre mode si affacciavano alla ribalta del panorama letterario di un Europa sempre più inquieta. GABRIELE DI GIAMMARINO Roma __________ NOTE 1 Karl Marx, Il capitale, introduzione di Maurice Dobb, trad. it. di Delio Cantimori, Vol. I, Roma: Editori Riuniti, 1970, p. 667, n. 63. 2 A proposito dell influenza heiniana sui nostri poeti romantico-sentimentali e sul Guerrazzi si veda la voce Heine , in Dizionario enciclopedico della letteratura italiana, a cura di G. Petronio, Vol. III, Palermo: Laterza-Unedi, 1967, p. 241. 3 G. Carducci, Opere, Bologna: Zanichelli, 1942, p. 251. 4 Poesie di G. Carducci 1850-1900, Bologna: Zanichelli, 1901, p. 631. 5 Tutte le poesie, a cura di Furio Felcini, Rocca San Casciano: Cappelli, 1966. 6 Ibidem, pp. 47-48. 7 Ibidem, p. 48. 8 Ibidem, p. 139. 9 Ibidem, p. 162. 10 Ibidem, p. 183. Heinrich Heine Appendice 1: Im Mai Die Freunde, die ich geküßt und geliebt, Die haben das Schlimmste an mir verübt. Mein Herze bricht; doch droben die Sonne, Lachend begrüßt sie den Monat der Wonne. Es blüht der Lenz. Im grünen Wald Der lustige Vogelgesang erschallt, Und Mädchen und Blumen, sie lächeln jungfräulich O schöne Welt, du bist abscheulich! Gabriele Di Giammarino 36 Da lob ich mir den Orkus fast; Dort kränkt uns nirgends ein schnöder Kontrast; Für leidende Herzen ist es viel besser Dort unten am stygischen Nachtgewässer. Sein melancholisches Geräusch, Der Stymphaliden ödes Gekreisch, Der Furien Singsang, so schrill und grell, Dazwischen des Cerberus Gebell Das paßt verdrießlich zu Unglück und Qual Im Schattenreich, dem traurigen Tal, In Proserpinens verdammten Dornänen, Ist alles im Einklang mit unseren Tränen. Hier oben aber, wie grausamlich Sonne und Rosen stechen sie mich! Mich höhnt der Himmel, der bläulich und mailich O schöne Welt, du bist abscheulich! Appendice 2: Die schlesischen Weber Im düstern Auge keine Träne Sie Sitzen am Webstuhl und fletschen die Zähne: Deutschland, wir weben dein Leichentuch, Wir weben hinein den dreifachen Fluch Wir weben, wir weben! Ein Fluch dem Gotte, zu dem wir gebeten In Winterskälte und Hungersnöten; Wir haben vergebens gehofft und geharrt Er hat uns geäfft, gefoppt und genarrt Wir weben, wir weben! Ein Fluch dem König, dem König der Reichen, Den unser Elend nicht konnte erweichen Der den letzten Groschen von uns erpreßt Und uns wie Hunde erschiessen läßt Wir weben, wir weben! Ein Fluch dem falschen Vaterlande, Wo nur gedeihen Schmach und Schande, Wo jede Blume früh geknickt, Wo Fäulnis und Moder den Wurm erquickt - Carducci traduttore di Heine 37 Wir weben, wir weben! Das Schiffchen fliegt, der Webstuhl kracht, Wir weben emsig Tag und Nacht Altdeutschland, wir weben dein Leichentuch, Wir weben hinein den dreifachen Fluch, Wir weben, wir weben! Appendice 3: Karl I Im Wald, in der Köhlerhütte, sitzt Trübsinnig allein der König; Er sitzt an der Wiege des Köhlerkinds Und wiegt und singt eintönig: Eiapopeia, was raschelt im Stroh? Es blöken im Stalle die Schafe Du trägst das Zeichen an der Stirn Und lächelst so furchtbar im Schlafe. Eiapopeia, das Kätzchen ist tot Du trägst auf der Stirne das Zeichen Du wirst ein Mann und schwingst das Beil, Schon zittern im Walde die Eichen. Der alte Köhlerglaube verschwand, Es glauben die Königskinder Eiapopeia nicht mehr an Gott, Und an den König noch minder. Das Kätzchen ist tot, die Mäuschen sind froh Wir müssen zuschanden werden Eiapopeia - im Himmel der Gott Und ich, der König auf Erden. Mein Mut erlischt, mein Herz ist krank, Und täglich wird es kränker Eiapopeia - du Köhlerkind, Ich weiß es, du bist mein Henker. Mein Todesgesang ist dein Wiegenlied Eiapopeia - die greisen Haarlocken schneidest du ab zuvor Im Nacken klirrt mir das Eisen. Gabriele Di Giammarino 38 Eiapopeia, was raschelt im Stroh? Du hast das Reich erworben, Und schlägst mir das Haupt vom Rumpf herab Das Kätzchen ist gestorben. Eiapopeia, was raschelt im Stroh? Es blöken im Stalle die Schafe. Das Kätzchen ist tot, die Mäuschen sind froh Schlafe, mein Henkerchen, schlafe. Appendice 4: Der Kaiser von China Mein Vater war ein trockner Taps, Ein nüchterner Duckmäuser, Ich aber trinke meinen Schnaps Und bin ein großer Kaiser. Das ist ein Zaubertrank! Ich habs Entdeckt in meinem Gemüte: Sobald ich getrunken meinen Schnaps, Steht China ganz in Blüte. Das Reich der Mitte verwandelt sich dann In einen Blumenanger, Ich selber werde fast ein Mann, Und meine Frau wird schwanger. Allüberall ist Überfluß, Und es gesunden die Kranken; Main Hofweltweiser Confusius Bekömmt die klarsten Gedanken. Der Pumpernickel des Soldats Wird Mandelkuchen O Freude! Und alle Lumpen meines Staats Spazieren in Samt und Seide. Die Manclarinenritterschaft, Die invaliden Köpfe, Gewinnen wieder Jugendkraft Und schütteln ihre Zöpfe. Die große Pagode, Symbol und Hort Des Glaubens, ist fertig geworden; Carducci traduttore di Heine 39 Die letzten Juden taufen sich dort Und kriegen den Drachenorden. Es schwindet der Geist der Revolution, Und es rufen die edelsten Mandschu: Wir wollen keine Konstitution, Wir wollen den Stock, den Kantschu! Wohl haben die Schüler Äskulaps Das Trinken mir widerraten, Ich aber trinke meinen Schnaps Zum Besten meiner Staaten. Und noch einen Schnaps, und noch einen Schnaps! Das schmeckt wie lauter Manna! Mein Volk ist glücklich, hats auch den Raps, Und jubelt: Hosianna! (Neue Gedichte) Appendice 5: Lyrisches Intermezzo Auf Flügeln des Gesanges, Herzliebchen, trag ich dich fort, Fort nach den Fluren des Ganges, Dort weiß ich den schönsten Ort. Dort liegt ein rotblühender Garten Im stillen Mondenschein; Die Lotosbumen erwarten Ihr trautes Schwesterlein. Die Veilchen kichern und kosen, Und schaun nach den Sternen empor; Heimlich erzählen die Rosen Sich duftende Märchen ins Ohr. Es hüpfen herbei und lauschen Dic frommen, kluzgen Gazelin; Und in der Ferne rauschen Des heiligen Stromes Welin. Dort wollen wir niedersinken Unter dem Palmenbaum, Und Liebe und Ruhe trinken, Und träumen seligen Traum. (Auf Flügeln des Gesanges) Gabriele Di Giammarino 40 Appendice 6: Verschiedene - Seraphine Mit schwarzen Segein segelt mein Schiff Wohl über das wilde Meer; Du weißt, wie sehr ich traurig bin, Und kränkst mich doch so schwer. Dein Herz ist treulos wie der Wind Und flattert hin und her; Mit schwarzen Segein segelt mein Schiff Wohl über das wilde Meer. (Neue Gedichte)